Il tentativo nel reato di favoreggiamento personale

La frazionabilità dell’iter esecutivo del reato di favoreggiamento personale consente di individuare il tentativo nel compimento di atti diretti ad aiutare qualcuno a eludere le investigazioni. Non rileva, in tal senso, la mancata conclusione dell’azione per cause indipendenti dalla volontà dell’agente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 6662/17 depositata il 13 febbraio. Il caso. La Corte d’appello di Palermo confermava la condanna inflitta in primo grado all’imputata per il tentativo di favoreggiamento personale con il quale avrebbe aiutato il detenuto a eludere le investigazioni dell’autorità giudiziaria, portando fuori dal carcere messaggi da recapitare a soggetti che avrebbe dovuto indurre alla ritrattazione di alcune testimonianze. L’imputata ricorre in Cassazione deducendo l’insussistenza del tentativo di favoreggiamento personale, poiché arrestata prima della trasmissione dei messaggi a lei affidati. Quando si configura il tentativo nel reato di favoreggiamento personale? Il Collegio, innanzitutto, afferma che il reato di favoreggiamento personale è un reato di pericolo e che per realizzarlo è sufficiente l’azione diretta ad aiutare qualcuno ad eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche delle autorità. In tal senso non è necessario che l’azione abbia lo scopo di raggiungere l’effetto di ostacolare le investigazioni o intralciare le ricerche. È possibile, aggiunge la Corte, frazionare l’ iter esecutivo di tale reato, individuandone il tentativo ogni qual volta in cui siano stati compiuti atti idonei e univocamente volti ad aiutare qualcuno a eludere le investigazioni, anche se l’azione non si è potuta concludere per cause indipendenti dalla volontà dell’agente. Nel caso di specie la condotta messa in atto dall’imputata si profila come l’avvio di un comune programma, implicitamente definito, secondo il quale ella, pur senza dover istigare all’azione i soggetti interessati, doveva comunque fornirgli i dati per svilupparla, senza che l’eventuale diniego da parte dei testimoni contattati potesse privare l’azione della sua idoneità. Pertanto il tentativo può dirsi realizzato e, la Suprema Corte, sulla scorta di quanto sopra riportato, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 dicembre 13 febbraio 2017, n. 6662 Presidente Paoloni Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 2518/2015, la Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta dal Tribunale di Trapani a C.M. ex artt. 56 e 378 cod. pen. per avere tentato di aiutare D.F. a eludere le investigazioni dell’autorità giudiziaria portando, fuori dal carcere in cui egli era detenuto, messaggi da recapitare a soggetti che dovevano indurre alla ritrattazione alcun testi nel processo penale a carico di D. , ma venendo arrestata prima di completare la sua azione. 2. Nel ricorso della C. si chiede l’annullamento della sentenza deducendo l’insussistenza del tentativo di favoreggiamento persona, perché la ricorrente fu arrestata prima di trasmettere i messaggi a lei affidati, e non potendo escludersi che non avrebbe dato corso alla richiesta di D Considerato in diritto 1. La Corte di appello ha correttamente ritenuto che non si configura nella fattispecie un reato impossibile ex art. 49, comma 2, cod. pen. perché l’arresto della C. non ha eliminato l’originaria efficienza causale dell’azione, neanche considerando che al termine del colloquio fra D. e C. la Polizia penitenziaria che non conosceva le indagini nei confronti di D. aveva fotocopiato le carte in possesso di C. e le aveva a lei subito restituite. Inoltre, nella sentenza impugnata viene precisato che dalla intercettazione di una conversazione con D. si ricava che C. chiese al suo compagno se avesse scritto tutto e, non implausibilmente, si argomenta che questa circostanza sta a riprova della consapevolezza e della volontà di farsi portatrice dei pizzini . 2. Il reato di favoreggiamento personale è reato di pericolo, per cui a realizzarlo basta un’azione per aiutare qualcuno a eludere le investigazioni o a sottrarsi alle ricerche delle autorità, mentre non è necessario che l’azione abbia realmente raggiunto l’effetto di ostacolare le investigazioni o intralciare le ricerche. La frazionabilità dell’ iter esecutivo consente di configurare il tentativo di favoreggiamento quando sono stati compiuti atti idonei e univocamente volti ad aiutare qualcuno a eludere le investigazioni, ma l’azione non si è conclusa per cause indipendenti dalla volontà dell’agente Sez. 2, n. 18103 del 10/01/2003, Rv. 224396 Sez. 6, n. 4062 del 7/01/1999, Rv. 214145 Sez. 6, n. 4062 del 07/01/1999, Rv. 214145 . 3. Nel caso in esame, l’azione è stata bloccata in una fase prodromica alla illustrazione della condotta favoreggiatrice a chi R.S. avrebbe dovuto parlare con i testimoni S.A. e sua moglie per indurli a ritrattare rendendo una dichiarazione falsa favorevole a D. in occasione della loro prossima testimonianza. Nel ricorso si deduce che, mentre è possibile ravvisare il concorso nel reato anche quando la condotta tipica si sia arrestata al tentativo è punibile il concorso nel delitto tentato , non è invece punibile il tentativo di concorso, costituito dall’attività preparatoria compiuta da uno solo dei concorrenti, se la successiva fase esecutiva non sia stata neppure concordata con il partecipe necessario Sez. 6, n. 18239 del 04/04/2013, Rv. 256474 Sez. 5, n. 27629 del 08/06/2010, Rv. 248318 . In questa prospettiva, si osserva che nel caso in esame l’azione di C. non sarebbe stata comunque sufficiente a realizzare il reato dovendo concorrervi necessariamente le condotte di altri soggetti i destinatari del messaggio e poi i testimoni . In altri termini, l’esecuzione dell’azione idonea non era rimessa solo alla volontà della C. , perché il concorrente necessario dell’azione nel suo programmato sviluppo doveva ancora essere consultato e rimaneva possibile che la mancanza del suo essenziale consenso precludesse ab initio la realizzazione del programma. 4. La prospettazione del ricorrente è condivisibile generaliter ma non secundum quid , perché nel caso concreto emerge un contesto di rapporti in cui il concorrente necessario il pregiudicato R. era soggetto già edotto della vicenda e, in quanto tale, contattato per dare seguito al piano delittuoso, come si ricava dal preambolo del biglietto a lui indirizzato come già saprai il processo mi è stato rinviato la primo ottobre, quello che ti chiedo e di andare a parlare con N.V. e a sua moglie . In questo contesto, la condotta della C. non si profila come l’esordio di una attività esplorativa ma come l’avvio di un comune programma, già almeno implicitamente definito, nell’ambito del quale la C. non doveva istigare R. all’azione ma soltanto fornirgli i dati per svilupparla, senza che l’eventuale diniego da parte dei testimoni contattati potesse privare l’azione della sua idoneità, perché si configura il tentativo di favoreggiamento personale nel caso in cui qualcuno si adoperi per procurare alla persona indagata la prova dell’estraneità al delitto ascrittole, inducendo un terzo a testimoniare il falso, senza riuscire nell’intento per il rifiuto oppostogli dal soggetto richiesto Sez. 6, n. 5330 del 20/01/2011, Rv. 249465 Sez. 6, n. 38516 del 5/04/2007, Rv. 238034 . Su queste basi il ricorso risulta infondato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.