Un solo alcoltest invece di due: le circostanze sintomatiche escludono la sanzione penale

Il giudice può avvalersi delle sole circostanze sintomatiche, riferite dagli agenti accertatori, per accertare lo stato di ebbrezza, ma il più delle volte andrà applicata la fattispecie meno grave.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16480/17 depositata il 31 marzo. Il caso. Un soggetto, condannato per guida in stato d’ebbrezza, ricorreva in Cassazione lamentando che l’affermazione di responsabilità non ha superato il test del ragionevole dubbio. Infatti l’imputazione era stata formulata sulla scorta di un unico rilevamento mediante etilometro, in luogo dei due regolamentari. Le circostanze sintomatiche dello stato d’ebbrezza. La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo. Essendo mancato il completamento della regolare procedura di espirazione tramite etilometro, che era stata interrotta dopo la prima prova e non proseguita ulteriormente, la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenersi configurata la meno grave ipotesi ex art. 186, lett. a c.d.s., invece che quella sub lett. c . E tale ipotesi è oggi depenalizzata, comportando soltanto una sanzione amministrativa e la sospensione della patente. E’ infatti orientamento consolidato quello secondo il quale lo stato di ebbrezza può essere desunto da elementi sintomatici. Ma la possibilità per il giudice di avvalersi, ai fini dell’affermazione della sussistenza dello stato di ebbrezza, delle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori sarà il più delle volte da circoscriversi alla sola fattispecie meno grave . Per questo motivo la sentenza impugnata è annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 21 febbraio – 31 marzo 2017, numero 16480 Presidente Paoloni – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Campobasso, in parziale riforma della sentenza emessa il 07/06/2013 dal Tribunale di Larino, Sezione Distaccata di Termoli, ha ridotto le pene inflitte in primo grado nei confronti di D.R.G. in ordine ai reati di calunnia art. 368 cod. penumero , capo C e di guida in stato d’ebbrezza art. 186, commi 1 e 2 lett. c Codice della Strada, capo A alla misura ritenuta di giustizia. Previa rivisitazione dei termini di fatto della vicenda processuale, la Corte ha ritenuto sussistente sia il delitto di calunnia, in relazione alla falsa incolpazione di pubblici ufficiali del reato di lesioni personali commesse in danno dell’imputato artt. 582, 585, 576 numero 1 cod. penumero sia la contravvenzione al codice stradale, ancorché detta imputazione formulata sulla scorta di un unico rilevamento mediante etilometro in luogo dei due regolamentari. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato che deduce violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla ritenuta sussistenza del reato di guida in stato di ebbrezza, osservando che l’affermazione di responsabilità è stata ribadita non oltre ogni ragionevole dubbio, atteso che in difetto di rilevamento strumentale regolamentare, avrebbe dovuto ritenersi integrata la più favorevole ipotesi di cui all’art. 186 lett. a C.d.S., oggi priva di rilievo penale. Il ricorrente deduce, inoltre, violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla configurabilità del delitto di calunnia, in assenza di uno degli elementi costitutivi quali la denunzia, l’istanza o la querela. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente all’affermazione di responsabilità relativa alla contravvenzione di cui all’art. 186 lett. c Codice della Strada. Fondatamente, infatti, il ricorrente ha dedotto che il mancato completamento della regolare procedura di espirazione mediante etilometro, interrottasi dopo la priva prova e non proseguita ulteriormente, avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a nutrire dubbi sulla responsabilità a titolo di stato di ebbrezza in relazione alla più grave ipotesi di cui alla lett. c dell’art. 186 C.d.S. e persistendo tali dubbi, affermare, in applicazione del principio del favor rei, la configurabilità della meno grave ipotesi di cui alla lett. a , oggi depenalizzata per effetto dello art. 33, comma 1, lett. a numero 1 della L. numero 120 del 29 luglio 2010. La doglianza è del tutto in linea con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione secondo cui ai fini della configurazione del reato di guida in stato di ebbrezza, tale stato può essere desunto, anche nella vigenza del sopravvenuto regime sanzionatorio, da elementi sintomatici peraltro, la possibilità per il giudice di avvalersi, ai fini dell’affermazione della sussistenza dello stato di ebbrezza, delle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori sarà il più delle volte da circoscriversi alla sola fattispecie meno grave” Sez. 4, sent. numero 43017 del 12/10/ 2011, P.G. in proc. Rizzo, Rv. 251004 in fattispecie sovrapponibile a quella in esame in cui, in difetto di significativi, concreti ed univoci elementi per ritenere sussistente nell’organismo dell’imputato, al momento del controllo, un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l, il fatto addebitatogli è stato ricondotto all’ipotesi meno grave, all’epoca di commissione prevista e punita come contravvenzione e successivamente depenalizzata conf. Sez. 4, sent. numero 28787 del 09/06/2011, P.G. in proc. Rata, Rv. 250714 Sez. 4, sent. numero 48026 del 04/12/2009, P.G. in proc. Falaguerra, Rv. 245802 Sez. 4, sent. numero 48297 del 27/11/2008, Campregher, Rv. 242392 ed altre . Risultando, perciò, fondato il motivo di ricorso, ne consegue l’instaurazione di un valido rapporto processuale in relazione al capo A della sentenza impugnata, che impone, tuttavia, di prendere atto della sopravvenuta prescrizione del reato alla data del 12/06/2016 con conseguente eliminazione della pena ad esso relativa ai sensi dell’art. 620 cod. proc. penumero . La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente al predetto capo A ed espunta la pena di quattro mesi di arresto ed Euro 1.000,00 inflitta all’imputato a detto titolo. 2. Va, invece, dichiarato inammissibile il motivo di ricorso riguardante il capo C della decisione impugnata sull’autonomia dei rapporti processuali riferiti ai vari capi d’imputazione nei processi oggettivamente cumulativi, v. Sez. U sent. numero 6903 del 27/05/2016, Aiello . Il ricorrente deduce, infatti, che l’aver reso solo verbalmente le dichiarazioni ritenute calunniose in danno dei Carabinieri ai sanitari chiamati in caserma a verificarne le condizioni di salute implica l’assenza di qualsivoglia denunzia, istanza o querela da lui presentata, venendo di conseguenza meno uno degli elementi costituitivi del delitto di cui all’art. 368 cod. penumero . A prescindere, tuttavia, dalla relativa fondatezza, va rilevato che la censura, inerente la dedotta violazione di legge riferita all’astratta configurabilità del delitto di calunnia, viene proposta per la prima volta in sede di legittimità, non essendo, invece, stata tempestivamente proposta con l’atto d’appello. A pag. 2 della decisione impugnata si legge, infatti, che l’imputato appellante aveva dedotto l’inconfigurabilità del delitto di calunnia a nel caso di mancato avvio di procedimento penale a carico dei soggetti falsamente incolpati b nella ipotesi in cui il reato oggetto di falsa incolpazione sia perseguibile a querela di parte e la stessa non sia stata presentata, situazioni da lui entrambe ritenute ravvisabili nella fattispecie. Risulta, pertanto, evidente che con il ricorso in cassazione egli ha dedotto un nuovo ed ulteriore profilo di violazione di legge, che, sebbene e come anzidetto anch’esso riferito all’astratta applicabilità dell’art. 368 cod. penumero , risulta intempestivo ai sensi dell’art. 606, comma 3 seconda ipotesi cod. proc. penumero , circostanza che ne comporta l’improponibilità. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla contravvenzione di cui al capo A della rubrica perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di quattro mesi di arresto ed Euro mille di ammenda dichiara inammissibile nel resto il ricorso.