Notifica via PEC: sul difensore grava l’onere di gestire correttamente gli strumenti informatici

La notifica a mezzo posta elettronica certificata è pienamente valida ed efficace ai fini del decorso dei termini processuali.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 2431/2017 della Corte di Cassazione, depositata il 18 gennaio. Il caso. La Corte d’appello dichiarava con ordinanza l’inammissibilità di un atto d’appello per mancanza di specificità dei motivi di appello. L’ordinanza diveniva irrevocabile. Con istanza alla Corte di legittimità l’appellante chiedeva di essere restituito nel termine per proporre ricorso per cassazione. Secondo la difesa, il condannato avrebbe avuto notizia del provvedimento solo quando, previa convocazione, si era recato presso i Carabinieri per la consegna della patente di guida. L’ordinanza appariva notificata a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo personale di posta elettronica del difensore, che però asseriva di non avere mai ricevuto l’atto e che non era provato il contrario. Il sistema di posta elettronica certificata. Secondo la Corte di Cassazione, un sistema complesso ed affidabile qual è quello della posta elettronica certificata è indiscutibilmente utile nel contribuire a salvaguardare il diritto costituzionalmente tutelato della durata ragionevole del processo coniugato con quello, di pari rango, della certezza della conoscenza del processo, a sua volta collegato all’esercizio del diritto di difesa. Per espressa previsione legislativa, la posta elettronica certificata consente di inviare email con valore legale equiparato da una raccomandata con ricevuta di ritorno con attestazione dell’orario esatto della spedizione. Le caratteristiche aggiuntive rispetto alla tradizionale posta elettronica sono tali da fornire agli utenti la certezza legale dell’invio e della consegna o della mancata consegna della email al destinatario. La certezza dei contenuti Grazie a protocolli di sicurezza, il sistema di posta certificata è in grado di garantire la certezza del contenuto non rendendo possibili modifiche al messaggio né al contenuto né agli allegati . Si tratta di un sistema che consente l’opponibilità a terzi del messaggio, risolvendo – anzi prevenendo – eventuali contenziosi. Per tale ragione il legislatore ne ha sancito l’obbligatorietà per taluni soggetti professionali, tra cui gli avvocati. attraverso plurime certificazioni. La certificazione risiede nel fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio e degli eventuali allegati. Il gestore della posta certificata del destinatario, di contro, invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. La certificazione, pertanto, è triplice e riguarda l’avvenuta spedizione, l’avvenuta consegna e la non alterazione del contenuto. Inoltre, ogni avviso contiene un riferimento temporale attestante data e ora di ciascuna operazione. In caso di errore in qualsiasi segmento del processo accettazione, invio, consegna è inviato un avviso. Infine, la traccia informatica delle operazioni svolte è conservata dal gestore per trenta mesi talché è apprestato un rimedio” a fronte di eventuali smarrimenti delle ricevute. Emerge come il discrimine con la posta ordinaria sia dato dalla certezza legale dell’invio e della ricezione dell’atto. La certezza dei protagonisti. Sul fronte soggettivo, la riconducibilità ai destinatari e ai mittenti, individuati tramite determinati indirizzi, è garantita da un Ente certificatore. Nel caso affrontato dalla Corte di Cassazione, il mittente era un ufficio giudiziario e l’Ordine degli Avvocati di appartenenza del difensore garantiva che l’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario era attribuito al difensore ricorrente che, peraltro, non lo ha disconosciuto, limitandosi a contestare di avere avuto effettivamente ricezione dell’ordinanza . Ne deriva, in conclusione, che la notifica a mezzo PEC è pienamente valida ed efficace a far decorrere i termini processuali la notifica si perfeziona infatti con la ricezione del messaggio di avvenuta consegna. La ricevuta telematica che attesti la consegna al destinatario costituisce prova legale della detta notifica al difensore che ha un obbligo di legge di avere un indirizzo di posta elettronica certificata. Specificamente, la ricevuta emessa dal sistema di notifiche e comunicazione telematiche attesta che quel messaggio non solo è stato spedito da un indirizzo certificato riconducibile all’ufficio della Corte d’appello ma altresì che è stato regolarmente accettato alla casella di posta elettronica certificata del difensore dell’imputato. Le notifiche a mezzo PEC. Per effetto della normativa del 2012 d.l. n. 179 del 18 ottobre e legge di conversione n. 221 del 17 dicembre , nei procedimenti dinanzi al Tribunale e alla Corte d’appello possono essere operate a mezzo posta elettronica certificata le notificazioni a persona diversa dall’imputato. In discussione nel caso concreto era la notifica operata al difensore in proprio, pertanto legittimamente effettuabile a mezzo posta elettronica certificata. La Suprema Corte ha di recente affermato che è valida anche la notifica mediante invio al difensore, tramite posta elettronica certificata dell’atto da notificare all’imputato nel caso di notificazione impossibile nel domicilio eletto o dichiarato. La previsione della normativa del 2012 secondo cui l’uso della posta elettronica certificata è escluso per le notificazioni all’imputato, infatti, riguarda solo le notifiche effettuate direttamente alla persona fisica e non a quelle eseguite mediante consegna al difensore seppure nell’interesse dell’imputato. Il termine per proporre l’impugnazione dell’ordinanza di inammissibilità è inutilmente decorso. Dagli atti risultava che la notifica dell’ordinanza di inammissibilità dell’appello era stata effettuata a mezzo posta elettronica certificata all’indirizzo del difensore che risultava dai pubblichi elenchi. Anche il ricorso per cassazione è inammissibile. Oltre che tardivo non sussistono le condizioni per accogliere la richiesta di remissione nel termine. Di conseguenza neppure le doglianze nel merito dell’ordinanza di inammissibilità dell’atto d’appello possono essere valutate.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 15 dicembre 2016 – 18 gennaio 2017, numero 2431 Presidente Romis – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Bologna, con ordinanza del 3/9/2015, dichiarava inammissibile per mancanza di specificità dei motivi l’appello proposto da D.A. avverso la sentenza del Tribunale di Rimini emessa in data 13.1.2012. L’ordinanza diveniva irrevocabile il 20/9/2015. 2. Il D., tuttavia, con istanza del 21/12/2015, chiedeva a mezzo del proprio difensore di fiducia di essere restituito in termini per la proposizione del ricorso per cassazione avverso tale ordinanza. Il difensore ricorrente deduceva che il D. aveva avuto notizia del provvedimento soltanto allorquando era stato convocato dai Carabinieri di Misano Adriatico, luogo di residenza, per consegnare la patente di guida e che l’ordinanza, che appariva apparentemente notificatagli a mezzo PEC al suo indirizzo di posta elettronica, non era mai da lui mai stata ricevuta sulla sua posta elettronica. Aggiungeva, sul punto, che doveva essere onere dell’A.G. fornire prova che egli avesse effettivamente ricevuto l’atto. E che, invece, tale prova non risultava in atti. In ricorso, sul presupposto dell’avvenuta remissione in termini, venivano poi rivolte censure alla motivazione con cui la Corte territoriale aveva ritenuto mancanti di specificità le doglianze propostele. 3. Il P.G. presso questa Suprema Corte ha rassegnato proprie conclusioni scritte, con le quali ha rilevato l’inammissibilità del ricorso per tardività. La richiesta di restituzione in termini sarebbe incompatibile con l’affermata omessa notifica, notifica che l’istanza di restituzione per caso fortuito o forza maggiore presuppone. In ogni caso, ritiene che anche a voler considerare tempestivo il ricorso, lo stesso sarebbe manifestamente infondato in quanto con i motivi di appello il difensore non indicava le ragioni per le quali andava concessa la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, mentre la conversione della pena detentiva non risulta essere stata richiesta nel giudizio di merito. Considerato in diritto 1. Il proposto ricorso è inammissibile, essendo evidentemente tardivo e non sussistendo le condizioni, per i motivi che si andranno ad evidenziare, perché possa trovare accoglimento la richiesta di remissione nel termine che peraltro avrebbe dovuto essere avanzata secondo il disposto dell’art. 175 cod. proc. penumero e quindi perché possano essere valutate le doglianze proposte relative all’ordinanza impugnata. 2. Il difensore ricorrente dichiara di non avere mai ricevuto la notifica dell’ordinanza impugnata effettuatagli a mezzo PEC, ma, ove questa affermazione fosse vera nessun termine sarebbe decorso. In realtà, il termine per l’impugnazione è pienamente decorso. Ed era spirato da tempo allorquando è stato presentato il ricorso a questa Corte. Ed invero, per dichiarazione dello stesso difensore, e come risulta dagli atti cui questa Corte di legittimità ha ritenuto di accedere in ragione del tipo di doglianza propostale la notifica della ordinanza di inammissibilità dell’appello è stata operata il 4/9/2015 a mezzo PEC all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’Avv. Carlo Alberto Zaina, odierno ricorrente, che lo stesso non disconosce e che peraltro risulta dai pubblici elenchi. Ebbene, l’art. 16, comma 9 bis , sub 1 bis , del D.L. 18 ottobre 2012, numero 179, coordinato con la legge di conversione 17 dicembre 2012, numero 221, prevede che, a decorrere dal 15 dicembre 2014 quindi da una data che precede quella di cui ci si occupa nei procedimenti dinanzi ai tribunali e alle corti d’appello, possono essere operate con la PEC le notificazioni a persona diversa dall’imputato, a norma dell’art. 148 c.p.p., comma 2 bis , artt. 149 e 150 c.p.p., e art. 151, comma 2, c.p.p. Nel caso in esame viene messa in discussione la notifica operata al difensore in proprio ex art. 591 co. 3 cod. proc. penumero e quindi il problema non si pone. Gioverà comunque ricordare che questa Corte ha di recente chiarito e va qui ribadito che è valida la notifica effettuata, ai sensi dell’art. 161, comma quarto, cod. proc. penumero , mediante invio al difensore, tramite posta elettronica certificata c.d. PEC , anche dell’atto da notificare all’imputato, atteso che la disposizione di cui all’art. 16, comma quarto, D.L. 16 ottobre 2012 numero 179, che esclude la possibilità di utilizzare la PEC per le notificazioni all’imputato, va riferita esclusivamente alle notifiche effettuate direttamente alla persona fisica dello stesso e non a quelle eseguite mediante consegna al difensore seppure nel suo interesse Sez. 4, numero 16622 del 31/3/2016, Severi, Rv. 266529 . Ad avviso del difensore, tuttavia, per dare certezza legale della ricezione della notifica a mezzo PEC non basterebbe la prova della consegna telematica dell’atto, ma occorrerebbe una prova che egli poi l’abbia effettivamente ricevuto e visualizzato sul suo computer. In realtà, non è così. Ed opinare nel senso di cui in ricorso equivarrebbe a negare le ragioni e l’utilità stessa di un sistema così complesso e pienamente affidabile qual è quello della posta elettronica certificata, in grado di contribuire, per scelta legislativa, a salvaguardare un diritto costituzionalmente tutelato quel è quello alla ragionevole durata del processo coniugandolo senza inficiare quello di pari rango alla certezza di conoscenza del processo stesso che occorre per salvaguardare il diritto alla difesa. La Posta Elettronica Certificata PEC è il sistema che, per espressa previsione di legge DPR 11 Febbraio 2005 numero 68 consente di inviare email con valore legale equiparato ad una raccomandata con ricevuta di ritorno. Benché il servizio PEC presenti forti similitudini con la tradizionale posta elettronica, presenta caratteristiche aggiuntive tali da fornire agli utenti la certezza a valore legale dell’invio e della consegna o della mancata consegna delle email al destinatario. La Posta Elettronica Certificata ha lo stesso valore legale della raccomandata con ricevuta di ritorno con attestazione dell’orario esatto di spedizione. Inoltre, il sistema di Posta Certificata, grazie ai protocolli di sicurezza utilizzati, è in grado di garantire la certezza del contenuto non rendendo possibili modifiche al messaggio, sia per quanto riguarda i contenuti che eventuali allegati. Tale sistema è stato creato proprio al fine di garantire, in caso di contenzioso, l’opponibilità a terzi del messaggio. E non a caso, in tale ottica, è stato previsto come obbligatorio che taluni soggetti professionali, tra cui gli avvocati, se ne dovessero dotare. Il termine certificata si riferisce al fatto che il gestore del servizio rilascia al mittente una ricevuta che costituisce prova legale dell’avvenuta spedizione del messaggio ed eventuali allegati. Allo stesso modo, il gestore della casella PEC del destinatario invia al mittente la ricevuta di avvenuta consegna. I gestori certificano quindi con le proprie ricevute che il messaggio a. è stato spedito b. è stato consegnato c. non è stato alterato. In ogni avviso inviato dai gestori qual è quello in atti di cui si dirà di qui a poco è apposto anche un riferimento temporale che certifica data ed ora di ognuna delle operazioni descritte. I gestori inviano ovviamente avvisi anche in caso di errore in una qualsiasi delle fasi del processo accettazione, invio, consegna in modo che non possano esserci dubbi sullo stato della spedizione di un messaggio. Nel caso in cui il mittente dovesse smarrire le ricevute, la traccia informatica delle operazioni svolte, conservata dal gestore per 30 mesi, consentirà la riproduzione, con lo stesso valore giuridico, delle ricevute stesse. 3. Ciò che distingue, dunque, la posta elettronica certificata dalla posta elettronica tout court è proprio la certezza legale dell’invio e della ricezione dell’atto a dei soggetti ben determinati, ovvero certificati . La riconducibilità di un determinato indirizzo ad un soggetto predeterminato, in altri termini, è garantita da un ente o soggetto certificatore. Nel caso che ci occupa il mittente è un ufficio giudiziario e l’Ordine degli Avvocati di Rimini garantisce che l’indirizzo di posta elettronica del destinatario è quello attributo all’avv. Zaina odierno ricorrente, che peraltro va ancora una volta ribadito non disconosce tale circostanza. Ebbene, va chiarito che la notifica a mezzo PEC è pienamente valida ed efficace a far decorrere i termini processuali e si perfeziona con la ricezione del messaggio di consegna che come si evince ex actis e come lo stesso ricorrente dichiara è avvenuta alle ore 11.00 24 del 4 settembre 2015. La ricevuta telematica che, come quella in atti, attesti l’avvenuta consegna al destinatario costituisce prova legale dell’avvenuta notifica, al pari della cartolina di A.R. di un tempo sottoscritta dall’incaricato alla ricezione atti presso l’ufficio del difensore, che oggi ha l’obbligo di legge, e non la facoltà, di avere un indirizzo di posta elettronica certificata. Quella ricevuta emessa dal sistema di notifiche e comunicazioni telematiche della Corte di Appello di Bologna attesta, in altri termini, che quel messaggio di posta elettronica certificata, con allegata l’ordinanza chiaramente identificata con il numero di registro generale, non solo è stato spedito da un indirizzo certamente riconducibile a quell’ufficio, ma anche che stato regolarmente accettato il 4/9/2015 alle ore 11 00 18 alla casella di PEC carloalberto.zaina at ordineavvocatirimini.it ed è stato consegnato in pari data alle 11 00 24 È manifestamente infondata, dunque, la doglianza del difensore, che deduce, senza peraltro provare alcun malfunzionamento del sistema, che egli non ha mai ricevuto quel messaggio di posta elettronica. A ben vedere, infatti, è come se egli, per continuare il parallelo con il vecchio sistema di posta ordinaria, non contestasse di avere ricevuto la raccomandata con avviso di ricevimento contenente l’atto giudiziario al suo studio, ma dichiarasse di non averla mai letta. E richiedesse all’ufficio di fornire la prova di tale lettura. Evidentemente una tesi siffatta non è proponibile. Come detto, la semplice verifica dell’avvenuta accettazione dal sistema e della successiva consegna, ad una determinata data ed ora, del messaggio di posta elettronica certificato contenente l’allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica. L’eventuale mancata lettura dello stesso da parte del difensore per eventuale malfunzionamento del proprio computer andrebbe imputato a mancanza di diligenza del difensore che nell’adempimento del proprio mandato è tenuto a dotarsi dei necessari strumenti informatici e a controllarne l’efficienza. Peraltro nemmeno può sostenersi la tesi che la PEC sia stata spedita e mai recapitata, ad esempio perché la casella PEC potesse risultare troppo piena. Ciò in quanto, come già evidenziato in precedenza, l’eventuale mancata ricezione, per incapienza della casella di posta elettronica o per qualunque altro motivo, avrebbe generato comunque, da parte del gestore, un messaggio di mancata consegna, il che nel caso in questione non è avvenuto. Con ogni probabilità, pertanto, il sostenuto mancato avvedersi da parte del difensore dell’avvenuta notificazione è stato causato da una cattiva gestione dei propri strumenti informatici. 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. penumero , non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. numero 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della Cassa delle Ammende.