Garantito ma non troppo. Forma e sostanza del diritto di difesa

L’obbligo di avvertire la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia art. 114 disp. att. c.p.p. non necessita per essere assolto, di formule sacramentali, purché la formula usata risulti idonea al raggiungimento dello scopo. Detto avviso può essere effettuato senza alcuna formalità e anche solo oralmente lo scopo perseguito dalla disposizione è, infatti, quello di consentire all’indagato, pur nell’imminenza di atti urgenti di polizia giudiziaria di usufruire dell’assistenza di un difensore.

Così la sentenza della Corte di Cassazione n. 5307/17 depositata il 3 febbraio. L’avviso all’indagato della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia nell’imminenza del compimento di atti urgenti. Credo che nessuno degli attenti lettori di questa rivista, ma più in generale nessuno degli addetti ai lavori, ma ancor più in generale nessuno possa ritenere trascurabile il diritto riconosciuto all’indagato di essere assistito da un difensore di propria fiducia. I miranda warning così vengono chiamata i tre avvisi forniti in ogni film o telefilm o series come si dice oggi che si rispetti gli avvisi forniti all’indagato dalla polizia americana, sono entrati, prepotentemente a far parte del bagaglio giuridico e culturale del nostro paese con la riforma del 1989 laddove, finalmente, veniva sancita e dichiarata non più integralmente preclusa alla difesa la fase delle indagini o investigazioni allorché occorreva compiere atti che si risolvevano in anticipata formazione della prova. Gli atti irripetibili ontologicamente connessi a raccogliere” e conservare” prove da portarsi all’attenzione del giudice del dibattimento rientrano nella descritta categoria. Si tratta di atti che, per loro natura, necessitano della partecipazione del difensore che, non ha il solo compito d’osservare che essi vengano condotti secondo le regole previste e normate dal codice di rito ma anche che essi, o quanto attraverso essi raccolto, venga conservato e protetto senza poter essere alterato. La funzione del difensore è dunque duplice da un canto egli assiste all’esecuzione dell’atto in funzione di garanzia per il proprio assistito in relazione alle modalità di esecuzione dell’atto medesimo, dall’altro egli osserva che vengano rispettate le norme tecniche ed i gold standard relativi all’esecuzione dell’atto medesimo. Fuor di metafora il difensore deve vigilare sulla rispondenza dell’operato degli accertatori alle norme del codice di rito ed alle garanzie previste nell’ordinamento per l’imputato e sulla corretta, in senso tecnico, esecuzione delle operazioni stesse e sulla procedura di conservazione dei risultati ottenuti attraverso l’espletamento dell’atto irripetibile. Proprio dall’esecuzione dell’atto irripetibile e dal prodotto che attraverso di esso si è ottenuto parte la necessità di custodire correttamente la prova con le questioni connesse e collegate al mancato rispetto di quella che è individuata quale catena di custodia della prova la cui violazione comporta inutilizzabilità dei risultati acquisiti ai sensi dell’art. 191 c.p.p Una funzione quella del difensore che definire delicata appare eufemistico. Proprio per questa ragione il legislatore ha previsto che venissero forniti i Warning ovvero gli avvisi atti a garantire la massima espressione delle facoltà di difesa. La pronuncia della IV Sezione gli Ermellini con la pronuncia in commento non si distaccano, formalmente, dal dare corretta e diretta applicazione del principio, dei principi, sopra ricordati. Essi ribadiscono la necessità che l’avviso venga fornito senza indugio all’indagato dando atto che ove detto avviso non fosse intervenuto i risultati ottenuti attraverso l’espletamento dell’atto irripetibile cadrebbero sotto la scure dell’inutilizzabilità. Però Però, come diceva mia nonna, c’è un però. L’avviso può essere fornito senza necessità né di formule sacramentali né di prova scritta. E qui cominciano i problemi. Se in relazione alla non necessità di formule sacramentali non possono né debbono sorgere problemi o questioni, l’importante è che l’indagato sappia che può farsi assistere per il compimento dell’atto da un difensore di fiducia, qualche piccolo problema potrebbe insorgere in relazione alla non necessità di particolari forme. Ora le forme in cui l’avviso può essere fornito sono due orale o scritta. Dalle seconda v’è prova e traccia, nel senso che ove manchi l’indicazione dell’avviso esso è da considerarsi quale non fornito. Della prima invece non solo non v’è traccia ma neppure è possibile provare che esso sia o non sia stato fornito se non attraverso la testimonianza dei soggetti presenti. Il che da atto al possibile verificarsi di problematiche di carattere probatorio inerenti il libero apprezzamento e convincimento del Giudice. Giudice che da un lato troverà la deposizione degli agenti accertatori che affermeranno d’aver effettuato l’avviso e dall’altro dell’imputato che affermerà di non averlo ricevuto. C’è da scommettere sugli esiti del giudizio rassegnato al giudicante. Ora, senza introdurre retro pensieri o seminari dubbi circa la possibilità di non corretto operare degli accertatori, pur sempre possibile anche in estrema buonafede, pare doveroso sottolineare come a volte, come affermava il mio maestro avvocato Gianni Correnti recentemente scomparso, la forma si faccia sostanza e come, innanzi al diritto di difesa, valore costituzionalmente corretto e garantito, richiedere che essa non prevalga ma divenga parte integrante dell’affermazione positiva del diritto sia indispensabile. In altri termini mi sembrerebbe più opportuno e rispondente allo spirito codicistico ed ancor più a quello Costituzionale che ogni avviso contenente e o afferente diritti di difesa dovesse essere reso in forma chiara, esplicita e scritta. Anche in ossequio a quella CEDU di cui spesso ci dimentichiamo. Ma ca va sans dire, l’Europa oggi è fuori moda.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 gennaio – 3 febbraio 2017, n. 5307 Presidente Ciampi – Relatore Tanga Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del Tribunale di Brindisi in data 12/03/2014, P. D. era stato dichiarato responsabile del reato di cui all'articolo 186, commi 2, lett. b , e 2- sexies , C.d.S. perché, in ora notturna, guidava un'autovettura in stato di ebbrezza, con un valore corrispondente a un tasso alcolemico di 1,01 g/L alla prima prova e 0,96 g/L alla seconda e, per l'effetto, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, condannato alla pena condizionalmente sospesa di mesi 2 di arresto e ed Euro 2.000,00 di ammenda, con la sospensione della patente di guida per la durata di mesi sei. 1.1. Con la sentenza n. 637 del 16/03/2016, la Corte di Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza di primo grado, appellata da P. D., riduceva la pena allo stesso inflitta a mesi 1 e giorni 10 di arresto ed Euro 1.000,00 di ammenda, confermando nel resto. 2. Avverso tale sentenza d'appello propone ricorso per cassazione P. D., a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi giusta il disposto di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. I violazione di legge in relazione all'articolo 114 disp. att. cod. proc. pen Deduce la violazione dell'obbligo, da parte della polizia giudiziaria, di avvisare l'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia prima dell'esecuzione degli accertamenti diagnostico-strumentali diretti ad accertare la quantità di alcool nel sangue che integra una nullità a regime intermedio che è stata tempestivamente eccepita dalla difesa alla prima udienza dibattimentale successiva alla opposizione al decreto penale di condanna emesso a carico del ricorrente, e che conseguentemente comporta la inutilizzabilità del risultato acquisito come prova contro il ricorrente. Sostiene che in concreto le predette garanzie a tutela del diritto di difesa del prevenuto sono state eseguite dai Carabinieri di Ceglie Messapica solo dopo l'esecuzione delle prove alcolemiche. tralasciando di notiziare nelle forme di legge il diretto interessato prima del loro esperimento II violazione di legge in relazione all'articolo 186, comma 9-bis, C.d.S Deduce che la Corte territoriale, vertendo l'impugnazione anche sull'entità della pena, avrebbe dovuto prendere in considerazione, ai sensi del comma 9-bis dell'articolo 186 C.d.S., la possibilità di applicare al ricorrente la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria in concreto applicata con quella del lavoro di pubblica utilità che deve essere applicata d'ufficio e non su richiesta ma solo in mancanza di opposizione dell'imputato III violazione di legge in relazione all'articolo 131-bis cod. pen Deduce che la Corte di Appello avrebbe dovuto, considerato il modesto disvalore morale della condotta contestata al ricorrente, la modalità della condotta del medesimo in uno alla assoluta tenuità del danno ed alla non abitualità della condotta da parte del P. cui comunque sono state concesse le attenuanti generiche ex articolo 62-bis cod. pen. nonché il beneficio della sospensione condizionale della pena, dichiarare di ufficio, atteso che la sentenza di primo grado era stata impugnata in relazione a tutti i capi ivi incluso quello della dosimetria della pena, la esclusione della punibilità del ricorrente per particolare tenuità del fatto. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 4. In ordine al motivo sub I , mette conto riaffermare il principio secondo cui, in occasione del compimento di un atto nella specie l'accertamento etilometrico per il quale è previsto che la polizia giudiziaria deve avvertire la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia articolo 114 disp. att. cod. proc. pen. , detto obbligo non necessita, per essere assolto, di formule sacramentali, purché la formula usata risulti idonea al raggiungimento dello scopo cfr. sez. 3, n. 23697 del 01/03/2016 sez. 3, n. 4945 del 17/01/2012 . Tale idoneità è stata riconosciuta, ad esempio in un caso in cui la polizia giudiziaria aveva domandato all'indagato se voleva l'avvocato cfr. sez. 6, n. 11908 del 12/12/1992 o aveva formulato l'avviso della facoltà di farsi assistere da un legale cfr. sez. 3, n. 4982 del 10/02/2011 . 4.1. Per completezza vale rammentare che è implicito nel contesto procedimentale sul quale si proietta il disposto di cui all'articolo 114 disp. att. cod. proc. pen. che tale avviso debba poter avvenire senza alcuna formalità, anche solo oralmente non vi è nella disposizione di legge alcuna limitazione in tal senso , in modo da non pregiudicare la continuità e la celerità degli accertamenti che debbano essere svolti lo scopo perseguito dalla disposizione è, infatti, quello di consentire all'indagato, pur nell'imminenza di atti urgenti di polizia giudiziaria, di usufruire dell'assistenza di un difensore e che essa tiene conto della particolarità dell'atto e del momento in cui viene effettuato, prevedendo che l'avviso sia dato solo all'indagato presente e senza particolari formalità cfr. sez. 4, n. 9173 del 14/02/2013 . Sicché non vi è alcun dubbio sull'utilizzabilità, nel caso di specie, di tali accertamenti. 4.2. Correttamente, quindi, la Corte di Appello ha disatteso i motivi di appello articolati sulla base della ritenuta inutilizzabilità dell'accertamento del tasso alcolemico svolto dai verbalizzanti per non essere stato questo preceduto dall'avviso al P. della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in quanto dal verbale di accertamento in atti risulta una diversa circostanza ed esso fa fede fino a querela di falso né il teste, operante di P.G., risulta denunciato o inquisito per fala testimonianza . In particolare il Giudice del merito ha, condivisibilmente, affermato che detto accertamento era pienamente utilizzabile, nonostante la obiezione difensiva del mancato avviso quanto alla possibilità di farsi assistere da un difensore e ciò perché - come risulta pacificamente dalla testimonianza del militare, in tutto riscontrata dal verbale di contestazione in data 15.3.2012 - tale avviso fu ritualmente dato. Sicché a fronte di tale granitica prova, mera congettura è quella contenuta nel gravame secondo la quale l'imputato prima fu sottoposto all'alcoltest e solo successivamente avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore”. 4.3. Di qui l'infondatezza della doglianza in esame. 5. La censura sub II non supera lo sbarramento costituito, per il giudizio di legittimità, dall'articolo 606 cod. proc. pen., u.c., che sancisce l'inammissibilità del ricorso in riferimento ai motivi non dedotti in appello cfr. sez. 5, n. 16132 del 24/02/2016 sez. 5, n. 37569 del 08/07/2015, Rv. 264552 . Mette conto, per completezza, rimarcare che, nella specie, la sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità non risulta richiesta ai giudici del merito ed è improponibile in sede di legittimità posto che l'applicazione della sanzione sostitutiva è soggetta a valutazione discrezionale del giudice del merito. Questa Corte di legittimità, con principio che il Collegio condivide e che intende qui ribadire, ha reiteratamente affermato che la sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, ai sensi dell'articolo 186, comma 9-bis, C.d.S. non consegue automaticamente al ricorrere dei presupposti legali ma è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice in ordine alla meritevolezza dell'imputato ad ottenerla cfr. ex multis sez. 4, n. 1015 del 10/12/2015 . 5.1. Di qui l'inammissibilità del motivo che occupa. 6. Quanto alla doglianza sub III , basterà rammentare che questa Corte ha, in numerose occasioni, condivisibilmente ritenuto che il tema afferente all'applicazione dell'istituto previsto dall'articolo 131-bis cod. pen. può essere dedotto davanti alla Corte di cassazione solo se non è stato possibile proporlo in grado di appello cfr. Sez. Un n. 13681 del 25/02/2016 . 6.1. Di qui l'infondatezza del motivo in questione. 7. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.