Principio di specialità attenuata e mandato di arresto europeo

Alle ipotesi di mandato di arresto europeo va applicato il c.d. principio di specialità attenuata che si ricava dagli artt. 26 e 32 l. n. 69/2005 e che permette allo Stato emittente di sottoporre la persona consegnata ad un procedimento penale riguardante fatti anteriori e diversi, purché la stessa non sia privata della libertà personale in conseguenza della procedura attivata nei suoi confronti.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4457/17 depositata il 30 gennaio. Il caso. Ad un soggetto, condannato con sentenza passata in giudicato del 2009, veniva revocato il benefico della sospensione condizionale della pena concesso con altra sentenza per fatti anteriori del 2005 . Avverso tale ordinanza di revoca, veniva proposto ricorso che, sostanzialmente, eccepiva la legittimità della sua emissione in pendenza della procedura di consegna, per altri fatti, a seguito di mandato di arresto europeo, da parte delle Autorità olandesi. Secondo il ricorrente, il procedimento di esecuzione avrebbe dovuto, nelle more, essere sospeso, vista la procedura internazionale in atto. Oltre ciò, lamentava il ricorrente, stante che il principio di specialità previsto dall’art. 721 c.p.p., in relazione agli artt. 26 e 32 l. n. 69/2005, prevede che si debba procedere per un fatto anteriore e diverso e che il soggetto non possa essere privato della libertà personale né assoggettato ad altra misura coercitiva, risultava all’evidenza la violazione suddetta, atteso che la consegna del soggetto era finalizzata alla sua sottoposizione ad un procedimento volto a rendere eseguibile in Italia una condanna. Principio di specialità e mandato di arresto europeo. La Corte, tuttavia, così come impostato, ritiene infondato il ricorso, spiegando un’argomentazione tesa a chiarire come possa applicarsi il principio di specialità, previsto dall’art. 721 c.p.p., anche all’ipotesi di mandato di arresto europeo, e nei casi di procedure esecutive. La norma codicistica, come è noto, dispone che La persona estradata non può essere sottoposta a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l'estradizione è stata concessa . Tuttavia, la decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’Unione europea ha introdotto un’attenuazione di tale principio, all’art. 27, par. 3, lett. c , precisando che il principio di specialità suddetto non si applica quando il procedimento penale non dà luogo all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale. Necessità dell’assenso dello Stato esecutore del mandato di arresto. Tale principio che è stato recepito nell’ordinamento italiano agli artt. 26 e 32 l. n. 69/2005. In tema di mandato di arresto europeo, infatti, il principio di specialità non osta a che l’autorità giudiziaria proceda nei confronti della persona consegnata per reati diversi nondimeno, in assenza del consenso dello Stato di esecuzione, deve ritenersi preclusa la possibilità di eseguire nei confronti della persona consegnata misure restrittive della libertà personale, sia durante il procedimento di assenso che in esito allo stesso. Procedibilità ed eseguibilità del provvedimento sulla libertà personale. Oltretutto, secondo la Corte, una precisazione è d’obbligo. Infatti, in materia, occorre distinguere tra procedibilità ed eseguibilità del provvedimento che limita la libertà personale del soggetto. Pertanto, se da un lato non è possibile eseguire la misura restrittiva in assenza del consenso dello Stato che esegue il mandato di arresto secondo quanto stabilito dal combinato degli artt. 26 e 32 l. n. 69/2005 , d’altra parte è certamente legittimo procedere penalmente nei confronti del soggetto consegnato sulla base di un mandato di arresto europeo per fatti anteriori e diversi da quelli per cui interviene la consegna.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 – 30 gennaio 2017, n. 4457 Presidente Di Tomassi – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con ordinanza emessa il 17/07/2015 il G.I.P. del Tribunale di Roma, quale giudice dell’esecuzione, su conforme richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, revocava il beneficio della sospensione condizionale concesso a W.E.A. con sentenza emessa dal Tribunale di Roma l’11/05/2005, divenuta irrevocabile il 07/07/2005. Il provvedimento di rigetto, in particolare, veniva emesso dal Giudice dell’esecuzione sul presupposto che il W. , in data 11/04/2008, dopo avere ottenuto la concessione del beneficio sospensivo in esame veniva ulteriormente condannato, con sentenza divenuta irrevocabile il 15/07/2009, per reati commessi nel omissis . 2. Avverso tale ordinanza il W. , a mezzo del suo difensore, ricorreva per cassazione, deducendo due motivi di ricorso. 2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 156, 157 e 666 cod. proc. pen., conseguente alla nullità della notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio, notificato al difensore di fiducia e al condannato, presso il luogo di residenza, nonostante il ricorrente fosse detenuto in Olanda in esecuzione di un mandato di arresto Europeo emesso dal G.I.P. del Tribunale di Roma il 12/02/2015, così come integrato in data 20/03/2015. Di tale situazione processuale non era a conoscenza il difensore del ricorrente, pur presente all’udienza svoltasi davanti al G.I.P. del Tribunale di Roma il 09/06/2015, atteso che il W. nominava il suo difensore, per il procedimento in relazione al quale era stato consegnato all’autorità giudiziaria italiana, soltanto il 17/07/2015, dopo la sua consegna materiale da parte dell’autorità giudiziaria olandese. Questa peculiare situazione, secondo la difesa del ricorrente, avrebbe reso necessaria una diversa procedura di notificazione, che avrebbe consentito all’autorità giudiziaria di appurare, al momento della celebrazione del procedimento di esecuzione, lo stato detentivo estero del condannato. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 674 e 721 cod. proc. pen., conseguente al fatto che l’ordinanza in esame era stata emessa in pendenza della procedura di consegna del W. dall’Olanda, senza che fosse stato sospeso il procedimento di esecuzione in funzione dell’estensione del mandato di arresto Europeo attivato nei suoi confronti. Si evidenziava, in proposito, che il principio di specialità, così come prefigurato dagli artt. 721 cod. proc. pen., 26 e 32 legge 22 aprile 2005, n. 69, impone, per la consegna della persona ricercata, che si proceda per un fatto anteriore e diverso e che il soggetto non venga privato della libertà personale né sia altrimenti assoggettato ad altra misura coercitiva, fatte salve le ipotesi in cui non vi sia rinuncia a tali benefici. Ne consegue che il procedimento di esecuzione, finalizzato a rendere eseguibile in Italia la condanna irrogata al W. per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali, nelle more, era stata disposta la sua consegna all’autorità giudiziaria italiana, avrebbe dovuto essere sospeso in attesa dell’eventuale estensione del mandato di arresto Europeo che, peraltro, non era stata neppure richiesta. Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Quanto al primo motivo di ricorso, deve rilevarsi che non v’è dubbio che, nel procedimento di esecuzione avente ad oggetto la revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, il condannato sia titolare di un interesse alla decisione, dalla quale può derivare, in modo diretto e immediato, un pregiudizio o un vantaggio giuridicamente apprezzabile. Al condannato, pertanto, deve essere notificato l’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio stabilita per la deliberazione dell’incidente di esecuzione, che deve essere deciso a seguito di un procedimento svoltosi in contraddittorio tra le parti. Tali oneri comunicativi, nel caso di specie, venivano eseguiti nel rispetto dell’art. 666, comma 3, cod. proc. pen., avendo il Giudice dell’esecuzione notificato l’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio del 09/06/2015 sia presso il domicilio dell’avvocato Pietro Pace, quale difensore di fiducia del ricorrente, sia presso la residenza del W. , dove l’atto, secondo quanto attestato dalla relata di notifica, risultava ricevuto da una domestica addetta alla casa . All’udienza del 09/06/2015, quindi, l’avvocato Pace si faceva sostituire da un collega di studio che, giusta nomina agli atti, partecipava regolarmente all’udienza, senza fornire alcuna comunicazione sullo stato detentivo estero del ricorrente. Tanto premesso, deve rilevarsi che, tenuto conto del fatto che, ai fini del perfezionamento del procedimento di notificazione e della decorrenza dei suoi effetti processuali, non occorre fare riferimento al raggiungimento della conoscenza reale dell’atto cui è sottesa la procedura comunicativa, ma alla sua conoscenza legale, che viene realizzata con l’osservanza delle modalità di esecuzione prescritte, nessuna rilevanza può attribuirsi alla circostanza che, nel caso in esame, l’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio non sia stato consegnato materialmente al W. ma a una domestica in servizio presso la sua abitazione e al suo difensore di fiducia. La notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza in camera di consiglio, dunque, deve ritenersi perfezionata correttamente, atteso che lo stato di detenzione del W. , dedotto con il ricorso in esame, non risultava in atti al momento del giudizio, né veniva rappresentato in udienza da parte del difensore fiduciario, presente in aula in persona di un suo sostituto. In una tale situazione di fatto, non può che richiamarsi la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui, nel procedimento di esecuzione, in caso di eventuale stato di detenzione non conosciuto dall’ufficio e non dedotto dalla parte, non sussiste nullità della notifica ritualmente effettuata al domicilio risultante in atti cfr. Sez. 1, n. 41339 del 15/10/2009, Petralia, Rv. 245074 Sez. 1, n. 20649 del 31/01/2007, Malvone, Rv. 237486 . Queste ragioni processuali impongono di ritenere infondato il primo motivo di ricorso. 3. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso con riferimento al secondo motivo di ricorso, con il quale si deduceva la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento agli artt. 674 e 721 cod. proc. pen., 26 e 32 legge 22 aprile 2005, n. 69, conseguente al fatto che il Giudice dell’esecuzione, in pendenza del procedimento di consegna del W. dall’Olanda, aveva provveduto sull’incidente di esecuzione proposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma senza disporne la sospensione, in attesa dell’estensione del mandato di arresto Europeo in corso di perfezionamento. Deve, innanzitutto, rilevarsi che è pacifico che il W. , al momento della celebrazione del procedimento di esecuzione in esame, si trovava ristretto in Olanda, in esecuzione di un mandato di arresto Europeo emesso dal G.I.P. del Tribunale di Roma il 12/02/2015, così come integrato in data 20/03/2015, in relazione all’ordinanza di custodia cautelare adottata dallo stesso organo giurisdizionale il 17/10/2014. Dopo essere stato ritualmente compulsato dall’autorità giudiziaria italiana, il Tribunale di Amsterdam aveva esaminato il mandato di arresto Europeo all’udienza del 26/06/2015, emettendo la relativa sentenza il 10/07/2015 e provvedendo alla consegna materiale del W. in Italia, tramite la Polizia di Frontiera di OMISSIS , il 17/07/2015. Dopo la consegna, il W. veniva associato alla Casa circondariale di OMISSIS , dalla quale provvedeva alla nomina del proprio difensore di fiducia in vista dell’interrogatorio di garanzia che avrebbe dovuto svolgersi davanti al G.I.P. del Tribunale di Roma, in relazione al procedimento per il quale era stato emesso nei suoi confronti il mandato di arresto Europeo. 3.1. Il Collegio è consapevole dell’orientamento ermeneutico affermato da Sez. 1, n. 40256 del 19/10/2007, Parasiliti Mollica, Rv. 238052, espressamente richiamato dalla difesa del ricorrente, secondo cui In tema di mandato di arresto Europeo, il principio di specialità di cui all’art. 32 L. 22 aprile 2005, n. 69 trova applicazione anche in fase esecutiva pertanto deve essere annullata l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione ha disposto la revoca della sospensione condizionale della pena in relazione a condanne per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali la consegna era stata concessa cfr., in senso sostanzialmente conforme, pur alla luce di un diverso percorso motivazionale Sez. 1, n. 38716 del 31/01/2013, Parasiliti Mollica, Rv. 256760 . Tuttavia, tale posizione ermeneutica non appare condivisibile per le ragioni che seguono. 3.2. Allo scopo di inquadrare correttamente la tematica in esame, occorre preliminarmente osservare che questa Corte, con la sentenza Sez. 6, n. 39240 del 23/09/2011, Caiazzo Rv. 251366 , è intervenuta sull’applicazione del principio di specialità al mandato di arresto Europeo, ricostruendo il contesto sistematico nel quale si è inserita la Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 13 giugno 2002 che, pur ribadendo la regola generale contenuta nella Convenzione Europea di estradizione del 1957 secondo cui il soggetto consegnato non può essere sottoposto a un procedimento penale, condannato o altrimenti privato della libertà per reati anteriori e diversi da quelli per cui è intervenuta la consegna - ha previsto alcune eccezioni, di cui occorre tenere conto. Questo arresto giurisprudenziale, pur non riguardando la materia dell’esecuzione, è indispensabile ai presenti fini processuali, avendo compiutamente enucleato la cornice normativa, nazionale e comunitaria, richiamata dal ricorrente, nell’ambito della quale occorre vagliare la doglianza in esame. Si è così chiarito che la Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 13 giugno 2002 ha introdotto un’attenuazione al principio di specialità, così come prefigurato dall’art. 721 cod. proc. pen., pur senza snaturarne la portata attenuazione che, nella prospettiva comunitaria, veniva giustificata dall’omogeneità dei sistemi processuali dei Paesi membri, che consentiva di contenere l’influenza di tale principio ai soli casi in cui veniva limitata la libertà personale del soggetto consegnato. L’art. 27, par. 3, lett. c , della Decisione quadro 2002/584/GAI introduce un’eccezione alla regola generale prevista dal paragrafo 2 - a tenore del quale Salvi i casi previsti ai paragrafi 1 e 3, la persona non è sottoposta a un procedimento penale, condannata o altrimenti privata della libertà per eventuali reati anteriori alla consegna diversi da quello per cui è stata consegnata prevedendo espressamente che il principio di specialità non si applica quando il procedimento penale non dà luogo all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale . In questo modo, distinguendo nell’ambito del mandato di arresto Europeo tra procedibilità ed eseguibilità dell’atto processuale, si è inteso impedire la limitazione della libertà personale del consegnato, ma non l’instaurazione di un procedimento finalizzato al perseguimento di altri fatti illeciti, laddove commessi anteriormente alla consegna materiale del soggetto. Tutto questo comporta la possibilità di procedere penalmente nei confronti del soggetto consegnato sulla base di un mandato di arreso Europeo, qualora si tratti di reati diversi e anteriori per i quali l’attivazione del procedimento non comporti la privazione della libertà personale dell’interessato cfr. Sez. 6, n. 39240 del 23/09/2011, Caiazzo, cit. . La portata applicativa di tale disposizione comunitaria è stata ulteriormente chiarita dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea che, intervenendo nel caso Leymann-Pustovarov, ha precisato che è consentito allo Stato di emissione, senza l’assenso dello Stato di esecuzione, incriminare e condannare la persona consegnata per un reato diverso da quello che ha determinato la sua consegna e per il quale è prevista una pena o una misura privativa della libertà, a condizione che tale soggetto non sia stato ristretto né durante il procedimento né in conseguenza di questo. Ne consegue che la persona consegnata può essere legittimamente sottoposta a procedimento penale per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali è intervenuta la consegna, purché non sia privata della libertà personale, dovendo diversamente lo Stato di emissione attivare la procedura per ottenere l’assenso dallo Stato di esecuzione. Sul punto, non si possono non condividere le conclusioni alle quali perveniva questa Corte, nella richiamata pronuncia, laddove affermava La decisione della Corte di Giustizia e il diritto dell’Unione, interpretato dalla Corte in maniera autoritativa con effetto diretto per tutti gli Stati membri e le rispettive giurisdizioni, incidono sul sistema normativo nazionale, comportando, in capo alle autorità nazionali, ed in particolare ai giudici nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale . Ne deriva che il giudice, nell’applicare il diritto nazionale, deve interpretarlo in modo conforme alle decisioni quadro adottate nell’ambito del titolo VI del Trattato UE, ovviamente entro i limiti stabiliti dai principi generali del diritto e sempre che attraverso tale metodo esegetico non si pervenga ad una interpretazione contra legem del diritto nazionale . E ancora Pertanto, il giudice italiano, nell’applicazione del diritto nazionale, deve ricercare - nei limiti sopra evidenziati - una interpretazione conforme alla lettera ed allo scopo della decisione quadro, che è quello di creare un sistema semplificato di consegna delle persone condannate o imputate, eliminando le complessità ed i potenziali ritardi inerenti alla disciplina dell’estradizione cfr. Sez. 6, n. 39240 del 23/09/2011, Caiazzo, cit. . Tale moderazione del principio di specialità, così come prefigurata dalla citata Decisione quadro, è stata recepita nel nostro ordinamento con la legge n. 69 del 2005, che, agli artt. 26 e 32, ha espressamente previsto che il principio di specialità non si applichi quando il procedimento penale non consente l’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale. Questa impostazione, fondata sulla rivisitazione del principio di specialità, imposta dalla Decisione quadro 2002/584/GAI, è efficacemente sintetizzata dal principio di diritto affermato nell’arresto citato Sez. 6, Caiazzo , secondo cui In tema di mandato di arresto Europeo, il principio di specialità previsto dall’art. 32 della l. 22 aprile 2005, n. 69, non osta a che l’autorità giudiziaria italiana proceda nei confronti della persona consegnata a seguito di mandato d’arresto Europeo emesso per reati diversi da quelli per i quali la stessa è stata consegnata e commessi anteriormente alla sua consegna. Tuttavia, in assenza del consenso dello Stato di esecuzione, deve ritenersi preclusa - allo Stato di emissione che abbia legittimamente adottato un provvedimento cautelare al fine di attivare la procedura di assenso prevista in relazione ai suddetti reati - la possibilità di eseguire nei confronti della persona consegnata misure restrittive della libertà personale, sia durante il procedimento che in esito allo stesso cfr. Sez. 6, n. 39240 del 23/09/2011, Caiazzo, cit. . Nello stesso ambito interpretativo, infine, devono essere collocate numerose pronunce di legittimità, tra le quali si ritiene utile richiamare Sez. 3, n. 47253 del 06/07/2016, Bertoni, Rv. 268062 Sez. 1, n. 18778 del 27/03/2013, Reccia, Rv. 256013 Sez. 2, n. 14880 del 12/12/2014, dep. 2015, Bindi, Rv. 263292 Sez. 1, n. 8349 del 26/11/2013, dep. 2014, Abbinante, Rv. 259164. 3.3. Analoghi principi, da ultimo, venivano recepiti e ulteriormente ribaditi dalla legge n. 149 del 2016, recante Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione Europea, fatta a Bruxelles il 29 maggio 2000, e delega al Governo per la sua attuazione. Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale. Modifiche alle disposizioni in materia di estradizione per l’estero termine per la consegna e durata massima delle misure coercitive . Si consideri, in proposito, che, nel punto 11 dell’art. 4 della legge n. 149 del 2016, recante Delega al Governo per la riforma del libro XI del codice di procedura penale , in tema di rapporti giurisdizionali con le autorità straniere, si ribadisce la distinzione tra procedibilità ed eseguibilità degli atti processuali emessi nei confronti del soggetto consegnato a seguito di mandato di arresto Europeo, affermandosi In tema di mandato di arresto Europeo, il principio di specialità previsto dall’art. 32 della l. 22 aprile 2005, n. 69, non osta a che l’autorità giudiziaria italiana proceda nei confronti della persona consegnata a seguito di mandato d’arresto Europeo emesso per reati diversi da quelli per i quali la stessa è stata consegnata e commessi anteriormente alla sua consegna. Tuttavia, in assenza del consenso dello Stato di esecuzione, deve ritenersi preclusa - allo Stato di emissione che abbia legittimamente adottato un provvedimento cautelare al fine di attivare la procedura di assenso prevista in relazione ai suddetti reati - la possibilità di eseguire nei confronti della persona consegnata misure restrittive della libertà personale, sia durante il procedimento che in esito allo stesso . 3.4. Il principio di specialità, così come prefigurato dalla Decisione quadro 2002/584/GAI e recepito dagli artt. 26 e 32 della legge n. 69 del 2005, certamente impedisce che il W. possa essere privato della libertà personale in conseguenza dell’ordinanza impugnata, con cui, occorre ribadirlo, il Giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta formulata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso al ricorrente con sentenza emessa dal Tribunale di Roma l’11/05/2005. Non sarebbe, pertanto, legittimo l’eventuale ordine di carcerazione con cui l’autorità giudiziaria italiana - in conseguenza dell’ordinanza di revoca della sospensione condizionale della pena di cui si discute - procedesse autonomamente a porre in esecuzione nei confronti del W. la condanna per la quale aveva usufruito del beneficio sospensivo, non potendo il ricorrente essere privato della libertà personale per fatti anteriori e diversi da quelli per i quali è intervenuta la consegna da parte dell’autorità giudiziaria olandese. In questo caso, infatti, ci si troverebbe di fronte a una violazione del principio di specialità che, tanto nel procedimento di cognizione quanto nel procedimento di esecuzione, non consente che il consegnato sia privato della libertà in forza di titoli esecutivi per fatti anteriori e diversi da quelli per cui è stato eseguito il mandato di arresto Europeo. Tuttavia, nel caso di specie, non si discute della concreta messa in esecuzione di un titolo esecutivo perfezionatosi in conseguenza della revoca del beneficio della sospensione condizionale concesso al W. , ma della legittimità del provvedimento revocatorio medesimo provvedimento in assenza del quale neppure potrebbe predicarsi l’esistenza di un titolo eseguibile e attivarsi, quindi, una ulteriore procedura di consegna. Ne discende che, avendo ad oggetto il provvedimento impugnato esclusivamente la revoca della sospensione condizionale della condanna e perciò la astratta eseguibilità della pena, ove non ricorrenti altre e diverse cause estintive, non può che ribadirsi che il principio di specialità - così come affermato dagli artt. 26 e 32 della legge n. 69 del 2005 e richiamato dell’art. 4 della legge delega n. 149 del 2016 - non impedisce che l’autorità giudiziaria italiana proceda a tale fine nei confronti della persona consegnata a seguito di mandato d’arresto Europeo emesso per reati diversi e successivi rispetto a quelli cui si riferiscono sia la sentenza di condanna già condizionalmente sospesa sia la ulteriore, ma sempre remota, sentenza di condanna che ha determinato la revoca del beneficio entrambe pronunziate nell’ambito di procedimenti in cui non si poneva alcun problema di consegna o di estradizione . Va dunque ribadito il principio che le previsioni degli artt. 26 e 32 della legge n. 69 del 2005, in linea con i principi affermati dalla Decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 13 giugno 2002, impongono l’applicazione alle ipotesi di mandato di arresto Europeo di un principio di specialità attenuata, per il quale la persona consegnata può essere legittimamente sottoposta a procedimento riguardante fatti anteriori e diversi, a condizione che non sia privata della libertà personale in conseguenza della procedura attivata nei suoi confronti, dovendo diversamente lo Stato di emissione, in assenza di specifiche eccezioni al principio di specialità, attivare la prescritta procedura per ottenere l’assenso dallo Stato di esecuzione. E tale principio vale anche per gli incidenti di esecuzione e le procedure esecutive. Pertanto, tenuto conto della normativa richiamata e dei principi che si sono enunciati, nel caso in esame, nessuna violazione di legge si è verificata in relazione al procedimento di esecuzione instaurato davanti al G.I.P. del Tribunale di Roma, in quanto l’autorità giudiziaria italiana poteva legittimamente procedere nei confronti del ricorrente, non discendendo direttamente da tale procedimento alcuna limitazione della libertà personale del condannato. 4. Queste considerazioni impongono il rigetto del ricorso proposto nell’interesse di W.E.A. , con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.