Tribunale indeciso: per il sequestro preventivo basta accertare il fumus del reato?

Nell’applicazione delle misure cautelari reali è necessario e sufficiente l’accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti. Prima di disporre il sequestro preventivo il Giudice, attraverso una verifica delle risultanze processuali, deve ricondurre la figura astratta del reato alla fattispecie concreta contestata, rendendo plausibile una prognosi negativa a giudizio dell’indagato.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con sentenza n. 4887/17 depositata il 1° febbraio. Il caso. Il Tribunale di Como, con ordinanza, confermava il decreto di sequestro preventivo nei confronti dell’imputato accusato di aver commesso il reato di riciclaggio. L’interessato ricorre per cassazione contestando la sussistenza del fumus del reato eccependo che, avendo il Tribunale ipotizzato la responsabilità dell’indagato per il commercio illecito di oro, non sarebbero configurabile in capo a lui né il reato di riciclaggio né quello di rimpiego. Misure cautelari reali per l’applicazione è sufficiente e necessario il fumus commissi delicti. La Cassazione afferma che mentre per l’applicazione delle misure cautelari personali è necessario un giudizio di probabilità per la colpevolezza dell’indagato in relazione ad uno o più reati contestati, fondato su una valutazione di gravità degli indizi a suo carico, per l’applicazione delle misure cautelari reali è sufficiente e necessaria la sussistenza del fumus commissi delicti , ovvero una verifica delle risultanze processuali che consenta di ricondurre alla figura astratta del reato contestato la fattispecie concreta e renda plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato . Nel caso di specie, prosegue la Corte, non è ipotizzata alcuna condotta specifica a carico dell’imputato ma sono stati richiamati due titoli di reato, alternativamente contestati, in quanto, secondo il Tribunale, l’illecito commercio dell’oro potrebbe giustificare la disponibilità dell’ingente somma di denaro sequestrata. In tal caso, però, aggiungono gli Ermellini, a carico dell’imputato andrebbe ipotizzato il reato presupposto, ossia l’illecito commercio di oro, e non i due contestati, quali il riciclaggio e il rimpiego. Pertanto, data l’astrattezza dell’ipotesi accusatoria del Tribunale, confliggendo essa con i principi giurisprudenziali, la Corte di Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed il decreto di sequestro preventivo.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 gennaio – 1 febbraio 2017, numero 4887 Presidente Fumu – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Il Gip presso il Tribunale di Como, con decreto 16/9/2016 disponeva, nei confronti di A. S., indagato per il reato di cui all'art. 648- bis e ter c.p., il sequestro preventivo delle somme di Euro.869.000 ed Euro.9.461,64. Tali somme di denaro erano state rinvenute a bordo dell'auto del prevenuto al suo ingresso in Italia, il 6 e l'11 novembre 2015, e già sottoposte a sequestro probatorio con provvedimento in seguito annullato dalla Corte di Cassazione con sentenza numero 26301/16. 2. A seguito di richiesta di riesame, il Tribunale di Como, con ordinanza in data 7/10/2016, confermava il decreto di sequestro, respingendo le censure della difesa. 3. Avverso tale ordinanza propone ricorso l'interessato, per mezzo del suo difensore di fiducia, articolando due motivi con il quali deduce 3.1 Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità/inutilizzabilità 3.2 Mancanza o motivazione apparente con riferimento, tanto al decreto del Gip, quanto all'ordinanza del Tribunale per il riesame. 4. Con riferimento al primo motivo, il ricorrente deduce che tanto il Gip quanto il Tribunale del riesame hanno posto a fondamento esclusivo della motivazione per sostenere l'astratta configurabilità del reato contestato il materiale probatorio sequestrato nel corso delle perquisizioni del 6 ed 11 novembre 2015, materiale da ritenersi inutilizzabile, essendo stati i sequestri probatori annullati dalla Corte di Cassazione. 5. Con riferimento al secondo motivo il ricorrente contesta la sussistenza del fumus e si duole di motivazione apparente in ordine alla sussistenza dei due reati contestati, ed eccepisce che avendo il Tribunale ipotizzato la responsabilità dell'indagato per il reato di commercio illecito dell'oro, ex art. 4 L. 7/2000, non sarebbe configurabile né il reato di riciclaggio, né quello di reimpiego, essendo egli concorrente nel reato presupposto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione. 2. Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, in punto di diritto, risulta infondata l'eccezione di inutilizzabilità delle chat e delle foto estratte dal telefono cellulare dell'indagato sottoposto a vincolo nel corso delle operazioni di perquisizione e sequestro del 6 e 11 novembre 2015. Infatti, come rilevato da tempo dalla giurisprudenza di questa Corte, l'annullamento del sequestro non impedisce l'utilizzabilità degli elementi probatori acquisiti ma solo il mantenimento del sequestro Cass. Sez. 3, Sentenza numero 8762 del 19/12/2002 Cc. dep. 24/02/2003 Rv. 223739 in senso conforme anche Sez. 2, Sentenza numero 40831 del 09/09/2016 Cc. dep. 29/09/2016 Rv. 267610 . Gli elementi probatori acquisiti in virtù di un sequestro probatorio successivamente annullato non possono rientrare nell'orbita delle prove illegittimamente acquisite in quanto l'art. 191 c.p.p. nel prevedere l'inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita, si riferisce solamente al caso di prove assunte in violazione dei divieti stabiliti dalla legge, cioè di prove in sé e per sé illegittime perché vietate, e non dell'assunzione di prove previste dalla legge Cass. Sez. 6, Sentenza numero 3460 del 13/02/1998 Ud. dep. 19/03/1998 Rv. 210089 Sez. 3, Sentenza numero 7747 del 30/04/1999 Ud. dep. 16/06/1999 Rv. 214162 Sez. 6, Sentenza numero 40973 del 08/10/2008 Ud. dep. 31/10/2008 Rv. 241318 . 3. Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, occorre ribadire che, se è vero che, in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, al giudice sono preclusi sia l'accertamento del merito dell'azione penale sia il sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, è pure vero che il giudice deve operare un attento controllo sulla base fattuale del singolo caso concreto, secondo il parametro del fumus così Cass., Sez. 1 penale, 11 maggio 2007 numero 21736, Citarella, rv. 236474, che richiama Corte Costituzionale, ord. N. 153 del 2007, già citata , tenendo conto Cass., Sez. 4 penale, 29 gennaio 2007, numero 10979, Veronese, rv. 236193 delle concrete risultanze processuali e della effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti. Pertanto, mentre per la applicazione delle misure cautelari personali è necessario un giudizio di probabilità di colpevolezza dell'indagato in relazione ad uno o più reati contestati, fondato su una valutazione di gravità degli indizi a suo carico, giudizio richiesto dall'art. 273 c.p.p., per l'applicazione delle misure cautelari reali è sufficiente e necessaria la sussistenza del fumus commissi delicti , ovvero una verifica delle risultanze processuali che consenta di ricondurre alla figura astratta del reato contestato la fattispecie concreta e renda plausibile un giudizio prognostico negativo per l'indagato Cass., Sez. 1 penale, 16 dicembre 2003 - 20 gennaio 2004, numero 1415, CED, 226640 ed in motivazione SS.UU. 25 settembre 2008, P. + 2, numero 24 . Di conseguenza la giurisprudenza di questa Corte ha ribadito che ai fini dell'emissione del sequestro preventivo il giudice deve valutare la sussistenza in concreto del fumus commissi delicti attraverso una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta, all'esito della quale possa sussumere la fattispecie concreta in quella legale e valutare la plausibilità di un giudizio prognostico in merito alla probabile condanna dell'imputato Cass. Sez. 6, Sentenza numero 49478 del 21/10/2015 Cc. dep. 15/12/2015 Rv. 265433 4. Tanto premesso deve rilevarsi che, anche considerando i limiti dinanzi indicati del sindacato di legittimità in materia di applicazione di misure cautelari reali, nonché i limiti derivanti dall'art. 325 c.p.p., che consente il ricorso per cassazione in tale materia soltanto per violazione di legge, ravvisabile, per quanto concerne la motivazione, soltanto in caso di mancanza o mera apparenza della stessa, il provvedimento impugnato non può superare il vaglio di legittimità sotto diversi profili. 5. Nel caso di specie non è stata ipotizzata alcuna condotta specifica a carico del prevenuto, ma sono stati richiamati semplicemente due titoli di reato, l'art. 648- bis e l'art. 648- ter c.p. che il Tribunale reputa contestati secondo la tecnica delle imputazioni alternative. E tuttavia, l'uno o l'altro reato in tanto si possono prefigurare in quanto si possa ipotizzare un reato presupposto da cui possa derivare il denaro sequestrato al gioielliere belga. Al riguardo il Tribunale, sulla scorta degli elementi indiziari, ritiene che il prevenuto abbia commerciato oro mediante canali illeciti e quindi emette una prognosi di probabile responsabilità dell'indagato per il reato di cui all'art. 4 della L. 7/2000. L'illecito commercio dell'oro potrebbe giustificare la disponibilità dell'ingente somma di denaro sequestrata in realtà tale somma semmai potrebbe essere funzionale all'intenzione di commettere un reato di illecito commercio dell'oro , ma in tal caso non sarebbe ipotizzabile a carico di A. S., né il reato di riciclaggio, né quello di impiego di denaro di provenienza illecita, essendo lo stesso responsabile del reato presupposto. Il Tribunale inoltre assume che l'illiceità dei canali di reperimento dell'oro lascia altresì presumere, sulla base delle foto rinvenute sul cellulare sequestrato a S. A. che il metallo prezioso sia provento di altre attività illecite”. Senonché all'indagato non è stato sequestrato dell'oro ma solo del denaro, per cui il discorso sull'oro provento di attività illecite è meramente congetturale. L'astrattezza dell'ipotesi accusatoria abbracciata dal Tribunale del riesame confligge con i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il giudice deve valutare la sussistenza in concreto del fumus commissi delicti , che nella specie non esiste. 6. Di conseguenza deve essere annullata senza rinvio l'impugnata ordinanza del Tribunale per il riesame ed il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip. Le somme sequestrate devono essere restituite al ricorrente, fatti salvi gli effetti di eventuali provvedimenti amministrativi per la violazione della normativa valutaria. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato ed il decreto di sequestro preventivo. Dispone la restituzione di quanto in sequestro al ricorrente, fatti salvi gli effetti di eventuali provvedimenti amministrativi. Si provveda ai sensi dell'art. 626 c.p.p.