La lettera confessoria inviata dall’imputato al proprio avvocato è sempre coperta dall’inutilizzabilità

Ai sensi dell’art. 103 c.p.p., le ispezioni e le perquisizioni sono garantite” in virtù del fatto che vengono svolte presso l’ufficio del difensore. Il divieto di sequestro di documenti, intercettazioni e controllo della corrispondenza è invece collegato direttamente alla persona del difensore e dei consulenti tecnici, essendo dunque operativo anche nel caso in cui si svolga al di fuori dell’ufficio.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19255/17 depositata il 21 aprile. La vicenda. La difesa dell’imputato ricorre per la cassazione della pronuncia con cui la Corte d’appello di Milano confermava la pena comminata in prime cure all’imputato per il reato di truffa. In particolare il ricorso si basa sull’omessa valutazione dell’autenticità della lettera confessoria proveniente dall’imputato e sull’esclusione della credibilità dei contenuti della missiva, comunque non utilizzabile in giudizio in quanto diretta al difensore ex art. 103, comma 6, c.p.p. garanzie di libertà del difensore . Inutilizzabilità della corrispondenza tra imputato e difensore. La Corte coglie l’occasione per ribadire che, in tema di inutilizzabilità della corrispondenza tra imputato e difensore, la giurisprudenza ha interpretato l’art. 103 facendo leva sul soggetto a cui le garanzie ivi previste sono applicabili. E dunque, se le ispezioni e le perquisizioni sono garantite” ai sensi della norma citata in virtù del luogo in cui vengono svolte l’ufficio del difensore appunto , il divieto di sequestro - così come di intercettazioni e del controllo della corrispondenza - è collegato direttamente alla persona del difensore e dei consulenti tecnici, essendo dunque operativo anche nel caso in cui il sequestro si svolga al di fuori dell’ufficio. Conseguentemente, la corrispondenza inviata dall’imputato al suo difensore, così come ogni altro documento rilevante per la difesa, soggiace il divieto di utilizzabilità ex comma 6 dell’art. 103 c.p.p. indipendentemente dal luogo in cui tale documento sia stato rinvenuto, interpretazione che si dimostra aderente al contesto normativo comunitario e in particolare all’art. 4 Direttiva 2013/48/UE. Nel caso di specie dunque, la lettera inviata al difensore dall’imputato, che erroneamente la Corte territoriale qualificava come documento” acquisibile al processo, era affetta da inutilizzabilità. Aggiunge però la Corte che l’affermazione della responsabilità di quest’ultimo prescinde dal contenuto di tale prova in quanto risulta discendere essenzialmente dalle dichiarazioni della persona offesa. Per tali motivi, la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 30 marzo – 21 aprile 2017, n. 19255 Presidente Davigo – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Milano confermava la condanna dell’imputato alla pena di un anno di reclusione ed euro 300 di multa per il reato di truffa. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che deduceva 2.1. vizio di legge e di motivazione non sarebbe stata analizzata la autenticità della lettera di contenuto confessorio proveniente dall’imputato, né la credibilità dei suoi contenuti tale missiva essendo diretta al difensore sarebbe comunque inutilizzabile ai sensi dell’art. 103 comma 6 cod. proc. pen. 2.2. il reato sarebbe prescritto tenuto conto del fatto che le dazioni che integravano l’ingiusto profitto sarebbero avvenute tra il 14 giugno 2006 ed il 12 agosto 2006. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 1.1. In materia di utilizzabilità della corrispondenza tra l’imputato ed il difensore, il collegio condivide la giurisprudenza secondo cui mentre per le ispezioni e per le perquisizioni la garanzia prevista dal citato articolo è collegata ai locali dell’ufficio, per i sequestri così come avviene anche per le intercettazioni e per il controllo della corrispondenza la lettera del secondo comma, con le parole iniziali presso i difensori , mostra che la garanzia è collegata direttamente alle persone difensori e consulenti tecnici , sicché il divieto opera anche quando l’attività diretta al sequestro si svolge in luogo diverso dall’ufficio. Dunque, essendosi in presenza di documentazione afferente ad assistenza legale, il sequestro è illegittimo Cass. sez. 4 n. 23002 del 3/04/2014, rv 262235 . Se è dunque la persona cui il documento è diretto, ovvero il difensore, che circoscrive l’area di efficacia delle guarentigie previste dall’art. 103 cod. proc. pen., deve ritenersi che la corrispondenza dell’imputato inviata al difensore soggiace al divieto di utilizzabilità previsto dal comma 6 dello stesso articolo. Si tratta di una interpretazione coerente con le indicazioni della normativa sovranazionale e, segnatamente, con quanto prevede l’art. 4 della Direttiva 2013/48/UE sul diritto di avvalersi di un difensore, che non è stato oggetto di specifica trasposizione ritenendosi evidentemente sufficiente la tutela prevista dall’art. 103 cod. proc. pen. , che indirizza chiaramente verso la massima tutela della riservatezza della comunicazioni tra accusato e difensore stabilendo che gli Stati membri rispettano la riservatezza delle comunicazioni fra indagati o imputati e il loro difensore nell’esercizio del loro diritto di avvalersi di un difensore previsto dalla presente direttiva. Tale comunicazione comprende gli incontri, la corrispondenza, le conversazioni telefoniche e le altre forme di comunicazione consentite ai sensi del diritto nazionale . Il divieto di acquisizione e di utilizzo colpisce pertanto ogni documento rilevante ai fini della difesa, che sia indirizzato dall’imputato al difensore o viceversa, indipendentemente dal luogo ove lo stesso sia rinvenuto. Tale interpretazione delle garanzie previste dall’art. 103 cod. proc. pen. che si intendono estese ad ogni documento relativo alla gestione dell’attività difensiva indirizzato al difensore che non sia corpo del reato indipendentemente dal luogo ove tale documento sia rinvenuto impone di correggere ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen. l’affermazione della Corte territoriale che qualifica come documento acquisibile al processo la lettera inviata al difensore e da questa consegnata alla moglie dell’imputato che a sua volta la consegnava alla parte lesa pag. 4 della sentenza impugnata . Tale lettera è infatti inutilizzabile. Tuttavia l’affermazione di responsabilità, come rilevato dalla stessa Corte territoriale, prescinde dal contenuto della prova inutilizzabile discendendo essenzialmente dalle dichiarazioni della parte offesa, puntualmente confermate dai documenti allegati alla querela pag. 4 della sentenza impugnata . 1.2. Anche il motivo di ricorso che deduce il decorso del termine di prescrizione prima della pronuncia della sentenza di appello è manifestamente infondato. Come rilevato dalla Corte territoriale, infatti, il termine in questione non risultava decorso tenuto conto della sospensione prevista dall’art. 175 comma 8 cod. proc. pen. tra la data di notifica della sentenza contumaciale e quella dell’avviso di deposito dell’ordinanza che concede la restituzione del termine per impugnare. Peraltro il difensore insta in Cassazione per la rivalutazione del tempus commissi delicti , proponendo una indagine di merito inammissibile in sede di legittimità. Si ribadisce, al riguardo, che il giudice di legittimità può rilevare d’ufficio la prescrizione del reato maturata prima della pronunzia della sentenza impugnata, non rilevata dal giudice d’appello, pur se non dedotta con il ricorso per cassazione e nonostante l’inammissibilità di quest’ultimo, ma solo se, a tal fine, non occorre alcuna attività di apprezzamento delle prove finalizzata all’individuazione di un dies a quo diverso da quello indicato nell’imputazione contestata e ritenuto nella sentenza di primo grado Cass. sez. 4 n. 27019 del 16/06/2015, rv 263869 Cass. sez. 2 n. 34891 del 16/05/2013 Rv. 256096 . 2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 1500,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1500.00 alla Cassa delle ammende.