Imputato innocente? Il proscioglimento nel merito prevale sulla prescrizione

In tema di cause estintive del reato, e segnatamente di prescrizione dell’illecito penalmente rilevante, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l'assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell'imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze.

Lo ha ribadito la Terza Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4911, depositata il 2 febbraio 2017. La regola di prevalenza sancita all’art. 129, comma 2, c.p.p L’analisi dell’art. 129 c.p.p. offre interessanti spunti di riflessione anche in relazione al secondo comma del citato articolo. Tanto in fase predibattimentale cfr. art. 469 c.p.p. , come in qualsiasi altro stato e grado del giudizio, può sempre procedersi all’anticipata definizione del procedimento, quando risulti evidente che il fatto non sussiste, o che l’imputato non lo ha commesso, o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. Il legislatore ha dunque congegnato la disposizione de qua in modo che, ove ricorra una delle cause di estinzione del reato nella sentenza in commento si trattava della prescrizione , il proscioglimento nel merito è vincolato ad una situazione di evidenza, così come emerge allo stato degli atti del procedimento, cioè nel momento in cui si verifica il fatto estintivo dell’illecito penale. Presuppone una nozione restrittiva di evidente innocenza”. Da tempo tanto la dottrina quanto la giurisprudenza si sono interrogate circa il rapporto fra la declaratoria di estinzione del reato e quella di una causa di non punibilità nel merito. Orbene, la pronuncia in commento sembra collocarsi nel solco di quell’orientamento in base al quale la regola di giudizio, prevista dall'art. 530, comma 2, c.p.p. - cioè l'obbligo per il giudice di pronunciare sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova della responsabilità - è dettata esclusivamente per il normale esito del processo sfociante in sentenza emessa dal giudice al compimento dell'attività dibattimentale, con piena valutazione di tutto il complesso probatorio acquisitosi in atti. Per contro, detta regola non può trovare applicazione in presenza di causa estintiva di reato. In tale situazione vale infatti la regola di cui all'art. 129 c.p.p., in base alla quale l'inizio di prova, ovvero la prova incompleta in ordine alla responsabilità dell'imputato, non viene equiparata alla mancanza di prova, ma, per pervenire ad un proscioglimento nel merito, soccorre la diversa regola di giudizio, per la quale deve positivamente” .risulta evidente art. 129, comma 2, c.p.p. emergere dagli atti processuali, senza necessità di ulteriore accertamento, l'estraneità dell'imputato per quanto contestatogli Cass. Pen., sez. I, 30 giugno 1993, Mussone . Ne consegue che, nel concorso tra una causa di estinzione del reato e di un’altra e più favorevole causa di non punibilità, quest’ultima deve risultare in modo evidente, e non anche in modo insufficiente o contraddittorio, come sancito all’art. 530, comma 2, c.p.p., essendo richiesto un grado di innocenza addirittura superiore a quello necessario per una declaratoria di assoluzione con formula ampia. Appare dunque superato l’altrettanto risalente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in applicazione del combinato disposto degli artt. 245 e 254 d.lgs. n. 271/1989, 530, comma 2, e 129 c.p.p., anche una situazione di incertezza probatoria consente la prevalenza della formula di merito sulla causa di estinzione del reato ex multis , Cass. Pen., sez. VI, 3 maggio 1991, Giambartolomei . La responsabilità del dirigente tecnico comunale e del direttore dei lavori. La sentenza in commento appare inoltre notevolmente interessante, nella parte in cui conferma un risalente orientamento della giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità del dirigente tecnico comunale per rilascio di permesso di costruire illegittimo. In materia edilizia, risponde infatti del reato di cui all'art. 20 l. n. 47/1985, ora sostituito dall'art. 44 d.P.R. n. 380/2001, il dirigente dell'area tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia ora permesso di costruire illegittima, atteso che questi, in quanto incaricato in ragione del proprio ufficio del rilascio di quello specifico atto, è titolare in via diretta ed immediata della relativa posizione di garanzia che trova il proprio fondamento normativo nell'art. 40 c.p Si è ritenuto inoltre che, in tema di concessione edilizia illegittima, il controllo di legalità dell'atto amministrativo è determinato non solo dalla necessità di assicurare il sostanziale parametro di conformità tra opera e normativa, ma anche dal rilievo che questa verifica rientra nei doveri propri dei soggetti interessati, compreso l'appaltatore dei lavori. Accanto al dirigente tecnico comunale, l’altra rilevante posizione di garanzia è quella del direttore dei lavori, il quale è tenuto a vigilare sulla regolare esecuzione dei lavori, con conseguente responsabilità per le ipotesi di realizzazione di opere in violazione delle norme edilizie ed urbanistiche.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 14 luglio 2016 – 2 febbraio 2017, n. 4911 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza del 2 marzo 2015 la Corte di Appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Oristano del 12 aprile 2013 che - per quanto qui rileva - aveva affermato la penale responsabilità di S.M.O. per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 44 lett. b del d. P.R. 380/01 reato commesso nel mese di giugno 2008 , condannandolo alla pena di mesi otto di arresto ed Euro 30.000,00 di ammenda condizionalmente sospesa, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, dichiarava non doversi procedere a carico del predetto S. in ordine al suddetto reato perché estinto per prescrizione, confermando le statuizioni civili. 1.2 Avverso la detta sentenza propone ricorso l’imputato tramite il proprio difensore di fiducia articolando i seguenti motivi che in questa sede si espongono, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con il primo motivo la difesa lamenta l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonché il vizio di motivazione per sua carenza, manifesta illogicità e contraddittorietà in relazione alla conferma del giudizio di responsabilità nei confronti del ricorrente. In particolare la difesa osserva l’intervenuta violazione del principio di corrispondenza tra accusa e sentenza in spregio agli artt. 521 e 522 del codice di rito e la conseguente nullità della decisione per inosservanza dell’art. 178 lett. b del cod. proc. pen Con il secondo motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione in quanto la conferma della penale responsabilità sarebbe derivata unicamente da un parere del Consiglio di Stato che aveva ritenuto illegittima la concessione edilizia n. 60 del 20 giugno 2005 ed ancora perché avrebbe considerato sussistente la consapevolezza da parte dello S. della illegittimità della detta concessione da lui rilasciata in favore di F.M.R. concorrente nel medesimo reato e già condannato a tale titolo. Con il terzo motivo la difesa deduce analogo vizio di motivazione per avere la Corte distrettuale confermato la responsabilità dello S. quale concorrente nel reato urbanistico in relazione alla riconosciuta posizione di garanzia derivante dalla funzione pubblica ricoperta di dirigente responsabile dell’Ufficio tecnico, in coerenza con quanto previsto dall’art. 40 cod. pen La tesi sostenuta dalla Corte territoriale viene censurata dalla difesa in quanto la norma di cui all’art. 40 cpv. cod. pen. non sarebbe applicabile nella fattispecie. Con il quarto motivo la difesa lamenta l’erronea applicazione e/o inosservanza di norme extra penali con specifico riferimento alle norme contenute nel PRG e nel piano particolareggiato del Comune di , nonché difetto di motivazione su tale punto. Con il quinto motivo la difesa censura per erronea applicazione delle norme extra penali il punto della decisione con il quale la Corte distrettuale ha ritenuto che il lotto di terreno sul quale insisteva la costruzione realizzata per effetto della concessione edilizia risultata illegittima n. 60/2005 doveva considerarsi unitario e non frazionato, adeguandosi al citato parere del Consiglio di Stato che aveva ritenuto illegittima la concessione edilizia suddetta. Con il sesto motivo la difesa lamenta analogo vizio anche laddove, per mera ipotesi, dovesse ritenersi corretta l’interpretazione della Corte territoriale secondo la quale il lotto di terreno doveva considerarsi unitario. Con il settimo motivo la difesa deduce erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta - ma del tutto erronea - illegittimità della concessione edilizia con conseguente insussistenza del reato urbanistico sotto il profilo materiale. Con l’ottavo motivo la difesa lamenta vizio di motivazione in relazione alla omessa valutazione degli elementi probatori favorevoli allo S. ed, infine, con il nono - ed ultimo - motivo, la difesa deduce inosservanza della legge penale art. 157 cod. pen. in quanto il reato doveva ritenersi prescritto ben prima della decisione della Corte di Appello, dovendosi considerare maturata la causa estintiva anche a voler considerare quale data di decorrenza il mese di giugno 2008 - nel giorno del primo atto interruttivo individuato nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso il 4 luglio 2012. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato per le ragioni che seguono. Per meglio comprendere il senso di tale conclusione ritiene il Collegio di riassumere, seppur in via estremamente sintetica, le varie tappe della complessa vicenda processuale che vede protagonista l’odierno ricorrente nella sua specifica veste di dirigente dell’Ufficio tecnico comunale di . 1.1 In data 4 luglio 1989 il detto Comune aveva rilasciato in favore di F.M.R. la concessione edilizia n. 79 con la quale veniva consentito a costui di realizzare all’interno di un lotto di terreno sito in quel Comune un complesso residenziale. Due anni più tardi - precisamente il 21 giugno 1991 - al F.M. era stata rilasciata altra concessione edilizia n. 67 avente per oggetto la realizzazione di altri due corpi di fabbrica da edificare all’interno del medesimo lotto di terreno. In data 12 settembre 1995 era stato approvato dal Comune suddetto il piano particolareggiato avente ad oggetto le zone urbanistiche B4 e B5 all’interno delle quali ricadeva il lotto di terreno oggetto delle predette concessioni edilizie del 1989 e del 1991 con tale piano era stato aggiunto, in particolare, un altro parametro tecnico, stabilendosi che il rapporto massimo di copertura dovesse attestarsi nella misura dello 0,5 tra superficie coperta e superficie fondiaria. Infine, il 20 giugno 2005 dopo, quindi, l’approvazione del piano particolareggiato, era stata rilasciata - per quanto qui di interesse - la concessione edilizia n. 60 da parte del dirigente dell’Ufficio tecnico comunale Ing. S. con la quale il F.M. era stato autorizzato a costruire il fabbricato di cui al capo di imputazione nelle ulteriori porzioni di terreno rimaste inedificate e facenti parte del lotto di terreno sul quale insistevano le precedenti costruzioni regolarmente edificate, nonostante il rapporto di copertura dello 0,5 dovesse ormai considerarsi superato proprio per effetto della realizzazione delle precedenti costruzioni e della nuova strumentazione urbanistica comunale del 1995 che aveva innovato sul rapporto di copertura massimo. In aggiunta la concessione edilizia n. 60/05 era stata rilasciata nonostante il parere contrario comunque non vincolante espresso dalla Commissione edilizia comunale. 1.2 La concessione edilizia de qua era stata oggetto di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica da parte di tale C.E. , proprietario del fondo confinante con il più volte citato lotto di terreno. Detto ricorso era stato accolto sulla base di quanto espresso dal Consiglio di Stato in data 28 aprile 2009 che aveva ritenuto illegittima la concessione edilizia suddetta per essere stato superato il rapporto massimo di copertura dello 0,5 dovendosi considerare il lotto di terreno sul quale, in tempi diversi erano state realizzate alcune opere edilizie, un lotto unitario e non distinto come invece ritenuto dall’organo tecnico del Comune. Il Tribunale, prima, e la Corte di Appello, successivamente, condividendo quanto osservato dal Consiglio di Stato e sulla scorta, anche, delle risultanze istruttorie, avevano ritenuto illegittima la concessione edilizia e con riferimento al ruolo dello S. nella vicenda ed alla sua piena consapevolezza della illegittimità del proprio operato, tanto da affermare il primo e confermare la seconda, il giudizio di penale responsabilità, ritenendo che lo S. , quale massimo organo tecnico responsabile, avrebbe dovuto impedire l’evento così come previsto dall’art. 40 cpv. cod. pen. in relazione alla specifica posizione di garanzia rivestita, riconoscendo in capo allo S. non solo la sua responsabilità dal punto di vista materiale, ma anche dal punto di vista soggettivo. 2. Fatte tali doverose premesse, ritiene il Collegio che tutti i motivi di ricorso, seppur diffusamente articolati, siano infondati. Peraltro la decisione qui impugnata, sebbene parzialmente favorevole all’imputato in relazione alla affermata prescrizione del reato, deve ritenersi del tutto condivisibile non emergendo affatto ictu oculi l’evidenza della prova della insussistenza del fatto sotto il profilo oggettivo, né quella della non ascrivibilità del reato all’imputato anche sotto il profilo soggettivo. 2.1 Assolutamente fermo può dirsi il principio espresso da questa Corte Suprema con la sentenza delle Sezioni Unite n. 35490 del 28.5.2009, Tettamanti, Rv. 244274, secondo cui, in presenza di una causa di estinzione del reato, il giudice di merito è tenuto a pronunciare la sentenza di assoluzione ex art. 129 comma 2 cod. proc. pen. solo quando le circostanze idonee ad escludere il reato sotto il profilo oggettivo - ovvero l’attribuibilità del fatto all’imputato e la sua rilevanza penale - emergano dagli atti in modo assolutamente pacifico così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartiene più al concetto di constatazione che di apprezzamento. Sul solco tracciato da tale sentenza si sono succedute altre decisioni più recenti che hanno ribadito detta regola affermandosi, da ultimo, che La formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze Sez. 6^ 22.1.2014 n. 10284, Culicchia, Rv. 259445 conforme Sez. 4^ 7.5.2013 n. 23860, Rizzo ed altro, Rv. 256202 . 2.2 Nel caso in esame la Corte territoriale si è rigorosamente attenuta a tali principi evidenziando la responsabilità dello S. non solo sotto l’aspetto oggettivo ma anche dal punto di vista soggettivo. 3. Con riguardo all’aspetto oggettivo il ragionamento della Corte di Appello si basa sul concetto di unitarietà del lotto sul quale vengono, anche in fasi temporali diverse, effettuate più opere, dovendo in questo caso tenersi conto della cubatura massima realizzabile in relazione alla presenza in quell’area delle varie costruzioni realizzate nel tempo. La tesi difensiva, invece, si basa su un ragionamento opposto secondo il quale il lotto di terreno, nel caso di aree libere residue rimaste inedificate, dopo che siano state realizzate costruzioni su altra parte di quell’area, debbono considerarsi come facenti parte di un lotto separato o quanto meno, di fatto frazionato. 3.1 Ritiene il Collegio di aderire in toto alla soluzione cui è pervenuta la Corte territoriale laddove, basandosi sulla decisione del Consiglio di Stato, ha affermato il principio - già espresso dal massimo organo giurisdizionale amministrativo - secondo cui nel caso in cui un lotto urbanisticamente unitario sia stato già oggetto di uno o più interventi edilizi, la volumetria residuale o la superficie coperta residua va calcolata decurtando la volumetria precedentemente realizzata, con la conseguenza che nessuna rilevanza possono assumere eventuali successivi frazionamenti catastali o alienazioni parziali, al fine di evitare che il computo dell’indice di edificabilità venga alterato con la ipersaturazione di alcune superfici, onde creare artificiosamente disponibilità nel residuo. In altri termini se un determinato lotto di terreno viene utilizzato per erigervi delle costruzioni anche tra loro intervallate nel tempo non è ammissibile che la superficie residuale possa essere urbanisticamente sfruttata con il superamento dell’indice massimo di edificabilità o del rapporto di copertura che rimane assoluto e che vale per l’intera area, sicché, una volta sfruttata urbanisticamente quell’area, nella superficie residua possono essere realizzate opere che, sommate alle precedenti, non debbono superare l’indice massimo consentito. 3.2 Corretta appare, quindi, l’affermazione della Corte di merito secondo la quale la locuzione lotto non va confusa con l’identificazione catastale di una o più particelle o mappali, ma coincide con il concetto di fruibilità urbanistica del suolo ed è basata sulla omogeneità, anche per scelta del proprietario, della destinazione urbanistica di un determinato terreno che rimane unico sotto l’aspetto urbanistico anche se costituito da più particelle catastali ed al quale si applicano gli indici edificatori previsti dalla normativa urbanistica e dagli strumenti urbanistici v. pag. 13 della sentenza impugnata . 3.3 Altrettanto corretto si profila il ragionamento svolto dalla Corte territoriale con riferimento alla rilevanza del Piano particolareggiato adottato dal Comune nel 1995 tale strumento, aggiuntivo rispetto al P.R.G., aveva, da un lato, variato gli indici volumetrici di edificabilità, ampliandoli e, dall’altro, introdotto un nuovo limite costituito dal rapporto di copertura, prevedendo che soltanto fino alla metà della superficie complessiva del lotto edificabile potessero realizzarsi altre costruzioni. Nel segnalare tale circostanza la Corte ha anche escluso, a ragione, che potesse configurarsi una illegittimità del Piano particolareggiato in quanto integrativo dello strumento urbanistico generale e non superfluo come invece affermato dalla difesa dell’imputato. 3.4 Sulla base di tali considerazioni, e preso atto che la costruzione realizzata dal F.M. era stata autorizzata sulla base della concessione edilizia n. 60 del 20 giugno 2005 rilasciata dallo S. , ma dopo l’approvazione del piano particolareggiato, la Corte di merito ha correttamente valutato come illegittima la concessione edilizia suddetta. 4. Una volta ammessa la sussistenza del reato dal punto di vista oggettivo il Collegio è chiamato a valutare la responsabilità dello S. confermata da parte della Corte distrettuale in base al disposto dell’art. 40 cpv. cod. pen. si afferma nella sentenza impugnata che, rivestendo l’imputato una specifica posizione di garanzia, egli avrebbe dovuto avere l’obbligo giuridico di impedire l’evento il non averlo fatto è dunque individuata come fonte della sua penale responsabilità, in quanto lo S. , per effetto della posizione apicale ricoperta, non solo avrebbe dovuto effettuare i doverosi controlli ma, del tutto illegittimamente, si è anche discostato dal parere - ancorché non vincolante - della commissione edilizia che aveva espresso l’avviso contrario al rilascio della concessione edilizia. 4.1 La tesi difensiva muove dal presupposto della inconfigurabilità in capo al dirigente o responsabile dell’Ufficio tecnico comunale di una responsabilità concorsuale ex art. 40 cpv. cod. pen. nel caso di rilascio di una concessione edilizia illegittima, in coerenza con quanto già affermato da questa Corte con la sentenza n. 9281 del 26.1.2011, Bucolo, Rv. 249785 secondo cui Non è configurabile, nel caso di rilascio di un permesso di costruire illegittimo, una responsabilità ex art. 40 cpv. per il reato edilizio di cui all’art. 44 comma primo lett. b d. P.R. 380/01 in capo al dirigente o responsabile dell’Ufficio urbanistico del Comune in quanto titolare di una posizione di garanzia e dunque dell’obbligo di impedire l’evento , con l’ulteriore precisazione che non può ritenersi applicabile la norma codicistica nel caso di condotta commissiva. 4.2 Il principio di diritto affermato con la detta sentenza, tuttavia, non può dirsi consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, posto che con una precedente decisione di segno opposto Sez. 3^ 25.3.2004 n. 19566, D’Ascanio ed altri, Rv. 228888 , alla quale il Collegio ritiene di dover aderire in quanto ritenuta più persuasiva, è stato sostenuto che in materia edilizia risponde del reato di cui all’art. 20 della L. 47/85 oggi art. 44 del d.P.R. 380/01 il dirigente dell’area tecnica comunale che abbia rilasciato una concessione edilizia illegittima, in quanto questi, proprio perché incaricato in ragione del proprio ufficio del rilascio di quello specifico atto, è titolare in via diretta ed immediata della relativa posizione di garanzia che trova il fondamento nel ricordato art. 40 cpv. cod. pen. Prosegue tale decisione ricordando il principio assolutamente pacifico nella giurisprudenza di legittimità secondo cui la mancata o erronea conoscenza della disciplina che regola la materia non può essere addotta da chi svolga professionalmente una determinata attività e che la buona fede nel reato contravvenzionale, in tanto può trovare ingresso, in quanto si dimostri che l’agente ha adempiuto a tutto quanto necessario per adeguarsi al precetto di legge. Anche la decisione menzionata dalla difesa del ricorrente riconosce in capo al responsabile dell’Ufficio Urbanistico del Comune una posizione di garanzia che lo obbliga a vigilare sulla corretta applicazione della norma e ad intervenire per impedire un evento illegittimo tuttavia tale posizione di garanzia non sarebbe sufficiente ad integrare il reato in capo all’agente laddove la sua condotta sia consistita in una attività di tipo commissivo come il rilascio di una concessione illegittima , dovendo invece circoscriversi ad un comportamento di tipo omissivo rispetto alla attività doverosa richiesta. 4.3 È del pari certo che lo S. con la propria condotta ha contribuito causalmente al prodursi dell’evento in quanto solo per effetto del rilascio della concessione edilizia n. 60/2005 il F.M. ha potuto edificare le ulteriori opere sul terreno già urbanisticamente sfruttato e non più sfruttabile in relazione al nuovo indice di copertura nella specie superato. E la Corte, anche su tale punto, ha dato adeguata risposta alle censure sollevate con l’atto di appello che si sottrae al vizio di manifesta illogicità e/o contraddittorietà denunciato. 5. Quanto alla ritenuta erronea applicazione della norma extra penale in riferimento all’art. 35 delle norma di attuazione del piano particolareggiato, la risposta offerta dalla Corte territoriale si sottrae, ancora una volta, ai vizi denunciati, così come in precedenza osservato a proposito della piena efficacia del piano particolareggiato rispetto al P.R.G. del quale costituiva una integrazione vds., in particolare, le considerazioni svolte dalla Corte di Appello nelle pagg. 14 e 15 della sentenza impugnata . 6. Errata appare poi la tesi difensiva secondo la quale il piano particolareggiato, per sua definizione, è uno strumento urbanistico attuativo e dunque costituisce una norma secondaria rispetto al P.R.G. che non può essere derogato né può tollerare varianti appartate dal piano particolareggiato in realtà detto piano costituisce una integrazione dello strumento urbanistico generale in quanto destinato a dare attuazione a tale strumento sulla base di una ricognizione più accurata del territorio e delle esigenze specifiche di tipo urbanistico. 6.1 La questione prospettata dalla difesa attiene ai rapporti intercorrenti tra il Piano Regolatore Generale ed i cd. piani attuativi tra i quali rientra - per quanto qui può rilevare il piano particolareggiato. 6.2 Il P.R.G. come definito dalla legge n. 1150/42 costituisce il tipico strumento attraverso il quale viene disciplinato l’assetto dell’incremento edilizio e lo sviluppo generale del territorio comunale tale strumento quindi è volto ad assicurare la migliore composizione urbanistica dei singoli insediamenti nonché ad indicare la futura configurazione di quel territorio mediante la fissazione di apposite norme e prescrizioni funzionali alla attuazione di tali scopi e dunque indispensabili, tenuto conto delle particolari condizioni ambientali e delle esigenze della popolazione nel suo complesso orbitante in quel territorio. 6.3 La dottrina, così come la giurisprudenza amministrativa formatasi sull’argomento, ha più volte affrontato il tema riguardante la natura giuridica dello strumento urbanistico in parola, pervenendo, nel corso di una lunga ed oscillante elaborazione alla conclusione che si tratta di uno strumento di programmazione generale di un territorio di natura cd. mista con carattere prevalentemente di atto amministrativo v. Cons. Stato Sez. 4^ 8.1.1992 n. 9 . 6.4 Quanto agli strumenti cd. attuativi del P.R.G. il piano particolareggiato costituisce tradizionalmente, nel panorama variegato degli strumenti attuativi del Piano Generale, quello con il quale si dà attuazione a quest’ultimo. Anche in questo caso la natura del piano particolareggiato o attuativo ha formato oggetto di ampia elaborazione sia dottrinaria che giurisprudenziale assumendo progressivamente una funzione integrativa del P.R.G., più che meramente attuativa, finendo con il rappresentare esso stesso uno strumento urbanistico autonomo. Nella giurisprudenza amministrativa più recente il piano particolareggiato viene individuato come strumento di concreta e definita sistemazione della struttura presente e futura dell’agglomerato edilizio tra le più recenti Cons. Stato Sez. 4^ 1.4.1998 n. 407 idem 26.1.1998 n. 67 v. anche Cons. Stato Sez. 4^ 8.6.1982 n. 330 finendo quindi con l’assumere una funzione integrativa ed in un certo senso parallela rispetto al P.R.G. In effetti dal testo dell’art. 13 della L. 1150/42 si evince che il piano particolareggiato è un piano di dettaglio esecutivo specificato fino alla progettazione esecutiva. 6.5. In ordine al regime delle impugnazioni del piano particolareggiato si è poi affermato il principio che le scelte urbanistiche rientrano in generale nella potestà discrezionale della P.A. come tali sottratte al sindacato giurisdizionale e sono censurabili solo per abnormità e manifesta illogicità Cons. Stato Sez. 4^ 17.7.1996 n. 860 idem 12.6.1993 n. 593, più di recente Cons. Stato Sez. 4^ 16.4.2015 n. 1949 . 6.6 Con riguardo, poi, ai rapporti intercorrenti tra il P.R.G. ed il piano particolareggiato argomento affrontato dalla Corte territoriale ed al centro del ricorso proposto dall’odierno ricorrente, la giurisprudenza amministrativa ha affermato la possibilità di modifica dell’assetto territoriale deciso attraverso il P.R.G. mediante i piani attuativi in questo caso, piano particolareggiato , tanto da potersi oggi escludere la natura di strumento meramente esecutivo dello strumento urbanistico generale, per qualificarsi, invece, come vero e proprio strumento attuativo in variante al P.R.G. v. sulla autonomia del piano particolareggiato, v. Cons. Stato Sez. 4^ 26.8.1980 n. 85 ancora, Cons. Stato Sez. 4^ 13.7.1993 n. 711 in cui si è affermata la legittimità della variante al P.R.G. introdotta mediante il piano particolareggiato . 6.7 Ai detti principi si è uniformata la Corte territoriale la quale ha correttamente riconosciuto la rilevanza del piano particolareggiato ribadendo quanto già sostenuto dal Cons. di Stato, Sez. 5^ 15.2.2001 n. 790, la necessità dello strumento attuativo anche nelle zone intermedie non totalmente urbanizzate ed ancora più significativamente, la possibilità che il piano particolareggiato possa introdurre nuovi vincoli in tema di altezze delle costruzioni e masse delle costruzioni rispetto in conformità a quanto previsto dall’art. 13 della L. 1150/42 così Cons. Stato Sez. 5^ 27.9.2004 n. 6297. 7. Infondata anche la censura consistente nella erronea applicazione ella legge penale conseguente alla mancata verifica da parte della Corte di Appello degli elementi costitutivi del reato contestato, avendo, invece, la Corte di merito tratto il proprio convincimento dalla constatata, palese illegittimità della concessione edilizia che ha poi determinato la commissione del reato ad opera del F.M. . 8. Quanto, infine, alla maturata prescrizione antecedentemente alla sentenza di appello, del tutto corretta la risposta data dalla Corte sul punto in quanto ha considerato quale termine di decorrenza ai fini del calcolo della prescrizione, il mese di giugno 2008 epoca in cui i lavori erano in corso , sicché, anche a non voler tenere conto del periodo di sospensione pari ad oltre sette mesi nel corso del giudizio di primo grado, alla data di pronuncia della sentenza di primo grado 21 aprile 2013 il termine prescrizionale comprensivo della proroga pari ad un quarto non era ancora maturato evento che si è invece verificato nel corso del giudizio di appello, come poi rilevato dalla Corte territoriale che ha pronunciato la sentenza di proscioglimento per estinzione del reato a seguito di prescrizione. In ogni caso è inesatta la tesi difensiva secondo la quale l’avviso di conclusione delle indagini avrebbe efficacia interruttiva sul corso della prescrizione, tenuto conto di quanto affermato sul punto da S.U. 22.2.2007 n. 21833, P.M. in proc. Iordache, Rv. 236372, trattandosi di atto non compreso tra quelli tassativamente indicati dall’art. 160 comma 2 del cod. pen. conforme Sez. 3^ 10.7.2014 n. 42859, P.M. in proc. Lanzetta e altri, Rv. 260982 . Mentre va riaffermato il principio che, ai fini interruttivi del corso della prescrizione, assume rilevanza specifica anche l’atto nullo in quanto univocamente denotante l’esistenza della volontà punitiva da parte dello Stato in termini Sez. 3^ 24.10.207 n. 43836, Martinelli, Rv. 238294 conferme Sez. 3^ 19.3.2015 n. 29081, P.G. in proc. Crovella, Rv. 264161 . Peraltro la censura in ordine alla prescrizione non era stata sollevata con l’atto di appello, sicché la relativa doglianza deve comunque ritenersi inammissibile in questa sede ai sensi dell’art. 606 u.p. cod. proc. pen 9. Il ricorso va quindi rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.