Basta il narcotest per stabilire se un funghetto allucinogeno è sostanza stupefacente?

Ai fini di dover stabilire l’effettiva natura stupefacente di una determinata sostanza, ove occorra valutare anche l’entità o l’indice dei principi attivi contenuti nei reperti, il narcotest non è sufficiente ma è necessaria anche la perizia chimica tossicologica.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 18405/17 depositata il 12 aprile. Il caso. L’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Bari che riformava la sentenza di primo grado con la quale gli erano state concesse le attenuanti generiche e, di conseguenza, riformato la pena in ordine al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90. Egli infatti aveva ceduto 1,6 grammi di fungo allucinogeno e ne deteneva un ulteriore grammo presso la propria abitazione. Fra le doglianze dedotte ai fini del ricorso in Cassazione, vi è quella relativa al mancato accertamento, a mezzo di consulenza tecnica tossicologica, della quantità di principio attivo presente nella sostanza stupefacente rinvenuta e la relativa capacità drogante di quest’ultima. Il narcotest non basta. Gli Ermellini affermano che, ai fini di dover stabilire l’effettiva natura stupefacente di una determinata sostanza, ove occorra valutare anche l’entità o l’indice dei principi attivi contenuti nei reperti, il narcotest non è sufficiente ma è necessario un ulteriore accertamento tecnico, quale la perizia chimica tossicologica. Nella fattispecie, la Corte territoriale ha dedotto la capacità drogante della sostanza sulla sola base di una descrizione riportata nell’informativa dei Carabinieri che, fra l’altro, si riferisce al tipo di sostanza in astratto e non all’effettiva e concreta idoneità di questa ad alterare lo stato neuropsichico di chi ne fa uso. Pertanto, il Collegio annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Bari in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 febbraio – 12 aprile 2017, n. 18405 Presidente Rotundo – Relatore Mogini Ritenuto in fatto 1. S.C. ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Bari ha, in riforma di quella di primo grado pronunciata dal Tribunale di Bari in composizione monocratica, concesso al ricorrente le attenuanti generiche e per l’effetto rideterminato la pena a lui inflitta per il delitto di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90 relativo alla cessione di grammi 1,6 di fungo allucinogeno contenente psilocibina, del quale deteneva un ulteriore grammo presso la propria abitazione. 2. Il ricorrente censura la sentenza impugnata lamentando 2.1. violazione degli artt. 63, 191 e 350, comma 6, cod. proc. pen. con riferimento alle dichiarazioni rese da G.D. , affette da inutilizzabilità assoluta e patologica in quanto rilasciate senza l’assistenza di difensore da soggetto già raggiunto da indizi di reità e comunque, per il loro tenore, indizianti 2.2. assenza di motivazione in ordine alla mancata rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex art. 603, comma 1, cod. proc. pen. per l’escussione del teste Se.En. sulla circostanza del prefigurato uso di gruppo della sostanza stupefacente sequestrata, invero al riguardo dotata del carattere della decisività. 2.3. violazione dell’art. 73, comma 1, D.P.R. 309/90 e vizi di motivazione in relazione al mancato accertamento, a mezzo di consulenza tecnica tossicologica, della quantità di principio attivo presente nella sostanza stupefacente rinvenuta e, conseguentemente, dell’effetto drogante di tale sostanza. 2.4. violazione dell’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. con riferimento al beneficio della sospensione condizionale della pena, già concesso ad esito del giudizio di primo grado. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Come correttamente osservato dalla Corte territoriale, al momento dell’assunzione delle dichiarazioni rese da G.D. ai militari operanti, quest’ultimo non rivestiva, anche in via ipotetica o potenziale, la veste di persona indagata o indagabile p. 3 motivazione , sicché tali dichiarazioni sono state correttamente utilizzate dai giudici di merito. 2. Il secondo motivo di ricorso è pure inammissibile, poiché rappresenta la reiterazione di doglianza di merito alla quale la Corte territoriale ha offerto risposta del tutto adeguata e immune da vizi logici e giuridici laddove ha escluso, alla luce di concludenti emergenze istruttorie, la decisività della prova testimoniale oggetto della richiesta di riapertura dell’istruttoria dibattimentale, dovendosi ritenere, sulla base della testimonianza G. e dei riscontri ad essa offerti dai servizi di osservazione e dall’analisi di traffico telefonico, che la detenzione della sostanza sequestrata non fosse fin dall’origine destinata al consumo del ricorrente con soggetti noti SU, n. 25401 del 31.1.2013, Rv. 255258 . 3. Fondato è invece il terzo motivo di ricorso. Se infatti per stabilire l’effettiva natura stupefacente di una determinata sostanza è sufficiente il narcotest, senza che sia indispensabile far ricorso ad una perizia chimica tossicologica, tale ultimo accertamento tecnico è necessario, invece, ove occorra valutare l’entità o l’indice dei principi attivi contenuti nei reperti Sez. 3, n. 22498 de/ 17/03/2015, Rv. 263784 e il giudice non possa attingere tale conoscenza anche da altre fonti di prova acquisite agli atti Sez. 4, n. 22238 del 29/01/2014, Rv. 259157 Sez. 6, n. 43226 del 26/09/2013, Rv. 257462 . Nel caso di specie, a fronte di una specifica censura riguardante l’inoffensività della condotta per difetto di effettiva capacità drogante della sostanza, la Corte territoriale ha dedotto tale capacità drogante sulla base di una descrizione riportata nella informativa dei Carabinieri che si riferisce in astratto al tipo di sostanza e non alla effettiva e concreta idoneità a indurre una modificazione dell’assetto neuropsichico dell’utilizzatore della, invero non rilevante, quantità di sostanza ceduta a terzi e detenuta dal ricorrente. Si rende quindi necessario l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio degli atti ad altra Sezione della Corte di appello di Bari perché, in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimità, proceda a nuovo giudizio sul punto e sui profili critici segnalati, colmando - nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito ed anche, ove manchino in atti prove allo scopo idonee, attraverso i necessari accertamenti chimico-tossicologici - le indicate lacune e discrasie della motivazione. 4. Il quarto motivo di ricorso risulta assorbito, risultando peraltro evidente che la sentenza impugnata non ha modificato, confermandola, la statuizione di quella di primo grado relativa alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Bari.