La ricusazione va sollevata prima del termine dell’udienza

In tema di ricusazione, qualora la relativa causa sia sorta nel corso dell'udienza, la parte ha solo l'onere di formulare la relativa dichiarazione prima del termine dell'udienza, con esplicita riserva di formalizzare tale dichiarazione nel termine di tre giorni previsto dall'art. 38, comma 2, c.p.p., non potendo essere imposto alla parte di abbandonare l'udienza per presentare la dichiarazione di ricusazione, con i relativi documenti, nella cancelleria competente.

Lo ha ribadito la quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18519, depositata il 13 aprile 2017. L’istituto della ricusazione. Il codice di procedura penale prevede, quali motivi di ricusazione del giudice, alcune ragioni in comune con quelle di astensione, ed in particolare i casi di incompatibilità previsti dagli artt. 34 e 35 del codice di rito, e dall’ordinamento giudiziario il caso in cui il giudice abbia un interesse nel procedimento quello in cui le parti private, o i loro difensori, siano debitori o creditori del giudice, del suo coniuge o dei suoi figli quello in cui un prossimo congiunto del giudice, o del suo coniuge, siano tutori o procuratori o datori di lavoro di una delle parti private quello in cui il giudice abbia consigliato o manifestato pareri circa l’oggetto del procedimento al di fuori delle proprie funzioni quello in cui il giudice, o un suo prossimo congiunto, siano in grave inimicizia con una parte privata quello in cui un prossimo congiunto, o il coniuge del giudice, siano persone offese o soggetti danneggiati dal reato o dalle parti private. Fra gli altri casi di ricusazione, vi è poi quello in cui il prossimo congiunto, o il coniuge del giudice, siano stati pubblici ministeri nello stesso procedimento o ancora, il caso in cui il giudice abbia indebitamente manifestato il proprio convincimento sui fatti oggetto di imputazione, o abbia espresso valutazione di merito sulla responsabilità penale dell’imputato per lo stesso fatto, o in altro procedimento anche non penale . Sul piano processuale, la domanda di ricusazione non sospende il procedimento salva sospensione temporanea, o autorizzazione al compimento dei soli atti urgenti, disposta dal giudice che deve decidere sulla ricusazione . Il giudice ricusato non può inoltre pronunciare sentenza fin quando non è pronunciata ordinanza di inammissibilità, o di rigetto della domanda di ricusazione . Se concorrono dichiarazioni di astensione e ricusazione, l’astensione accolta fa considerare non proposta la domanda di ricusazione. La posizione delle Sezioni Unite Confermando l’orientamento delle Sezioni Unite, la giurisprudenza delle sezioni semplici ha statuito che la dichiarazione di ricusazione del giudice va presentata nel termine di tre giorni nel caso in cui la causa sia sorta in udienza e l'imputato, per la lontananza della cancelleria del giudice competente - avente sede in luogo diverso, da quello in cui si svolge l'udienza davanti al giudice ricusato - non abbia avuto la possibilità di presentarla prima del termine dell'udienza. ed i principi del giusto processo. La ricusazione costituisce uno dei cardini del giusto processo regolato dalla legge. Più in generale, in tema di giusto processo, occorre richiamare due importanti norme sovranazionali, quali l’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo Cedu e l’art. 47 della Carta di Nizza. La prima prevede che ogni persona ha diritto ad un'equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole, davanti ad un tribunale indipendente e imparziale e costituito per legge, che decide sia in ordine alla controversia sui suoi diritti e obblighi di natura civile, sia sul fondamento di ogni accusa in materia penale derivata contro di lei. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico durante tutto o una parte del processo nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la tutela della vita privata delle parti in causa, nella misura ritenuta strettamente necessaria dal tribunale quando, in speciali circostanze, la pubblicità potrebbe pregiudicare gli interessi della giustizia. Inoltre, ogni persona accusata di un reato si presume innocente sino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata. Nello specifico, ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico di disporre del tempo e dei mezzi necessari per preparare la sua difesa di difendersi personalmente o con l'assistenza di un difensore di propria scelta e, se non ha i mezzi per pagare un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d'ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia di interrogare o far interrogare i testimoni a carico ed ottenere la citazione e l'interrogatorio dei testimoni a discarico a pari condizioni dei testimoni a carico di farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata nell'udienza. Le finalità proprie del giusto processo caratterizzano pure la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000, il cui art. 47 stabilisce che ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni individuo ha inoltre diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni individuo ha pure la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti, è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 marzo – 13 aprile 2017, n. 18519 Presidente Zaza – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato la Corte di Appello di Brescia dichiarava l’inammissibilità della dichiarazione di ricusazione presentata dal V.A. nei confronti del giudice del Tribunale di Bergamo, nell’ambito del proc. pen. nr. 4352/2016 R.G. Trib. 2. Il V.A. ricorre, a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Massimiliano Battagliola, per violazione di legge ed inosservanza di norme sancite a pena di decadenza, ai sensi dell’art. 606, lett. b ed e , cod. proc. pen., in relazione alla motivazione dell’ordinanza, basata sulla citazione della sentenza della Sez. 3, n. 12893 del 18/12/2014, la quale, nella parte motiva, richiamando altra sentenza della Sez. 2, n. 46310 del 23/11/2001, Rv. 251531, aveva affermato che, qualora la causa di ricusazione sia sorta nel corso dell’udienza e la formale dichiarazione non possa essere presentata prima dell’esaurimento dell’udienza stessa, la parte non ha alcun obbligo di chiederne la sospensione, potendo usufruire del termine di tre giorni di cui all’art. 38, comma 2, cod. proc. pen., pur dovendo formulare apposita riserva prima della conclusione dell’udienza in tal senso in ricorso si citano altresì le Sez. U., sentenza n. 36847 del 26/06/2014, che ha esteso a tutte le situazioni processuali il termine di cui all’art. 38, comma 2, cod. proc. pen., fermo restando l’onere di formulare apposita riserva prima della conclusione dell’udienza dette pronunce di legittimità evidenzierebbero, a parere della difesa, la necessità di evitare un inutile dispendio di attività processuale da parte di un giudice che non sia consapevole di non poter pronunziare o concorrere a pronunziare la sentenza tuttavia, alla luce della motivazione della sentenza della Sez. 2, n. 49457 del 07/11/2013, la difesa ritiene che le contrapposte esigenze - la tutela della possibilità di far valere violazioni del principio di imparzialità e la necessità di speditezza ed economia processuale - determinino un differente atteggiarsi dell’art. 38, comma 2, cod. proc. pen., a seconda delle specifica situazione processuale nel caso in cui la causa di ricusazione si verifichi in udienza, decorso il termine di cui al comma primo dell’art. 38 cod. proc. pen., ed essendone possibile l’immediata deduzione, la dichiarazione andrebbe effettuata prima del termine dell’udienza stessa, mentre se, pur verificandosi la causa di ricusazione in udienza, non fosse possibile l’immediata dichiarazione, dovrebbe applicarsi il termine di tre giorni se, tuttavia, in detta seconda ipotesi, il giudice debba compiere l’attività che gli sarebbe vietata, per evidente esigenza di tutela del principio di imparzialità del giudice e di quello di speditezza del processo, si giustificherebbe lo strumento della riserva in udienza peraltro la formulazione dell’art. 38, comma 2, ultima parte, cod. proc. pen., sarebbe norma strutturata sulla ideale durata del processo per una sola udienza, cosa che, nel caso di specie, non risulta verificata, in quanto all’udienza del 06/05/2016 il processo era stato rinviato per ulteriore attività istruttoria, per cui non sussisteva alcun rischio di stallo dell’attività processuale, ai sensi dell’art. 37, comma 2, cod. proc. pen., con la conseguenza che, nel caso in esame, non era emersa alcuna esigenza di fare la dichiarazione di ricusazione prima del termine dell’udienza. In ogni caso, il principio stabilito dalla Sez. 3, sentenza n. 12983 del 18/12/2014 - secondo cui il soggetto che non intende partecipare al processo può rilasciare procura speciale al proprio difensore al fine della dichiarazione di ricusazione in udienza sarebbe in contrasto con l’art. 111 Cost. e con l’art. 6, par. 1 CEDU, in quanto si ammetterebbe che il difensore non munito di procura speciale non potrebbe in alcun modo contrastare la causa di ricusazione, data la natura di atto personalissimo della stessa ne conseguirebbe che l’imputato dovrebbe scegliere tra l’essere presente al processo o conferire mandato in anticipo al difensore, attraverso una vera e propria clausola di stile, che si porrebbe in contrasto con la natura di atto personalissimo della ricusazione. 3. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. Piero Gaeta, ha fatto pervenire, in data 17/02/2017, conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Questa Corte ha già avuto modo di ricordare che la causa di ricusazione sorta durante l’udienza, alla presenza del difensore di fiducia dell’imputato contumace o assente , deve essere ritenuta conosciuta da quest’ultimo, sia in virtù del rapporto fiduciario che impone una continua e diretta comunicazione di tutti gli elementi rilevanti per l’esercizio delle facoltà difensive, sia in forza delle esigenze di economia processuale e di contrasto ad eventuali abusi del diritto di difesa nel processo, cui risponde la previsione del termine decadenziale di cui all’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen. Sez. 3, n. 12983 del 18/12/2014, Fiesoli, Rv. 262996 Sez. 6, n. 14222 del 29/01/2007, Berlusconi, Rv. 236395 . Tale orientamento non può mutare a seguito dell’introduzione dell’istituto dell’assenza, posto che anche in tal caso è previsto, dall’art. 420 bis, cod. proc. pen., richiamato, per il dibattimento, dall’art. 484 cod. proc. pen., che l’imputato, che abbia avuto regolare conoscenza del procedimento e non si presenti, sia rappresentato dal suo difensore. Peraltro le Sezioni Unite, con sentenza n. 36847 del 26/06/2014, Della Gatta ed altro, Rv. 260096, hanno affermato che In tema di ricusazione, qualora la relativa causa sia sorta nel corso dell’udienza, la parte ha solo l’onere di formulare la dichiarazione di ricusazione prima del termine dell’udienza, con esplicita riserva di formalizzare tale dichiarazione nel termine di tre giorni previsto dall’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen., non potendo essere imposto alla parte di abbandonare l’udienza per presentare la dichiarazione di ricusazione, con i relativi documenti, nella cancelleria competente . Il concetto è stato ribadito dalle successive sezioni semplici, con giurisprudenza che deve ritenersi assolutamente incontrastata Sez. 3, sentenza n. 12983 del 18/1272014, dep. 26/03/2015, P.G., P.C. in proc. Fiesole ed altri, Rv. 262998, ha, infatti, ribadito che qualora la causa di ricusazione sia sorta in udienza, la parte personalmente, sia essa presente o meno, o il suo procuratore speciale, possono usufruire del termine di tre giorni, per la presentazione della dichiarazione di ricusazione, a condizione che formulino, prima della fine dell’udienza, apposita riserva in tal senso Sez. 5, sentenza n. 16159 del 24/02/2016, Sidoti, Rv. 267150, ha, poi, specificato ulteriormente che la dichiarazione di ricusazione per una causa sorta durante l’udienza, alla presenza del difensore dell’imputato assente, deve essere proposta, ai sensi dell’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen., prima del termine dell’udienza, intendendosi quest’ultima come unità quotidiana di lavoro, con esclusione della possibilità di farla coincidere con la nozione di dibattimento in tal caso rimane ferma la possibilità di esplicita riserva di formalizzazione della dichiarazione nel termine di tre giorni dall’udienza stessa, prevista dalla prima parte dell’art. 38, comma secondo, cod. proc. pen Nel caso in esame, come condivisibilmente osservato dal Procuratore Generale, la causa di ricusazione era sorta durante l’udienza dibattimentale, e nessuna deduzione risulta fosse stata formulata in udienza, a verbale, prima della conclusione della stessa. La lettura offerta dalla difesa - secondo cui l’immediata dichiarazione a verbale della causa di ricusazione sarebbe necessaria solo allorquando il giudice debba svolgere, nella medesima udienza, un’attività che, in caso di pronuncia di accoglimento dell’istanza di ricusazione, sarebbe vanificata non trova alcun riscontro nella giurisprudenza di questa Corte regolatrice che, come sottolineato da Sez. 2, sentenza n. 46310 del 23/11/2011, Maniglia, Rv. 251531, ha chiarito come non possa in alcun modo configurarsi un onere specifico a carico della parte, consistente nella necessità di chiedere la sospensione dell’udienza allo scopo di formulare l’istanza di ricusazione, essendo detto onere del tutto estraneo alla formulazione della norma che, tuttavia, onera la parte della immediata deduzione della causa di ricusazione, trovando poi applicazione il termine di giorni tre finalizzato alla formalizzazione ed al deposito dell’istanza. Peraltro - come acutamente osservato dal Procuratore Generale - il venir meno dell’obbligo di immediata esplicitazione in udienza della causa di ricusazione, determinerebbe una chiara ed irragionevole anomalia del funzionamento del sistema, non potendosi apprezzare ex ante se, in relazione allo svolgimento ed agli accadimenti dell’udienza medesima, la denuncia della causa di ricusazione possa essere dilazionata inoltre, si introdurrebbe un meccanismo occulto di ricusazione, che non consentirebbe ad alcun giudicante di conoscere la contestazione delle propria funzione, con evidente vulnus del principio di legittimazione del giudice infine, in ogni caso, non si comprende la ratio delle argomentazioni difensive, atteso che, comunque, un difensore non munito di procura speciale non potrebbe mai, nei tre giorni successivi all’udienza, formulare alcuna istanza di ricusazione, essendo sfornito del relativo potere, apparendo del tutto irragionevole una soluzione di questo tipo finalizzata alla possibilità di colmare il difetto di rappresentanza, essendo detta interpretazione chiaramente confliggente con lo stesso concetto di garanzie difensive, che vanno previste ed esercitate secondo precise e prevedibili regole procedurali, anche in relazione alla loro scansione ne consegue che, in caso di assenza di mandato difensivo in tal senso, la impossibilità di far valere l’eventuale insorgere di una causa di ricusazione, certamente non deriverà da un ostacolo procedurale all’esercizio della relativa garanzia difensiva, bensì ad una precisa scelta della parte in ordine all’ampiezza del mandato difensivo conferito. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso discende, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Motivazione semplificata.