Toglie il telefono alla compagna prostituta per impedirle di rispondere ai clienti: condannato

Nonostante le obiezioni proposte dall’uomo i giudici ritengono sanzionabile il suo comportamento. Irrilevante il fatto che egli abbia agito per gelosia e per evitare che la donna potesse avere contatti con uomini che le proponevano soldi in cambio di sesso.

Ha sottratto il telefono cellulare alla compagna. Nessun gesto di stizza, ma, ha spiegato l’uomo, il desiderio di impedirle di rispondere ai corteggiatori”, così da evitare che ella si prostituisse. Il nobile intento, però, non gli evita una condanna per rapina Cassazione, sentenza n. 6265, sezione seconda penale, depositata oggi . Il cellulare rubato alla compagna. Una volta ricostruito l’episodio, prima il GUP del Tribunale e poi i giudici d’appello ritengono evidente la colpevolezza dell’uomo, resosi responsabile di un comportamento lesivo dei diritti della compagna. Nello specifico, egli ha sottratto alla donna un telefono cellulare , e questa azione va catalogata, secondo i giudici, come una rapina in piena regola. Il valore morale e la sensibilità del condannato. Questa visione, con relativa condanna, viene condivisa pure dai magistrati della Cassazione. Anche a loro avviso, difatti, non regge la giustificazione addotta dall’uomo, il quale ha sostenuto di avere agito per gelosia e per impedire alla compagna di prostituirsi , togliendole la possibilità di rispondere ai clienti. Per i giudici del ‘Palazzaccio’ non si può parlare di un comportamento caratterizzato da un particolare valore morale . Su questo fronte, difatti, non è sufficiente di certo la convinzione dell’uomo di essersi comportato correttamente in base alla propria sensibilità personale .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 23 novembre 2016 – 9 febbraio 2017, n. 6265 Presidente Davigo – Relatore Verga Ritenuto in fatto Ricorre per cassazione personalmente I. S. I. avverso la sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro che in data 19.11.2015, ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale che il 13.1.2015, all'esito del giudizio abbreviato, lo ha condannato per i reati di rapina semplice, lesioni, esclusa l'aggravante dello sfregio permanente, tentata violenza privata e ingiuria. Deduce il ricorrente 1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità per il delitto di rapina per mancanza dell'elemento soggettivo. Rileva che tra i due vi era un rapporto sentimentale e che la causa della lite che ha portato ai fatti in argomento era da rinvenirsi in una giusta gelosia . Lo scopo dell'impossessamento del cellulare era quello di impedire alla donna di ricevere telefonate dai clienti corteggiatori e dunque di impedire che la stessa si prostituisse. Ribadiva che i pochi spiccioli rinvenuti gli erano stati dati dalla persona offesa per acquistare del vino 2. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità per il delitto di lesioni. Sostiene che le minime lesioni prodotte non hanno determinato nella persona offesa alcuna alterazione del viso né tanto meno alcuna sfigurazione estetica considerato che l'aspetto in zona nasale un po' schiacciato era già sussistente. Sostiene anche che non può essere considerata arma un mestolo da cucina. 3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità per il delitto di tentata violenza e minaccia per assenza di violenza e minaccia nel comportamento tenuto considerato che la donna è immediatamente uscita di casa 4. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p. quali l'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale e l'avere agito in stato determinato dalla provocazione di un fatto ingiusto e dal comportamento altrui, considerato l'intento nobile di non far prostituire la donna 5. lamenta la mancata irrogazione della pena nei minimi edittali. Considerato in diritto Deve preliminarmente rilevarsi che il reato di ingiuria di cui al capo c è stato depenalizzato con il decreto legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016 con la conseguenza che la sentenza impugnata limitatamente a detto reato deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato. Con il primo e il quarto motivo di ricorso I. S. I. ha riproposto le tesi difensive già sostenute in sede di merito e disattese dal Tribunale prima e dalla Corte d'appello poi. Al riguardo giova ricordare che nella giurisprudenza di questa Corte è stato enunciato, e più volte ribadito, il condivisibile principio di diritto secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591, comma 1, lett. c , all'inammissibilità in termini, Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000 Ud. - dep. 03/05/2000 - Rv. 216473 CONF Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231708 E deve inoltre evidenziarsi che il primo giudice aveva affrontato e risolto le questioni sollevate dalla difesa seguendo un percorso motivazionale caratterizzato da completezza argomentativa e dalla puntualità dei riferimenti agli elementi probatori acquisiti e rilevanti di tal che, trattandosi di conferma della sentenza di primo grado, i giudici di seconda istanza, a fondamento del convincimento espresso, legittimamente hanno richiamato anche la motivazione addotta dal Tribunale, senza peraltro mancare di ricordare i passaggi più significativi dell'iter argomentativo seguito dal primo giudice e di fornire autonome valutazioni a fronte delle deduzioni dell'appellante è principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui, nel caso di doppia conforme, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione ex plurimis , Sez. 3, n. 4700 del 14/02/1994 Ud. - dep. 23/04/1994 - Rv. 197497 . Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta dunque formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti la sussistenza del reato di rapina il cui profitto può concretarsi in ogni utilità, anche solo morale, nonché in qualsiasi soddisfazione o godimento che l'agente si riprometta di ritrarre, anche non immediatamente, dalla propria azione, purché questa sia attuata impossessandosi con violenza o minaccia della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene. in termini Cass N. 12800 del 2009 Rv. 243953, N. 49265 del 2012 Rv. 253848 n. 11467 del 2015 e del reato di tentata violenza privata essendo indubbio che le minacce erano dirette a limitare la capacità di autodeterminazione della donna in ordine alla denuncia di quanto accadutale. Così come è stato dato atto della non concedibilità della circostanza attenuante di avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale, per la cui sussistenza non è sufficiente la convinzione dell'agente di perseguire un fine moralmente apprezzabile, ma è necessaria l'obiettiva rispondenza del motivo a valori effettivamente apprezzabili dal punto di vista etico, che siano riconosciuti come preminenti dalla coscienza della collettività e che nulla abbiano in comune, con il movente egoistico dell'autore del reato e dell'attenuante della provocazione che richiede lo stato d'ira, il fatto ingiusto altrui , che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell'ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell'imputato e alla sua sensibilità personale e un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l'offesa e la reazione, situazione che non si è verificata nel caso in esame. Con riguardo al secondo motivo di ricorso deve rilevarsi che l'esistenza delle lesioni è accertata dal referto medico indicato nello stesso capo di imputazione che attesta trauma cranio facciale con vasta ferita e perdita di sostanza in regione fronto-nasale . Frattura delle ossa proprie del naso. Ferito lacero contusa terzo dito mano destra con prognosi di 20 gg. Vi è invece omessa motivazione con riguardo alla doglianza dell'aggravante dell'uso dell'arma non esclusa dal primo giudice e oggetto di motivo d'appello. L'imputato aveva infatti censurato che un mestolo da cucina potesse ritenersi arma impropria. La sentenza deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Catanzaro in relazione alla ritenuta sussistenza di detta aggravante ed in ordine alla determinazione della pena. Il motivo sub 5 relativo all'entità della pena risulta assorbito. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di ingiuria perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato e con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Catanzaro in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all'articolo 585 codice penale e alla determinazione della pena dichiara inammissibile il ricorso nel resto.