I funzionari di filiale non rispondono per il contratto bancario usurario

Per l’attribuzione della responsabilità del reato di usura, soprattutto nel caso in cui questa derivi da un contratto bancario, non basta lavorare nell’istituto di credito in cui l’atto negoziale è stato stipulato. Occorre un quid pluris, che però non si concretizza in capo a qualunque impiegato, o, come nel caso di specie, funzionario di filiale.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4961/17 depositata il 2 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Asti pronunciava sentenza di non luogo a procedere nei confronti del direttore di una filiale bancaria, indagato per usura, contestualmente alla stipula di un contratto di finanziamento. Avverso tale pronuncia la parte civile proponeva ricorso in Cassazione, lamentando l’indebita anticipazione del giudizio di merito quando il giudice aveva escluso la configurazione del reato, sia in relazione all’elemento soggettivo che a quello oggettivo del reato. Il secondo verteva sulla ravvisata incertezza giurisprudenziale circa il computo degli interessi di mora ai fini della usurarietà del tasso applicato il primo, invece, attinente alla qualità di funzionario dell’imputato, con relativo onere d’intervento in sede di stipula del contratto. In entrambi i casi si doveva definire la questione in dibattimento. La nota funzione di filtro dell’udienza preliminare. La Corte di Cassazione, però, ritiene tale motivo di ricorso infondato. Prima di tutto, l’udienza preliminare, all’interno della quale può adottarsi sentenza di non luogo a procedere, ha una ben nota funzione di filtro”. Il giudice è tenuto a valutare il quadro probatorio e gli elementi di prova acquisiti e considerare se essi per caso risultino insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio, esprimendo un giudizio prognostico circa l’inutilità del dibattimento . Ciò non significa, però, che il giudice può esaminare la questione nel merito, perché, in ogni caso in cui gli elementi si prestino a diverse letture o a diverse valutazioni dibattimentali, il proscioglimento non può essere pronunciato. La responsabilità nel reato di usura. Anche considerando la vicenda nello specifico, comunque, la Suprema Corte ritiene che il Tribunale abbia valutato correttamente tali principi infatti, solo ai presidenti dei consigli di amministrazione delle banche è imposto l’obbligo di informarsi con diligenza sulla normativa esistente, poiché i relativi statuti attribuiscono loro poteri in materia di erogazione del credito . Ciò implica maggiori poteri di indirizzo dell’impresa in capo a loro e, allo stesso tempo, la necessità di mantenere una posizione di garanzia nei confronti dei clienti. E l’imputato era solo” funzionario di una filiale, motivo per cui è stato aprioristicamente ritenuto esente da responsabilità, non potendoglisi, giustamente, attribuire consapevole accettazione del rischio da interessi usurari. Per questo motivo, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 gennaio 2017 – 2 febbraio 2017, n. 4961 Presidente Diotallevi – Relatore Agostinacchio Ritenuto in fatto e in diritto 1. Con sentenza emessa il 13/04/2016 ai sensi dell’art. 425 comma terzo cod. proc. pen. il Tribunale di Asti dichiarava non luogo a procedere nei confronti di Pr.Lu. per il reato di usura ascrittogli - in relazione alla stipula, in qualità di direttore di una filiale della Banca Alpi Marittime, di un contratto di finanziamento in favore della Autogamma srl di cui era legale rappresentante P.M. - perché il fatto non costituisce reato. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la parte civile P.M. , tramite il difensore di fiducia, procuratore speciale, sulla base di un unico motivo eccependo l’indebita anticipazione del giudizio di merito con riferimento sia all’elemento oggettivo del reato - escluso per la ravvisata incertezza giurisprudenziale circa il computo degli interessi di mora ai fini della usurarietà del tasso applicato - sia al profilo soggettivo - ritenuto insussistente atteso il ruolo di funzionario dell’imputato ed il relativo onere d’intervento in sede di stipula di un contratto bancario aspetti entrambi da definire in dibattimento. 3. Il ricorso è infondato. Senza dubbio - attesa la funzione di filtro svolta dall’udienza preliminare, ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere - il giudice deve valutare, sotto il solo profilo processuale, se gli elementi probatori acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque inidonei a sostenere l’accusa in giudizio, esprimendo un giudizio prognostico circa l’inutilità del dibattimento, senza poter effettuare una complessa ed approfondita disamina del merito sì che il proscioglimento deve essere escluso in tutti i casi in cui gli elementi acquisiti a carico si prestino a letture alternative o aperte, o comunque ad essere diversamente valutati in dibattimento, anche alla luce delle future acquisizioni probatorie. Nel caso di specie deve ritenersi che il tribunale abbia applicato correttamente tali principi, in quanto solo ai presidenti dei consigli di amministrazione delle banche è stato riconosciuto lo svolgimento di un’attività in uno specifico settore, nel quale gli organi di vertice hanno il dovere di informarsi con diligenza sulla normativa esistente, poiché i relativi statuti attribuiscono loro poteri in materia di erogazione del credito, rientranti nell’ambito dei più generali poteri di indirizzo dell’impresa, sussistendo in capo ad essi una posizione di garanzia a tutela dei clienti degli istituti bancari quanto al rispetto delle disposizioni di legge in tema di erogazione del credito in tal senso, circa la conoscenza del tasso di usura praticato dalla banca Cass. sez, 2, sent. n. 46669 del 23/11/2011 - dep. 19/12/2011 - Rv. 252196 . L’imputato, in quanto funzionario di una filiale, obbligato ad intervenire in sede di stipulazione di un contratto bancario, è stato a ragione ritenuto a priori esente da responsabilità, non potendo a costui attribuirsi la consapevole accettazione del rischio di interessi usurari. 4. Tale conclusione ha carattere assorbente ai fini della decisione del ricorso e prescinde quindi dalla indubbia erroneità dell’altra argomentazione – incentrata sull’incerto orientamento giurisprudenziale circa il computo degli interessi usurari rispetto al cd. tasso soglia - utilizzata dal tribunale per ritenere non proficuo l’esercizio dell’azione penale, anticipandosi in tal modo una valutazione riservata al giudizio di merito che, in presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità ed alternatività di soluzioni valutative, deve essere celebrato e non può ritenersi superfluo. 5. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.