Sulla solidarietà nel pagamento delle spese processuali

La condanna delle parti in solido alla rifusione delle spese processuali postula, ai sensi dell’art. 97 c.p.c., una responsabilità solidale in ordine all’obbligazione dedotta in giudizio oppure una mera comunanza di interessi tra le parti, che può sussistere indipendentemente dalla prima e che è correlabile anche ad una convergenza di atteggiamenti difensivi.

Grave alterazione dell’ ecosistema lagunare. Con la sentenza n. 1681 depositata il 13 gennaio 2017, la seconda sezione penale si sofferma sulla condanna solidale al pagamento delle spese processuali, delineandone i contorni ed i limiti. In particolare, nel caso di specie, il GIP presso Tribunale territoriale aveva accolto la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., formulata dai ricorrenti, condannandoli al pagamento delle spese a favore delle parti civili costituite. Gli imputati, come si legge nella stessa sentenza in commento, nel periodo oggetto di indagine avevano costituito e gestito in forma associativa o comunque in forma concorsuale un ben collaudato sistema di sfruttamento dei fondali della laguna, procedendo ad attività di pesca abusiva, con l’utilizzo di strumenti meccanici, di raccolta e di successiva commercializzazione del prodotto abusivamente pescato. Inoltre, le condotte accertate avevano provocato una grave alterazione dell’ecosistema lagunare. Il ricorso per cassazione veniva proposto dai difensori degli imputati contestando in definitiva la parte di sentenza relativa alla condanna al pagamento in solido delle spese in favore dei difensori delle parti civili costituite. Pagamento in solido delle spese processuali. Infatti, ad avviso dei ricorrenti, la menzionata condanna in solido non avrebbe riscontro normativo, non essendo prevista né dall’art. 541 c.p.p., che dispone la solidarietà solo tra imputato e responsabile civile, né dall’art. 535 c.p.p. che stabilisce il criterio di accollo pro quota e non il vincolo di solidarietà quale regola di imputazione delle spese processuali. In realtà, come evidenziato dagli Ermellini, l’art. 541 c.p.p., nella sua formulazione letterale fa riferimento solo all’imputato e al responsabile civile, tenuti al pagamento in solido delle spese processuali in favore della parte civile costituita, ma non prevede espressamente la disciplina, relativa alle spese processuali, da applicare in caso di parte civile costituita nei confronti di più imputati. Con riferimento alla peculiarità della posizione della parte civile, che, pur nell’ambito del processo penale, esercita l’azione civile, la Corte di Cassazione afferma che la condanna solidale al pagamento delle spese processuali nei confronti di più parti può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi che può desumersi anche dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria. La condanna in solido – proseguono i giudici di legittimità – delle parti alla rifusione delle spese processuali postula, dunque, ai sensi dell’art. 97 c.p.c., una responsabilità solidale in ordine all’obbligazione dedotta in giudizio oppure una mera comunanza di interessi tra le parti, che può sussistere indipendentemente dalla prima e che è correlabile anche ad una convergenza di atteggiamenti difensivi. Richiesta di patteggiamento. Alla luce di quanto esposto, la Corte di Cassazione dichiara che, nel caso di parte civile costituita nei confronti di più imputati, ricorrendone le condizioni, ben può essere disposta la solidarietà nel pagamento delle spese processuali in favore dell’anzidetta parte. Applicando il principio al caso di specie – come si legge nella sentenza -, è di tutta evidenza che a fronte della domanda risarcitoria, avanzata da ciascuna associazione nei confronti di tutti gli imputati che avevano fatto richiesta di patteggiamento ed attinente ad un danno prodotto dal concorso delle condotte ai medesimi contestate, si profila un’obbligazione solidale dei ricorrenti. Vista la natura autonoma dell’obbligazione civilistica, derivante dallo specifico illecito che assuma anche rilevanza penale, si può affermare che anche nel procedimento penale, come nel procedimento civile, che potrebbe essere autonomamente instaurato, opera, a tutela del danneggiato, la regola secondo cui tra i corresponsabili di un danno sussiste sempre responsabilità solidale e paritaria, a nulla rilevando che ciascuno di essi abbia contribuito al verificarsi dell’evento dannoso finale, rendendosi inadempiente a obblighi scaturiti da fonti diverse. Ritenuta la sussistenza di un’obbligazione solidale gravante in capo ai ricorrenti, di conseguenza deve inferirsi che nessuna censura può essere mossa alla sentenza impugnata che ha disposto la solidarietà dei medesimi ricorrenti nel pagamento delle spese liquidate in favore delle parti civili costituite. Da qui la dichiarazione di infondatezza dei ricorsi ed il loro rigetto con la condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 novembre 2016 – 13 gennaio 2017, n. 1681 Presidente Diotallevi – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 22 luglio 2015, il Gip presso il Tribunale di Venezia ha accolto la richiesta di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p., formulata dagli odierni ricorrenti, condannandoli anche al pagamento delle spese a favore delle parti civili costituite. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori degli imputati, in atti generalizzati, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. D.G. 1 violazione di norma sostanziale con riferimento all’art. 4 del D.M. 10 marzo 2014 n. 55, per essere stato il compenso, liquidato al difensore di WWF Italia, Italia Nostra ed Ecoistituto Veneto, aumentato nella misura del 250% anziché del 100%, pur essendosi il predetto difensore costituito solo nei confronti di 6 imputati 2 assenza di motivazione in merito all’aumento del compenso dei difensori delle parti civili costituite, operato ai sensi dell’art. 4 del D.M. citato aumento da considerarsi comunque soggetto all’obbligo di motivazione e non un semplice automatismo, tanto più in ragione del fatto che il giudice aveva concesso il parametro massimo nella fase di studio, ben satisfattivo del lavoro svolto. C.D. 1 Nullità della sentenza per essere stata disposta la condanna in solido degli imputati al pagamento delle spese liquidate in favore delle parti civili, senza operare una ripartizione soggettiva e proporzionale alle singole ipotesi di reato, siccome ascritte nei capi di imputazione, e senza considerare che difetta una norma che preveda la solidarietà passiva tra soggetti condannati per reati diversi e contestati in capi autonomi 2 violazione di legge e difetto di motivazione in ordine alla liquidazione delle spese, effettuata in favore delle parti civili. In particolare, gli aumenti in percentuale del 20% e del 5% sarebbero stati erroneamente moltiplicati per 10 patteggiamenti e poi ancora per altri 10, anziché una sola volta, e difetterebbero di motivazione la ripartizione delle singole voci di tariffa non offrirebbe alcun parametro di valutazione della congruità degli importi liquidati, specie quelli quantificati ai massimi per la fase di studio, non giustificati dall’impegno profuso, soprattutto con riguardo a Legambiente e alla Provincia di Venezia, costituitesi quando agli atti era già stato concordato il patteggiamento del C. con il P.M F.F. 1 Inosservanza o erronea applicazione della legge penale per avere il Gip condannato genericamente tutti gli imputati al pagamento in solido di un’unica somma complessiva, riconosciuta per ogni parte civile, senza operare le giuste distinzioni e i conteggi per ogni singola posizione processuale. 2 Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, non essendo corretto né motivato l’aumento del 20% e del 5%, atteso che l’art. 12 del D.M. n. 55 del 2014 è predisposto in favore della maggiore e più consistente prestazione svolta dal difensore che assiste più parti, mentre nel caso in esame ogni difensore assisteva un’unica parte civile, tranne WWF, Italia Nostra ed Ecoistituto, tutti difesi da un unico legale. Inoltre, gli aumenti risultano ingiustificati atteso che le parti civili non avrebbero potuto effettuare alcuna attività defensionale in relazione alla verifica dei patteggiamenti. I conteggi risulterebbero errati pur essendo stati riconosciuti le stesse voci e gli stessi importi, vi sarebbe una differenza di calcolo tra la somma liquidata in favore della Regione Veneto Euro 10.015 oltre 15% per spese generali e quella in favore della Provincia di Venezia Euro 9.985,00 oltre 15% per spese generali , non giustificata e non corretta neppure se si tiene conto della somma di Euro 27,00 liquidata a titolo di spese in favore solo della Regione Veneto. B.G. , BO.GU. E B.M. . 1 Nullità dei capi della sentenza relativi alla condanna in solido di tutti gli imputati al pagamento delle spese di costituzione e rappresentanza in favore delle parti civili, essendo prevista soltanto la solidarietà passiva tra imputato e responsabile civile e non tra imputati per reati tra loro diversi e contestati in diversi capi di imputazione, ognuno dotato di una propria specifica individualità pur nell’ambito di un unico giudizio, cementato da una riunione disposta per semplice connessione soggettiva o probatoria quando non per ragioni di opportunità processuale. La solidarietà non si desumerebbe nemmeno dall’art. 187 c.p.p., che sancisce la solidarietà solo per i condannati per uno stesso reato né dall’art. 535 c.p.p. che, in seguito all’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, prevederebbe il criterio di accollo pro quota e non il vincolo della solidarietà quale regola di imputazione delle spese 2 Omessa motivazione in ordine sia alla solidarietà che alla congruità della liquidazione delle spese civili e agli aumenti, operati nella misura del 20% per altri dieci patteggiamenti e nel 5% per i successivi dieci, pur non avendo la pluralità di soggetti determinato un apprezzabile aumento comunque non nell’entità stabilita dal giudice dell’impegno profuso in tale fase del procedimento. P.M. . 1 Errata qualificazione del fatto perché la contestazione di cui all’art. 416 c.p., per il quale non vi sono prove, non avrebbe ragione di sussistere, atteso che egli risponde solo - quale reato fine - di quello ex art. 515 c.p., commesso semmai in concorso con un unico soggetto Ba.Lu. , che sul punto, in sede di interrogatorio dinanzi al P.M., ha escluso qualsiasi ruolo nella vicenda del P. , facendo venir meno ogni possibile ipotesi di partecipazione all’associazione, che richiede almeno la presenza di tre persone 2 Nullità del provvedimento di ammissione di tutte le parti civili, mancando i presupposti di legge per ritenere la legittimazione attiva delle stesse nei confronti del P. , non essendogli stato contestato il reato di cui all’art. 635 c.p. e non avendo la condotta materiale, come inquadrata nella richiesta di rinvio a giudizio, evidenziato profili di danno nei confronti dei diritti e degli interessi singoli, diffusi o collettivi rappresentati dalle parti civili 3 Illegittimità della solidarietà disposta per la liquidazione dei compensi dei difensori delle parti civili, desumibile anche dall’art. 541 c.p.p. 4 Assenza di motivazione in relazione alla scelta di applicazione di parametri diversi da quelli indicati nella tabella allegata al D.M. n. 55 del 2014, quantomeno in relazione alla voce fase di studio per la quale risulterebbe riconosciuta una somma assai lontana dai valori medi ma parametrata ai massimi assenza di motivazione sugli incrementi delle somme determinate, dettati dal numero dei soggetti coinvolti. All’odierna udienza camerale è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all’esito, questa Corte, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti. Considerato in diritto 1. I ricorsi proposti sono infondati. 1.1 Ad eccezione di D.G. , tutti gli altri ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata nella parte relativa alla loro condanna al pagamento in solido delle spese in favore dei difensori delle parti civili costituite. Ad avviso dei predetti ricorrenti, infatti, la menzionata condanna in solido non troverebbe un aggancio normativo, non essendo prevista né dall’art. 541 c.p.p., che dispone la solidarietà solo tra imputato e responsabile civile, né dall’art. 535 c.p.p., che, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, stabilisce il criterio dì accollo pro quota e non il vincolo della solidarietà quale regola di imputazione delle spese processuali. Tale assunto non può essere condiviso. In tema di spese relative all’azione civile, la norma cardine, enunciata dall’art. 541 c.p.p., dispone che, quando il giudice accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, condanna l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di compensarle in tutto o in parte, se ricorrono giusti motivi. L’art. 541 c.p.p., nella sua formulazione letterale, fa riferimento solo all’imputato e al responsabile civile, tenuti, per l’appunto, al pagamento in solido delle spese processuali in favore della parte civile costituita, ma non prevede espressamente la disciplina, relativa alle spese processuali, da applicare in caso di parte civile costituita nei confronti di più imputati. Al fine di desumere tale disciplina, non può trascurarsi di considerare la peculiarità della posizione della parte civile, che, pur nell’ambito del processo penale, esercita comunque un’azione civile. Il che all’evidenza comporta una lettura dell’art. 541 c.p.p. da raccordare con la disciplina dettata dal legislatore con riguardo alle spese processuali da liquidare nel processo civile ambito, quest’ultimo, nel quale la norma che viene in rilievo è l’art. 97 c.p.c., che prevede che se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa, potendo anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune di esse, quando hanno interesse comune . A tal riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che la condanna solidale al pagamento delle spese processuali nei confronti di più parti può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi che può desumersi anche dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria cfr., ex multis, Cass. civ., Sez. 3, n. 16056 del 29.7.2015, Rv 636621 Sez. 2, n. 17281 del 12.8.2011, Rv 618984 . La condanna in solido delle parti alla rifusione delle spese processuali postula, dunque, ai sensi dell’art. 97 c.p.c., una responsabilità solidale in ordine all’obbligazione dedotta in giudizio oppure una mera comunanza di interessi tra le parti, che può sussistere indipendentemente dalla prima e che è correlabile anche ad una convergenza di atteggiamenti difensivi. Alla luce di tale principio, che governa il processo civile e che deve orientare l’interpretazione dell’art. 541 c.p.p., deve allora affermarsi che, nel caso di parte civile costituita nei confronti di più imputati, ricorrendone le condizioni prima indicate, ben può essere disposta la solidarietà nel pagamento delle spese processuali in favore dell’anzidetta parte. Del resto, che questo sia il criterio ermeneutico da applicare trova conferma anche dalla lettura dello stesso art. 541 c.p.p., che, nel prevedere la condanna in solido dell’imputato e del responsabile civile al pagamento delle spese processuali della parte civile, ha all’evidenza considerato che costoro sono tenuti a rispondere in solido delle conseguenze dannose scaturenti da un reato e, normalmente, hanno anche un interesse comune a contrastare la pretesa civilistica. Né, d’altra parte, può soccorrere in senso contrario la norma dettata dall’art. 535 c.p.p., che, disciplinando le spese relative al processo penale, ha un presupposto ed un ambito applicativo diversi rispetto a quelli dell’art. 541 c.p.p., ove, come detto, ciò che viene in rilievo è la statuizione sulle spese processuali attinenti ad un’azione civile. Applicando tale principio al caso di specie, deve innanzitutto ricordarsi che le Associazioni, che si sono costituite parti civili nei confronti di tutti gli odierni ricorrenti, hanno agito al fine di ottenere il risarcimento del danno da esse subito, che, come risulta dall’ordinanza del 29.6.2015, richiamata nella motivazione della sentenza impugnata, è stato prodotto dal concorso di tutte le condotte ascritte agli imputati, cagionanti una grave alterazione dell’ecosistema lacunare. In particolare, come si legge nella menzionata ordinanza, dalla lettura del capo d’imputazione risulta che gli imputati nel periodo oggetto di indagine hanno costituito e gestito in forma associativa o comunque in forma concorsuale un ben collaudato sistema di sfruttamento dei fondali della laguna di Venezia, procedendo ad attività di pesca abusiva con l’utilizzo di strumenti meccanici , di raccolta e di successiva commercializzazione del prodotto abusivamente pescata Tali condotte accertate hanno provocato una grave alterazione dell’ecosistema lagunare . È di tutta evidenza allora che a fronte della domanda risarcitoria - avanzata da ciascuna Associazione nei confronti di tutti gli imputati che avevano fatto richiesta di patteggiamento ed attinente ad un danno prodotto dal concorso delle condotte ai medesimi contestate - si profilava un’obbligazione solidale degli odierni ricorrenti. Va ricordato, infatti, che questa Corte ha già avuto modo di affermare cfr. Cass., sez. 4, n. 16998 del 24.1.2006, Rv 233832 Cass., sez. 4, n. 49346 del 27.10.2004, Rv 230580 che la natura autonoma dell’obbligazione civilistica, derivante dallo specifico illecito che assuma anche rilevanza penale, comporta una lettura dell’art. 187 c.p. alla luce della disciplina, successivamente adottata dal legislatore, dell’art. 2055 c.c Tale conclusione comporta la conseguenza che anche nel procedimento penale, come nel procedimento civile, che potrebbe essere autonomamente instaurato, opera, a tutela del danneggiato, la regola secondo cui tra i corresponsabili di un danno sussiste sempre responsabilità solidale e paritaria, a nulla rilevando che ciascuno di essi abbia contribuito al verificarsi dell’evento dannoso finale, rendendosi inadempiente a obblighi scaturiti da fonti diverse. In questa prospettiva la previsione dell’art. 187 comma 2 c.p. impone la solidarietà nel caso di condanna di più soggetti per uno stesso reato ma non la esclude quando più condotte, sia pure a titolo diverso, abbiano concorso a determinare un unico evento dannoso. Ritenuta, dunque, la sussistenza, nell’ambito del rapporto sostanziale dedotto dalle parti civili, di un’obbligazione solidale gravante in capo ai ricorrenti, autori di un danno cagionato con il concorso di tutte le condotte ad essi ascritte, pur se tra loro diverse, deve di conseguenza inferirsi che nessuna censura può muoversi alla sentenza impugnata, che, di riflesso, ha disposto la solidarietà dei medesimi ricorrenti nel pagamento delle spese liquidate in favore delle parti civili costituite. 1.2 Vanno disattese anche le censure mosse da C.D. , F.F. , P.M. nonché B.G. , Bo.Gu. e B.M. , relative all’asserita mancanza di motivazione in ordine agli importi liquidati dal Gip per ciascuna delle fasi in cui si è snodata l’attività dei difensori delle parti civili importi che sarebbero anche non congrui in relazione alla concrea attività difensiva espletata. Sebbene questa Corte abbia affermato che è ricorribile per cassazione la sentenza di patteggiamento nella parte relativa alla condanna alla rifusione delle spese di parte civile, in particolare per quanto attiene alla legalità della somma liquidata e all’esistenza di una corretta motivazione sul punto, una volta che sulla relativa richiesta, proposta all’udienza di discussione, nulla sia stato eccepito Sez. U., n. 40288 del 14.7.2011, Rv 250680 , deve tuttavia ritenersi che non è consentita l’impugnazione per cassazione della sentenza di patteggiamento, sotto il profilo del vizio di motivazione, se l’impugnazione non è accompagnata dall’esposizione, sia pure sommaria, delle ragioni di illegittimità della liquidazione e non venga addotta la violazione dei limiti tariffari relativi alle attività certamente svolte dal patrono di parte civile cfr. Sez. 5, n. 31250 del 25.6.2013, Rv 256358 Sez. 5, n. 5053 del 27.11.2015, Rv 266053 . Nel caso in esame, le censure sollevate attengono alla mancanza di motivazione e di congruità degli importi liquidati, specie quelli relativi alla fase di studio, quantificati in misura superiore ai valori medi, ma non evidenziano la violazione dei limiti tariffari. Del resto, la violazione dei limiti tariffari neppure si riscontra in concreto, a fronte di una liquidazione che nell’importo complessivo delle voci liquidate per le fasi di studio, introduttiva e decisionale è pressoché pari all’importo ottenibile sommando i valori medi, previsti dall’art. 12 del D.M. n. 55 del 2014 per le singole anzidette fasi. Peraltro, la liquidazione in concreto disposta è il risultato, da un lato, dell’aumento del valore medio fissato per la fase di studio e, dall’altro, della diminuzione del valore medio previsto per la fase decisionale. Operazioni, queste, del tutto in linea con la stessa previsione dell’art. 12 citato, che consente tali variazioni aumento fino all’80% e diminuzione fino al 50% , e del tutto coerenti con il rilievo che, nel caso in esame, pur essendosi addivenuti al patteggiamento, la fase di studio aveva richiesto un impegno particolare, avuto riguardo alla complessità delle imputazioni, ascritte a ciascun imputato. 1.3 Anche le censure, sollevate da tutti i ricorrenti in ordine agli aumenti disposti ai sensi dell’art. 4 D.M. n. 55 del 2015, sono infondate. A Va osservato, innanzitutto, che non ha pregio la doglianza, sollevata nel ricorso di D.G. , secondo cui, essendosi il difensore di WWF Italia, Italia Nostra e Ecoistituto Veneto costituito nei confronti solo di sei imputati, il compenso da liquidargli non poteva essere aumentato del 250% ma solo del 100% 20 x 5 , sicché sarebbe stato violato l’art. 4 D.M. 10 marzo 2014 n. 55. A tal riguardo, infatti, è agevole rimarcare che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la costituzione di WWF Italia, Italia Nostra e Ecoistituto Veneto è avvenuta nei confronti di tutti gli imputati, ad eccezione di 4 Do.An. , G.A. , P.L. , T.E. , come risulta chiaramente dal relativo atto di costituzione. Ne discendono, da un lato, l’erroneità dell’assunto del ricorrente e, dall’altra, la corretta applicazione del menzionato art. 4 D.M. 10 marzo 2015, n. 55 da parte del giudice della sentenza impugnata. B Anche la residua doglianza del D. , comune a tutti gli altri ricorrenti, va disattesa. L’art. 4 del D.M. citato, infatti, prevede che l’aumento del compenso al difensore, nel caso in cui questi assiste un solo soggetto contro più soggetti, è disposto di regola , con la conseguenza che l’applicazione di tale aumento è del tutto conforme alla previsione normativa e trova evidente giustificazione nella diversità e complessità delle posizioni degli imputati in relazione ai quali è stato disposto l’aumento, dapprima, del 20% e, poi, del 5%. C Contrariamente a quanto dedotto da C.D. , nessun errore inficia l’aumento del 20% operato per 10 patteggiamenti e del 5% operato per altri 10 patteggiamenti, posto che l’art. 12 de quo non prescrive che gli aumenti del 20% e del 5% sono effettuati una sola volta ma dispone che il compenso può essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 20%, fino ad un massimo di 10 soggetti, e del 5% per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino ad un massimo di venti . D Diversamente da quanto asserito da F.F. , l’aumento anzidetto è previsto anche nel caso di difensore che assiste una sola parte nei confronti di più parti, sicché del tutto corretto si appalesa l’aumento operato in sentenza anche in favore del difensore di un’unica Associazione. 1.4 Passando alle residue censure sollevate da P.M. , va disattesa quella relativa all’erroneità della qualificazione dei fatti contestatigli. Devesi infatti ricordarsi, in linea con quanto affermato anche dalle Sezioni Unite sentenza n. 5838 del 28 novembre 2013, dep. 6 febbraio 2014, in motivazione , che, in tema di patteggiamento, il ricorso per cassazione può denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto, purché, però, l’errore sul nomen iuris sia manifesto e non anche quando la diversa qualificazione presenti margini di opinabilità. Nel caso di specie, la deducibilità dell’invocato errore deve essere esclusa, non risultando prima facie erronea o strumentale la qualificazione giuridica dei fatti, così come proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo. 1.5 Del pari va disattesa la doglianza del predetto P. relativa all’affermazione della legittimazione attiva delle costituite parti civili. A tal riguardo, va rilevato che il ricorrente non si confronta adeguatamente con l’ordinanza del 29.6.2015 con cui è stata ammessa la costituzione di parte civile, nella quale si dà specificamente atto che tutte le condotte ascritte agli imputati anche quelle inquadrabili nel reato di cui all’art. 515 c.p., ossia quella contestata al medesimo P. hanno concorso alla determinazione del danno per la cui tutela hanno agito le parti civili. 2. Il rigetto dei ricorsi comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.