Ratto delle prostitute del finto poliziotto: è minaccia anche l’esibizione di un malconcio tesserino

Il giudizio di idoneità offensiva della minaccia va tarato sulle condizioni della persona offesa, di tempo, di luogo e di eventuale minorata resistenza fisica. La Cassazione coglie l’occasione per chiarire la tecnica di dosimetria della pena in caso di reati circostanziati ed in continuazione le circostanze relative ai reati satelliti vanno parametrate ai soli fini dell’aumento, fino al triplo del reato più grave, dovuto alla continuazione ex art. 81 c.p

Così la Cassazione, sez. IV Penale, con la sentenza n. 10269/17, depositata il 2 marzo. La reiterata vicenda criminale. Terrorizzò per più mesi alcune prostitute dell’hinterland milanese. L’imputato si fingeva poliziotto esibendo un malconcio tesserino metallico, si apprestava a serrare le portiere onde evitare la fuga delle mal capitate appena le donne avessero fatto ingresso nell’abitacolo della sua autovettura. Millantava di svolgere operazioni antidroga e di dover perquisire corporalmente le donne, assicurava la protezione delle pubbliche autorità. In taluni casi corrispondeva per le prestazioni sessuali denaro contraffatto, in altri proponeva operazioni gratuite di chirurgia estetica. Se le donne si rifiutavano, l’uomo non esitava a legarle. Viene condannato dai Tribunali del merito per violenza sessuale ex art. 609-bis c.p. – in alcuni casi tentata - aggravata dalla simulata condizione di pubblico ufficiale ex art. 609- ter c.p. ed in condizioni di minorata difesa della vittima ex art. 61, n. 5 c.p., per possesso di segni distintivi contraffatti ex art. 497- ter c.p., per spendita di monete falsificate ex art. 455 c.p. nonché per furto ex art. 624 c.p L’imputato gioca la carta dell’abbreviato ex art. 438 c.p.p. ed ottiene il giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti con le aggravanti ex art. 69 c.p La Cassazione annulla una prima volta in punto di motivazione dei Giudici d’appello sulla integrazione mal giudizialmente circostanziata della condotta di minaccia ex art. 609- bis c.p A fronte della nuova condanna del giudice del rinvio d’appello, l’imputato contesta nuovamente per cassazione il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62- bis c.p. irrazionalmente avvenuto solo in relazione ai reati satelliti e non alla pena principale – che avrebbe potuto comportare una maggior diminuzione di pena - e l’insufficiente motivazione dei giudici dell’appello ancora in relazione all’integrazione di una minaccia idonea a coartare ex art. 609- bis cit Sì alla minaccia implicita purchè idonea. Le modalità e le circostanze di tempo di luogo possono consentire un giudizio di idoneità della condotta di minaccia atta a coartare la persona offesa. La minaccia può essere indiretta, implicita, in relazione alle condizioni della vittima, in particolare se questa straniera, consapevole dell’attività illecita che prestava e nelle condizioni di luogo isolate ove avveniva la prestazione sessuale. La valutazione giudiziale è dunque ex ante e rende penalmente consumata anche la condotta di violenza ex art. 609- bis c.p. velata ed allusiva, comunque in grado di coartare l’autodeterminazione sessuale della vittima. Ciò che appare risibile in ordinarie circostanze di tempo e di luogo – mostrare un tesserino fasullo – diviene cogente in condizioni di minorata difesa della vittima. La relazione fra giudizio di bilanciamento delle circostanze e aumento per la continuazione del reato, nella dosimetria della pena. Salvo sparuti opposti giurisprudenziali, la Cassazione in commento aderisce all’orientamento dominante. Il giudizio di bilanciamento delle circostanze ex art. 69 c.p. deve riguardare il reato più grave, le eventuali circostanze relative ai reati satelliti vanno considerate al solo fine di conteggiare l’aumento della pena dovuto alla continuazione ex art. 81, comma 2, c.p

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 gennaio – 2 marzo 2017, numero 10269 Presidente Ciampi – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. F.R. veniva tratto a giudizio per rispondere dei seguenti reati a di cui agli articolo 56, 609-bis, 609-ter, numero 3, 61, numero 5, cod. penumero perché compiva atti idonei di retti in modo non equivoco a costringere la prostituta T.E.M. con minaccia e abuso di autorità ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti la sua volontà rifiuto della vittima che si allontanava e in particolare prima avvicinava la donna, le chiedeva di salire sulla sua autovettura affermando di essere un poliziotto e contestualmente le mostrava un tesserino con placca metallica e fototessera apparentemente riferibile alla Polizia di Stato che riponeva immediatamente dopo, quindi le diceva che avrebbe dovuto avere un rapporto sessuale gratuito con lui altrimenti l’avrebbe portata in Questura, non riuscendo nell’intento perché la vitti ma si rifiutava e si allontanava. Con le aggravanti di aver agito simulando la qualità di pubblico ufficiale e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa del la persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario serale h.19 e in luogo isolato. In in data imprecisata tra il omissis . b di cui agli articolo 609-bis, 609-ter, numero 3-4, e 61 numero 5 cod. penumero perché, costringeva la prostituta S.A.C. con violenza, minaccia e abuso di autorità a subire atti sessuali contro la sua volontà, in particolare dapprima, a bordo della sua auto, avvicinava la donna chiedendole quanto fosse il tipo di prestazione sessuale offerta e il compenso richiesto poi la faceva salire facendo scattare immediatamente le sicure del le portiere le esibiva molto velocemente un tesserino di appartenenza ad un corpo di polizia, riponendolo immediatamente in tasca e le diceva di doverle fare delle domande di tipo personale percorreva con l’auto una tangenziale, appartandosi in un parcheggio isolato fuori , sconosciuto alla donna e qui le ordinava di spogliarsi, asserendo di dover eseguire una perquisizione finalizzata alla ricerca di droga poi, quando la donna era completamente nuda, la palpeggiava dicendole di dover verificare se avesse occultato qualche cosa, cercando di toccarla più volte anche nelle parti intime dopo che la donna si era rivestita, la minacciava dicendole che se non voleva essere portata in Questura, doveva avere con lui un rapporto sessuale orale che otteneva in quanto la vittima era intimorita dal fatto che potesse farle del male. Con le aggravanti di aver agito simulando la qualità di pubblico ufficiale, su persona sottoposta a limitazione della libertà personale la donna era costretta a rimane all’interno dell’auto con le portiere bloccate fino alla conclusione del rapporto sessuale e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa della persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario notturno e in luogo isolato parcheggio fuori zona tangenziale in quel momento non frequentato da altre persone. In omissis . c di cui agli articolo 56, 609-bis, 609-ter, numero 3 e 4, 61, numero 5, cod. penumero perché, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco al fini costringere la prostituta G.D. con violenza, minaccia e abuso di autorità ad avere un rapporto sessuale completo contro la sua volontà, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti la sua volontà rifiuto della vittima che si dimenava e si allontanava e in particolare prima avvicinava la donna, le chiedeva di salire sulla sua autovettura dicendole che era lì per proteggerla, contestualmente le esibiva un tesserino con placca metallica e fototessera apparentemente riferibile alla Polizia di Stato, che riponeva immediatamente dopo, e le diceva di essere un ex commissario di polizia in pensione quindi, dopo essersi fermato con l’auto in una zona isolata, le chiedeva un rapporto sessuale orale per il quale pattuiva il prezzo di Euro 20,00 Euro e appoggiava la banconota sul cruscotto dell’auto dopo il rapporto orale, l’uomo pretendeva un rapporto sessuale completo, e al rifiuto della donna riprendeva la banconota da 20 Euro dicendole che l’avrebbe protetta per cui per la prestazione ricevuta non avrebbe pagato nulla proseguiva con un approccio fisico, cercando di palpeggiare la donna nelle parti intime, e solo al fermo rifiuto della vittima, che si divincolava, si interrompeva e la faceva scendere dall’auto. Con le aggravanti di aver agito simulando la qualità di pubblico ufficiale, su persona sottoposta a limitazione della libertà personale perché i fatti avvenivano all’interno dell’auto dell’autore del reato e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa della persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario serale h.19 e in luogo isolato. In omissis . d di cui agli articolo 81, 609-bis, 56, 609-bis, 609-ter, numero 3 e 4, 61, numero 5, cod. penumero perché, costringeva e comunque compiva atti idonei diretti in modo non equivoco al fini costringere la prostituta M.E.G. con violenza, minaccia e abuso di autorità, ad avere un rapporto sessuale completo contro la sua volontà, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti la sua volontà rifiuto della vittima che si riusciva a scappare dall’auto e in particolare prima avvicinava la donna e concordava con lei una prestazione sessuale completa per l’importo di Euro 30,00 quindi la faceva salire sulla sua autovettura, la conduceva nei pressi un parcheggio e durante il tragitto in più occasioni la palpeggiava nelle zona pubica nonostante la donna cercasse di impedirglielo articolo 609-bis cod. penumero successivamente, arrivati nel parcheggio, esibiva alla p.o. un tesserino contenente una placca argentata rotonda e un documento dicendole di essere un poliziotto e pretendeva che il rapporto sessuale pattuito in precedenza avvenisse senza protezione e senza il pagamento di alcun compenso, cosi che la donna spaventata e in preda al panico, usciva dall’autovettura scappando a piedi. Con le aggravanti di aver agito simulando la qualità di pubblico ufficiale, su persona sottoposta a limitazione della libertà personale perché i fatti avvenivano all’interno dell’auto dell’autore del reato e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa della persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario serale e in luogo isolato. In omissis . e di cui agli articolo 56, 609-bis, 609-ter, numero 3, 61, numero 5, cod. penumero , perché compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la prostituta S.A. con minaccia e abuso di autorità ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti la sua volontà rifiuto della vittima che si allontanava e in particolare prima avvicinava la donna, le mostrava molto velocemente un tesserino apparentemente riferibile alla Polizia di Stato che riponeva immediatamente dopo, quindi le diceva che se aveva bisogno di protezione poteva rivolgersi a lui e le chiedeva di avere un rapporto sessuale gratuito, non riuscendo nell’intento perché la vittima si rifiutava e si allontanava. Con le aggravanti di aver agito simulando la qualità di pubblico ufficiale e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa della persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario serale e in luogo isolato. In in data imprecisata nell’ omissis . f di cui agli articolo 624, 625 numero 5 e 6, e 61, numero 5, cod. penumero , perché, al fine di trarne profitto, dopo aver avvicinato la prostituta A.N. simulando la qualità di pubblico ufficiale mostrandole un tesserino e dicendole di essere un poliziotto in borghese, concordava con la stessa una prestazione sessuale, quindi si appartava con la donna in un parcheggio e, approfittando del fatto che la vittima era scesa dall’auto per un bisogno fisiologico prima della prestazione sessuale, si impossessava della somma in contanti di Euro 40 e del passaporto di proprietà della p.o., contenuti nella borsetta che la donna aveva momentaneamente lasciato sul sedile dell’autovettura. Rientrata in auto, la pagava con una banconota da 100 Euro, successivamente risultata essere falsa, dicendo che poteva tenere il resto e aveva con lei un rapporto orale ed un rapporto vaginale. Con le aggravanti di aver commesso il fatto simulando la qualità di pubblico ufficiale, sul bagaglio della p.o. che aveva lasciato momentaneamente all’interno della sua autovettura e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa della persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario serale e in luogo isolato. In omissis . g di cui all’articolo 455 cod. penumero in relazione all’articolo 453 cod. penumero perché, nelle circostanze meglio descritte al precedente capo f , deteneva e poi cedeva a A.N. una banconota da 100 Euro falsificata. In omissis . h di cui agli articolo 56, 609-bis, 609-ter, numero 3 e 4, 61, numero 5, cod. penumero perché compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la prostituta G.D. con minaccia e abuso di autorità ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti la sua volontà rifiuto della vittima che si allontanava e in particolare prima avvicinava la donna, contrattava con lei una prestazione sessuale, la faceva salire sulla propria autovettura e dopo aver chiuso le serrature delle portiere, la conduceva in un parcheggio ove, fermata l’auto, affermava di essere un poliziotto e contestualmente le diceva che se avesse voluto rimanere nello stesso luogo di lavoro, avrebbe dovuto avere un rapporto sessuale gratuito con lui, non riuscendo nell’intento perché la vittima si rifiutava. Con le aggravanti di aver agito simulando la qualità di pubblico ufficiale, su persona sottoposta a limitazione della libertà personale perché i fatti avvenivano all’interno dell’auto dell’autore del reato con le portiere bloccate e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa della persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario serale h.23.30 circa e in luogo isolato. In omissis . i di cui agli articolo 81, cpv., e 497-ter numero 1 e 2, e 61, numero 2, cod. penumero , perché, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, illecitamente formava e in più occasioni faceva uso di un documento di identificazione che simulava la funzione di quelli in uso a Corpi di Polizia e in particolare nell’anno omissis esibiva a T.E.M. un tesserino di appartenenza alle forze di polizia composto da una placca argentata dicendole di essere un poliziotto nel omissis esibiva ad S.A.C. un tesserino di appartenenza ad un corpo di polizia nel settembre 2012 esibiva a G.D. un tesserino di appartenenza alla polizia, dicendole di essere un ex commissario di polizia in pensione nel omissis esibiva a M.E.G. un tesserino contenete una placca argentata rotonda e un documento dicendole di essere un poliziotto nel omissis esibiva a S.A. un tesserino dicendole di appartenere alla polizia nell’ omissis esibiva a A.N. un tesserino dicendole di essere un poliziotto in borghese. Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di realizzate i reati di cui ai capi a-b-c-d. In in epoca antecedente e prossima all’anno omissis fino all’ omissis . j di cui agli articolo 609-bis, comma 1, 609-ter numero 3 e 4, 61, numero 5, cod. penumero perché costringeva la prostituta M.B. con violenza, minaccia e abuso di autorità consistente nell’essersi presentato alla vittima quale appartenente alla Polizia di Stato a subire atti sessuali contro la sua volontà, in particolare a bordo della sua auto, avvicinava la donna chiedendole quanto volesse per una prestazione sessuale le diceva di essere un poliziotto, le ordinava di salire sull’autovettura ripartendo immediatamente, le chiedeva di visionare i documenti di identità, le diceva di essere il responsabile per quella zona e poi di domandava di spogliarsi perché in cambio lui l’avrebbe aiutata se avesse avuto problemi sulla strada, obbligando così la vittima a esibirgli il seno e l’addome quindi le proponeva un’operazione di chirurgia estetica gratuita al seno e alla pancia se avesse accettato di girare un film pornografico e al rifiuto della donna la minacciava dicendo che se non avesse fatto quello che lui voleva l’avrebbe portata in Questura per avviare la procedura di espulsione afferrandola per i capelli le spingeva il volto verso il pene obbligandola ad un rapporto orale poi si fermava con l’auto in una strada poco illuminata, le legava le mani dietro la schiena con una corda e dopo averle abbassato i pantaloni la obbligava, spingendola con forza verso il basso con le due mani sulle spalle, ad introdursi in vagina e nell’ano la leva del cambio dell’auto ed infine la costringeva ad un rapporto sessuale non protetto, sia per via vaginale che anale terminato l’atto riavviava l’autovettura con l’intenzione di lasciare la p.o. sul posto ma poiché la donna, capendo che non era un vero poliziotto, lo minacciava facendogli notare di aver trascritto il numero di targa del veicolo e che se la lasciava lì sarebbero venuti degli albanesi a cercarlo, la riaccompagnava nel luogo ove l’aveva avvicinata e durante il tragitto la minacciava nuovamente dicendole che se avesse parlato con qualcuno dell’accaduto, sarebbe tornato di notte dove lavorava per farle del male e l’avrebbe fatta espellere dal territorio dello Stato. Con le aggravanti di aver agito simulando la qualità di pubblico ufficiale, su persona sottoposta a limitazione della libertà personale la donna era costretta a rimane all’interno dell’auto in sosta con le portiere chiuse e le mani legate e in condizioni di tempo e luogo tali da ostacolare la difesa della persona offesa in quanto l’episodio avveniva in orario notturno e in luogo isolato strada poco illuminata . In Milano tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre 2012. 2. Con sentenza del 14/11/2013, il Tribunale di Milano aveva ritenuto la responsabilità di F.R. per i fatti sub A , B , D limitatamente al delitto tentato , F, I e J, e, esclusa l’aggravante di cui all’articolo 609-ter, numero 4, cod. penumero di cui ai capi C e D, e concesse le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, ritenuta la continuazione e più grave il fatto sub B , lo aveva condannato alla pena complessiva di anni 6 di reclusione applicata la riduzione per il rito abbreviato Pena base per il reato sub capo B anni 6 di reclusione aumentata di anni 1 e mesi 2 per il capo 3 di mesi 8 per il capo A di mesi 8 per il capo D di mesi 3 per il capo F di mesi 3 per il capo I . 2.1. Con sentenza del 20/11/2014, la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosceva quanto ai capi A , B , D e 3 l’attenuante di cui all’articolo 609-bis, comma 3, cod. penumero escludeva quanto al capo I l’aggravante di cui all’articolo 61, numero 2, cod. penumero con riferimento al fatto sub C escludeva quanto al capo F l’aggravante di cui all’articolo 625, numero 5 cod. penumero riduceva la pena inflitta dal Tribunale in anni 4 e mesi 6 di reclusione secondo il seguente computo Pena base per il più grave reato di cui al capo B anni 3 e mesi 11 di reclusione, aumentata di anni 1 di reclusione per il reato di cui al capo 3 , aumentata di mesi 8 di reclusione per il reato di cui al capo A , di mesi 8 di reclusione per il reato di cui al capo D , di mesi 3 di reclusione per il reato di cui al capo F e di ulteriori mesi 3 di reclusione per il reato di cui al capo I pena complessiva anni 6 mesi 9 di reclusione, ridotta ad anni 4 e mesi 6 di reclusione per il rito. 2.2. Con sentenza numero 42438 del 10/07/2015, la Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione, annullava la sentenza di appello in parziale accoglimento del ricorso presentato nell’interesse di F.R. , limitatamente a Capo A alla circostanza aggravante di cui all’articolo 61, numero 5, cod. penumero la Corte territoriale ne ha affermato la ricorrenza per essere il fatto di violenza sessuale avvenuto in orario serale, verso le ore 19,00 e in un luogo isolato, v.le omissis , connotato per essere un viale lungo e poco frequentato, soprattutto negli orari vespertini senza tuttavia motivare a fronte della doglianza difensiva che non si aveva alcuna indicazione di orario da parte della vittima da quali elementi tale orario sarebbe desumibile, indicazione necessaria posto che proprio in ragione di esso la Corte aveva ritenuto la via cittadina poco frequentata e, di conseguenza, configurabile l’aggravante Capo D relativamente alla sussistenza del reato di violenza sessuale tentata affermando che la sentenza impugnata ha inquadrato la condotta illecita, quanto alle modalità costrittive poste in essere, nei limiti della sola minaccia, individuata come sussistente fondamentalmente sulla base della autoattribuzione, da parte dell’imputato, della veste, non veritiera, di poliziotto tale affermazione infatti, ha specificato la Corte territoriale, sarebbe stata percepita come minaccia dalla donna, che, quale prostituta irregolare, evidentemente temeva di essere condotta in Questura e dunque di essere sanzionata, in modo ritorsivo, in caso di rifiuto. Ora, benché non possa in effetti escludersi che la minaccia possa essere formulata anche in modo implicito cfr. Sez. 6, numero 44720 del 08/10/2013, P.M. in procomma 5., Rp. 257265 , la motivazione, Così come riportata, pare far derivare assiomaticamente la prospettazione di un male ingiusto dalla mera dichiarazione dell’uomo di essere un poliziotto, posto che, al di là e nonostante l’evidenza espressamente richiamata, non specifica da quali elementi il timore della donna di essere condotta in Questura sarebbe derivato ciò tanto più essendo mancata qualunque precisazione sul momento temporale in cui, nell’ambito della richiesta, di per sé penalmente lecita, del rapporto sessuale, la veste di poliziotto venne spesa e sulla sua conseguente idoneità appunto a far sì che la persona offesa che di fatto, nonostante l’affermazione dell’uomo assunta dalla Corte milanese come determinante, ebbe a rifiutare alcun rapporto temesse, in caso di rifiuto, di essere condotta in Questura. Né la Corte territoriale si è preoccupata di individuare i limiti identificativi dell’ipotesi contestata ed inquadrata sub specie di tentativo del reato dell’articolo 609 bis, comma 1, cod. penumero , rispetto all’ipotesi, che però non è stata contestata, di tentativo del reato di cui all’articolo 609 bis, comma 2, numero 2, cod. penumero cfr. Sez. 3, numero 20578 del 06/05/2010, F., Rv, 247492 giacchI la stessa Corte milanese, esclusa qualunque altra condotta di violenza o di minaccia, ha appunto fondato l’elemento di illiceità sulla sola affermazione dell’imputato già ricordata Capi A , F ed I limitatamente alla determinazione della pena in aumento ex articolo 81, cpv. c.p. la Corte di Appello pur avendo riconosciuto l’attenuante di cui al comma 3 dell’articolo 609-bis quanto al capo A , esclusa l’aggravante di cui all’articolo 625, numero 5, cod. penumero quanto al capo F , ed escluso quanto ad uno dei reati sub I l’aggravante di cui all’articolo 61, numero 2, cod. penumero , aveva mantenuto per essi lo stesso aumento ex articolo 81, cpv., cod. penumero rispettivamente mesi 8, mesi 3, ed ulteriori mesi 3 che il Tribunale che pur l’attenuante non aveva riconosciuto ed aveva ritenuto le aggravanti aveva per essi operato sulla pena base. Tale computo si era tradotto in una violazione del divieto di reformatio in peius dovendo il giudice che riconosca in sede di appello l’esistenza di una circostanza attenuante in precedenza negata o che escluda una aggravante prima affermata necessariamente ridurre la pena inflitta salvo una puntuale motivazione nel caso assente delle ragioni che giustificano il mantenimento del precedente trattamento sanzionatorio in relazione ai reati satellite. 2.3. Con la sentenza numero 1247 del 17/02/2015, la Corte di Appello di Milano giudice del rinvio in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano in data 14/11/2013, esclusa quanto al capo A l’aggravante di cui all’articolo 61, numero 5, cod. penumero e ritenuta, quanto al capo D , l’ipotesi di minore gravità di cui all’ultimo comma dell’articolo 609-bis cod. penumero , rideterminava la pena inflitta in anni 4 e mesi 4 di reclusione, applicata la riduzione per il rito con il seguente computo pena base per il reato sub Capo B anni 3 e mesi 11 di reclusione aumentata per il reato sub Capo 3 di anni 1 aumentata per il reato sub Capo A di mesi 6 e gg. 20 aumentata per reato sub Capo D di mesi 7 e gg. 10 aumentata per il reato sub Capo F di mesi 2 e gg. 15 aumentata per il reato sub Capo I di mesi 2 gg. 15. 3. Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione F.R. , a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all’articolo 173, comma 1, disp. att. cod. procomma penumero I Violazione di legge per erronea applicazione della legge penale in relazione agli articolo 81 cod. penumero , 62-bis cod. penumero , 69 cod. penumero e 597 cod. procomma penumero in riferimento al capo A dell’imputazione. Deduce che la Corte d’Appello non ha fatto buon governo delle norme relative all’aumento della pena nel reato continuato in relazione ai reati satellite e alle circostanze da applicarsi agli stessi, nel caso in esame le attenuanti generiche, al fine di determinare l’incremento di pena. Sostiene che la concessione delle attenuanti generiche deve intendersi riferita a tutti i reati contestati, sia per la mancanza di un’indicazione specifica in senso contrario, sia per la natura di tali circostanze, basate su considerazioni attinenti alla personalità dell’imputato e quindi riferibili a tutti i fatti addebitatigli, sia, comunque, per il principio del favor rei, da ritenersi applicabile non solo nel giudizio di responsabilità, ma in ogni valutazione riguardante l’imputato stesso II Vizi motivazionali per manifesta illogicità della motivazione e travisamento della prova in relazione all’esistenza del reato ex articolo 56, 609-bis cod. penumero in riferimento al capo D dell’imputazione. Deduce che la semplice dichiarazione di essere un poliziotto non supportata da un quid pluris non sarebbe sufficiente ad integrare la compressione della libertà della vittima e quindi a configurare il reato ritiene invece la Corte territoriale che la minaccia sarebbe di tipo implicito essendo stata percepita come tale dalla vittima, che temeva di essere sottoposta a controlli o, in generale, di subire un ostacolo nello svolgimento del suo lavoro in caso di rifiuto, aspetto questo che è assente, peraltro nemmeno accennato, sia nella denuncia, sia nell’incidente probatorio nel narrato della M. III Violazione di legge per erronea applicazione della legge penale in relazione agli articolo 81 cod. penumero , 62-bis cod. penumero , 69 cod. penumero e 597 cod. procomma penumero in riferimento al capo D dell’imputazione. Deduce le stesse doglianze già esposte sub punto I IV Violazione di legge per erronea applicazione della legge penale in relazione agli articolo 81 cod. penumero , 62-bis cod. penumero , 69 cod. penumero e 597 cod. procomma penumero in riferimento al capo F dell’imputazione. Deduce le stesse doglianze già esposte sub punto I V Violazione di legge per erronea applicazione della legge penale in relazione agli articolo 81 cod. penumero , 62-bis cod. penumero , 69 cod. penumero e 597 cod. procomma penumero in riferimento al capo i dell’imputazione. Deduce le stesse doglianze già esposte sub punto I . Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 4. In ordine ai motivi sub I , III , IV e V da trattarsi congiuntamente poiché logicamente avvinti-, mette conto osservare che la questione è inammissibile ex articolo 606, comma 3, cod. procomma penumero posto che non risulta dedotta nei motivi d’appello né in sede di conclusioni nel giudizio di rinvio e, pertanto, essendo anche estranea al dictum rescindente, sfugge al vaglio in questa sede di legittimità. 4.1. Nondimeno, per completezza, vale evidenziare che l’approdo, cui è giunta la Corte del merito, è ineccepibile giacché, in tema di reato continuato, il giudizio di bilanciamento delle circostanze va distinto dall’aumento di pena ex articolo 81, cpv., cod. penumero con la conseguenza che, mentre la prima operazione deve riguardare il reato più grave, le eventuali circostanze che abbiano relazione con i reati satelliti vanno considerate al solo scopo di adeguare l’aumento complessivo per l’unicità del disegno criminoso. Da ciò consegue che, in tema di reato continuato, il giudizio di comparazione ex articolo 69 cod. penumero va instaurato solo tra le circostanze aggravanti e le circostanze attenuanti relative al reato-base, cioè a quello ritenuto in concreto più grave, mentre delle circostanze riguardanti i cosiddetti reati satelliti deve tenersi conto solo ai fini dell’aumento per la continuazione cfr. sez. 3, numero 26340 del 25/03/2014, Rv. 260057 sez. 6, numero 10266 del 25/06/1991, Capozza, Rv. 188266 . In altri termini, in tema di reato continuato, il giudizio comparativo fra circostanze trova applicazione con riguardo al fatto considerato come violazione più grave sicché, determinata la pena base e operati sulla stessa l’eventuale riduzione o l’eventuale aumento per le circostanze ritenute prevalenti ovvero ritenuta l’equivalenza , l’aumento di pena ex articolo 81 cpv. cod. penumero deve essere dosato anche tenendo conto delle circostanze riguardanti ciascuno dei reati-satellite cfr. sez. 1, numero 47249 del 30/06/2011, Rv. 251403 . 4.2. Questa Corte, salvo sporadiche e risalenti pronunce come la sez. 1, numero 27108 del 05/11/2002, citata a sostegno della difesa , per altro emesse in epoca precedente l’entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005 numero 251, in virtù della quale per l’ora vigente articolo 157 cod. penumero il tempo necessario a prescrivere si determina avendo riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener più conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e non sono applicabili le disposizioni dell’articolo 69 cod. penumero non ha mai dubitato di ciò ed ha riaffermato che, quando è applicata la disciplina della continuazione, ravvisandosi tra i reati riconosciuti in sentenza l’unicità del disegno criminoso ai sensi dell’articolo 81 cod. penumero , comma 2, il giudizio di comparazione previsto dall’articolo 69 cod. penumero trova applicazione con riguardo al fatto ritenuto più grave, e, poiché esso presuppone il concorso di circostanze, comporta, altresì, che, determinata la pena base, l’aumento da applicare deve essere modulato anche tenendo conto delle circostanze riguardanti ciascuno dei reati legati al primo con il vincolo della continuazione cfr. sez. 1, numero 47249 del 30/06/2011, Toldan, Rv. 251403 . 4.3. La Corte territoriale si è attenuta ai richiamati principi di diritto, conseguendo da ciò l’infondatezza dei motivi in scrutinio. 5. Quanto al motivo sub II , basterà evidenziare che il ricorrente, sotto il profilo del vizio di motivazione e dell’asseritamente connessa violazione nella valutazione del materiale probatorio, tenta in realtà di sottoporre a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito. In sostanza, in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante , su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo per cui sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento cfr. sez. 2, numero 38393 del 20/07/2016 sez. 6, numero 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965 . 5.1. Ciò detto, sempre per completezza, varrà ribadire che l’assenza di minacce esplicite comporta che l’idoneità della condotta rispetto all’ingiusto risultato debba essere apprezzata in riferimento alle modalità con cui è stata posta in essere, avendo riguardo alla personalità sopraffattrice del soggetto agente, alle circostanze ambientali, all’ingiustizia del profitto, alle particolari condizioni soggettive della vittima cfr. sez. 2, numero 2833 del 27/09/2012 Rv. 254297 . In altri termini la minaccia oltre che essere esplicita, palese e determinata, può essere manifestata anche in maniera indiretta, ovvero implicita ed indeterminata, purché sia idonea ad incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima ed alle condizioni ambientali in cui opera cfr. sez. 2, numero 11922 del 12/12/2012 Rv. 254797 . 5.2. Nella specie, la Corte territoriale, in perfetta osservanza del dictum rescindente, ha, incensurabilmente, motivato sul punto affermando l’esistenza di una minaccia implicita è pertanto indubbia stante l’idoneità di tale minaccia ad influire significativamente sulla autodeterminazione nella sfera sessuale -indubbiamente da riconoscere anche ad una prostituta inoltre, sempre secondo il giudice del merito, il valore intimidatorio della condotta dell’imputato è stato valutato ex ante nella prospettiva del delitto tentato e con tale metro di giudizio la minaccia implicita era indubbiamente idonea a coartare la libertà di determinazione della donna e da indurla, nelle circostanze di tempo, luogo e di persone che si sono già rappresentate, ad una prestazione che non era da lei voluta né era quella sulla quale si erano poco prima accordati , concludendo che la prospettazione della falsa qualifica ha proprio lo scopo di coartare la volontà della donna per indurla a rendere una prestazione sessuale non liberamente scelta nei termini in cui veniva richiesta con uno sconosciuto, non per personale piacere, gratis ed in condizione di rischio di gravidanza e di contagio per la assenza di protezioni . 5.3. Di qui l’infondatezza del motivo in parola. 6. Conclusivamente, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, deve ritenersi che il ricorso, nel rappresentare l’inaffidabilità degli elementi posti a base della decisione di merito, pone solo questioni che esorbitano dal limiti della critica al governo dei canoni di valutazione della prova, per tradursi nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta argomentatamente propria dai giudicanti e nell’offerta di una diversa e per il ricorrente più favorevole valutazione delle emergenze processuali e del materiale probatorio. Questioni, queste, che sfuggono al sindacato di legittimità sez. 6, numero 13170 del 06/03/2012 . 7. Ai sensi dell’articolo 616 cod. procomma penumero , con il provvedimento che rigetta il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. 7.1. Va disposto l’oscuramento dei dati. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Oscuramento dati.