Immobili sistemati e locati alle ‘lucciole’: condanna possibile

Nuovo giudizio in appello per l’uomo che ha affittato i 4 appartamenti in suo possesso a diverse cittadine straniere. Significativo il fatto che egli abbia dotato le singole abitazioni di impianti di videosorveglianza e ingressi indipendenti, così da prevenire eventuali controlli.

Quattro appartamenti affittati a prezzo di mercato a diverse ‘lucciole’. Legittima la contestazione del reato di favoreggiamento della prostituzione”. Decisivo il comportamento tenuto dall’uomo, che non si è limitato a locare gli immobili, bensì li ha ristrutturati adeguatamente, dotandoli anche di un sistema di videosorveglianza, e ha consentito alle donne di stipulare i contratti senza alcuna garanzia, liberandole anche dall’onere di pagare le utenze domestiche Cassazione, sentenza n. 7373/2017, Sezione Terza Penale, depositata il 16 febbraio Locazione. Pena severa, quella decisa in Tribunale l’uomo, ritenuto colpevole di avere favorito la prostituzione di cittadine straniere, concedendo loro in locazione quattro appartamenti , è condannato a quattro anni e due mesi di reclusione , più una multa di 1.200 euro . A sorpresa, però, in Appello, egli viene liberato da ogni accusa e assolto completamente. Per i giudici di secondo grado, difatti, va considerata regolare la condotta tenuta dall’uomo, che si è limitato alla sola concessione in locazione, a prezzo di mercato, degli appartamenti di cui aveva la disponibilità ad alcune prostitute . E seguendo questa linea di pensiero viene anche sottolineato che alle donne non sono state assicurate altre prestazioni idonee ad agevolare l’esercizio della prostituzione . Fiducia. Di parere completamente diverso sono però i magistrati della Cassazione. A loro avviso, difatti, la condotta tenuta dall’uomo non è stata proprio lineare. Egli ha concesso in locazione, più volte e sempre per brevi periodi, gli appartamenti a cittadine straniere dedite da tempo alla prostituzione e senza chiedere loro alcuna garanzia per concludere i contratti . Così ha conquistato la fiducia delle ‘lucciole’ presenti in città, che lo hanno identificato come il riferimento utile per ottenere la disponibilità di immobili in cui esercitare in piena sicurezza la prostituzione . Non a caso, l’uomo non è mai stato contattato attraverso le agenzie immobiliari Per completare il quadro, poi, si pone anche in evidenza il fatto che gli appartamenti sono stati dotati di impianti di videosorveglianza e di ingressi indipendenti , così da prevenire eventuali controlli o ingressi non desiderati . Tutti elementi che spingono i giudici a parlare di azioni idonee ad agevolare l’attività svolta dalle prostitute . E questa considerazione rende ovviamente più delicata la posizione dell’uomo, che dovrà affrontare un nuovo giudizio in Appello, rischiando seriamente la condanna.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 settembre 2016 – 16 febbraio 2017, n. 7373 Presidente Amoroso – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4 giugno 2010 il Tribunale di Firenze condannò N. C. alla pena di anni quattro e mesi due di reclusione ed Euro 1.200 di multa, in relazione al reato di cui all'art. 3, n. 8, e 4, comma 1, n. 7, L. 75 del 1958 per avere favorito la prostituzione di cittadine straniere, concedendo loro in locazione quattro appartamenti in Firenze, senza denunciarne la presenza all'interno dei fabbricati, ed adibendoli in modo conforme allo svolgimento della prostituzione , disponendo la confisca di un appartamento in Firenze di proprietà dell'imputato e la restituzione di altri tre appartamenti in sequestro agli aventi diritto. La Corte d'appello di Firenze, provvedendo sulle impugnazioni dell'imputato e del Pubblico Ministero, con sentenza del 12 marzo 2015, in riforma della sentenza di primo grado, ha assolto N. C. perché il fatto non sussiste ed ha respinto l'impugnazione del Pubblico Ministero, relativa alla omessa confisca di tre dei quattro appartamenti in sequestro. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Firenze, affidato a due motivi. 2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale e vizio della motivazione, quanto alla esclusione del favoreggiamento della prostituzione conseguente alla concessione in locazione di quattro appartamenti di proprietà dell'imputato, con la consapevolezza della attività ivi svolta dalle prostitute con cui erano stati conclusi i relativi contratti di locazione. Il Procuratore Generale ricorrente, ha sottolineato, in linea di fatto, che l'imputato aveva la disponibilità di quattro appartamenti in Firenze uno dei quali di sua proprietà , concessi in locazione ripetutamente e sempre per brevi periodi a cittadine straniere, per lo più brasiliane, svolgenti da tempo la prostituzione, e che all'interno di tutti tali appartamenti si esercitava la prostituzione, anche da parte di persone diverse dalle conduttrici gli appartamenti, inoltre, erano tutti stati dotati dall'imputato di telecamere a circuito chiuso che consentivano di controllarne gli accessi dall'esterno, ed avevano ingressi indipendenti, funzionali all'esercizio della prostituzione le utenze domestiche rimanevano intestate all'imputato, che provvedeva al pagamento dei relativi corrispettivi l'imputato, inoltre, era noto come proprietario di appartamenti nei quali era possibile esercitare con sicurezza la prostituzione. E' stata, quindi, denunciata l'illogicità della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui, nonostante la consapevolezza da parte dell'imputato dello svolgimento della prostituzione all'interno di tali appartamenti, era stato escluso il reato di favoreggiamento per la mancanza di ulteriori specifiche attività diverse dalla concessione in godimento degli appartamenti. 2.2. Con il secondo motivo ha denunciato violazione di legge per l'omessa disposizione della confisca degli appartamenti in sequestro, oggetto della impugnazione proposta dal Pubblico Ministero in relazione ai tre appartamenti non di proprietà dell'imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso del Pubblico Ministero è fondato 2. La Corte d'appello di Firenze ha assolto l'imputato dal reato di favoreggiamento della prostituzione ritenendo insufficiente la sola concessione in locazione a prostitute degli appartamenti di cui lo stesso aveva la disponibilità, con la consapevolezza della attività che vi sarebbe stata esercitata, evidenziando la necessità, per poter ravvisare il reato di favoreggiamento della prostituzione, di un concreto aiuto all'esercizio di tale attività, e sottolineando come alle conduttrici non fossero state assicurate altre prestazioni idonee ad agevolare l'esercizio della prostituzione. La Corte territoriale ha, in particolare, escluso la rilevanza, in tale prospettiva, della esistenza di una vasca idromassaggio all'interno di uno degli appartamenti, ed anche della installazione in uno di essi di un videocitofono, che consentiva di vedere chi suonava al citofono posto in corrispondenza del portone di ingresso dello stabile, trattandosi di normali corredi, che assicurano condizioni di maggior sicurezza o garantiscono un più confortevole godimento dell'immobile. La Corte territoriale ha, inoltre, escluso anche la configurabilità dello sfruttamento della prostituzione delle conduttrici da parte del ricorrente, evidenziando che i canoni di locazione pattuiti erano conformi ai prezzi mercato, e che quindi l'imputato avesse, sia pure indirettamente, beneficiato dei proventi della prostituzione, risultando al riguardo ininfluente la richiesta del pagamento dei canoni in denaro contante. 3. Tali considerazioni, benché conformi ad un consolidato orientamento interpretativo di questa Corte, secondo cui non integra il reato di favoreggiamento della prostituzione la cessione in locazione, a prezzo di mercato, di un appartamento ad una prostituta anche se il locatore sia consapevole che la conduttrice vi eserciterà la prostituzione a meno che, oltre al godimento dell'immobile, vengano fornite prestazioni accessorie che esulino dalla stipulazione del contratto ed in concreto agevolino il meretricio così Sez. 3, n. 33160 del 19/02/2013, B., Rv. 255893 conf., Sez. 3, n. 28754 del 20/03/2013, P., Rv. 255593 Sez. 3, n. 7338 del 04/02/2014, B , Rv. 259747 , risultano, tuttavia, come evidenziato dal Pubblico Ministero ricorrente, illogiche, in quanto omettono di considerare tutti gli altri elementi di fatto posti a sostegno della affermazione del Tribunale, della configurabilità di elementi ulteriori alla concessione in locazione, idonei a favorire la prostituzione. 4. Va al riguardo ricordato che il controllo della logicità della motivazione deve essere esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, allo scopo di stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano dato esauriente risposta alle deduzioni delle parti e se nell'interpretazione degli elementi a loro disposizione abbiano esattamente applicato le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, G., Rv. 214567 Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, E., Rv. 229369 . Ora, nella vicenda in esame, la Corte d'appello di Firenze ha omesso di considerare, proprio nella prospettiva interpretativa indicata dal ricordato orientamento, i plurimi elementi indicati nella sentenza di primo grado a sostegno della sussistenza di una attività di favoreggiamento della prostituzione da parte dell'imputato, evidenziati anche dal Pubblico Ministero nel ricorso. In particolare, la Corte territoriale ha omesso di considerare che, l'imputato - aveva la disponibilità di quattro appartamenti nella Città di Firenze, uno dei quali di sua proprietà - tali appartamenti sono stati concessi in locazione più volte, sempre per brevi periodi, a cittadine straniere, prevalentemente brasiliane, tutte dedite, da tempo, alla prostituzione, alle quali l'imputato non aveva chiesto nessun tipo di garanzia per concludere i contratti - all'interno di tutti e quattro tali appartamenti veniva esercitata la prostituzione, non soltanto da parte delle conduttrici, ma anche da parte di terze persone - tali appartamenti erano dotati non di un comune videocitofono, bensì di un impianto costituito da una telecamera a circuito chiuso, celata ai passanti non esperti, che consentiva di controllare costantemente, indipendentemente dall'essere stato attivato il campanello od il citofono, il via vai all'esterno davanti al portone di ingresso - le utenze domestiche rimanevano intestate all'imputato, che provvedeva al pagamento dei relativi costi - sui campanelli dei citofoni e delle porte d'ingresso erano indicati i nomi di fantasia utilizzati dalle prostitute per la loro attività, anziché le loro generalità - nell'ambiente delle prostitute straniere di Firenze era noto che l'imputato aveva la disponibilità di immobili, nei quali era possibile esercitare in piena sicurezza la prostituzione, tanto che l'imputato era stato individuato dalle conduttrici in virtù di tale diceria e non attraverso agenzie immobiliari - tutti e quattro gli appartamenti nella disponibilità dell'imputato erano stati ristrutturati dallo stesso imputato, che è titolare di una impresa edile, per renderli funzionali all'esercizio della prostituzione, mediante i suddetti impianti di telecamere a circuito chiuso, la predisposizione di ingressi indipendenti e, in uno di essi un monolocale , anche di una grande vasca da idromassaggio a tre posti. Pur dando atto della consapevolezza da parte dell'imputato del fatto che le conduttrici dei quattro appartamenti esercitassero la prostituzione, la Corte d'appello ha omesso di considerare tali elementi nel loro complesso, tra l'altro assimilando gli impianti di sorveglianza a circuito chiuso ai videocitofoni e qualificando la vasca idromassaggio a tre posti installata in un monolocale come idonea rendere maggiormente confortevole tale appartamento, giacché dalla considerazione unitaria di tali elementi avrebbe potuto ricavarsi non solo la consapevolezza dell'imputato dell'attività svolta dalle conduttrici, ma anche, in considerazione del numero di appartamenti a sua disposizione, della installazione negli stessi di dispositivi volti ad evitare controlli, del pagamento da parte dell'imputato delle bollette relative alle utenze domestiche, della notoria disponibilità di tali appartamenti da parte dell'imputato e della conseguente modalità attraverso la quale le interessate erano venute in contatto con lui, il compimento di una attività che, complessivamente considerata, aveva reso più agevole la prostituzione delle conduttrici, ed anche di terze persone, che in detti appartamenti la esercitavano. L'agevole reperibilità degli appartamenti, senza dover ricorrere ad intermediari, la possibilità di concludere i contratti di locazione senza fornire alcun tipo di garanzia, senza dover stipulare i contratti relativi alle utenze energetiche e pagando i relativi canoni in contanti evitando così anche eventuali controlli bancari , la stessa conformazione degli appartamenti dotati di impianti di videosorveglianza e, in alcuni casi, di ingressi indipendenti , hanno senza dubbio reso più agevole l'attività svolta dalle prostitute, eliminando ostacoli formali, finanziari ed amministrativi al reperimento dei luoghi dove svolgere la loro attività, e procurando locali particolarmente idonei alla stessa, in particolare strutturati in modo da prevenire eventuali controlli o ingressi non desiderati. Tale complesso di elementi, emergenti dalla istruttoria svolta in primo grado ed analiticamente evidenziati nella sentenza del Tribunale, volti a favorire non i soggetti ma la loro attività, non è stato considerato adeguatamente dalla Corte d'appello, con la conseguente illogicità della conclusione cui la stessa è pervenuta, circa la insussistenza di condotte dell'imputato volte a favorire l'esercizio della prostituzione, giacché a tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta senza esaminare tutti gli elementi acquisiti, attraverso un percorso argomentativo che risulta, di conseguenza, irrazionale. Ne consegue, in definitiva, la sussistenza del vizio di motivazione denunciato nel ricorso del Pubblico Ministero, in accoglimento del quale la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze.