Risarcimento del danno morale da reato: i limiti dell'onere di motivazione sulle statuizioni risarcitorie

Affinché sia soddisfatto l'onere di motivazione del giudice di merito relativamente agli aspetti risarcitori derivanti da reato non è necessaria l'indicazione analitica dei passaggi aritmetici che hanno condotto alla determinazione del quantum, essendo invece sufficiente l'indicazione dei fatti materiali che hanno guidato la decisione.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 6380/17 depositata il 10 febbraio. Un trasporto a rischio”. Un medico psichiatra subisce una condanna, confermata in appello, per lesioni colpose ai danni di alcuni volontari di una delle tante ONLUS esercenti servizio d'ambulanza. I malcapitati se la vedevano brutta durante il trasporto verso un ospedale di un paziente affetto da schizofrenia, il quale – colto da un raptus – riusciva ad afferrare il volante dell'ambulanza, facendone così perdere il controllo all'autista. Per fortuna, dopo una sbandata ed un testa-coda, il veicolo si fermava senza schiantarsi. La strizza e lo choc patiti dagli sfortunati membri dell'equipaggio venivano così sanzionati dal giudice penale, che riconosceva a favore delle parti civili l'esistenza di un danno non patrimoniale risarcibile. Qualche considerazione sulla responsabilità colposa. Il giudizio di legittimità, culminato nella sentenza che oggi commentiamo, si è sviluppato lungo due direttrici, tracciate dal ricorrente si è criticato sia l'aspetto legato al riconoscimento della sussistenza degli estremi del delitto di lesioni colpose, sia quello riguardante il capo civile del risarcimento del danno. Meno interessante, sotto il profilo tecnico-giuridico, il primo dei due argomenti affrontati dai supremi giudici. Tralasciamo, per brevità, di descrivere analiticamente le censure sollevate basterà dire che la motivazione d'appello veniva sottoposta a critica perchè ritenuta insoddisfacente in relazione a tutti i tradizionali poli di giudizio dei reati colposi omissivi impropri esistenza della posizione di garanzia, condotta rimproverabile, nesso di causalità, eccetera . La Corte, con serrato incedere argomentativo, ricorda in poche battute che la posizione di garanzia dello psichiatra comprende il dovere di evitare che la patologia da cui è affetto il paziente possa degenerare in atti auto ed eterolesivi così aggiungendo un tassello all'alluvionale giurisprudenza in materia che il nesso causale, nel caso di specie, sussisteva proprio perchè la segnalazione di pericolosità del paziente avrebbe suggerito all'equipaggio dell'ambulanza di adottare tutte le tecniche più idonee per scongiurare gesti inconsulti e che, infine, tali accorgimenti avrebbero con alto grado di probabilità evitato l'evento. Insomma, su questo aspetto non possiamo certamente affermare che la sentenza in esame contenga profili di particolare novità è, piuttosto, l'ennesima conferma che il metodo Franzese”, se così possiamo chiamarlo, continua a funzionare egregiamente nel microcosmo dei reati omissivi impropri colposi. Il risarcimento del danno morale la misura dell'obbligo di motivazione. Di grande interesse, invece, è la parte della sentenza dedicata ai profili risarcitori. Qui il ricorrente aveva appuntato la propria attenzione critica perchè, a fronte di una generica domanda risarcitoria, avanzata da parte civile, i giudici di merito avevano – in assenza di allegazioni specifiche – riconosciuto la sussistenza del danno non patrimoniale ai componenti dell'equipaggio dell'ambulanza. Chiarissimo il principio di diritto affermato dagli Ermellini la parte civile può – ma non deve – dare specifica contezza dell'entità del danno patito. Infatti è perfettamente consentito, senza che ciò generi invalidità di sorta, che la domanda risarcitoria sia generica e che la stessa non sia sorretta da ulteriori corredi probatori. Ciò non sarebbe consentito nel processo civile, ma in quello penale – ed è proprio questo il passaggio di maggiore interesse – il giudice può valorizzare sia l'aspetto sanzionatorio del risarcimento, sia quello riparativo e compensativo. Può, in altri termini, far sì che l'affermazione della sussistenza di un danno risarcibile concorra con la pena a retribuire” il reo. In questo specifico caso, è evidente, la dimostrazione dell'entità del pregiudizio subito non assume alcun carattere di indispensabilità. Il passaggio argomentativo che stiamo esaminando è davvero molto attuale la valenza punitiva dell'illecito civile è oggi di gran moda come ci dimostra la recente civilizzazione” di numerose condotte già costituenti altrettante ipotesi di reato. Degna di nota è anche la perimetrazione della consistenza della motivazione che il giudice penale deve spendere per giustificare la liquidazione del danno morale non occorre l'analitica illustrazione dei calcoli eseguiti per stabilire una cifra, essendo invece sufficiente l'indicazione dei fatti materiali tenuti in considerazione per pervenire a quella decisione .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 20 gennaio – 10 febbraio 2017, numero 6380 Presidente D’Isa – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Milano ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Busto Arsizio nei confronti di R.F.N. , imputata di lesioni personali colpose ai danni di G.A., Gu.Er., Gi.Nu. e G.P., fatto avvenuto il omissis , perché per colpa, nella sua qualità di medico psichiatra in servizio presso la Struttura Vita Residence Cooperativa Sociale ONLUS di omissis , non aveva valutato i sintomi di pericolosità del paziente Ro.Gi., affetto da schizofrenia paranoide cronica, omettendo di fornire al personale del Gruppo Volontari della Croce Verde di omissis , che aveva preso l’incarico di trasportare il paziente nell’ospedale di omissis , adeguate informazioni circa le effettive condizioni psichiche del Ro. quest’ultimo, nel corso del tragitto, si era avventato sul conducente del mezzo, afferrandolo per il collo ed impossessandosi del volante, con conseguente perdita di controllo del veicolo, che aveva sbandato pericolosamente tra le corsie ed infine aveva effettuato un testa-coda arrestandosi sulla corsia di emergenza nella direzione opposta a quella percorsa. Da tale evento erano derivate all’equipaggio lesioni personali consistite in sindrome ansiosa post-traumatica da stress. 2. R.F.N. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico, articolato, motivo per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Dopo aver richiamato l’antefatto che aveva portato i medici curanti a decidere che il paziente Ro. fosse ricoverato in ospedale psichiatrico il giorno omissis , la ricorrente ha sottolineato quanto segue a non ricorrevano i presupposti per l’applicazione del regime tipico del T.S.O., in presenza di paziente collaborante b le conversazioni telefoniche con le quali si era detto all’operatore del 118 che il paziente era tranquillo erano intercorse tra l’operatore medesimo ed il personale infermieristico ed assistenziale della struttura c il personale della Croce Verde, pur informato in merito alle condizioni del paziente, lo aveva collocato sul sedile di regola occupato dal capo-equipaggio, assicurandolo con la cintura di sicurezza e lasciando aperta la porta scorrevole che separa il vano guida dal vano sanitario. Nel ricorso si lamenta che il giudice di appello si sia limitato a richiamare la motivazione espressa dal giudice di primo grado, trascurando l’istanza difensiva di rinnovazione dell’istruttoria, formulata in ragione delle dichiarazioni non convergenti dei testimoni sulle quali si era basata la prima pronuncia. Si ritiene che la motivazione sia viziata per aver dilatato il giudizio di disvalore del fatto includendovi condotte che, sebbene indicate nel capo d’imputazione, il giudice di primo grado non aveva attribuito all’imputata, desumendo la sua responsabilità penale unicamente dal non aver adottato o permesso di adottare idonee misure di contenimento del paziente durante il trasporto. La ricorrente ha evidenziato la contraddittorietà di alcune censure mosse al suo comportamento inerenti alla storia clinica del paziente, alla scelta di effettuare un trasporto secondario, alla durata degli attacchi psicotici del Ro. , alle manifestazioni comportamentali della schizofrenia, ritenendo che l’istruttoria avesse dimostrato che i volontari della Croce Verde avevano ricevuto informazioni adeguate. Nel ricorso si contesta che l’evento fosse ascrivibile alla condotta dell’imputata, evidenziandosi la lacunosità della motivazione laddove si è trascurato che, nel caso concreto, non esistevano i presupposti per effettuare un trasporto per T.S.O. e che ogni altro diverso trasporto non prevede la presenza di personale medico a bordo, essendo per converso esigibile che l’equipaggio di un’ambulanza sia esperto e specificamente formato. La pacifica condotta provocatoria assunta dal capo equipaggio, che durante il trasporto aveva apertamente parlato della patologia da cui è affetto il Ro. , non è stata correttamente valutata quale causa sopravvenuta ai sensi dell’art. 41 cod. penumero In merito alle statuizioni civili, la ricorrente deduce vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento del danno non patrimoniale da sindrome post-traumatica da stress, certificato da un medico chirurgo e da un medico fisiatra e dello sport, in assenza di lesione di diritti inviolabili della persona ed in assenza di allegazioni, lamentando che i giudici di merito hanno giudicato ultra petita nel riconoscere un danno all’immagine in favore della parte civile Gruppo Volontari Croce Verde ONLUS a fronte di una generica domanda di risarcimento del danno morale. Considerato in diritto 1. Per la corretta disamina delle censure mosse alla motivazione della sentenza di appello, che ha letteralmente riportato alcuni stralci della sentenza di primo grado, è necessario ripercorrere il fatto, come ricostruito dal Tribunale Ro.Gi. , ricoverato presso la struttura residenziale ad alta intensità assistenziale Vita Residence dal luglio 2008, era soggetto in carico al CPS di dal 1982 ed era stato più volte ricoverato in SPDC la mattina del omissis , mentre era in cucina con un operatore ed un’assistente, aveva afferrato un coltello iniziando a dare colpi a vuoto sul piano della cucina e poi alla sua mano, ferendosi superficialmente la dott.ssa R. aveva prescritto la somministrazione di 30 gocce di tranquillante, oltre alla terapia farmacologica, ed aveva proposto al paziente il ricovero ospedaliero, dopo aver consultato il medico di riferimento del Ro. e la psichiatra del CPS di avendo il Ro. accettato la proposta di ricovero, la dott.ssa R. aveva faticosamente reperito un posto presso il SPDC dell’Ospedale di omissis per effettuare il trasporto del paziente, l’infermiera Petrovic aveva effettuato, senza esito, alcune telefonate contestualmente agli educatori ed agli operatori ASA ausiliari socio-assistenziali , fino a quando era stato interpellato il servizio 118 segnalando la necessità di un trasporto secondario ed ottenendo, per il tramite del 118, la disponibilità della Croce Verde di omissis arrivata l’ambulanza, la capo equipaggio Gi.Nu. aveva incontrato la responsabile amministrativa D. che, unitamente alla dott.ssa R. , aveva spiegato quanto accaduto nella mattinata la D. aveva incaricato l’educatrice M. di accompagnare in ospedale il paziente e le aveva consegnato i documenti da portare, mentre l’infermiera B. aveva accompagnato il Ro. con la valigia sull’ambulanza il paziente era stato fatto accomodare al posto del capo equipaggio, a fianco della barella, ed assicurato con la cintura di sicurezza la porta a scomparsa che separava il vano dell’autista dal vano sanitario era stata lasciata aperta per consentire all’autista la visuale sul retro del mezzo mentre la Gi. ed altro volontario prendevano visione della documentazione medica dalla quale risultava trattarsi di paziente affetto da schizofrenia, il Ro. si era infilato nel vano dell’autista afferrando il volante e determinando così la perdita di controllo del mezzo la presenza di un mezzo della manutenzione delle strade, che aveva rallentato l’andatura dei veicoli che sopraggiungevano, aveva evitato ulteriori conseguenze il Ro. aveva, poi, ubbidito all’ordine di sedersi, ritornando apparentemente tranquillo, ed era stato quindi sedato da personale medico, giunto sul luogo unitamente alla Polstrada ricoverato all’Ospedale di dal omissis , aveva mantenuto un atteggiamento ostile con aggressione di chi lo accudiva, con contenimento per la maggior parte del tempo e con mobilizzazione guidata degli arti nell’immediatezza del ricovero il medico intervenuto aveva proposto T.S.O., disposto dal Sindaco di Rho con provvedimento convalidato. 2.1. La posizione di garanzia dell’imputata era stata desunta dal fatto che la R. avesse in cura il paziente su base consensuale, secondo il modello delineato dalla legge 13 maggio 1978, numero 180, ed era, pertanto, tenuta ad evitare che la patologia, da cui il Ro. era affetto, degenerasse in atti auto ed eterolesivi, ossia, a compiere gli interventi terapeutici necessari e finalizzati alla tutela della salute individuale e collettiva. 2.2. La condotta omissiva rimproverabile all’imputata era stata descritta secondo due direttrici a in termini di inadeguata valutazione dei sintomi di pericolosità del paziente alla luce della relazione accompagnatoria redatta dalla stessa psichiatra, nella quale si descriveva grave scompenso psicotico, franchi deliri persecutori e di colpa, allucinazioni uditive ed imperative ed agiti auto ed etero aggressivi , nonché in base ai dati clinici acquisiti, che indicavano come gli scompensi psicotici del Ro. fossero sempre stati improvvisi e che ripetutamente, nonostante la somministrazione di terapia farmacologica, si ripresentassero crisi di scompenso psicotico b in termini di carente comunicazione della gravità delle condizioni del trasportando, avendo la psichiatra delegato un’assistente a fornire le informazioni nella ricerca del mezzo di trasporto ed essendo, in ogni caso, emersa la prova univoca che ai volontari della Croce Verde si fosse descritto l’episodio accaduto al mattino presentando la situazione in modo del tutto tranquillizzante. Nessuna misura di contenimento era stata indicata dall’imputata al capo equipaggio, ravvisandosi un ulteriore profilo di condotta omissiva in tale mancata indicazione. 2.3. Il nesso causale era stato esaminato secondo il metodo logico del giudizio controfattuale, affermandosi che, se l’imputata avesse diligentemente valutato la potenziale pericolosità del paziente durante il trasporto, le idonee misure di contenimento avrebbero con alto grado di probabilità evitato l’evento concretizzatosi. La condotta provocatoria della capo equipaggio era stata ritenuta inidonea a costituire atto interruttivo del predetto nesso causale in quanto non eccezionale rispetto alla causa originaria. 3. Nel ricorso si lamenta l’omessa rinnovazione dell’istruttoria, asseritamente necessaria per dirimere il valore di alcune testimonianze relative al contenuto delle informazioni date all’equipaggio dell’ambulanza, definite non convergenti dal giudice di primo grado. La censura muove, tuttavia, da una lettura parcellizzata ed incompleta della sentenza del tribunale, ove a pag. 12 si legge che in ogni caso, ed in termini dirimenti, i colloqui che intercorrono all’atto della consegna vertono sull’accaduto della mattina e sono riferiti univocamente dai testi in termini di situazione del tutto tranquillizzante . La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha, peraltro, in più occasioni evidenziato la natura eccezionale dell’istituto della rinnovazione dibattimentale di cui all’art. 603 cod. proc. penumero ritenendo, conseguentemente, che ad esso possa farsi ricorso, su richiesta di parte o d’ufficio, solamente quando il giudice lo ritenga indispensabile ai fini del decidere, non potendolo fare allo stato degli atti Sez. 2, numero 41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv. 256968 Sez. 2, numero 3458 del 1/12/2005, dep. 2006, Di Gloria, Rv. 233391 precisando, altresì, che, considerata tale natura, una motivazione specifica è richiesta solo nel caso in cui il giudice disponga la rinnovazione, poiché in tal caso deve rendere conto del corretto uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti, mentre in caso di rigetto è ammessa anche una motivazione implicita, ricavabile dalla stessa struttura argomentativa posta a sostegno della pronuncia di merito, nella quale sia evidenziata la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione in senso positivo o negativo sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento Sez. 6, numero 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, Coppola, Rv. 25989301 Sez. 3, numero 24294 del 07/04/2010, D.S.B., Rv. 24787201 . 4. Con riferimento alla definizione della condotta omissiva colposa, nel ricorso si assume che la Corte di Appello avrebbe offerto motivazione contraddittoria o manifestamente illogica ampliando il disvalore del fatto fino a ricomprendervi condotte sulle quali non era fondato il giudizio di responsabilità penale emesso dal tribunale. 4.1. Va, in merito, evidenziato che in entrambe le sentenze si è posto l’accento sul fatto che, nel corso della telefonata fatta al Servizio 118 per richiedere l’intervento di un’ambulanza per il trasporto, era emerso inequivocabilmente che il servizio non fosse un’urgenza ma un trasporto secondario e che si trattasse di un paziente psichiatrico che si era tagliato la mano la mattinà ma che adesso è tranquillissimo . Non risulta che l’interlocutore con l’operatore del 118 fosse l’imputata, anzi i giudici di merito riportano che, mentre la R. redigeva la relazione sul Ro. , l’onere della ricerca si era spostato sull’educatrice M. . Il Servizio 118 aveva, poi, reperito un mezzo della Croce Verde di omissis affinché eseguisse il trasporto secondario di un paziente psichiatrico . 4.2. Nella sentenza di appello si è, tuttavia, desunto il gravissimo errore di valutazione della situazione sanitaria del Ro. rimproverabile all’imputata dal fatto che il quadro che si presentava dopo l’episodio del mattino, che aveva condotto alla somministrazione di un sedativo in dose consistente ed alla scelta del ricovero in SPDC, non potesse assolutamente condurre ad un trasporto dell’uomo fatto da personale volontario senza alcuna capacità o possibilità di contenerlo, né in via farmacologica né in via fisica. Le due sentenze di merito appaiono, peraltro, conformi nel ritenere che la richiesta di un trasporto di tipo secondario fosse, in sé, inadeguata a fronteggiare la pericolosità del paziente e che, in altre parole, al medico psichiatra si rimproverasse tale scelta in alternativa al T.S.O., in seguito proposto dal medico intervenuto dopo il sinistro, ed al trasporto in via d’urgenza mediante Servizio 118. Tale punto della motivazione conferma, in particolare, la descrizione del comportamento omissivo imputabile alla psichiatra, secondo il Tribunale, date le circostanze del caso concreto all’iniziale, corretta, indicazione di attivare il Servizio 118 la psichiatra non aveva fatto seguire alcun controllo sull’operato del personale delegato al reperimento di un mezzo, non aveva verificato che il personale delegato avesse correttamente illustrato la gravità della situazione e che non si avvalesse di associazioni di volontari diverse dal Servizio 118 pag.12 sentenza di primo grado . 4.3. La censura secondo la quale il giudice di appello avrebbe aggravato il disvalore del fatto rispetto al giudice di primo grado non risulta, dunque, aver tenuto adeguato conto del tenore della prima condanna, in cui si era rimarcato che, solo nel caso in cui la psichiatra avesse ottenuto il consenso del paziente all’adozione di idonee misure di contenimento durante il trasporto, avrebbe potuto derogare alla scelta di un trasporto in condizioni di assoluta sicurezza. 5. Il vizio di motivazione è stato, quindi, illustrato in termini di inesattezza ed incompletezza dell’informazione probatoria posta a base del ragionamento. 5.1. Si sostiene da parte della difesa che la storia clinica del paziente avrebbe rivelato che gli attacchi psicotici del Ro. avevano di regola breve durata, e si insiste circa la natura comunque non dirimente della storia clinica del paziente, soggiungendosi che la schizofrenia non necessariamente si manifesta attraverso condotte aggressive o violente. Depurata da ogni valutazione in fatto, non consentita in sede di legittimità, la questione che viene qui proposta concerne il tema della prevedibilità in concreto dell’evento, che è stata espressa con motivazione esente da vizi, congrua e completa sulla base di dati clinici, qui non specificamente contestati. Si richiede, a ben vedere, che il giudice di legittimità valuti nuovamente il materiale istruttorio già compiutamente esaminato nelle fasi di merito. Si richiama quanto riportato al par.2.2 lett. a . 5.2. La nozione di trasporto secondario, si assume, è nella terminologia medica un concetto ampio che ricomprende tutto ciò che non rientra nello schema del T.S.O., del quale nel caso concreto non esistevano i presupposti in quanto il paziente aveva accettato il ricovero. Tale assunto, sebbene in parte condivisibile, non è sufficiente a scardinare la congruità della motivazione espressa nelle conformi sentenze di merito. In assenza di una normativa del rango di legge primaria, la disciplina del livello di assistenza sanitaria nel trasporto del paziente è affidata a norme regolamentari. Secondo quanto si desume dalle linee-guida diffuse in materia, il sistema di trasporto dei pazienti si può considerare un elemento del processo assistenziale, sia sotto il profilo della tempestività degli interventi sia con riguardo all’effettuazione in sicurezza degli stessi. Tra i fattori di rischio si rinvengono la presenza di personale sanitario non qualificato o non idoneo alla tipologia di trasporto e la scarsa o inadeguata comunicazione tra struttura sanitaria, mezzo di soccorso e struttura di destinazione. Nelle sentenze di merito il trasporto secondario è stato, impropriamente, indicato come sinonimo di trasporto non di emergenza ma la definizione che più ricorre nella normativa regolamentare è quella secondo la quale per trasporto secondario si intende il trasferimento da una struttura ospedaliera, o da un luogo di cura, ad un’altra struttura ospedaliera e viceversa. Occorre, in ogni caso, precisare che il trasporto del paziente psichiatrico trova la sua fonte regolamentare in appositi protocolli, nei quali i concetti di emergenza, paziente stabilizzato, assistenza sanitaria et similia assumono un significato coerente alle specificità del settore. Il trasferimento del Ro. , in quanto proveniente da una struttura ad elevata continuità assistenziale e diretto all’ospedale di omissis , non poteva dunque che qualificarsi in termini di trasporto secondario, indipendentemente dalla circostanza che il trasferimento fosse o meno disposto per T.S.O. Sul punto, la sentenza impugnata presenta un errore definitorio. Correlativamente a tale precisazione va, però, specificato che l’indicazione della natura secondaria del trasporto non è esaustiva, perché esistono diverse tipologie di trasporto secondario in relazione alle condizioni del paziente in particolare, in alcuni protocolli si distingue il trasporto non protetto, in cui il paziente è accompagnato dai soli operatori del soccorso, dal trasporto protetto, in cui il paziente è accompagnato da personale medico ed infermieristico. In contrasto con quanto sostenuto nel ricorso sulla base di una letteratura scientifica genericamente menzionata, va sottolineato come il trasporto secondario del paziente psichiatrico non sottoposto a T.S.O. possa essere disposto, a discrezione dello psichiatra curante, con la presenza di personale medico ed infermieristico in relazione alle condizioni del paziente. Corollario di tale rilievo è che, in assenza di personale medico a bordo, la responsabilità assistenziale rimane a carico del sanitario che ha disposto il trasferimento secondo la modalità non protetta. Ciò significa che, anche a voler ritenere da rettificare la motivazione laddove ha censurato la scelta del trasporto secondario, cionondimeno la sentenza impugnata non presenta vizi di motivazione che incidano sul dispositivo, posto che il nucleo centrale della decisione s’incentra congruamente e con logicità sul fatto che il quadro che si era presentato non poteva assolutamente condurre ad un trasporto dell’uomo fatto da personale volontario, senza alcuna capacità o possibilità di contenerlo né in via farmacologica né in via fisica pag.15 . 6. Ed occorre ricordare che il giudizio concernente il nesso di causalità tra la condotta omissiva del sanitario e l’evento non attinge, in ogni caso, il livello della certezza se non in casi rari, posto che il giudizio controfattuale è connotato da ipoteticità ed astrattezza. Verificare che, se il medico avesse adottato un determinato comportamento, l’evento non si sarebbe avverato, significa infatti ipotizzare un comportamento che non è nella realtà dei fatti. Una valutazione del genere non può, dunque, fornire una soluzione in termini di certezza, ma deve essere esternata attraverso una motivazione logicamente coerente che dia conto degli elementi istruttori propri del caso concreto alla luce dei quali sia possibile, con elevata credibilità razionale, affermare che, nelle date condizioni, l’azione omessa avrebbe potuto avere un ruolo salvifico. 6.1. Nella sentenza si è rimarcato il grave quadro sanitario emergente dalla relazione di accompagnamento del paziente redatta dalla stessa imputata e si è ricordato che la gravità del quadro era resa drammaticamente attuale dall’episodio intercorso nella mattinata dello stesso giorno in presenza di tale quadro, si è con logica deduzione individuato un nesso causale tra la condotta omissiva della psichiatra dott.ssa R. come sopra descritta e le difficoltà incontrate dai volontari della Croce Verde nel controllare la condotta eteroaggressiva posta in essere dal paziente durante il trasporto, descrivendosi in dettaglio la condotta alternativa che avrebbe avuto concrete possibilità di annullare tale rischio. 6.2. Si tratta di decisione conforme al dettato normativo, che tempera con l’art. 41, comma 2, cod. penumero il principio condizionalistico ponendo un limite all’imputazione di un evento ad una determinata condotta umana tutte le volte in cui si sia accertata la presenza di una causa, appartenente ad una serie causale completamente autonoma ovvero inseritasi nella serie causale dipendente dalla condotta dell’imputato e purtuttavia dotata di forza propria nella determinazione dell’evento. E non può che ritenersi conforme all’art. 41 cod. penumero la pronuncia in esame, che ha accertato che la condotta dell’imputata costituiva imprescindibile antecedente dell’evento in quanto, indipendentemente dalla condotta degli operatori del soccorso, il rischio che la condotta omessa avrebbe evitato apparteneva all’area di rischio evidenziata dal contesto allucinatorio emerso nella mattinata quale manifestazione della conclamata patologia schizofrenica paranoide da cui il paziente era affetto. 7. Le censure inerenti alle statuizioni civili sono inammissibili. 7.1. Nel ricorso si citano, a sostegno, le pronunce con le quali nel 2008 le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale inerente alla risarcibilità del danno non patrimoniale definendo gli ambiti entro i quali le diverse voci nelle quali si declina tale categoria di danno devono essere collocate e riconosciute. In tali pronunce si è, anche, richiamata la precedente giurisprudenza delle Sezioni Unite che, nel 2003, aveva ampliato la risarcibilità del danno non patrimoniale fino a ricomprendervi, oltre ai casi espressamente previsti dalla legge, secondo la lettera dell’art. 2059 cod. civ., anche tutti i casi in cui il fatto illecito abbia leso un interesse o un valore della persona di rilievo costituzionale non suscettibile di valutazione economica. 7.2. Ma è chiara l’inconferenza del richiamo alla suindicata giurisprudenza in un processo penale in cui il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale è conseguenza di un reato, posto che si tratta di uno dei casi tradizionalmente disciplinati dalla legge art. 185 cod. penumero , in alcun modo oggetto di contrasto giurisprudenziale. 8. Per quanto concerne l’asserita assenza di allegazione del danno, cosi come la pronuncia ultra petita , si osserva quanto segue. 8.1. Quando la commissione del reato produce, oltre all’offesa del bene tutelato dalla norma penale, anche un danno civile, economicamente valutabile, nei confronti della vittima del reato che abbia ritenuto di costituirsi parte civile nel processo penale, quest’ultima sceglie di limitare la propria pretesa, nell’ambito dei più ampi rimedi riconosciutile dal diritto civile, al risarcimento ed alle restituzioni previsti dall’art. 185 cod. penumero . Quanto alle conseguenze di tale scelta, va detto che l’esercizio dell’azione civile nel processo penale comporta, oltre il suddetto limite, anche talune alterazioni derivanti dal fatto che l’accertamento del danno civile deve essere condotto secondo le regole del processo penale e che l’azione penale non può subire rallentamenti a causa dell’esercizio delle azioni extrapenali. In particolare, l’incondizionata possibilità per il giudice penale di affermare che le prove acquisite non consentono di pervenire alla liquidazione del danno riverbera con evidenza i suoi effetti sull’onere di allegazione e di prova spettante alla parte civile, che può scegliere, senza incorrere in alcuna nullità, a differenza di quanto avviene nel processo civile Sez. 3 civile, numero 10527 del 13/05/2011, Rv. 618210 , di allegare genericamente di aver subito un danno Sez.6, numero 27500 del 15/04/2009, Morrone, Rv. 244526 Sez.4, numero 13195 del 30/11/2004, dep. 2005, Dorgnak, Rv. 231212 . Il legislatore ha, dunque, strutturato un sistema aperto dell’azione civile nel processo penale, consentendo all’autorità giudiziaria una valutazione discrezionale, che si adegui alle istanze alle quali si lega nel tempo la funzione del risarcimento del danno ed in rapporto alle diverse tipologie di reato. Il giudice può, infatti, stabilire in relazione al caso concreto se debba valorizzarsi la funzione sanzionatoria della pronuncia risarcitoria, meno astretta alla concreta entità del danno, che sarà liquidato equitativamente con la pronuncia di condanna penale, ovvero la funzione compensativa e riparatoria, più strettamente legata alla prova del quantum del danno, indipendentemente dalla specificità della domanda. Il sistema regola, dunque, l’ipotesi propria del caso in esame, in cui la parte civile ha optato per la domanda di condanna generica, con una allegazione altrettanto generica del danno, ed il giudice ha ritenuto accertata la potenzialità dannosa del fatto addebitato sotto il profilo del pregiudizio non patrimoniale, valutando al contempo che nel processo civile vi fossero margini di sviluppo di detta allegazione e della prova del danno da lesioni. 8.2. È bene rimarcare, a tale proposito, che la monetizzazione dei pregiudizi morali non può che essere equitativa, trattandosi di danni che, per definizione, è impossibile quantificare nel loro esatto ammontare. Di conseguenza perché sia soddisfatto l’obbligo di motivazione non è necessario che il giudice indichi analiticamente in base a quali calcoli ha determinato il quantum del risarcimento ovvero ha ritenuto che il danno non possa essere liquidato in misura inferiore ad una determinata somma , ma è sufficiente che siano indicati i fatti materiali tenuti in considerazione per pervenire a quella decisione. La dazione di una somma di denaro non è, per tali danni, reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico, con la conseguenza che non si può fare carico al giudice di non aver indicato le ragioni per le quali il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare giacché in tanto una precisa quantificazione pecuniaria è possibile, in quanto esistano dei parametri normativi fissi di commutazione, in difetto dei quali il danno non patrimoniale non può mai essere provato nel suo preciso ammontare, fermo restando, tuttavia, il dovere del giudice di dar conto delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato Sez. 3 civile, numero 2228 del 16/02/2012, Rv. 621460 Sez.3 civile, numero 19493 del 21/09/2007, Rv. 599416 Sez. lav., numero 11039 del 12/05/2006, Rv.589068 Sez.3 civile, numero 20320 del 20/10/2005, Rv. 584526 Sez. 3 civile, numero 9626 del 16/06/2003, Rv.564299 . 8.3. Risulta, nel caso concreto, dirimente il rilievo per cui le somme liquidate in favore delle parti civili sono state riconosciute a titolo di provvisionale. È principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che la statuizione che assegna la provvisionale abbia tra le proprie caratteristiche quelle della precarietà essendo destinata ad essere travolta o assorbita dalla decisione conclusiva del processo e quindi insuscettibile di passare in giudicato ex multis Sez. 4, numero 36760 del 04/06/2004, Cattaneo, Rv. 230271 della discrezionalità nella determinazione dell’ammontare senza obbligo di specifica motivazione Sez. 5, numero 32899 del 25/05/2011, Mapelli, Rv. 250934 Sez. 6, numero 49877 dell’11/11/2009, Blancaflor, Rv. 245701 Sez. 5, numero 40410 del 18/03/2004, Farina, Rv. 230105 della non impugnabilità con il ricorso per cassazione Sez. 4, numero 34791 del 23/06/2010, Mazzamurro, Rv. 248348 Sez. 4, numero 36760 del 04/06/2004, Cattaneo, Rv. 230271 Sez. 5, numero 40410 del 18/03/2004, Farina, Rv. 230105 Sez. U, numero 2246 del 19/12/1990, dep.1991, Capelli, Rv. 186722 , da ciò desumendosi l’inidoneità di tale pronuncia a condizionare le statuizioni civili concernenti l’entità del danno definitivamente risarcibile. 9. L’accertata infondatezza di tutti i motivi di ricorso in questa sede avanzati dall’imputata non esime peraltro il Collegio dal rilievo dell’intervenuta prescrizione del reato per il quale la R. è stata tratta a giudizio, trattandosi del delitto di lesioni colpose da ritenersi consumato alla data del OMISSIS , in relazione al quale non risultano essersi verificati periodi di sospensione della prescrizione sufficienti a ritenere la stessa non ancora maturata. Al riguardo, occorre sottolineare, in conformità all’insegnamento ripetutamente impartito dalla Corte di legittimità, come, in presenza di una causa estintiva del reato, l’obbligo del giudice di pronunciare l’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito si riscontri nel solo caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato, emergano in modo incontrovertibile, Sez. U, numero 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 24427401 . E invero il concetto di evidenza , richiesto dal secondo comma dell’art. 129 cod.proc.penumero , presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara e obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi così in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia, oltre la correlazione a un accertamento immediato ex multis Sez. 4, numero 23680 del 07/05/2013, Rizzo, Rv. 25620201 . Tanto deve ritenersi certamente non riscontrabile nel caso di specie, avendo il Collegio positivamente verificato l’infondatezza di tutte le doglianze avanzate dall’odierna ricorrente avverso la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti. Ne discende che, ai sensi del richiamato art. 129 cod.proc.penumero , la sentenza impugnata va annullata senza rinvio in relazione agli effetti penali per essere il reato contestato estinto per prescrizione. La rilevata infondatezza dei motivi di ricorso avanzati dall’imputata - di là dall’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla condanna penale pronunciata a carico della R. a causa dell’intervenuta prescrizione - impone peraltro la conferma delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, in conformità alle previsioni di cui all’art. 578 cod.proc.penumero Segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore delle costituite parti civili G.A., G.P., Gi.Nu., Gu.Er. e Gruppo Volontari Croce Verde O.N.L.U.S. liquidate come in dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio, ai fini penali, la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione. Rigetta il ricorso, ai fini civili, e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili per questo giudizio, che liquida in complessivi Euro 4.500,00 oltre accessori come per legge.