L’imputato non deve essere avvisato dell’archiviazione se non ne ha fatto richiesta al PM

La richiesta di avviso in caso di archiviazione può essere proposta in forma scritta tramite, però, una modalità idonea a garantire che essa pervenga al PM destinatario prima della decisione del GIP sulla richiesta di archiviazione.

Così ha sancito la Suprema Corte con sentenza n. 11897/17 depositata il 19 marzo. Il caso. Il GIP di Mantova, in accoglimento della richiesta del PM, ordinava l’archiviazione del procedimento per insufficienza degli elementi per sostenere l’accusa in giudizio, relativa al compimento di atti di discriminazione. Il ricorrente adisce la Cassazione denunciando l’omesso avviso della richiesta di archiviazione a norma dell’art. 408, comma 2, c.p.p., di cui aveva fatto espressa istanza nella richiesta di avocazione del procedimento alla Procura generale della Repubblica. La richiesta di avviso in caso di archiviazione. La questione centrale, secondo la Corte di Cassazione, riguarda l’eventuale esistenza dell’obbligo del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte territoriale di trasmettere al PM procedente la richiesta di essere informato in caso di archiviazione inserita nella richiesta di avocazione allo stesso indirizzata e ivi depositata . In generale, afferma la Corte, non sussiste l’obbligo di trasmettere atti del procedimento all’ufficio competente, salvo i casi espressamente previsti dalla legge e, in tali casi, comunque, l’atto deve essere indirizzato univocamente all’ufficio ritenuto destinatario . Nella fattispecie, l’atto che sollecitava il Procuratore generale ad avocare il procedimento e che conteneva la richiesta di informazione in caso di archiviazione non era destinato al PM procedente, pertanto, il Procuratore generale non aveva alcun obbligo di inviare la richiesta in questione. Sulla scorta di quanto riportato, la Suprema Corte ha qui l’occasione di affermare il principio di diritto secondo cui la richiesta di essere informato in caso di archiviazione può essere proposta, in difetto della previsione di alcuna formalità da parte dell’art. 408, comma 2, c.p.p., in forma scritta utilizzando una modalità che, assicurando la provenienza dell’atto dal soggetto legittimità, sia idonea allo scopo di garantire che pervenga al PM destinatario prima della decisione del GIP sulla richiesta di archiviazione . Gli Ermellini dichiarano il ricorso inammissibile e condannano il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 febbraio – 10 marzo 2017, n. 11897 Presidente Cortese – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Mantova, accogliendo la richiesta del Pubblico ministero del 28 novembre 2015, ha ordinato l’archiviazione per insufficienza degli elementi per sostenere l’accusa in giudizio del procedimento iscritto per art. 3, legge n. 654/1975 compimento di atti di discriminazione , nel quale il ricorrente è indicato come persona offesa. 2. Ricorre E.A.Y. , a mezzo del difensore avv. Giovanni Marchese, che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato per l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., in relazione all’omesso avviso della richiesta di archiviazione, a norma dell’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., rappresentando di avere fatto espressa istanza in tal senso nella richiesta di avocazione del procedimento presentata in data 25 novembre 2015 alla Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile. Il ricorrente, che aveva sporto denuncia contro ignoti, poi rubricata a carico di persone note, per comportamenti offensivi e discriminatori, non aveva provveduto ad avanzare la richiesta di essere informato in caso di richiesta di archiviazione, a norma dell’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., nell’indicato atto di denuncia e neppure nei successivi atti depositati presso l’ufficio del Pubblico ministero procedente, tanto che neanche in occasione del deposito del nuovo atto di nomina del nuovo difensore di fiducia, individuato nell’attuale patrocinatore, risulta contenuta una tale richiesta. L’indicata richiesta è contenuta, per contro, nell’istanza di avocazione del procedimento presentata al Procuratore generale, a norma dell’art. 413, comma 1, cod. proc. pen 2. Va, preliminarmente, evidenziato che non ricorre la speciale ipotesi di cui all’art. 408, comma 3-bis, cod. proc. pen., poiché, come stabilito dal massimo consesso di legittimità, la disposizione dell’art. 408, comma 3-bis, cod. proc. pen., che stabilisce l’obbligo di dare avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa dei delitti commessi con violenza alla persona , è riferibile anche ai reati di atti persecutori e di maltrattamenti contro familiari e conviventi, previsti rispettivamente dagli artt. 612-bis e 572 cod. pen., in quanto l’espressione violenza alla persona deve essere intesa alla luce del concetto di violenza di genere , risultante dalle pertinenti disposizioni di diritto internazionale recepite e di diritto comunitario Sez. U, Sentenza n. 10959 del 29/01/2016, P.O. in proc. C., Rv. 265893 . Come si desume dalla motivazione della citata sentenza, deve escludersi che l’art. 408, comma 3-bis, cod. proc. pen., possa trovare applicazione con riguardo a reati che, pur essendo stati commessi con violenza fisica o morale , non rientrino nell’ambito dei reati definibili come atti di violenza di genere . Tale conclusione si impone perché, nel percorso interpretativo tracciato dalle SU, l’obbligo di avviso è strettamente collegato alla violenza di genere ed è, dunque, stabilito solo per quei reati intimamente connessi con l’appartenenza della vittima a uno specifico genere o, comunque, con l’esistenza di una situazione di particolare vulnerabilità. Questa chiara considerazione induce a escludere che l’obbligo di avviso così disciplinato possa essere esteso a fattispecie estranee a questo quadro, quale quella oggetto del presente procedimento. 3. Così ricostruito il contesto fattuale e giuridico della questione, deve essere evidenziato che la richiesta di essere informato in caso di archiviazione, a norma dell’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., è stata formulata in un atto che non è stato portato a conoscenza del Pubblico ministero procedente, essendo stato depositato al diverso ufficio requirente gerarchicamente superiore nel corpo della richiesta di avocazione del procedimento. Ad avviso del Collegio, tale richiesta non è idonea a determinare l’obbligo di dare avviso della richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico ministero. È ben vero, infatti, che la richiesta di essere informato può essere contenuta in qualsivoglia atto del procedimento, ma l’obbligo del Pubblico ministero di notificare l’avviso sussiste soltanto se la prima è anteriore alla seconda. In proposito, si è autorevolmente affermato che la dichiarazione della persona offesa di voler essere informata circa l’eventuale archiviazione, come previsto dall’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., può essere anche successiva alla comunicazione della notizia di reato ma, per comportare l’obbligo, da parte del pubblico ministero, di far notificare l’avviso della richiesta di archiviazione, deve necessariamente precedere la formulazione di tale richiesta, fermo restando che, qualora la persona offesa ne sia comunque venuta a conoscenza, essa ha pur sempre il diritto, finché non sia intervenuta la pronuncia del giudice, di proporre opposizione ai sensi dell’art. 410 cod. proc. pen. Sez. U, Sentenza n. 29477 del 30/06/2004, Apruzzese, Rv. 228005 . Appare evidente, quindi, che l’obbligo del Pubblico ministero di avvisare la parte offesa presuppone che l’organo procedente sia stato quantomeno destinatario della richiesta della parte. Fatte queste premesse, è necessario domandarsi se il deposito della richiesta di essere avvisato possa essere effettuato in un ufficio diverso da quello che procede. 3.1. Per rispondere all’interrogativo può essere utile analizzare la diversa ipotesi concernente il deposito presso un diverso ufficio giudiziario dell’opposizione alla richiesta di archiviazione. La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che è inammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata presso un ufficio giudiziario incompetente, pervenuta successivamente alla scadenza del termine di dieci giorni - previsto dall’art. 408 cod. proc. pen., dopo l’emissione del decreto di archiviazione, in quanto, nonostante la natura ordinatoria di detto termine e l’utilizzabilità per la presentazione dell’opposizione di qualsiasi modalità - e quindi anche del servizio postale - che comunque assicuri la provenienza dell’atto dal soggetto legittimato, quest’ultimo è in ogni caso tenuto al rispetto del termine suddetto, assumendosi, nel caso di inosservanza, il rischio della non tempestività della opposizione proposta Sez. 5, Sentenza n. 32170 del 12/04/2016, P.O. in proc. c/ Ignoti, Rv. 267495 . Nel caso in esame si è ritenuta l’inapplicabilità al deposito dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, non trattandosi di atto d’impugnazione, dell’art. 582, comma 2, cod. proc. pen., che consente alle parti private e ai loro difensori di depositare l’atto di impugnazione presso la cancelleria del Giudice di pace o del Tribunale del luogo in cui si trovano, ovvero presso un agente consolare all’estero. L’esame della giurisprudenza concernente l’opposizione presentata al giudice diverso da quello che procede, consente, innanzitutto, di evidenziare l’inapplicabilità dell’art. 582 cod. proc. pen. al procedimento di archiviazione. Alla luce di quanto sopra, può concludersi che la disposizione di cui all’art. 568, comma 2, cod. proc. pen. non è applicabile alla richiesta di essere informato in caso di archiviazione. 3.2. La questione deve, infine, essere esaminata sotto altro profilo concernente l’eventuale esistenza dell’obbligo, in ragione dei generali poteri di sorveglianza e dello specifico potere di avocazione, del Procuratore generale del distretto di trasmettere al Pubblico ministero procedente la richiesta di essere informato in caso di archiviazione inserita nella richiesta di avocazione allo stesso indirizzata e ivi depositata. Ebbene, innanzitutto, va evidenziato che, in via generale, non sussiste alcun obbligo di trasmettere atti del procedimento all’ufficio ritenuto competente in quanto, salvo i casi espressamente regolati dalla legge si veda ad esempio l’art. 123 cod. proc. pen. per le persone detenuto o internate, l’art. 582 cod. proc. pen. per le impugnazioni , le parti devono indirizzare e depositare le memorie e gli atri scritti difensivi nella cancelleria o segreteria dell’autorità che procede artt. 121, 367, cod. proc. pen. . In ogni caso, è bene evidenziarlo, in tutti i casi in cui è ammesso il deposito presso un ufficio giudiziario diverso, l’atto deve essere univocamente indirizzato all’ufficio ritenuto competente. Allo stesso modo, quando è consentita la spedizione dell’atto a mezzo del servizio postale, l’atto in questione deve essere indirizzato univocamente all’ufficio ritenuto destinatario nel caso dell’opposizione alla richiesta di archiviazione, si veda Sez. 6, Sentenza n. 49609 del 18/11/2015, P.O. in proc. F., Rv. 265699 . Nel caso di specie l’atto che sollecitava il Procuratore generale ad avocare il procedimento, atto che conteneva la richiesta di essere informato in caso di archiviazione, non era affatto destinato al Pubblico ministero procedente, con la conseguenza che tale accessoria richiesta non era affatto destinata a quest’ultimo, né il Procuratore generale aveva l’obbligo di inviare la richiesta di avocazione all’ufficio procedente. Deve, quindi, affermarsi il seguente principio di diritto La richiesta di essere informato in caso di archiviazione può essere proposta, in difetto della previsione di alcuna formalità da parte dell’art. 408, comma 2, cod. proc. pen., in forma scritta utilizzando una modalità che, assicurando la provenienza dell’atto dal soggetto legittimato, sia idonea allo scopo di garantire che pervenga al P.M. destinatario prima della decisione del GIP sulla richiesta di archiviazione . All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento non si dispone la condanna al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende poiché la novità questione esclude profili di colpa del ricorrente. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.