Rinvio a giudizio anche se l’ASL è consapevole della truffa a suo danno

A meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio, per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6280/17 depositata il 9 febbraio. Il caso. La questione sottoposta alla Corte ha riguardato un procedimento di truffa aggravata ai danni dell’ASL, che vedeva imputato il primario di un reparto di un ospedale, il quale, nelle ore di servizio, svolgeva attività libero professionale. Il Giudice per l’udienza preliminare proscioglieva l’imputato con sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato, in quanto assente il dolo del reato contestato, dato che l’allontanamento dello stesso dal luogo di lavoro non era sorretto dalla coscienza e volontà di indurre in errore l’azienda ospedaliera, atteso che la stessa ne era debitamente a conoscenza tramite le segnalazioni delle prenotazioni delle visite. L’ASL, tuttavia, non d’accordo, ha proposto ricorso lamentando, sostanzialmente, l’errore processuale in cui era incorso il giudice attraverso l’emissione della sentenza di non luogo a procedere. Lo stesso, infatti, avrebbe fatto cattivo uso dei principi in materia, compiendo attraverso tale sentenza un giudizio di merito allo stesso non consentito. La norma. L’art. 425 c.p.p., come è noto, disciplina i casi nei quali il giudice per l’udienza preliminare possa emettere una sentenza di non luogo a procedere. Si tratta di tutte quelle ipotesi in cui si sia presenza di una causa di estinzione del reato o per la quale l’azione penale non doveva essere iniziata o proseguita, quando il fatto non è previsto dalla legge come reato o quando il fatto non sussiste o l’imputato non lo ha commesso o quando, ancora, non costituisce reato o tutte quelle volte in cui si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa comma 1 . Oltre questi casi, poi, il successivo comma 3, dispone che si possa prosciogliere l’imputato anche quando gli elementi acquisiti, fino a quel momento, risultano insufficienti, contraddittori o, comunque, non idonei a sostenere un’accusa in giudizio. Finalità e natura dell’udienza preliminare. In materia di udienza preliminare, nonostante l’ampliamento dei poteri istruttori del GUP tramite la l. n. 479/1999, non è mutata comunque la natura processuale dell’istituto. Si tratta, infatti, sempre e comunque di un udienza filtro”, finalizzata ad evitare i dibattimenti inutili. Pertanto, il proscioglimento, in questa sede, deve essere pronunciato unicamente quando l’innocenza dell’imputato sia ritenuta non superabile in un successivo dibattimento, anche attraverso l’acquisizione di nuove prove o una diversa valutazione degli elementi probatori in atti. Alla base di tale pronuncia sta dunque una ragionevole immutabilità del quadro probatorio delineatosi. Insufficienza e/o contraddittorietà dell’impianto probatorio. Ciò non contrasta con il disposto del comma 3 della norma, testè citato, atteso che il parametro da prendere in considerazione non è tanto l’innocenza del soggetto imputato, bensì l’impossibilità di sostenere, sulla base del compendio probatorio, l’accusa in giudizio. Pertanto, l’insufficienza di prove o la loro contraddittorietà, in sede di udienza preliminare, giustificheranno una pronuncia di proscioglimento di tipo processuale” come quella di non luogo a procedere, solo quando tali carenze” non saranno superabili in un eventuale dibattimento. Mutabilità del quadro probatorio e rinvio a giudizio. Nel caso di specie, invero, il giudice di merito, secondo una impostazione completamente errata, partendo dal riconoscimento della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato contestato la condotta del medico che sistematicamente lasciava il proprio posto di lavoro per effettuare lavoro privato , ha emesso la propria pronuncia dopo aver escluso l’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato. Ciò nonostante, secondo la Corte, è proprio tale complesso di risultanze probatorie che, di contro, legittima un rinvio a giudizio dell’imputato. In dibattimento, infatti, la pubblica accusa, sulla base del compendio già esistente, può trovare ulteriori elementi a sostegno della sussistenza del dolo del reato di truffa. Per tali ragioni, quindi, i giudici, accogliendo il ricorso, hanno annullato senza rinvio la sentenza e trasmesso gli atti al Tribunale per dar corso al procedimento.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 novembre 2016 – 9 febbraio 2017, numero 6280 Presidente Davigo – Relatore Verga Motivi della decisione Con sentenza in data 26.10.2015 il Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Ivrea, all’esito dell’udienza preliminare, dichiarava non luogo a procedere nei confronti di D.F.V. in ordine al reato di truffa aggravata in relazione ai nri. 1 e 2 dell’imputazione perché il fatto non costituisce reato. Riteneva il giudicante che dal punto di vista oggettivo risultava integrata la fattispecie contestata ma che dagli atti risultava evidente l’assenza del dolo perché con riguardo alla contestazione di cui al numero ro 1 la parte offesa ASL era a conoscenza del fatto che il ricorrente, primario del reparto di otorinolaringoiatra, svolgeva attività libero professionale durante l’orario di servizio e che lo stesso imputato era ben conscio che l’azienda aveva consapevolezza di ciò. Riteneva pertanto che la mancata timbratura dell’uscita nel momento nel quale il prevenuto si allontanava dall’ospedale per recarsi presso il centro Aurora non era sorretta dalla coscienza e volontà di indurre in errore l’azienda ospedaliera atteso che l’imputato sapeva che la sua mancanza all’interno dell’ospedale era stata segnalata dalle prenotazioni comunicate alla stessa ASL. Analoghe considerazioni venivano svolte con riferimento alla condotta contestata al punto 2. La presenza del prevenuto presso centri commerciali, o carrozzeria auto, censurabile dal punto di vista del rapporto di lavoro, costituiva però condotta non sorretta dal dolo tenuto conto della sporadicità degli episodi. Ricorre per Cassazione la parte offesa ASL costituitasi parte civile rilevando che il giudice dell’udienza preliminare non aveva rispettato la propria funzione di filtro che impone il compimento solo di un giudizio prognostico di natura processuale e non di merito. Secondo il ricorrente il giudice di Ivrea non avrebbe dovuto né potuto pronunciare la sentenza di proscioglimento in quanto le fonti di prova a carico dell’imputato si prestavano a soluzioni alternative o aperte o comunque potevano essere diversamente rivalutate. Evidenzia anche una mancanza di motivazione del giudizio prognostico di superfluità del dibattimento essendosi limitato il giudicante a fornire una valutazione dell’operato dell’imputato nei termini tipici del giudizio di merito. Rileva anche una contraddittorietà della motivazione perché risulta assai difficile ritenere che il prevenuto non fosse assolutamente consapevole del fatto che allontanandosi dal luogo di lavoro senza segnalare l’uscita dal servizio avrebbe indotto in errore l’ente pubblico circa la sua presenza in ospedale. Così come appariva difficile supporre che il ricorrente che aveva la qualifica di dirigente non si fosse rappresentato l’automatico riconoscimento della corrispondente retribuzione per ore lavorative mai effettuate. Veniva altresì evidenziato che se si ritenesse che l’azienda fosse a conoscenza della condotta illecita del primario non era ragionevole da parte dell’azienda la puntuale corresponsione della retribuzione sulla scorta di ore lavorative mai effettuate. Secondo l’azienda ricorrente l’imputato avrebbe profittato della mancanza di controlli e del mancato coordinamento tra i diversi uffici ottenendo così una retribuzione non dovuta ed irrogata sulla scorta della rilevazione automatica. Situazione consentita dalla totale assenza di controlli, dalla mancata trasmissione di report giornalieri e dalle asimmetrie informative tra i diversi uffici. Veniva altresì evidenziato che tutti i temi affrontati in sentenza erano suscettibili di diversa valutazione da parte del giudice del dibattimento mediante l’escussione dei testi specificamente indicati. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Prima di affrontare le ragioni poste a fondamento dell’impugnazione proposta è necessario svolgere alcune considerazioni sulla natura e sull’inquadramento sistematico della sentenza di non luogo a procedere pronunziata all’esito dell’udienza preliminare. Pur di fronte ad un profondo mutamento della struttura e della disciplina dell’udienza preliminare soprattutto con l’ampliamento dei poteri istruttori del giudice a seguito della L. 16 dicembre 1999, numero 479, art. 23, comma 1, che modifica l’art. 425 c.p.p. , deve però affermarsi che non muta sostanzialmente la regola di giudizio finale dell’udienza preliminare. La sentenza di non luogo a procedere deve ancora essere pronunziata in presenza dei medesimi presupposti previsti dopo l’entrata in vigore della L. numero 105 del 1993. In altre parole anche all’esito delle modificazioni portate dalla Legge Carotti l’udienza preliminare non ha subito una modifica della sua originaria natura che era e resta di natura processuale e non di merito. Se è vero infatti che le modifiche portate dalla legge citata hanno conferito all’udienza preliminare aspetti più significativi relativi al merito dell’azione penale - in particolare per l’ampliamento dei poteri officiosi relativi alla prova il vecchio testo della rubrica dell’art. 422 c.p.p. parlava di sommarie informazioni, adesso si parla di integrazione probatoria , è altrettanto vero che identico è rimasto lo scopo cui l’udienza preliminare è preordinata evitare i dibattimenti inutili, non accertare se l’imputato è colpevole o innocente. Non è sicuramente irrilevante se, all’udienza preliminare, emergono elementi di prova che, in dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all’assoluzione dell’imputato ma il proscioglimento deve essere, dal giudice dell’udienza preliminare, pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall’acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti. In sintesi il quadro probatorio e valutativo delineatosi all’udienza preliminare deve essere con un giudizio di ragionevolezza ritenuto immutabile. Si può affermare che il giudice dell’udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere solo in quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa pervenire ad una diversa soluzione, in altre parole ancora quando il dibattimento appare superfluo. Non contrasta con questa interpretazione il tenore dell’art. 425 c.p.p., comma 3, che prevede la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere. anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio . Nella norma - che riecheggia la regola di giudizio prevista dall’art. 530 c.p.p. - si trova infatti conferma di quanto indicato. Il parametro ancora una volta non è l’innocenza dell’imputato, ma l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio. L’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi devono quindi avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. La situazione non deve poter essere considerata suscettibile di chiarimenti o sviluppi nel giudizio. Questo giudizio prognostico vale sia per l’ipotesi dell’insufficienza che per quella della contraddittorietà. Entrambe queste caratteristiche legittimano la pronunzia di una sentenza di non luogo a procedere solo se non appariranno superabili nel giudizio. In conclusione, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l’accusa in giudizio, per l’esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l’insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Si può affermare in aderenza anche a quanto affermato in dottrina che sfuggono all’epilogo risolutivo i casi nei quali, pur rilevando incertezze, la parziale consistenza del panorama d’accusa è suscettibile di essere migliorata al dibattimento . Correttamente quindi deve essere escluso il proscioglimento in tutti i casi in cui tali fonti di prova si prestino a soluzioni alternative e aperte. Quello indicato è del resto l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte che, dopo la riforma del 1999, ha ribadito i principi indicati si vedano fra le tante Cass N. 47169 del 2007 Rv. 238251, N. 33921 del 2012 Rv. 253127, N. 39401 del 2013 Rv. 256848, N. 48831 del 2013 Rv. 257645, N. 41162 del 2014 Rv. 262109, N. 15942 del 2016 Rv. 266443 numero 32574 del 2016 del resto, in precedenza, fatti propri anche dalla Corte costituzionale v. sentenza 15.03.1996 numero 71 che così si esprime su questo punto l’apprezzamento del merito che il giudice è chiamato a compiere all’esito della udienza preliminare non si sviluppa, infatti, secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o di innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare se, nel caso di specie, risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento la sentenza di non luogo a procedere, dunque, era e resta, anche dopo le modifiche subite dall’art. 425 c.p.p., una sentenza di tipo processuale , destinata null’altro che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal Pubblico Ministero . L’esame della sentenza impugnata dimostra che il giudice di merito non si è attenuto ai principi indicati. La regola di giudizio utilizzata è stata quella del dibattimento e non quella dell’udienza preliminare. E non si tratta solo di una questione formale ma di un errore di impostazione logico giuridica reso evidente dalla circostanza che il provvedimento impugnato pur partendo dal presupposto che dal punto di vista oggettivo la truffa risultava integrata, così come contestata, avendo la ASL pagato prestazioni non dovute, ha affermato l’assenza dell’elemento soggettivo sul presupposto, con riguardo alla contestazione di cui al numero 1, che le prenotazioni effettuate extramoenia erano comunicate alla azienda sanitaria che quindi avrebbe dovuto sapere che l’imputato svolgeva attività libero professionale durante l’orario di lavoro con la conseguenza che la mancata timbratura dell’uscita nel momento in cui il prevenuto si allontanava dall’ospedale per recarsi presso il centro Aurora non era sorretto dalla coscienza e volontà di indurre in errore l’azienda ospedaliera nel provvedere ai pagamenti aggiungendo che tale interpretazione era avvalorata dal fatto che l’imputato vantava un monte ore eccedenti l’orario di lavoro accumulato negli anni e, con riguardo al numero 2, sul presupposto della sporadicità degli episodi rilevati nel corso dei servizi di appostamento a fronte del monte ore in eccesso. Non può così rilevarsi come lo stesso lessico utilizzato dal giudice dell’udienza preliminare dimostra l’erroneità dell’approccio alla soluzione adottata nella sentenza impugnata che non tiene conto degli ulteriori elementi a disposizione evidenziati nel ricorso della parte civile, quali la totale assenza di controlli, la mancata trasmissione di report giornalieri e le asimmetrie informative tra i diversi uffici, un diverso conteggio delle ore in eccedenza, il comportamento del prevenuto in sede disciplinare, elementi che potevano essere oggetto di un approfondimento dibattimentale anche attraverso l’esame dei numerosi testi ed erano in grado di incidere sull’accertamento dell’elemento soggettivo del reato. Non pare, dunque, che il risultato di prova complessivo possa considerarsi tale da non legittimare un giudizio di cognizione, considerato che la prospettazione accusatoria può trovare dall’istruttoria e dal contraddittorio dibattimentale ragionevole sostegno con riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo. Consegue alle considerazioni svolte l’annullamento della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Ivrea per l’ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Ivrea per l’ulteriore corso.