Il giornalista deve controllare bene le proprie fonti per godere dell’esimente del diritto di cronaca

L’esimente del diritto di cronaca giudiziaria presuppone un controllo e un’analisi della notizia, ad opera del giornalista, che va al di là dell’affidamento in buona fede sulla fonte informativa.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22202/17 depositata l’8 maggio. Il caso. La Corte d’appello di Catanzaro confermava la sentenza di condanna del Tribunale di Cosenza nei confronti del direttore responsabile de Il quotidiano”, per aver omesso di esercitare il controllo necessario ad impedire che fosse commesso il reato di diffamazione. Un articolo pubblicato sul giornale, intitolato Sgominata banda di truffatori”, aveva infatti leso la reputazione professionale di un soggetto. Il diritto di cronaca giudiziaria. Il direttore responsabile ricorreva in Cassazione, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’esimente putativa del diritto di cronaca. L’errore, ritenuto scusabile, derivava da informazioni provenienti da una conferenza stampa organizzata dai carabinieri, male interpretate dall’autore dell’articolo. A partire da queste informazioni inesatte, nell’articolo si attribuiva alla parte offesa la disponibilità di un immobile, che era invece nel godimento della compagnia del capo di un’organizzazione criminosa. Secondo la difesa, però, trattandosi però di notizia non falsa, ma inesatta, non sarebbe configurabile alcun reato in capo all’autore dell’articolo e, quindi, nessuna responsabilità penale in capo al ricorrente. Il ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione. L’esimente del diritto di cronaca giudiziaria, infatti, presuppone un controllo e un’analisi della notizia, ad opera del giornalista, che va al di là dell’affidamento in buona fede sulla fonte informativa. Soprattutto quando quest’ultima è di origine giornalistica, l’agente non può limitarsi a confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, chiudendosi in un circuito autoreferenziale . Inoltre, non si può invocare il summenzionato diritto quando si attribuisce alla persona offesa, nei cui confronti penda un procedimento penale, una condanna sostanzialmente diversa da quella di cui si ha riscontro negli atti giudiziari. Sono concesse soltanto modeste e marginali inesattezze che concernano semplici modalità del fatto senza modificarne la struttura essenziale , perché non si ritenga valicato il limite della verità. Non è così nel caso di specie, motivo per cui, secondo la Suprema Corte, il giudice di merito ha correttamente affermato la responsabilità del direttore responsabile del quotidiano, a titolo di colpa derivante dalla sua posizione di garanzia. Il ricorso viene quindi dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 gennaio – 8 maggio 2017, n. 22202 Presidente Nappi – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Catanzaro confermava la sentenza con cui il tribunale di Cosenza, in data 11.4.2011, aveva condannato L.P. , in qualità di direttore responsabile del periodico Il quotidiano , alla pena ritenuta di giustizia ed al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della costituita parte civile, in relazione ai reati di cui agli artt. 595, c.p., 13, L. n. 47 del 1948, 57, c.p., per avere omesso di esercitare il controllo necessario ad impedire che, con il mezzo della pubblicazione, fosse commesso il reato di diffamazione, contestato a M.A. , autore dell’articolo omissis , ritenuto lesivo della reputazione professionale di Ma.An.Ma. . 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiedono l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, personalmente, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale ha omesso di fornire adeguata risposta alle doglianze difensive con le quali si invocava nel caso in esame l’applicazione dell’esimente putativa del diritto di cronaca ovvero l’errore scusabile, ai sensi dell’art. 59, c.p., in quanto l’avere attribuito, nel corpo dell’articolo a firma del M. , alla signora Ma. , comunque indagata nell’ambito di un procedimento penale, la disponibilità di un immobile popolare di proprietà dell’ATER, trasformato in una sfarzosa residenza, senza nessun adeguamento del canone di locazione, che, in realtà, era nel godimento di omissis , compagna del capo dell’organizzazione criminosa nei cui confronti si era proceduto, è stata la conseguenza di un errore scusabile in cui il giornalista è stato indotto all’esito della conferenza stampa organizzata dai Carabinieri per illustrare i risultati dell’operazione omissis , che vedeva coinvolta anche la Ma. , in cui la donna nella disponibilità della quale vi era la villa in questione, sottoposta a sequestro, era indicata con le sole iniziali . Trattandosi di notizia non falsa, ma inesatta, non è configurabile alcun reato in capo all’autore dell’articolo e, di conseguenza, nessuna responsabilità penale in capo al direttore L. . 3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi che lo sorreggono. Ed invero, in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini della configurabilità dell’esimente del diritto di cronaca giudiziaria, il giornalista deve esaminare e controllare attentamente la notizia in modo da superare ogni dubbio, non essendo sufficiente in proposito l’affidamento in buona fede sulla fonte informativa soprattutto quando questa sia costituita da un’altra pubblicazione giornalistica, atteso che, in tal caso, l’agente si limita a confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, chiudendosi in un circuito autoreferenziale cfr. Cass., sez. V, 19.5.2015, n. 35702, rv. 265015 , non potendosi invocare in proprio favore tale esimente qualora si attribuisca alla persona offesa, nei cui confronti penda un procedimento penale, una condotta sostanzialmente diversa da quella avente riscontro negli atti giudiziari cfr. Cass., sez. V, 9.12.2010, n. 4558, rv. 249264 . Va, inoltre, ribadito il principio, del pari fatto proprio dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di diffamazione a mezzo stampa, ai fini dell’operatività dell’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca, soltanto modeste e marginali inesattezze che concernano semplici modalità del fatto senza modificarne la struttura essenziale, non determinano il superamento della verità del fatto stesso cfr. Cass., sez. V, 08/04/2009, n. 28258, rv. 244200 , non potendosi ritenere certamente irrilevante per la reputazione di un soggetto, l’attribuzione allo stesso di un fatto-reato, diverso da quello effettivamente accertato nel corso delle indagini cfr., in questo senso, Cass., sez. V, 4.12.2012, n. 5760, rv. 254970 Cass., sez. V, 11.5.2012, n. 39503, rv. 254790 . Appare pertanto evidente l’impossibilità come correttamente ritenuto dalla corte territoriale di invocare la suddetta esimente in favore dell’autrice dell’articolo, che, all’esito delle informazioni fornite dai Carabinieri nel corso di una conferenza stampa, ha attribuito alla Ma.An.Ma. , soggetto coinvolto nelle indagini ad altro titolo, in relazione ad ipotesi diverse di reato, come ben spiega il giudice di appello, la titolarità dell’abitazione sequestrata, senza operare il necessario e doveroso controllo sulla verità della notizia che ha formato oggetto dell’articolo pubblicato sul giornale diretto dal L. . Del tutto legittimamente, pertanto, è stata affermata la responsabilità a titolo di colpa di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 57, c.p., derivante dalla sua posizione di garanzia, non avendo l’imputato dimostrato, peraltro, di avere fatto quanto in suo potere per prevenire la diffusione di notizie non rispondenti al vero, prescrivendo e imponendo regole e controlli, anche mediati, di accuratezza, di assoluta fedeltà e di imparzialità rispetto alla fonte-notizia cfr. Cass., sez. V, 2.5.2016, n. 42309, rv. 268461 Cass., sez. V, 15.10.2009, n. 48119, rv. 245668 . Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso di cui in premessa va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000 , nonché alla rifusione, in favore della parte civile costituita delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 2200,00, oltre accessori come per legge, con distrazione in favore dello Stato. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna ila ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della cassa delle ammende, nonché al rimborso delle spese alla parte civile, liquidate in euro 2200,00, con distrazione in favore delle Stato.