Tracce di droga nel portaoggetti, vacilla l’accusa di guida in condizioni psico-fisiche alterate

Sul banco degli imputati un giovane che, in sella al proprio motociclo, non si è fermato al posto di blocco ed è stato rintracciato successivamente dai carabinieri. I residui di sostanza stupefacente scoperti dai militari, però, non sono sufficienti per ipotizzare che egli abbia guidato sotto gli effetti provocati dall’assunzione di droga.

Corsa in Vespa, per giunta senza patente, ma i carabinieri, beffati solo momentaneamente, riescono a individuare il mezzo, parcheggiato sotto casa del giovane proprietario fuggiasco. Un ulteriore controllo permette loro anche di individuare delle tracce di droga nel vano portaoggetti. Questo dato, però, non pare sufficiente per ritenere il ragazzo responsabile di guida in stato di alterazione psico-fisica Cassazione, sentenza n. 18786/17, sez. IV Penale, depositata oggi . Vano. Una volta depenalizzato il reato di guida senza patente , sul giovane proprietario della Vespa pesa solo l’ipotesi di avere condotto il ciclomotore in condizioni psico-fisiche deprecabili, a causa dell’ assunzione di droga . Su questo fronte viene ritenuto decisiva la scoperta fatta dai carabinieri che, a conclusione dell’inseguimento nato a seguito della fuga della Vespa non fermatasi al posto di blocco, hanno rintracciato il veicolo ed esaminandolo hanno trovato tracce di droga nel vano portaoggetti . Quei residui sono stati considerati in appello elementi sufficienti per condannare il giovane. Questa decisione viene ora messa in discussione dai Magistrati della Cassazione, che ritengono non dimostrato in maniera certa che il giovane si sia posto alla guida della Vespa nonostante lo stato di alterazione psico-fisica provocata dall’ assunzione di droga . Alterazione. In sintesi, il quadro probatorio proposto dall’accusa è valutato come assai fragile. In questa ottica vengono evidenziate le parole di un carabiniere, che ha sì riferito che sotto la casa del ragazzo era stata rinvenuta la Vespa e all’interno di un vano portaoggetti era stato scoperto un fazzoletto con all’interno dei residui di sostanza stupefacente , ma ha anche aggiunto che il giovane per un certo lasso di tempo era sfuggito al controllo e quindi non era possibile riferire quando avesse in ipotesi assunto la droga . Significativo poi è anche il fatto che non era stato possibile sottoporre ad analisi la sostanza repertata, in quanto le tracce erano insufficienti . Questi elementi rendono discutibile la condanna pronunciata in secondo grado, anche perché, aggiungono i Giudici della Cassazione riaffidando la vicenda all’esame della Corte d’appello, il reato indicato nel codice della strada non è quello di chi guida dopo aver assunto sostanza stupefacente, bensì di colui che guida in stato di alterazione psico-fisica determinato dall’assunzione di droga .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 marzo – 18 aprile 2017, n. 18687 Presidente Blaiotta – Relatore Gianniti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Messina con sentenza 25/11/2014 assolveva C. S. dal reato ex art. 187 C.d.S., di cui al capo A - per essersi posto, in Messina il 20 maggio 2012, alla guida di un motociclo, dopo aver assunto sostanze stupefacenti - e lo dichiarava invece responsabile del reato di cui all'art. 116, commi 13 e 18 C.d.S., contestato al capo B. 2. La Corte di appello di Messina, a seguito di appello proposto dall'imputato e dal Procuratore Generale, ha dichiarato il C. responsabile del reato di cui al capo A, mentre lo ha assolto dal reato di giuda senza patente, di cui al capo B, perché, a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. 8/2016, il fatto non è più previsto dalla legge come reato. 3. Avverso la sentenza della Corte territoriale, tramite difensore di fiducia, propone ricorso l'imputato, articolando 3 motivi di doglianza, tutti concernenti l'imputazione di cui al capo A. 3.1. Nel primo motivo si denuncia vizio di motivazione in punto di affermazione della responsabilità per il reato di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Il ricorrente si lamenta che la Corte d'Appello, contrariamente al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel riformare integralmente la sentenza di primo grado, non avrebbe confutato le ragioni poste a sostegno della medesima e non avrebbe dimostrato l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli elementi più rilevanti nella stessa contenuti, essendosi limitato ad affermare che il quadro probatorio è convincente, dimostra senza alcun ragionevole dubbio che C. si pose alla guida del ciclomotore dopo aver assunto droga . Si lamenta altresì che la Corte territoriale avrebbe travisato le risultanze processuali laddove ha sostenuto che i residui di sostanza stupefacente , rinvenuti all'interno del vano portaoggetti del suo ciclomotore, avvaloravano l'ipotesi accusatoria, dal momento che detti residui non erano stati repertati e neppure erano stati analizzati a causa della loro quantità esigua degli stessi. Secondo il ricorrente, infine, la Corte di merito avrebbe in modo illogico valorizzato la sua fuga lui era fuggito non perché aveva assunto la droga e voleva sottrarsi al controllo dei Carabinieri, ma perché, essendo sprovvisto della patente di guida, voleva evitare la denuncia ed il sequestro del motociclo. 3.2. Nel secondo motivo si denunzia violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 187 C.d.S. Il ricorrente deduce che la Corte d'Appello lo ha dichiarato responsabile di essersi messo alla guida del motociclo dopo aver assunto sostanza stupefacente, senza tuttavia operare alcun riferimento circa lo stato di alterazione psicofisica, in cui si sarebbe dovuto trovare durante la guida stessa, riferimento che, al contrario, è necessario ai fini dell'integrazione della condotta tipica del reato previsto dall'art. 187 C.d.S. 3.3. Nel terzo motivo si denunzia il difetto di motivazione in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena. Il ricorrente sottolinea al riguardo che il beneficio della sospensione della pena era stato già concesso dal primo giudice in relazione al reato di guida senza patente per il quale in appello è stata dichiarata la intervenuta depenalizzazione . Considerato in diritto La sentenza impugnata - già passata in giudicato per quanto concerne la intervenuta depenalizzazione per il reato di guida senza patente di cui al capo B - va annullata con riferimento al reato di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti di cui al capo A . Va preliminarmente richiamato il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte cfr., in particolare, Sezioni Unite, sent. n. 33748 del 12/7/2005, alla quale si è conformata la successiva giurisprudenza di legittimità a sezioni semplici , secondo il quale la sentenza di appello, che riformi totalmente la decisione di primo grado, ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio e di confutare specificatamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato. Essa, dunque, deve essere corredata da una motivazione che, sovrapponendosi a quella della sentenza riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati il differente esito del giudizio di appello, invero, in tanto può trovare fondamento, in quanto rappresenti non già la soluzione preferibile, alla luce delle emergenze dibattimentali, ma l'unica dalle stesse consentite. Orbene, nel caso di specie, come correttamente denunciato dal ricorrente nel primo motivo, tale obbligo di motivazione rafforzata non è stato assolto dalla Corte di appello di Messina, con la conseguenza che il ragionamento sviluppato dal giudice di primo grado non è stato affatto disarticolato dal giudice d'appello. Al riguardo, è sufficiente osservare che la Corte di merito, a sostegno della operata integrale riforma della sentenza di primo grado, si limita ad osservare che Il quadro probatorio articolato è convincente, dimostra senza alcun ragionevole dubbio che C. si pose alla guida del ciclomotore dopo aver assunto della droga , senza in alcun modo confrontarsi con le articolate argomentazioni che avevano condotto il giudice di primo grado alla pronuncia assolutoria che, anzi, in punto di fatto, i giudici di appello riferiscono espressamente di voler recepire p. 3 . In particolare la Corte territoriale omette di confrontarsi sulla circostanza che il teste P. L. appuntato dei Carabinieri in servizio al Nucleo Radiomobile di Messina, che, dopo aver intimato l'alt al conducente della Vespa 125, effettuò l'inseguimento e, dopo aver riconosciuto il conducente nell'odierno ricorrente, si recò, unitamente agli altri militi in servizio, presso l'abitazione dello stesso, sita nei pressi del luogo dove si era conclusa la fuga ha riferito si che sotto la casa del C. era stata rinvenuta la Vespa 125 e, all'interno di un vano porta oggetti, un fazzoletto con all'interno dei residui di sostanza stupefacente, ma ha anche aggiunto che il C. per un certo lasso di tempo era sfuggito al controllo e che lui non era in grado di riferire quando il C. avesse in ipotesi assunto sostanza stupefacente. Ed ancora la Corte territoriale omette di confrontarsi con la circostanza, riferita dal Brigadiere L. C. G., secondo il quale non era stato possibile sottoporre ad analisi la sostanza repertata in quanto le tracce erano insufficienti e con la considerazione, effettuata dal giudice di primo grado, per la quale la condotta tipica del reato previsto dall'art. 187 C.d.S. non è quella di chi guida dopo aver assunto sostanza stupefacente, bensì di colui che guida in stato di alterazione psico fisica determinato da tale assunzione . Per le ragioni che precedono, la sentenza va annullata e va disposto il rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria, che procederà a nuovo esame tenendo presente quanto sopra precisato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all'art. 187 del Codice della Strada con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria.