“Due o tre colpi di cintura” sul proprio figlio: è abuso di mezzi correttivi, non educazione

Il potere educativo esercitato dal genitore nei confronti del figlio non deve superare i limiti previsti dall’ordinamento e non può sfociare in trattamenti mortificanti la sua personalità. Diversamente, tale condotta integra il reato di abuso di mezzi di correzione e, se reiterato, può sfociare in quello di maltrattamenti.

Lo ha stabilito la Suprema Corte con sentenza n. 18380/17 depositata l’11 aprile. Il caso. Il GIP dichiarava sentenza di non luogo a procedere nei confronti del padre accusato del reato di maltrattamenti con vessazioni fisiche e morali nei confronti del figlio e in presenza della figlia, entrambi minorenni. L’avvocato, quale curatore speciale dei due minorenni, ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza emessa dal GIP. L’abuso dei mezzi di correzione. All’attenzione del Collegio di legittimità è sottoposta la questione relativa al rapporto tra il reato di maltrattamenti in famiglia e il reato di abuso dei mezzi di correzione. Tra le doglianze poste dal ricorrente vi è, per l’appunto, quella relativa alla mancata qualificazione della condotta messa in atto dal padre come abuso dei mezzi di correzione o disciplina. Quest’ultimo, infatti, aveva ammesso di aver percosso il figlio due o tre volte con la cintura, e di averlo colpito alla testa con un accendino ed è qui che la Corte si interroga circa i limiti dell’esercizio del potere educativo/disciplinare da parte del genitore. In particolare, gli Ermellini affermano che tale potere deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento del figlio, senza superare i limiti previsti dall’ordinamento e senza che questi diventino trattamenti mortificanti la sua personalità. Inoltre, anche un solo atto di tale portata può integrare il reato di abuso dei mezzi di correzione, non trattandosi di un reato avente necessariamente natura abituale. La linea di confine con il maltrattamento. Non solo, stante la parola della Suprema Corte su tale punto, quest’ultima ritiene opportuno affermare il principio di diritto secondo cui il reiterato abuso di mezzi di correzione può condurre all’applicazione della disciplina del reato continuato o, addirittura, tradursi nella condotta del reato di maltrattamenti . La linea di discrimine fra le due fattispecie risiede nella diversità dell’elemento soggettivo e, in alternativa non esclusiva, nella diversità fra i beni tutelati . Nel caso di specie, la Corte accoglie il ricorso dell’avvocato e annulla la sentenza impugnata, rinviando al Tribunale di Milano per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 gennaio – 11 aprile 2017, n. 18380 Presidente Conti – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4/05/2016 nel procedimento n. 256/2014 R.G.N.R., il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Milano ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di J.S.R.N.C. perché il fatto non sussiste per il capo A art. 572 cod. pen. maltrattamenti con vessazioni fisiche e morali in danno del figlio S.G. in presenza di altra figlia minorenne K. e perché l’azione non può essere proseguita per il capo B artt. 582 e 585, in relazione all’art. 576, n. 5, cod. pen., lesioni personali in danno del predetto figlio minorenne per mancanza di querela. 2. Nel ricorso dell’avv.to Giorgio Conti, curatore speciale del minorenne N.R.S.G. , parte civile, e della minorenne N.R.K.N. , che il Giudice non ha riconosciuto come persona offesa, si chiede l’annullamento della sentenza deducendo mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione a alla non sussistenza del reato di maltrattamenti ex art. 572 cod. pen. b alla mancata qualificazione della condotta come abuso dei mezzi di correzione o di disciplina ex art. 571 cod. pen., trascurando che lo stesso imputato ha affermato di avere percosso il figlio con una cintura a scopo educativo c alla pronuncia di non luogo a procedere per il reato di lesioni personali aggravate perché - anche escluso il reato ex art. 572 cod. pen. sussiste, comunque l’aggravante ex art. 576 n. 2 cod. pen., con la conseguente perseguibilità d’ufficio delle lesioni personali d al disconoscimento della qualità di persona offesa alla minorenne N.R.K.N. . Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Il Giudice non ha escluso la sussistenza delle maggior parte delle condotte descritte nell’imputazione, ma le ha ricostruite come comportamenti lesivi nei confronti del figlio S.G. generalmente perfezionati in costanza di abuso di sostanze alcoliche , per i quali anche la mancanza di coabitazione depone per un reiterarsi sporadico , evidenziando che il minorenne ha contestualizzato l’episodio in cui era stato picchiato molto duramente dal padre . In altri termini, con congrua motivazione ha escluso che i comportamenti dell’imputato ledano il bene protetto dall’art. 572 cod. pen., perché, per configurare i maltrattamenti, i fatti devono rientrare in una più ampia e unitaria condotta abituale, che imponga un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile. Resta fermo che le episodiche lesioni di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti di convivenza familiare, quando non integrano il delitto di maltrattamenti, conservano comunque la propria autonomia di reati contro la persona Sez. 6, n. 45037 del 02/12/2010, Re. 249036 Sez. 6, n. 37019 del 27/05/2003, Re. 226794 . 2. Il secondo motivo di ricorso è fondato. L’imputato ha ammesso di avere percosso il figlio due-tre volte con la cintura a scopo educativo e, in una occasione, di averlo leso ma di avergli anche chiesto scusa e il ragazzo nato nel , undicenne all’epoca dei fatti ha riferito di essere stato più volte minacciato o picchiato con la cintura dal padre, dopo avergli risposto malamente o essersi comportato male a scuola, e che nel omissis il padre lo aveva colpito alla testa con un accendino. Il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento del minorenne, senza superare i limiti previsti dall’ordinamento o consistere in trattamenti mortificanti la sua personalità Sez. 6, n. 34492 del 14/06/2012, Re. 253654 e il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non ha natura di reato necessariamente abituale, per cui può essere integrato da un unico atto espressivo dell’abuso Sez. 5, n. 2100 del 15/12/2009, Rv. 245926 , o da una serie di comportamenti lesivi dell’incolumità fisica e della integrità psichica del minorenne, che, mantenuti per un periodo di tempo apprezzabile e complessivamente considerati, realizzano l’evento, quale che sia l’intenzione correttiva o disciplinare del soggetto attivo Sez. 6, n. 18289 del 16/02/2010, Re. 247367 . In relazione al rapporto fra il reato di maltrattamenti in famiglia e il reato di abuso di mezzi di correzione può enunciarsi il principio di diritto secondo il quale il reiterato abuso dei mezzi di correzione può condurre alla applicazione della disciplina del reato continuato se ne ricorrono gli specifici presupposti o tradursi in una condotta di maltrattamenti se ne ricorrono gli specifici elementi costitutivi . La linea di discrimine fra le due figure criminose risiede nella diversità dell’elemento soggettivo e, in alternativa non esclusiva, nella diversità fra i beni tutelati. Sotto il primo profilo, il reato continuato è caratterizzato da un elemento soggettivo intellettivo, costituito dalla previsione di una sequenza ordinata di azioni criminose rispondenti a determinate finalità dell’agente, e da un elemento volitivo costituito da un atteggiamento psicologico, al quale - sul piano probatorio - debbono corrispondere condotte oggettive compatibili con il disegno programmato Sez. 1, n. 34502 del 02/07/2015, Rv. 264294 Sez. 1, n. 597 del 28/01/1997, Rv. 207211 . Invece, il dolo unitario che caratterizza il reato abituale non implica - diversamente dal reato continuato - uno specifico programma criminoso, alla realizzazione del quale la serie di condotte criminose, sin dalla loro rappresentazione iniziale, siano finalizzate, ma solo la coscienza e la volontà di persistere in un’attività vessatoria, già attuata in precedenza, idonea a ledere la personalità della vittima Sez. 6, n. 15146 del 19/03/2014, Rv. 259677 Sez. 6, n. 25183 del 19/06/2012, Rv. 253042 Sez. 6, n. 16836 del 18/02/2010, Rv. 246915 . In altri termini, il dolo del reato continuato è costituito ab initio invece nel reato abituale si consolida in itinere. Sotto il secondo profilo, le condotte costituiscono abuso di mezzi di correzione se, sul piano oggettivo, con riferimento al contesto culturale e al complesso normativo fornito dall’ordinamento giuridico, vi è stato eccesso dei mezzi rispetto al fine Sez. 6, n. 4904 del 18/03/1996, Rv. 205034 e dal fatto è derivata al soggetto passivo una malattia , intesa come ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo stati d’ansia, insonnia, depressione, ai disturbi del carattere e del comportamento invece, per il reato di maltrattamenti si richiede che sia lesa la dignità della persona Sez. 6, n. 19850 del 13/04/2016, Rv. 267000 . 3. Per quanto riguarda il capo B, dalla esclusione della fattispecie ex art. 572 cod. pen. deriva la caducazione dell’aggravante ex art. 576 n. 5 cod. pen. l’avere commesso il fatto in occasione della commissione del reato ex art. 572 cod. pen. con la conseguenza che il delitto sarebbe punibile a querela della persona offesa art. 582, comma 2, cod. pen. , come ritenuto dal Giudice, che ha dichiarato non doversi procedere. Tuttavia nel ricorso correttamente si deduce che, comunque, ricorre - oggettivamente, senza che la sua affermazione comporti una valutazione discrezionale - l’aggravante ex art. 576 n. 2 cod. pen. stante il richiamo contenuto nell’articolo 585, comma 1, cod. pen. . Pertanto, nella fattispecie il reato di lesioni personali capo B è perseguibile d’ufficio e il terzo motivo di ricorso risulta fondato. 4. Circa il quarto motivo di ricorso, deve rilevarsi che il Giudice non ha ammesso la costituzione di parte civile della figlia dell’imputato, argomentando che in ordine alla aggravante contestata l’avere commesso il fatto in danno di minori e alla presenza di minori non sarebbe individuabile un danno da reato. In realtà, la richiesta di costituzione di parte civile è stata collegata proprio al danno patito dalla ragazza quale persona offesa dal reato di maltrattamenti, per le vessazioni psicologiche indirettamente derivatale dalle condotte rivolte contro il fratello, per cui la legittimazione a costituirsi parte civile non era escludibile a priori. Tuttavia, dalla reiezione del primo motivo di ricorso deriva il venire meno del presupposto per l’accoglimento del quarto. 5. Dall’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso deriva l’annullamento della sentenza con rinvio per nuovo giudizio circa la sussumibilità delle condotte di N.C. sotto la fattispecie normativa ex art. 571 cod. pen. e per procedere nei suoi confronti in ordine al reato di lesioni personali descritto nel capo B. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano.