Il solo fatto di accompagnare il marito nella piantagione di marijuana non integra concorso nel reato

Nell’esame delle problematiche del concorso del convivente, soprattutto nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti, la giurisprudenza ha più volte affermato che è necessario individuare un contributo causale, se pur minimo, nella facilitazione della condotta delittuosa. La semplice conoscenza o la sola assistenza inerte della condotta non integrano la fattispecie concorsuale.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 10930/17 depositata il 6 marzo. Il caso. Il Tribunale di Caltanissetta confermava l’ordinanza con cui il GIP applicava la misura dell’obbligo di dimora ai coniugi accusati di essersi accinti ad entrare in un apprezzamento di terreno sul quale era in atto una coltivazione di piante di marijuana. Gli indagati ricorrono in Cassazione sostenendo la violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione della moglie alla coltivazione, desunta, in mancanza di condotte commissive riferibili anche a lei, dalla mera presenza nell’auto con la quale il marito era giunto nei luoghi della coltivazione. Quando può dirsi concorso nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti? La Corte di Cassazione ritiene il ricorso fondato. L’ordinanza impugnata ha, infatti, affermato il concorso dell’indagata basandosi solo sull’accompagnamento del marito nella piantagione. La giurisprudenza, però, nell’esame delle problematiche del concorso del convivente, soprattutto nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti, ha più volte affermato che è necessario individuare un contributo causale, se pur minimo, nella facilitazione della condotta delittuosa. La semplice conoscenza o adesione morale e la sola assistenza inerte e priva di iniziativa della condotta non integrano la fattispecie concorsuale. Nella fattispecie, il Tribunale si è limitato a far discendere la prova della condotta di concorso nella coltivazione delle piante di marijuana solo dalla presenza dell’indagata nel fondo in cui era in corso la coltivazione, nel semplice atto di accompagnare il marito. Pertanto, vista la motivazione carente, il Collegio, limitatamente all’indagata deve annullare l’ordinanza impugnata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 1 febbraio – 6 marzo 2017, numero 10930 Presidente Ippolito – Relatore Giordano Ritenuto in fatto e in diritto 1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Caltanissetta, sezione per il riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, ha confermato l’ordinanza del 13 agosto 2016 con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Enna, in esito alla convalida dell’arresto in flagranza di reato, aveva applicato a S.C.M. la misura dell’obbligo di dimora, con obbligo di permanenza domiciliare notturna, in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. penumero e 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, commesso il g. 11 agosto 2016. In occasione dell’arresto, la S. veniva trovata in compagnia del marito, D.A. , mentre si accingevano ad entrare in un appezzamento di terreno sul quale era in atto una coltivazione di piante di marijuana. Nel corso dell’operazione venivano sequestrate 156 piante di altezza variabile tra cm. 60 e 80 semenzai con celle in cui era in atto la riproduzione di germogli delle medesime piante e materiale vario idoneo alla coltivazione, raffinazione, commercializzazione della droga. 2. Con i motivi di ricorso, qui sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. penumero , sottoscritti dal difensore di fiducia, la ricorrente deduce vizio di violazione di legge e vizio di motivazione, per carenza ed illogicità della stessa, in ordine 2.1 alla ritenuta partecipazione della S. alla coltivazione, desunta, in mancanza di condotte commissive riferibili all’indagata, dalla mera presenza nell’auto con la quale il marito era giunto nei luoghi nei quali veniva svolta l’illecita attività di coltivazione, presenza che, in astratto, potrebbe integrare il reato di favoreggiamento, non punibile ex art. 384 cod. penumero 2.2 all’offensività della condotta, in mancanza di un consulenza che abbia accertato la presenza di principio attivo nelle piante in sequestro. 3. Il ricorso è fondato. 4. L’ordinanza impugnata ha affermato che il concorso dell’indagata nella condotta di coltivazione delle piante di sostanze stupefacenti poteva desumersi dal constatato accompagnamento del marito nella piantagione e che non poteva ritenersi verosimile che la S. fosse lì solo per caso, ignara di ciò che stesse accadendo e non, invece, che vi fosse recata per aiutare il coniuge nell’attività di coltivazione e di raffinazione della sostanza stupefacente. 5. Va ricordato che questa Corte ha più volte esaminato la problematica del concorso, in particolare del convivente, nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti ed ha indicato la necessità di individuare, un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa precisando che la semplice conoscenza o anche l’adesione morale, l’assistenza inerte e senza iniziative a tale condotta non integrano la fattispecie concorsuale cfr. Sez. 4, numero 3924 del 05/02/1998, Brescia, Rv. 210638 e Sez. 6, numero 11383 del 20/10/1994, Bonaffini, Rv. 199634 . 6. Tali principi possono applicarsi anche alla fattispecie di concorso nel reato di coltivazione, con la conseguente necessità di enucleare, ai fini della punibilità, un contributo partecipativo - morale o materiale - alla condotta criminosa altrui. 7. Ritiene il Collegio che il rispetto di tali regulae iuris non appare evincibile dalla motivazione dell’ordinanza impugnata poiché il Tribunale si è limitato a far discendere la prova della condotta di concorso materiale nella coltivazione delle piante di marijuana dalla mera presenza dell’indagata nel fondo ove era in corso la coltivazione e dove accompagnava il marito. La mera ed occasionale presenza dell’indagata sul luogo della piantagione, non appare di per sé qualificante, alla luce dei principi innanzi richiamati, nel senso dell’individuazione di una condotta di concorso piuttosto che di mera connivenza, di per sé, penalmente lecita e non sussumibile in un contributo materiale alla commissione del fatto. Né sono stati individuati ulteriori elementi idonei a connotare il contributo della ricorrente come una forma di partecipazione morale e/o materiale alla condotta altrui già in atto, ad es. assicurando all’agente una certa sicurezza ovvero garantendo, anche implicitamente, una collaborazione in caso di bisogno, in modo da consolidare la consapevolezza nell’altro di poter contare su una propria attiva collaborazione, indici che non emergono da alcuna evidenza di natura fattuale. 8. L’ordinanza impugnata va, conseguentemente, annullata senza rinvio, limitatamente all’indagata S. , rimanendo assorbito dalla pronuncia l’ulteriore motivo di ricorso. 9. L’annullamento dell’ordinanza impugnata va disposto senza rinvio, in una a quello dell’ordinanza genetica, poiché la motivazione del provvedimento si appalesa totalmente carente e non utilmente integrabile, in conformità al principio della ragionevole durata del processo sancito dall’art. 111 Cost., in quanto, l’ulteriore sacrificio della libertà individuale, implicito in un annullamento con rinvio del provvedimento cautelare, sarebbe ingiustificato alla luce dei principi sanciti dall’art. 13 Cost. Sez. 4, numero 46976 del 22/09/2011, Mane, Rv. 25143001 . 10. Va dato mandato alla cancelleria per procedere agli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. penumero . P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara cessata la misura cautelare. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. penumero .