Il non presentarsi in udienza integra remissione tacita di querela

Il giudice può emanare sentenza di non luogo a procedere quando il querelante non compaia nel processo, dopo esser stato avvertito del fatto che la sua eventuale assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela .

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13897/17 depositata il 22 marzo. Il caso. Un soggetto era imputato nel delitto di minaccia commesso, in ipotesi, a danno dell’ex compagna. Il Giudice di Pace emanava declaratoria di non doversi procedere, per tacita remissione di querela. Il PM della Corte d’appello di Roma ricorreva avverso tale sentenza, deducendo violazione della legge penale. La rimessione tacita di querela. Secondo il ricorrente, la mancata comparizione del querelante nel processo non può costituire fatto incompatibile con la volontà di persistere nel proposito di perseguire il querelato . Il ricorso, a detta della Corte di Cassazione, deve essere rigettato. La rimessione tacita è disciplinata dall’art. 152, comma 2, c.p E, secondo un recente orientamento della Corte, si è stabilito che integra remissione tacita di querela la mancata comparizione all’udienza dibattimentale nella specie davanti al GdP del querelante , il quale sia stato previamente avvertito dal giudice che la sua eventuale assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela . La lettera della norma non prevede atti o comportamenti, individuabili ex ante , dai quali possa ricavarsi con certezza la volontà del soggetto di remissione tacita. Quest’ultima, infatti, va identificata in una formale espressione della volontà del querelante, ricevuta dall’autorità giudiziaria che procede, sia a mezzo di procuratore speciale, sia in via diretta. In ossequio al principio di diritto appena ricordato, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 gennaio – 22 marzo 2017, n. 13897 Presidente Fumo – Relatore Micheli Ritenuto in fatto Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma, deducendo violazione della legge penale, ricorre avverso la sentenza indicata in epigrafe, recante la declaratoria di non doversi procedere nei confronti di F.M. imputato del delitto di minaccia, in ipotesi commesso in danno di E.N.M. , sua ex compagna , per tacita remissione di querela. Ad avviso del Pubblico Ministero ricorrente, la mancata comparizione del querelante nel processo non può costituire fatto incompatibile con la volontà di persistere nel proposito di perseguire il querelato, come invece implicitamente ritenuto dal Giudice di pace, e ciò neppure quando vi sia stato previo avviso circa la possibilità di interpretare tale comportamento quale tacita remissione richiama a riguardo le indicazioni della giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, orientata in senso contrario rispetto alla tesi sostenuta dal giudice di merito nella fattispecie concreta. Considerato in diritto 1. Il ricorso non può trovare accoglimento. 1.1 In vero, la giurisprudenza di legittimità era consolidata nel senso che nel procedimento davanti al Giudice di pace instaurato a seguito di citazione disposta dal P.M., ex art. 20 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, la mancata comparizione del querelante - pur previamente avvisato che la sua assenza sarebbe stata ritenuta concludente nel senso della remissione tacita della querela - non costituisce fatto incompatibile con la volontà di persistere nella stessa, sì da integrare la remissione tacita, ai sensi dell’art. 152, comma secondo, cod. pen. Cass., Sez. U, n. 46088 del 30/10/2008, Viele, Rv 241357 v. anche Cass., Sez. IV, n. 18187 del 28/03/2013, De Luca, che - in adesione a detto indirizzo - sottolineava la natura necessariamente extraprocessuale di una remissione tacita di querela, sì da non poter consistere in atti o comportamenti intervenuti nel procedimento , quali una mancata comparizione in udienza . 1.2 Tuttavia, dopo alcune decisioni di questa stessa Sezione che avevano fatto emergere un rinnovato contrasto, il massimo organo di nomofilachia è tornato ad occuparsi dell’identica questione, operando un obiettivo e indiscutibile revirement si è infatti affermato il principio di diritto secondo cui integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale nella specie davanti al Giudice di pace del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela Cass., Sez. U, n. 31668 del 23/06/2016, Pastore, Rv 267239 . Nell’esporre le ragioni fondanti il nuovo approccio interpretativo, le Sezioni Unite hanno chiarito che né il codice penale né quello processuale specificano gli atti o i comportamenti, indefinibili a priori, dai quali ricavare una volontà di remissione tacita, limitandosi l’art. 152, secondo comma, terzo periodo, cod. pen. ad attribuire valore di remissione al compimento da parte del querelante di fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela per poi precisare che la remissione processuale va identificata in una formale espressione della volontà della parte querelante che interviene nel processo, direttamente o a mezzo di procuratore speciale, ricevuta dall’autorità giudiziaria che procede. In ogni altro caso la condotta significativa di una volontà di rimettere la querela va valutata come extraprocessuale, dovendosi distinguere il luogo della manifestazione della volontà-comportamento dal luogo di apprezzamento della efficacia dello stesso, essendo quest’ultimo invariabilmente processuale . Inoltre, in considerazione della previsione di un inderogabile dovere del giudice di pace di favorire la conciliazione tra le parti nei casi di reati perseguibili a querela, ben può essere riconosciuta al giudice stesso la scelta delle modalità più opportune per perseguire tale obiettivo, se del caso rendendo avvertite le parti della valutazione che potrebbe essere attribuita a una loro condotta passiva volontà tacita del querelante di rimessione e mancanza di volontà di ricusa del querelato . 2. Applicando alla fattispecie concreta i principi da ultimo affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte, si impongono le determinazioni di cui al dispositivo. Considerata la peculiarità della fattispecie, riguardante reati commessi nell’ambito di rapporti fra ex conviventi, la Corte ritiene doveroso - ai sensi dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 - disporre l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, dell’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo. P.Q.M. Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.