E' giusto sostituire il carcere con una pena pecuniaria se il reo ""naviga in cattive acque""?

La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria può essere attuata anche nei confronti di un condannato in cattive condizioni economiche. Il comma 2 dell'art. 58, l. n. 689/1981, non fa riferimento alla pena pecuniaria sostitutiva, che non implica delle prescrizioni.

E' quanto ribadito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14217/17, depositata il 23 marzo. Il caso. La Corte d'appello di Napoli confermava la responsabilità penale di due imputati per gli illeciti di detenzione, a fine di spaccio, di eroina, resistenza a un pubblico ufficiale e lesioni personali, aggravate e non artt. 81 cpv, 337, 582, 583, 585, 61, n. 2, c.p. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990 . I condannati ricorrevano per cassazione, lamentando entrambi violazioni di legge delle norme sopra citate e illogicità della motivazione del provvedimento impugnato. Uno dei due impugnanti, inoltre, eccepiva la mancata sostituzione della pena detentiva con il pagamento di una somma di denaro, motivata da un giudizio prognostico sulla sua insolvibilità. Lo stato di tossicodipendenza. La Suprema Corte ha, in primo luogo, chiarito che quando lo stato di tossicodipendenza viene utilizzato dalla difesa come elemento di discrimine tra detenzione penalmente illecita e non, la stessa deve provare tale condizione con indicazioni molto precise non è sufficiente la mera allegazione dello stato, essendo necessario fornire elementi che attestino la destinazione della sostanza ad un uso personale. La lieve entità e l'offensività. Gli Ermellini hanno, inoltre, ribadito l'orientamento giurisprudenziale per cui la lieve entità del fatto deve essere riconosciuta soltanto ove l'offensività della condotta sia minima. Tale valutazione deve dedursi da parametri qualitativi e quantitativi mezzi, modalità e circostanze dell'azione . Con riferimento al caso di specie, il Collegio ha aggiunto che il grado di purezza della sostanza poiché si traduce in dosi singolarmente cedibili costituisce un indice importante per la valutazione relativa alla lieve entità l'offensività minima è stata, correttamente - secondo i Giudici -, esclusa dalla possibilità di ricavare ben 155 dosi medie. Un contrasto giurisprudenziale sulla solvibilità. I giudici del Palazzaccio, respingendo ogni altra doglianza, hanno accolto il motivo di gravame, presentato da uno dei due ricorrenti e relativo alla mancata sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria o con la libertà controllata tale decisione era stata motivata dal giudice di merito con riferimento all'incertezza della solvibilità del condannato e per l'inidoneità delle misure alternative di cui sopra a garantire la rieducazione del reo. Gli Ermellini hanno precisato che, ai sensi dell'art. 53, comma 1, l. n. 689/1981, la sostituzione della pena detentiva deve avere luogo secondo i criteri elencati dagli artt. 57 e 58 del medesimo corpus normativo, dall'art. 133 c.p. e dall'art. 660 c.p.p Il Collegio ha ricordato come la valutazione della solvibilità dell'imputato per la sostituzione della pena detentiva sia stata oggetto di scontro tra diverse scuole di pensiero. Una parte della giurisprudenza ritiene che una conversione in pena pecuniaria non soggetta a un attento scrutinio della capacità economica del reo contravvenga all'art. 27 Cost. il condannato con poche disponibilità, infatti, finirebbe per sottrarsi sia alla pena detentiva che a quella pecuniaria, non essendo possibile – in caso di inadempimento – ripristinare la pena detentiva cfr. sentenza n. 212/2003 Corte Cost. . Altro filone di pensiero, invece, ritiene che l'art. 58, trattando di mancata osservanza delle prescrizioni, non includa tra queste il mancato pagamento della pena pecuniaria l'eventuale ritenuta operatività del divieto anche per la sostituzione della detenzione con il pagamento di una somma di denaro, quando il condannato fosse persona non abbiente, darebbe ingresso ad un'interpretazione in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza davanti alla legge . Il responso delle Sezioni Unite. La Corte ha spiegato come il contrasto giurisprudenziale sia stato risolto con la pronuncia n. 24476/2010 , a Sezioni Unite. Secondo la summenzionata sentenza, la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria può essere attuata anche nei confronti di un reo in condizioni economiche disagiate. Il comma 2 dell'art. 58 in esame non fa riferimento alla pena pecuniaria sostitutiva, che non implica delle prescrizioni. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento impugnato, rinviando soltanto con riferimento alla mancata sostituzione della pena detentiva, rigettando nel resto entrambi i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 dicembre 2016 – 23 marzo 2017, n. 14217 Presidente Rosi – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1. I sigg.ri J.P. e E.O.C. ricorrono per l’annullamento della sentenza del 05/12/2014 della Corte di appello di Napoli che, in parziale riforma di quella del 05/02/2014 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, ha concesso all’E. il beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto l’affermazione della penale responsabilità per i reati loro rispettivamente ascritti e la relativa pena. In particolare, J.P. risponde del reato continuato di detenzione, a fine di cessione a terzi, di gr. 9,811 di sostanza stupefacente del tipo eroina, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate, di cui agli articolo 81, cpv., 337, 582, 585, 61, n. 2, cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, commesso in OMISSIS E.O.C. risponde del reato continuato di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate di cui agli artt. 81, cpv., 337, 583, 585, 61, n. 2, cod. pen., commesso in OMISSIS . Il P. è stato condannato alla pena principale di sei anni e sei mesi di reclusione e 30.000,00 Euro di multa oltre pene accessorie , l’E. alla pena principale di otto mesi di reclusione. 1.1.J.P. articola quattro motivi. 1.1.1. Con il primo eccepisce ai sensi dell’art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 73, comma 1-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, 192, 546, lett. e , e 530, cpv., cod. proc. pen. e vizio di motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la destinazione allo spaccio della sostanza detenuta, facendo leva a tal fine sul per la verità modesto dato ponderale, onerandolo della prova dello stato di tossicodipendenza, riconducendo le ragioni del possesso delle banconote all’attività di spaccio, piuttosto che al commercio di pezzi di ricambio, trascurando il mancato rinvenimento di sostanze da taglio e il fatto che la sostanza si presentasse in confezione unica. 1.1.2. Con il secondo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, e 192, 546, cod. proc. pen. e vizio di motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui la Corte di appello ha escluso la qualificazione del fatto in termini di lieve entità sul rilievo non tanto della quantità della sostanza detenuta quanto della non episodicità della condotta. 1.1.3. Con il terzo motivo, deducendo l’insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali volontarie, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 40, 43, 582 e 337, cod. pen., e 192, cod. proc. pen. e vizio di motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria e manifestamente illogica sul punto. 1.1.4. Con il quarto motivo, deducendo il suo buon comportamento processuale e la modesta entità della sostanza detenuta, eccepisce ai sensi dell’art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 62-bis e 81, cpv., cod. pen., e vizio di motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui la Corte di appello ha respinto la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche e di contenimento nel minimo dell’aumento della pena a titolo di continuazione. 1.2. E.O.C. articola tre motivi. 1.2.1. Con il primo, deducendo l’insussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi dei reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali volontarie, eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 40, 43, 582 e 337, cod. pen., e 192, cod. proc. pen. e vizio di motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui gli attribuisce condotte commesse in epoca anteriore al fatto contestato. 1.2.2. Con il secondo motivo, contestando il metro di giudizio utilizzato ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, eccepisce ai sensi dell’art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 62-bis e 81, cpv., cod. pen., e vizio di motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria e manifestamente illogica nella parte in cui la Corte di appello ha respinto la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche e di contenimento nel minimo dell’aumento della pena a titolo di continuazione. 1.2.3. Con il terzo motivo eccepisce, ai sensi dell’art. 606, lett. b , c ed e , cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 53, legge n. 689 del 1981 e vizio di motivazione apparente, mancante o comunque contraddittoria e manifestamente illogica sul punto, avendo la Corte omesso di indicare le ragioni della inidoneità della pena sostitutiva. Considerato in diritto 2. Il ricorso di J.P. è infondato, quello di E.O.C. è fondato per quanto di ragione. 3. La Corte di appello ha condiviso, con il Tribunale, il giudizio di responsabilità di J.P. valorizzando i seguenti indizi a il rinvenimento dello stupefacente occultato tra la ruota anteriore sinistra e il parafango del veicolo non di sua proprietà ma da lui condotto al momento del controllo b il possesso della somma in contanti di Euro 1.320,00 c la mancanza di prova della dedotta condizione di assuntore di sostanza stupefacente d la mancanza di redditi adeguati tali da consentire l’acquisto di sostanza stupefacente e la detenzione della suddetta somma di danaro e la sua fuga al momento del controllo. 3.1. I Giudici di merito hanno inoltre disatteso gli argomenti volti a corroborare la tesi difensiva della destinazione ad uso personale della sostanza lo stato di tossicodipendenza dal 2011, la possibilità di guadagnare circa 500/600 Euro al mese dalla propria attività di commercio di pezzi di ricambio, la riconducibilità a tale attività della somma detenuta osservando che a non v’è prova alcuna che effettivamente l’imputato facesse uso di sostanze stupefacenti b la modesta capacità reddituale non è tale da giustificare l’acquisto della sostanza c l’imputato aveva fornito generiche indicazioni sul luogo dell’acquisto. 3.2. La valutazione congiunta e non parcellizzata degli indizi utilizzati dalla Corte di appello rende non manifestamente illogica la conclusione che se ne trae sulla destinazione della sostanza alla cessione a terzi, conclusione non scalfita dalla diversa valutazione che ne propone il ricorrente. 3.3. Assume rilievo fondamentale, al riguardo, la mancata prova dello stato di tossicodipendenza condizione verbalmente dedotta dall’imputato ma non documentata, né in altro modo dimostrata che, anche a prescindere dalla poca conciliabilità di tale stato con il grado di purezza della sostanza dalla quale erano comunque ricavabili 155 dosi medie , che mal si adatta ad una sua assunzione esclusiva e al normale fabbisogno di un tossicodipendente, costituisce comunque tema difensivo volto a scardinare la forza logica delle evidenze accusatorie e che, pertanto, spettava all’imputato dimostrare. 3.4. Lo stato di tossicodipendenza, quando costituisce elemento che, secondo la tesi difensiva, concorre a definire la linea di confine tra la detenzione penalmente illecita da quella che non lo è, deve essere rigorosamente provato, per cui l’imputato che lo allega è tenuto a fornire precise indicazioni, circa gli elementi su cui si fonda la richiesta, mentre il giudice ha solo il dovere di procedere alle relative e necessarie verifiche e non già di ricercare ed acquisire d’ufficio i predetti elementi cfr. sul punto Sez. 6, n. 6569 del 18/12/1990, Ciaccia, Rv. 187418, secondo cui, peraltro, lo stato di tossicodipendente non vale da solo ad assolvere l’onere dell’allegazione della destinazione all’uso personale della sostanza stupefacente nello stesso senso anche Sez. 6, n. 1902 del 26/10/1989, Sciacca, secondo cui la mera indicazione di uno stato di tossicodipendenza non vale da sola ad assolvere l’onere della allegazione della destinazione all’uso personale che incombe all’imputato, il quale è tenuto anche a fornire, nel suo interesse, tutte le indicazioni necessarie all’accertamento invocato . 3.5. Tanto premesso, ricorda in ogni caso questa Corte che a l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 b la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimento impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il testo del provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, Di Francesco, Rv. 205621 , sicché una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità Sez. U, n. 30 del 27/09/1995, Mannino, Rv. 202903 . 3.6. Alla luce delle considerazioni che precedono il primo motivo di ricorso del J.P. è infondato. 4. È infondato anche il secondo motivo. 4.1. Al riguardo deve essere ribadito il principio secondo il quale la lieve entità del fatto che all’epoca costituiva circostanza attenuante speciale del reato di cui al comma 1 dell’art. 73, d.P.R., cit., oggi ipotesi autonoma di reato può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione mezzi, modalità, circostanze dell’azione , con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010 così anche Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera Sez. 4, 29 settembre 2005, n. 38879, Frank, rv. 232428 Sez. 6, 14 aprile 2008, n. 27052, Rinaldo, rv. 240981, richiamate in motivazione da Sez. U, 35737/2010, cit. . 4.2. Il grado di purezza, poiché si traduce in dosi singolarmente cedibili, è una qualità della sostanza che certamente può essere valutato ai fini della rubricazione della condotta ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 sulla possibilità di valorizzare il grado di purezza della sostanza, cfr. Sez. 6, n. 27809 del 05/03/2013, Gallo, Rv. 255856 Sez. 4, n. 22643 del 21/05/2008, Frazzitta, Rv. 240854 Sez. 4, n. 10211 del 21/12/2004, D’Aquilio, Rv. 231140 . 4.3. Nel caso di specie, appare evidente che 155 dosi medie ricavabili escludono la minima offensività della condotta. 5. Il terzo motivo di ricorso è generico e manifestamente infondato. 5.1. La Corte di appello indica le fonti della ricostruzione del fatto traendole non solo dal referto medico ma anche dalla deposizione dei Carabinieri che trassero in arresto l’imputato e dalla loro relazione di servizio. 5.2. Il tentativo di ricostruire una diversa dinamica dei fatti, anche al fine di escludere la volontarietà delle lesioni, attinge inammissibilmente e parzialmente agli stessi elementi di prova dei quali, però, non viene denunciato il decisivo travisamento, ma sollecitata una diversa lettura. 6. Il quarto motivo è totalmente infondato. 6.1. Come insegnato da questa Corte, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 . 6.2. Nel caso in esame la Corte ha valorizzato anche non solo i precedenti specifici dell’imputato e tanto basta, in assenza di contestazione sul punto, a sbarrare la via a ogni possibile censura della decisione assunta. 6.3. Così come non è censurabile la definizione del complessivo trattamento sanzionatorio e la quantificazione dell’aumento minimo della pena a titolo di continuazione per i reati satellite, motivata dalla Corte territoriale con il richiamo alle modalità della condotta e alla gravità del fatto. Mancano, in particolare, i parametri di riferimento poiché l’appello era stato decisamente generico sul punto, con conseguente forte attenuazione dell’onere motivazionale. 7. I primi due motivi del ricorso dell’E. , poiché non molto dissimili, nell’impostazione e nel contenuto, da quelli analoghi del J.P. , ne seguono la stesa sorte. 7.1. Va solo precisato che a la Corte di appello indica con chiarezza che la resistenza a pubblico ufficiale consumata dal ricorrente risale esattamente al 10/01/2013, aggiungendosi a quella tenuta pure il 03/01/2013 anche se non oggetto di formale contestazione b la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche viene insindacabilmente giustificata con la fuga cui si era dato l’imputato il 03/01/2013 e con il comportamento oppositivo posto in essere in occasione del suo rintraccio il 10/01/2013. 8. Il terzo motivo è fondato. 8.1. La Corte di appello giustifica la mancata sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria della specie corrispondente o con la libertà controllata sia per mancanza di garanzie in ordine alla solvibilità del condannato la prima , sia perché entrambe inidonee a realizzare la finalità rieducativa della pena. 8.2. La mancanza di garanzia di solvibilità del condannato è argomento non valido. 8.3. A norma dell’art. 53, comma 1, legge 24 novembre 1981, n. 689, il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, quando ritiene di dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, può sostituire tale pena con quella della semidetenzione quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla anche con la libertà controllata quando ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente . La sostituzione della pena detentiva - recita il comma secondo - ha luogo secondo i criteri indicati dall’articolo 57 . 8.4. L’art. 57, cit., recita 1. Per ogni effetto giuridico la semidetenzione e la libertà controllata si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena sostituita. 2. La pena pecuniaria si considera sempre come tale, anche se sostitutiva della pena detentiva . 8.5. Ai sensi dell’art. 53, comma 2, ultima parte, L. 689/81, cit. alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l’articolo 133-ter del codice penale , secondo il quale il giudice può disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che la multa o l’ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta . 8.6. In base all’art. 58, L. 689/81 cit., 1. Il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, può sostituire la pena detentiva e tra le pene sostitutive sceglie quella più idonea al reinserimento sociale del condannato. 2. Non può tuttavia sostituire la pena detentiva quando presume che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato. 3. Deve in ogni caso specificamente indicare i motivi che giustificano la scelta del tipo di pena erogata . 8.7. A norma dell’art. 660, cod. proc. pen., quando è accertata la impossibilità di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione, il quale provvede previo accertamento dell’effettiva insolvibilità del condannato e, se ne è il caso, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Se la pena è stata rateizzata, è convertita la parte non ancora pagata. 3. In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena a norma dell’articolo 133-ter del codice penale, se essa non è stata disposta con la sentenza di condanna ovvero può differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato, se lo stato di insolvenza perdura, è disposto un nuovo differimento, altrimenti è ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della pena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale l’esecuzione è stata differita. 4 Con l’ordinanza che dispone la conversione, il magistrato di sorveglianza determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti . 8.8. Ai sensi dell’art. 102, comma 1, legge 689/81, cit., Le pene della multa e dell’ammenda non eseguite per insolvibilità del condannato si convertono nella libertà controllata per un periodo massimo, rispettivamente, di un anno e di sei mesi . 8.9. Questo dunque il quadro normativo. 8.10. La possibilità, per il giudice, di considerare la solvibilità dell’imputato ai fini della sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria è stata oggetto di contrasto giurisprudenziale, alimentato dalla diversa latitudine interpretativa applicata da alcune sezioni di questa Corte di Cassazione al termine prescrizioni , di cui all’art. 58, comma 2, legge 689/81, e dalla considerazione che la possibilità di applicare la sanzione sostitutiva a chi è già certo o altamente probabile che non sarà in grado di adempiervi potrebbe di fatto sottrarre il meno abbiente alla pena ritenuta più adeguata alla sua tendenziale rieducazione. 8.11. Secondo quest’ultimo indirizzo, una indiscriminata conversione, che prescindesse dalle capacità economiche del reo, comporterebbe la violazione dell’art. 27 Cost., in quanto il condannato non abbiente potrebbe sottrarsi alla pena detentiva e, in definitiva, alla pena ‘tout court data l’impossibilità del ripristino puro e semplice della pena detentiva nel caso di inadempimento dell’obbligo di pagamento artt. 660 cod. proc. pen. dopo la sentenza n. 212 del 2003 della Corte costituzionale semplicemente chiedendo la conversione. In tal modo verrebbe eluso il principio dell’emenda art. 27, comma terzo, Cost. e si verrebbe a configurare una disparità di trattamento a parti invertite, in favore del non abbiente Sez. U, 24476/2010 . 8.12. Secondo il diverso orientamento interpretativo, invece, il sistema della conversione delineato dalla legge n. 689 del 1981 prevede l’imposizione di prescrizioni solo nel caso di sostituzione della pena detentiva con la semidetenzione o con la libertà controllata, con la conseguenza che la previsione del secondo comma dell’art. 58 non si riferirebbe all’ipotesi di sostituzione con pena pecuniaria, con il pregnante rilievo che l’eventuale ritenuta operatività del divieto anche per la sostituzione della detenzione con il pagamento di una somma di denaro, quando il condannato fosse persona non abbiente, darebbe ingresso ad un’interpretazione in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza davanti alla legge art. 3 Cost. , introducendo una disparità di trattamento per ragioni di censo tra persone che si trovano in situazione analoga Sez. U., cit. . 8.13. Il contrasto è stato definitivamente risolto da questa Suprema Corte con sentenza resa a Sezioni Unite, n. 24476 del 22/04/2010, Gagliardi, Rv. 247274, che ha affermato il seguente principio di diritto la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell’art. 58, secondo comma, L. 24 novembre 1981 n. 689 Modifiche al sistema penale , si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione . 8.14. In motivazione si è precisato che, coerentemente con il tessuto normativo sopra riportato, il giudice, nell’esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, deve tenere conto dei soli criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. art. 58 I. 689/81 cit. , tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche. 8.15. Il Collegio ritiene di dover condividere e ribadire il principio espresso con la sentenza testé citata, del quale la Corte territoriale non ha fatto buon governo per più recenti affermazioni del principio, si veda Sez. 3, n. 17103 del 08/03/2016, Bolognini . 8.16. Quanto invece agli oneri motivazionali, deve essere richiamato e ribadito l’insegnamento secondo il quale incorre nel vizio di motivazione e nella violazione degli artt. 53 e 58 della legge n. 689 del 1981 il giudice di secondo grado che, investito di motivi d’appello nei quali si chiede la conversione della pena detentiva breve in pena pecuniaria ex art. 53 della stessa legge, non fornisca adeguata motivazione del diniego così Sez. 3, n. 37814 del 06/06/2013, Zicaro Romenelli, Rv. 256979, in un caso in cui la corte d’appello aveva risposto al motivo inerente la conversione della pena con la formula tenuto conto della natura del reato, non si ritengono sussistenti i presupposti per l’applicazione della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria nello stesso, Sez. 3, n. 2655 del 12/10/1004, Ranieri, Rv. 201572, secondo cui configura una motivazione illegittima negare la sostituzione della pena detentiva irrogata, e condizionalmente sospesa, con l’argomento che per conferire efficacia preventiva alla sospensione condizionale necessita una remora valida e questa è rappresentata dal timore della pena carceraria . 8.17. È evidente che la motivazione fornita dalla Corte di appello è tautologica perché si limita a riprodurre, in buona sostanza, il testo dell’art. 58, comma 1, legge n. 689 del 1981, senza illustrarne le ragioni. 8.18. Ne consegue che ferme le statuizioni relative alla responsabilità dell’E. e alla quantificazione del trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli limitatamente alle statuizioni relative all’omessa sostituzione della pena detentiva. 8.19. Nel resto il ricorso deve essere respinto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni relative all’omessa sostituzione della pena detentiva inflitta all’E.O.C. e rinvia, sul punto, ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli rigetta nel resto il ricorso dell’E. . Rigetta il ricorso di J.P. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.