Sono sequestrabili anche i proventi del reato successivamente reinvestiti in titoli finanziari

Il fatto che i proventi del reato, quando si tratta di denaro, vengano trasformati in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo, che può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16586/2017 depositata il 3 aprile. Il caso. Un condannato per reati di natura fiscale aveva disposto dei proventi illeciti affidandoli ad un soggetto che li aveva successivamente investiti in titoli finanziari presso una banca. Quest’ultimo, però, ricorreva in Cassazione, lamentando che il GUP aveva disposto la confisca per equivalente ai propri danni, anziché provvedere alla confisca diretta del profitto conseguito dal condannato. Confisca per equivalente e ablazione diretta. La Corte di Cassazione spiega che nel caso in cui via sia condanna o patteggiamento della pena, per uno dei delitti previsti dagli artt. 648- bis o 648- ter c.p. riciclaggio” e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita” , è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persone estranee al reato . Ma nel caso in cui siano individuabili denaro o beni fungibili, costituenti profitto del reato, nel patrimonio dell’autore o di un concorrente, prima di poter procedere alla confisca per equivalente in sentenza o in fase cautelare è necessario previamente disporre, o quantomeno tentare, l’ablazione diretta dei valori costituenti provento di reato . Solo nel caso in cui il tentativo di aggressione diretta del profitto si sia rilevato infruttuoso , è possibile la confisca di valore. Riprendendo la pronuncia n. 10561/14 delle Sezioni Unite, è stato specificato che, qualora il profitto sia costituito da una somma di denaro, quest’ultima non è assoggettabile a confisca per equivalente, posto che il denaro è un bene fungibile, quindi sempre oggetto di confisca diretta. E il fatto che esso venga trasformato in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo, che può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito . Nel caso di specie, infatti, il profitto del reato era costituito da circa 540.000 €, poi trasformati in strumenti finanziari riferibili al soggetto che aveva compiuto i reati fiscali. Ed è proprio questo il profitto del reato di riciclaggio commesso dal ricorrente, cioè il vantaggio economico ricavato per effetto della commissione del reato. La trasformazione successiva che ha subito il denaro, frutto del reato, in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non può essere di ostacolo all’ablazione . Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 7 marzo – 3 aprile 2017, n. 16586 Presidente Davigo – Relatore Filippini Ritenuto in fatto 1. Decidendo a seguito di annullamento con rinvio limitatamente alle statuizioni relative alla confisca per equivalente, con sentenza del 21 luglio 2016, il Gup del Tribunale di Monza ha disposto, in parziale riforma della sentenza del GIP di Monza del 17.10.2011, nei confronti di M.G.L. , imputato dei reati di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 166, comma 1 lett. a , capo a , art. 648 bis c.p. capi b e c e art. 648 ter c.p. capo d , la confisca per equivalente dei beni già oggetto di sequestro preventivo nei confronti del predetto M. fino alla concorrenza della somma di circa 540 mila Euro in particolare, di un dossier titoli presso la Banca Popolare di Bergamo, filiale di omissis , cointestato a R.L. , madre dell’imputato, nonché dei beni immobili meglio indicati nel medesimo provvedimento ai sensi dell’art. 648 quater c.p., in riferimento al solo reato ex art. 648 bis c.p. sub capo b . 2. Ricorre avverso detto provvedimento l’Avv. Paolo Moretti, difensore di fiducia di M.G.L. e ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi 2.1. Violazione di legge penale in relazione all’art. 627 cod.proc.pen. e all’art. 648 quater c.p., comma 2, per avere il Gup disposto la confisca per equivalente ai danni del ricorrente del profitto derivante dai delitti tributari commessi da S.S. profitto che quest’ultimo aveva trasferito e fatto investire dal ricorrente M. in strumenti finanziari intestati alla famiglia S. presso Allianz Bank Financial Advisors , anziché provvedere in via preliminare alla confisca diretta del profitto conseguito dallo S. , essendo la confisca per equivalente provvedimento solo sussidiario rispetto ad essa a tanto il GIP è pervenuto dopo aver esperito una illegittima, se non abnorme, attività di integrazione probatoria degli atti sui quali era stato definito il patteggiamento, affermando la ricorrenza della impossibilità di procedere alla confisca diretta del profitto in capo agli S. , così procedendo a disporre quella confisca per equivalente che non sarebbe stato possibile eseguire se fosse stato tempestivamente impedito agli S. di liquidare le disponibilità presso la Allianz Bank Financial Advisors. 2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 648-quater cod.pen. e vizio di motivazione per avere il GIP disposto la confisca per equivalente anche in relazione al dossier titoli cointestato all’imputato e alla madre R.L. in quanto provvedimento fondato sul travisamento probatorio delle dichiarazioni rese dall’imputato in data 7.10.2009 nel verbale che viene allegato al ricorso in particolare si afferma che l’affermazione del M. , secondo la quale sua madre era all’oscuro della contestazione, non comporta necessariamente la estraneità alla stessa delle somme che costituirono la provvista per l’acquisto dei titoli custoditi nel dossier in questione. 3. Nella requisitoria scritta, il Procuratore generale Dott. Piero Gaeta ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile. Ritenuto in diritto Il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi manifestamente infondati. 1. Giova premettere che il provvedimento impugnato è stato reso dal GIP monzese all’esito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte con sentenza n. 31365/2015 resa in data 9.7.2015 in relazione alla sentenza del GIP di Monza datata 1.7.2014. 1.1. Con la richiamata pronuncia di legittimità la Sesta Sezione di questa Corte si è così espressa secondo quanto dispone l’art. 648 quater c.p., 1. Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’art. 444 c.p.p., per uno dei delitti previsti dagli artt. 648 bis e 648- ter , è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persone estranee al reato. 2. Nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca di cui al comma 1, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato . In ossequio all’inequivoco dato testuale della norma, la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte è orientata nel senso di ritenere che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente del prezzo o del profitto del reato ed, a maggior ragione, la confisca per equivalente in sentenza possano essere legittimamente disposti solo se, per una qualsivoglia ragione, i proventi dell’attività illecita, di cui pure sia certa l’esistenza, non siano rinvenuti nella sfera giuridico - patrimoniale dell’indagato Cass. Sez. 5, n. 46500 del 19/09/2011, Lampugnani Rv. 251205 . L’ablazione per equivalente, o di valore, è invero prevista per il solo caso in cui non sia possibile agire direttamente sui beni costituenti il profitto o il prezzo del reato, a cagione del mancato loro reperimento, e consente di apprendere utilità patrimoniali di valore corrispondente, di cui il reo abbia la disponibilità. In tale caso, l’ablazione per equivalente può riguardare un qualunque bene di cui l’indagato abbia la disponibilità, anche in modo legittimo e, comunque, indipendentemente dalla commissione dell’illecito penale a lui contestato, a condizione - si ribadisce - che nella sfera giuridico - patrimoniale del soggetto attivo non sia rinvenuto, per una qualsivoglia ragione, il prezzo o profitto del reato per cui si proceda, ma di cui sia ovviamente certa l’esistenza Cass. Sez. 1, n. 28999 dell’1.4.2010, Rv. 248474, Sez. 5, n. 15445 del 16/1/2004, Rv. 228750, nonché Sez. U., n. 41936 del 25/10/2005, Rv. 232164 . Tirando le fila di quanto sopra, allorché, nel patrimonio dell’autore del reato ovvero di taluno dei concorrenti, siano individuabili denaro o beni fungibili costituenti profitto del reato, prima di poter procedere alla confisca per equivalente in sentenza o in fase cautelare è necessario previamente disporre, o quantomeno tentare, l’ablazione diretta dei valori costituenti provento di reato, di tal che la confisca di valore è possibile soltanto nel caso in cui il tentativo di aggressione diretta del profitto si sia rivelato infruttuoso per l’indisponibilità materiale di beni da apprendere . 1.2. La richiamata pronuncia ha poi ricordato che, come sancito dalle Sezioni Unite di questa Corte, qualora il profitto sia costituito da una somma di denaro - bene fungibile per eccellenza -, essa non è assoggettabile a confisca per equivalente, in quanto il denaro è sempre oggetto di confisca diretta, e la sua trasformazione in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non è di ostacolo al sequestro preventivo, che può avere ad oggetto il bene di investimento così acquisito Cass. Sez. U n. 10561 del 30/1/2014, Gubert, in motivazione . 1.3. Ciò posto, si è allora concluso affermando che di quei principi il Giudice monzese non avesse fatto buon uso, laddove aveva disposto la confisca per equivalente dei beni del M. prima di disporre in via prioritaria, o quantomeno tentare, la confisca del profitto in forma specifica, all’evidenza ben identificato nei prodotti finanziari riferibili allo S. . Infatti, proprio a tenore della contestazione, il profitto del reato di riciclaggio era costituito dalla somma di circa 540 mila Euro, derivante dai reati di natura fiscale commessi da S.S. , e poi da quest’ultimo trasformata - con la condotta contestata al ricorrente M. - negli strumenti finanziari riferibili allo stesso S. presso Allianz Bank Financial Advisors. E dunque, il profitto del reato di riciclaggio per il quale M. ha patteggiato la pena - cioè il vantaggio economico ricavato per effetto della commissione del reato - è costituito proprio dai suddetti titoli intestati agli S. , fermo restando che la trasformazione che il denaro, profitto del reato, abbia subito in beni di altra natura, fungibili o infungibili, non può essere di ostacolo all’ablazione. 1.4. Di conseguenza, la sentenza di legittimità che ha disposto l’annullamento con rinvio ha stabilito che il GIP, sulla scorta delle regulae iuris sopra rammentate, prima di procedere all’ablazione di valore, avrebbe dovuto disporre la confisca diretta del profitto, essendo la confisca per equivalente provvedimento solo sussidiario rispetto ad essa. E quindi, in pratica, prima di poter disporre la confisca per equivalente nei confronti del M. , l’autorità giudiziaria procedente avrebbe dovuto verificare se, presso la Allianz Bank Financial Advisors, fossero ancora presenti i titoli intestati agli S. costituenti il reimpiego delle somme oggetto dei reati fiscali e dunque sostanzianti - in forma specifica - il profitto confiscabile del delitto di riciclaggio . 2. Alla luce di tale premessa, non pare dubitabile che il GIP, prima di adottare la pronuncia ora impugnata, abbia pedissequamente dato esecuzione al dictum di legittimità, procedendo ad attivare i poteri di integrazione istruttoria che l’art. 648 quater, ultimo comma, cod. pen. attribuisce al Pubblico Ministero. Si è poi preso atto del risultato delle indagini integrative condensato nella richiamata nota del Nucleo Speciale della Guardia di Finanza datata 28.10.2015 dalle quali è emerso che presso la Allianz Bank Financial Advisors s.p.a. non era più presente alcun rapporto riconducibile alla famiglia S. . E solo all’esito di tale infruttuoso tentativo, ha disposto la confisca per equivalente ai danni del ricorrente. Nessuna violazione del dictum del giudizio di annullamento con rinvio può dunque ravvisarsi. 2.1. Né si configura alcuna violazione dell’art. 627 comma 2 cod.proc.pen. sotto il profilo della esorbitanza degli accertamenti disposti rispetto ai poteri del giudice di rinvio nella fattispecie, il GIP chiamato a pronunciare sulla richiesta di applicazione pena . Infatti, come accennato, la richiamata verifica suppletiva rispetto alla eventuale presenza di disponibilità direttamente riconducibili agli S. è stata esplicitamente richiesta dalla Suprema Corte con la pronuncia di annullamento. Verifica alla quale il GIP ha dato corso stimolando la locale Procura all’esercizio degli appositi poteri conferiti al PM dall’art. 648 quater, ultimo comma, cod.pen 2.2. Né si può omettere di segnalare come il motivo di ricorso in esame appaia intimamente contraddittorio in sé, posto che da un lato censura l’attività di verifica fatta dal GIP in sede di rinvio, sostenendone addirittura l’abnormità, mentre dall’altro afferma cfr. pagg. 12-13 che la stessa avrebbe dovuto essere più approfondita. E, come noto, la giurisprudenza di questa Corte Suprema è, condivisibilmente, orientata nel senso dell’inammissibilità, per difetto di specificità, del ricorso presentato prospettando vizi di motivazione del provvedimento impugnato, i cui motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa Sez. 6, n. 32227 del 16 luglio 2010, Rv. 248037 . 3. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, diretto a sollecitare questa Corte a compiere valutazioni di merito, precluse al giudice di legittimità, in relazione al preteso travisamento probatorio delle dichiarazioni rese dall’imputato in data 7.10.2009 nel verbale che viene allegato al ricorso. Infatti, secondo consolidata giurisprudenza in tema di ricorso per cassazione, sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che, deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, riportano meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedono ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, Rv. 263601 Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Rv. 256723 . 4. All’inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1500,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 a favore della Casa delle Ammende.