Tafferugli allo stadio: reato o illecito amministrativo?

L’art. 6- bis , comma 2, l. n. 401/1989 punisce chi superi indebitamente una recinzione o una separazione dell’impianto sportivo in cui si stia svolgendo una manifestazione sportiva o, ancora, invada il terreno di gioco. Il d.l. n. 28/2003, conv. in l. n. 88/2003, prevede invece sanzioni amministrative per reprimere gli ingressi abusivi negli impianti sportivi o altre violazioni del relativo regolamento d’uso degli stessi.

Il tema è stato affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 6583/17 depositata il 13 febbraio. La vicenda. A seguito di alcuni tafferugli verificatisi durante una partita di calcio allo Stadio Ferrari di Genova, la Corte d’appello riformava solo in parte la sentenza emessa dal GIP a carico di un imputato per il reato di cui all’art. 6- bis , comma 2, l. n. 401/1989. All’imputato veniva rimproverato di aver superato, assieme a circa altri 200 tifosi, le porte divisorie che separavano il suo settore da quello dei distinti, tramite un passaggio aperto da uno steward che si era visto costretto ad evitare il pericolo di schiacciamento delle persone coinvolte e dei colleghi che cercavano di arginare la massa. Per l’annullamento della sentenza ricorre in Cassazione l’imputato, dolendosi per l’omessa considerazione del fatto quale illecito amministrativo e non penale. Illecito amministrativo? In particolare il ricorrente censura, non tanto la ricostruzione del fatto a cui è pervenuta la Corte, quanto l’applicabilità del combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 1- septies , d.l. n. 28/2003, conv. in l. n. 88/2003, norma avente natura amministrativa. Secondo la norma invocata, l’accesso e la permanenza di persone e cose negli impianti sportivi in cui si svolgono competizioni calcistiche sono disciplinati dal regolamento d’uso degli stessi, per quanto non previsto da disposizioni normative o regolamentari. Prosegue poi la disposizione affermando che chiunque entri negli impianti in violazione del regolamento d’uso o vi si trattiene, è punito con sanzione amministrativa pecuniaria laddove la violazione comporti l’allontanamento dall’impianto e sia accertata anche con documentazione video fotografica. O reato? La Corte territoriale aveva invece ricondotto il fatto all’art. 6- bis , comma 2, l. n. 401/1989 che punisce con l’arresto fino ad un anno e l’ammenda da 1.000 a 5.000 euro chi, in un luogo in cui si svolgono manifestazioni sportive, superi indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto o, ancora, invada il terreno di gioco. Il Collegio condivide tale argomentazione e coglie l’occasione per chiarire che, nonostante la rubrica della norma faccia riferimento al lancio di materiale pericoloso, scavalcamento ed invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive , il fatto incriminato consiste nel superamento indebito di una recinzione o separazione dell’impianto che non esige una condotta di vero e proprio scavalcamento di ostacoli fisici o materiali. L’uso del termine supera , in riferimento alla recinzione e separazione, non è determinante ai fini della descrizione del comportamento sanzionato, posto che l’elemento caratterizzante della condotta deve essere individuato nell’avverbio indebitamente , che evoca inequivocabilmente un requisito di illiceità” della condotta, qualifica la condotta stessa e rappresenta la cifra dell’incriminazione in relazione alla ratio della norma, giustificandone, in conclusione, l’inserimento nell’ordinamento penale. Il quadro normativo di riferimento mira infatti a tutelare il regolare e pacifico svolgimento di manifestazioni sportive, a prevenire e reprimere fenomeni violenti in connessione a competizioni sportive e a tutelare i luoghi in cui le stesse si svolgono. L’illecito amministrativo, che il ricorrente ritiene configurabile nel caso di specie, tende invece a sanzionare gli ingressi abusivi negli impianti sportivi o altre violazioni del relativo regolamento d’uso. Correttamente dunque la Corte di merito ha individuato il reato di cui all’art. 6- bis , comma 2, l. n. 401/1989, definendolo come reato di pericolo concreto nel quale l’evento è rappresentato dall’esposizione a pericolo dell’interesse tutelato, costituito dal regolare e pacifico svolgimento della manifestazione sportiva, con la conseguenza che qualsiasi turbamento del fisiologico andamento della manifestazione, qualificandosi come indebito, rende penalmente illecita la condotta diretta a superare una recinzione o separazione dell’impianto . In conclusione gli Ermellini annullano la sentenza limitatamente all’applicabilità dell’art. art. 131- bis c.p., introdotto dal d.lgs. n. 28/2015 entrato in vigore dopo la pronuncia della sentenza impugnata ma applicabile anche per i fatti commessi anteriormente il cui procedimento sia ancora pendente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 23 novembre 2016 – 13 febbraio 2017, n. 6583 Presidente Amoresano – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. D.G.M. ricorre per cassazione impugnando la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza emessa dal gip del tribunale di Genova in data 6 febbraio 2014, ha sostituito la pena detentiva di giorni sei di arresto con quella di Euro 1.500 di ammenda e concesso al ricorrente il beneficio della non menzione della condanna in ordine al reato di cui all’art. 6-bis, comma 2, primo periodo L. 13 dicembre 1989, n. 401 perché trovandosi in uno dei luoghi in cui svolgono manifestazioni sportive, precisamente nel settore gradinata Nord dello Stadio omissis , superava indebitamente la separazione dell’impianto, portandosi arbitrariamente nel settore distinti , confermando nel resto l’impugnata sentenza. 2. Per l’annullamento della quale il ricorrente solleva tre motivi di impugnazione, sostenuti da memoria e qui enunciati ai sensi dell’articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale nei limiti strettamente necessari per la motivazione. 2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la mancanza nonché la manifesta illogicità della motivazione sul rilievo che la Corte territoriale avrebbe del tutto omesso di prendere in esame il secondo motivo dell’appello proposto contro la sentenza resa in primo grado con il quale si argomentava essere il fatto previsto come illecito amministrativo, in base al combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 1-septies, D.L. n. 28 del 2003, convertito in L. n. 88 del 2003. Condivisibile o meno che fosse la deduzione difensiva, il ricorrente lamenta l’omessa motivazione sul punto, non potendo sostenersi che il motivo fosse generico o manifestamente infondato, sì da farne ritenere o superfluo l’esame da parte del giudice d’appello o implicita la reiezione. 2.2. Con un secondo motivo deduce la nullità ex art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 1-septies, commi 1 e 2 , L. n. 88 del 2003 e 9 L. n. 689 del 1981. Osserva che il fatto in contestazione passaggio da un settore all’altro di un impianto ove sia in svolgimento una manifestazione sportiva è contemplato e sanzionato non dall’art. 6, co. 1, L. n. 401 del 1989, come erroneamente ritenuto sia dal primo Giudice, sia dalla Corte d’Appello di Genova, ma da diversa disposizione di Legge, avente natura amministrativa, ovvero dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 1-septies, D.L. n. 28 del 2003, convertito in L. n. 88 del 2003 e successive modificazioni. 2.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole dell’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art. 6, comma 1, L. n. 401 del 1989. Afferma che non sono in discussione le modalità di attraversamento passaggio da un settore all’altro dello stadio non è dunque in discussione che detto passaggio sia avvenuto attraverso un varco aperto e che, per transitare dalla gradinata ai distinti, il ricorrente non abbia scavalcato o superato o in alcun modo eluso alcun ostacolo fisico, conseguendo da ciò l’inconfigurabilità del reato ritenuto in sentenza per mancanza di tipicità del fatto addebitato. È pervenuta memoria con la quale il ricorrente ritiene, comunque, applicabile la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen Considerato in diritto 1. I motivi che sostengono il ricorso non sono fondati. Essi, poiché sono tra loro strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati. 2. È il caso di ricordare, tenuto conto della doglianza formulata con il primo motivo, che l’omessa motivazione in diritto del giudice del merito non comporta la cassazione della sentenza impugnata, sul rilievo che la mancanza o la contraddittorietà della motivazione in diritto non integra il vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e del codice di procedura penale, perché il vizio motivazionale rilevante, ai fini della validità del provvedimento, è soltanto quello in fatto e non quello in diritto, sicché, se l’errore di diritto influenza in modo determinante il dispositivo, si ha inosservanza o erronea applicazione della legge e non mancanza o contraddittorietà della motivazione. La conferma di ciò si trae considerando che la Corte di Cassazione non potrebbe annullare il provvedimento per vizio di motivazione sulla questione di diritto, essendo invece tenuta, ai sensi dell’articolo 619 del codice di procedura penale, a specificare nella sentenza, sempre che il dispositivo sia conforme a diritto, le censure e le rettificazioni occorrenti. Peraltro, pur in mancanza da parte della Corte territoriale di una comparazione tra l’invocato illecito amministrativo e il ritenuto illecito penale, è di tutta evidenza come il primo sia stato escluso sulla base delle ragioni, ampiamente espresse, per le quali è stato invece configurato il secondo, con la conseguenza che neppure è ipotizzabile il vizio di omessa motivazione al riguardo. 3. Va allora chiarito che la Corte del merito - con accertamento di fatto adeguatamente e logicamente motivato e, come tale, insuscettibile di essere sindacato in sede di legittimità - ha ritenuto, senza che siano state sollevate peraltro specifiche contestazioni in proposito, che il ricorrente, entrato nel settore gradinata nord dello stadio OMISSIS per assistere all’incontro di calcio OMISSIS , poco dopo l’inizio del secondo tempo della partita, penetrò nel settore dei distinti , unitamente ad un gruppo di tifosi del Genoa, composto di circa duecento persone, che si spostarono dalla gradinata nord verso il settore distinti dello stadio OMISSIS , cercando di forzare le porte divisorie poste tra i due settori. In quel frangente uno degli steward, D.F.R. , per evitare il pericolo di schiacciamento delle persone coinvolte nella ressa e, in particolare, dei suoi colleghi che stavano cercando di contenere l’azione dei tifosi, decise di aprire le porte divisorie, permettendo così al suddetto gruppo di tifosi di accedere all’area del settore distinti. Da ciò la Corte d’appello ha tratto il logico convincimento che l’imputato, dopo essere acceduto allo stadio nella gradinata nord, si spostò nel settore dei distinti, dove fu ritratto nella fotografia allegata all’annotazione di polizia giudiziaria del 14 maggio 2012. Poiché la fotografia che ritrasse l’imputato nel settore dei distinti fu scattata mentre erano in corso le contestazioni contro i giocatori del Genoa attuate dal gruppo dei tifosi provenienti dalla gradinata nord, la Corte del merito ha ritenuto indubbio che l’imputato passò da un settore all’altro dello stadio immediatamente dopo l’apertura delle porte, avvenuta - come detto - in conseguenza della pressione esercitata dal gruppo di tifosi di cui l’imputato faceva parte. 4. Il ricorrente, che neppure contesta il fatto come giudizialmente accertato, obietta che la condotta contestata passaggio da un settore all’altro di un impianto ove sia in svolgimento una manifestazione sportiva è contemplato e sanzionato non dall’art. 6, comma 1, L. 401 del 1989, ma da diversa disposizione di Legge, avente natura amministrativa, ovvero dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 1-septies, D.L. 28 del 2003, convertito in L. 88 del 2003 e successive modificazioni. Osserva il ricorrente che detta disposizione - dopo aver stabilito comma 1 che l’accesso e la permanenza di persone e cose negli impianti sportivi ove si svolgono competizioni calcistiche sono disciplinati dal regolamento d’uso degli impianti medesimi per quanto non previsto da disposizioni di legge o regolamentari - testualmente prevede comma 2 che Chiunque, fuori dei casi di cui all’articolo 1-quinquies, comma 7, entra negli impianti in violazione del rispettivo regolamento d’uso, ovvero vi si trattiene, quando la violazione dello stesso regolamento comporta l’allontanamento dall’impianto ed è accertata anche sulla base di documentazione video fotografica o di altri elementi oggettivi, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 Euro. La sanzione può esser aumentata fino alla metà del massimo qualora il contravventore risulti già sanzionato per la medesima violazione, commessa nella stagione sportiva in corso, anche se l’infrazione si è verificata in un diverso impianto sportivo . Posto che il regolamento d’uso dello stadio prevede - tra l’altro - l’obbligo per lo spettatore di occupare il posto assegnato, sembra al ricorrente che la disciplina applicabile alla fattispecie de qua debba più correttamente identificarsi in quella di cui alla disposizione di legge appena citata, con conseguente applicazione, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della legga n. 689 del 1981, di essa sola, siccome lex specialis . Sempre secondo l’assunto del ricorrente, che richiama anche giurisprudenza amministrativa in proposito, la sua azione, consistita nel passare da un settore all’altro senza superare alcun ostacolo giacché le porte che separavano i due settori erano ormai state aperte , non sarebbe sussumibile nella fattispecie incriminatrice contestata giacché il fatto tipico, descrittivo dell’illecito penale, richiede necessariamente l’atto del superare che significa oltrepassare, ossia sorpassare, valicare, varcare, scavalcare, condotte dall’imputato non tenute, con la conseguenza che la Corte d’appello, nel sussumere il fatto storico nella fattispecie astratta descritta dalla norma incriminatrice, sarebbe incorsa in una interpretazione analogica delle legge penale che, essendo in malam partem , è vietata. 5. L’articolo 6-bis, comma 2, della legge n. 401 del 1989 stabilisce che Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto ovvero, nel corso delle manifestazioni medesime, invade il terreno di gioco, è punito, con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda da 1.000 Euro a 5.000 Euro. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell’inizio, l’interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica . Sebbene la rubrica della norma penale evochi letteralmente il lancio di materiale pericoloso, scavalcamento ed invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive , il titolo di reato di cui al secondo comma dell’articolo 6-bis della legge n. 401 del 1989 che incrimina il fatto di chi supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto non esige minimamente una condotta di scavalcamento ed il ricorso al segno linguistico supera non richiede che quest’ultimo sia interpretato sulla base del significato del primo. La ragione di ciò - oltre a risiedere in un tradizionale insegnamento il quale vuole che le partizioni sistematiche di una legge titoli, capi, rubriche, ecc. non integrano né fanno parte del testo legislativo e quindi non vincolano l’interprete ma hanno come i lavori preparatori un mero valore interpretativo di per sé non limitativo del significato del testo, tant’è che la disciplina normativa sulla formazione delle leggi prevede che solo i singoli articoli siano oggetto di esame e di approvazione da parte degli organi legislativi Sez. 5, n. 1614 del 12/10/1982, dep. 1983, Clemenzi, Rv. 157528 - fonda sulla considerazione che, nel caso di specie, la condotta punibile richiede che l’agente superi la recinzione o la separazione dell’impianto indebitamente , cosicché la qualifica di indebito al comportamento vietato, evocando espressamente un requisito di illiceità della condotta, qualifica la condotta stessa e rappresenta la cifra dell’incriminazione in relazione alla ratio che la sostiene e che ne giustifica, a pieno titolo, l’inserimento nel sistema penale nettamente distinguendola da quella tipizzata nell’illecito amministrativo rivendicato dal ricorrente. La fattispecie incriminatrice è, infatti, inserita in un quadro normativo che, mirando a tutelare il regolare e pacifico svolgimento delle manifestazioni sportive, introduce misure dirette a prevenire e reprimere fenomeni di violenza connessi a competizioni sportive cautelando, in particolare, anche i luoghi, tra cui gli stadi, nei quali dette manifestazioni si svolgono, sul presupposto che tali forme di violenza, già odiose in sé, mettono a repentaglio l’incolumità di coloro che pacificamente vi assistono e di coloro che, per ragioni di lavoro, si esibiscono. L’illecito amministrativo tende invece a sanzionare gli ingressi abusivi negli impianti o altre forme di violazione del regolamento di uso, come anche l’ingresso o il trasferimento in settori non consentiti sulla base del titolo di accesso, che non si traducono in fenomeni di violenza o in attività ad esse prodromiche ma si esauriscono nella mera fruizione della manifestazione mediante l’ingresso indebito o il trattenimento abusivo in un settore nell’impianto non consentito dal titolo di accesso. Il reato di cui all’articolo 6-bis, comma 2, della legge n. 401 del 1989 è dunque un reato di pericolo concreto nel quale l’evento è rappresentato dall’esposizione a pericolo dell’interesse tutelato, costituito dal regolare e pacifico svolgimento della manifestazione sportiva, con la conseguenza che qualsiasi turbamento al fisiologico andamento della manifestazione, qualificandosi come indebito, rende penalmente illecita la condotte diretta a superare una recinzione o separazione dell’impianto, integrando pienamente la fattispecie incriminatrice de qua . 6. La Corte di appello si è attenuta a tali principi osservando correttamente che la separazione tra i due settori consisteva nelle porte divisorie, che costituivano il limite, superato il quale si passava da un settore all’altro e che il ricorrente, superò il varco che separava i settori con il gruppo di tifosi che, premendo contro le porte divisorie, indusse uno degli steward alla loro apertura. L’imputato agì nella consapevolezza del carattere indebito della sua azione, poiché l’apertura delle porte divisorie non avvenne per consentire il libero passaggio da un settore all’altro, ma in seguito alla pressione esercitata dal gruppo di circa duecento tifosi spostatisi dalla gradinata nord gruppo di cui faceva parte anche l’imputato , al solo fine di evitare che gli steward che stavano presidiando il varco, e qualunque altra persona coinvolta nella calca, potessero rimanere schiacciati. Esclusa pertanto la configurabilità dell’illecito amministrativo per le ragioni in precedenza esposte, correttamente la Corte d’appello ha affermato che l’azione del superamento non comporta necessariamente uno scavalcamento di ostacoli fisici, quali recinzioni o simili, e che le porte divisorie, benché fossero state aperte per le ragioni suddette, segnavano comunque il limite di accesso al settore dei distinti, con la conseguenza che nell’area di rilevanza penale rientra anche la condotta di chi superi indebitamente la separazione tra i due settori, senza attuare alcuno scavalcamento di barriere, recinzioni o altri ostacoli fisici. Ne deriva l’infondatezza anche del secondo e del terzo motivo. 7. La sentenza impugnata è stata emessa anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 che ha introdotto l’articolo 131-bis del codice penale. L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis cod. pen., avendo natura sostanziale, è applicabile, per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28, anche ai procedimenti pendenti, come nel caso in esame, davanti alla Corte di cassazione Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266593 . Ciò chiarito, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590 , con la conseguenza che l’accertamento della causa di non punibilità, richiedendo, come nel caso in esame, accertamenti e valutazioni di merito non può essere compiuto in sede di legittimità e deve essere devoluto al giudice del merito. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio limitatamente alla verifica circa la sussistenza o meno della causa di non punibilità reclamata, fermo restando che, nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, il giudice di rinvio non può dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, Mazzoccoli, Rv. 267590 Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, Sarti, Rv. 265434 . Il ricorso va rigettato nel resto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicabilità dell’articolo 131-bis del codice e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Genova. Rigetta nel resto il ricorso.