Costrette a prostituirsi grazie al vudu: niente carcere per lo stregone

Utilizzati anche dei riti per soggiogare le ragazze. Ciò nonostante, è esclusa la centralità dello stregone nell’associazione per delinquere che riduceva in schiavitù le giovani per poi obbligarle a vendere il loro corpo.

Niente custodia cautelare in carcere per lo stregone vudu che coi propri riti teneva soggiogate delle ragazze che, una volta approdate in Italia, erano obbligate a prostituirsi. L’uomo, di origini ghanesi, è di nuovo libero, nonostante sia stato accusato di far parte dell’organizzazione criminale che sfruttava e schiavizzava le giovani straniere Cassazione, sentenza n. 3446/2017, Sezione Quinta Penale, depositata il 24 gennaio 2017 . Ruolo. Punto di svolta con la decisione del Tribunale del riesame di Palermo. Lì viene annullata l’ordinanza cautelare , emessa dal Gip del Tribunale di Palermo, con cui era stata disposta la custodia in carcere dello straniero. Secondo l’accusa, l’uomo, come parte integrante di una associazione per delinquere , poneva in essere riti vudu per tenere in stato di soggezione le ragazze destinate alla prostituzione . Per il Tribunale, però, dalle tre conversazioni telefoniche intercettate non emerge una gravità indiziaria tale da rendere necessaria l’applicazione della misura cautelare . E questa valutazione viene ritenuta corretta dai magistrati della Cassazione. Respinta l’obiezione proposta dal Pubblico Ministero, secondo cui era emersa la potenza del vincolo di assoggettamento psicologico creato tramite la celebrazione di riti vudu da parte dello stregone ghanese. Escluso, quindi, il ruolo centrale dello straniero nel gruppo criminale.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 novembre 2016 – 24 gennaio 2017, n. 3446 Presidente Vessichelli – Relatore Morelli Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Viene proposto ricorso avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Palermo che, pronunciandosi sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di O.G.A. avverso l’ordinanza cautelare che ne disponeva la custodia in carcere, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo il 5.7.16, l’ha accolta, annullando l’ordinanza e disponendo la liberazione dell’indagato. 1.1. All’O. è fatto carico di avere partecipato ad una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di più reati di tratta di persone, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in particolare, ponendo in essere i riti voodoo con cui tenere in stato di soggezione le ragazze destinate alla tratta ed alla prostituzione. 1.2. Il Tribunale rileva che il quadro indiziario posto a fondamento del provvedimento cautelare, per quanto riguarda l’O. , è rappresentato da tre conversazioni intercettate nel corso delle quali egli parla a Os.Jo. presunto capo dell’associazione dei riti voodoo e dell’allocazione delle vittime nei compounds libici, e ritiene che le frasi pronunciate in quel contesto, per la loro equivocità e laconicità, non integrino il grado di gravità indiziaria necessario per l’applicazione della misura cautelare. 2. Il ricorrente, Pubblico Ministero presso la Direzione Distrettuale Antimafia del Tribunale di Palermo, deduce la mancanza della motivazione laddove il Tribunale ha omesso di esaminare gli altri elementi indiziari a carico dell’O. , in particolare la frequenza dei contatti telefonici fra costui e Os.Jo. 300 contatti fra il 26.11.14 e il 30.4.16 e altre quattro conversazioni telefoniche in cui appare evidente il ruolo dell’O. di intermediario fra il capo del sodalizio ed uno stregone ghanese sulla cui affidabilità garantisce lui stesso. Peraltro, emergerebbe dalle deposizioni di talune delle parti offese la potenza del vincolo di assoggettamento psicologico creato tramite la celebrazione dei riti woodoo e, quindi, la centralità della posizione di O. , che tali riti doveva celebrare. 2.1. Si deduce, altresì, violazione di legge, laddove il Tribunale del Riesame ha affermato che O. non possa essere considerato partecipe dell’associazione visto che la sua condotta non si protrae per tutte le fasi della vita dell’associazione e che lo stesso non si è autore di tutti i reati fine contestati. 3. Il ricorso è inammissibile sotto plurimi profili. In caso di ricorso per cassazione avverso un provvedimento di riesame in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato vizio di motivazione, le doglianze attinenti alla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza possono assumere rilievo solo se rientrano nella previsione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p., se cioè integrano il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni della Cassazione la valutazione della sussistenza o meno dei gravi indizi, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giudici di merito e, in particolare, prima, del giudice al quale è richiesta l’applicazione della misura e poi, eventualmente, del giudice del riesame Sez. 2, n. 39504 del 17 settembre 2008 . 3.1. Il Tribunale del Riesame ha esposto argomentazioni coerenti, sotto un profilo logico giuridico, per ritenere che le conversazioni intercettate non integrino il grado di gravità indiziaria necessario per l’applicazione di una misura cautelare e, sul punto, le censure del ricorrente sono relative all’omessa valutazione di altri elementi di prova. Il ricorso è, tuttavia, generico in quanto, pur richiamando altre conversazioni telefoniche e le deposizioni di alcune parti offese, non ne riporta il contenuto e non le allega, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze. Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010 - dep. 26/03/2010, Casucci, Rv. 246552 . Peraltro, l’interpretazione del contenuto di conversazioni o comunicazioni costituisce questione di fatto sottratta al sindacato di legittimità, ove risulti logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate S.U. n. 22471 del 26.2.15, Rv. 263715 . 4. Quanto alle doglianze riassunte al punto 2.1, si deve osservare che il Tribunale del Riesame ha ritenuto in assoluto carente il quadro di gravità indiziaria in ordine alla presunta partecipazione dell’O. al sodalizio criminoso oggetto di indagine, senza distinguere in quale fase della vita associativa egli avrebbe fornito il proprio contributo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso.