Per l’associazione a delinquere, vi deve essere consapevolezza dei membri e predisposizione strutturale

Come si prova l’esistenza di un sodalizio criminoso? Quali caratteristiche deve avere da un punto di vista strutturale l’associazione per essere illecita? E quali sono gli elementi soggettivi da rinvenire nei soci?

A queste domande risponde la Corte di Cassazione con la sentenza n. 859/17 depositata il 10 gennaio. Il caso. Il PM della Procura di Pisa ricorreva in Cassazione avverso l’ordinanza che aveva disposto l’annullamento dell’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto accusato dei delitti di associazione a delinquere e truffa di carattere finanziario. Motivo di doglianza era la errata valutazione del Tribunale, che riteneva non configurabile il reato associativo nei casi in cui manchi corrispondenza di profitti illeciti tra la somma dei singoli reati-fine e l’importo complessivo del reato associativo. La prova dell’associazione criminosa. Secondo la Corte di Cassazione, quando si tratta di associazione a delinquere, al giudice è consentito dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive , pur tenendo conto dell’autonomia del reato-mezzo rispetto ai reati-fine. I caratteri dell’associazione criminosa. Prosegue la Corte dicendo che l’appartenenza di un soggetto ad un’associazione criminale è configurabile anche se esso partecipa ad un solo reato-fine, ma la modalità d’azione e il ruolo svolto siano indicatori chiari dell’esistenza di un vincolo ad esempio, quando detto ruolo non avrebbe potuto essere affidato a soggetti estranei, oppure quando l’autore del singolo reato impieghi mezzi e sistemi propri del sodalizio in maniera autonoma e dimostrandosi perciò membro e non persona che li utilizzi occasionalmente. Per questi motivi, la mancanza di tali elementi nel caso di specie fa sì che non appaiano censurabili le valutazioni operate dal giudice d’appello, non emergendo indizi gravi in merito alla configurabilità dei delitti di associazione a delinquere. Quest’ultima deve avere una predisposizione strutturale, sia pur minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti , con in più il carattere della consapevolezza in capo ai membri di far parte di un sodalizio durevole, corroborata dalla disponibilità ad operare nel tempo per l’attuazione del programma criminoso comune . Il quadro probatorio analizzato dal giudice di merito, però, tenderebbe ad escludere che la fattispecie sia del tipo appena indicato. Per questi motivi il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 maggio 2016 – 10 gennaio 2017, n. 859 Presidente Bruno – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 11.3.2016 il Tribunale del riesame di Firenze annullava l' ordinanza in data 10.2.2016 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pisa, applicativa della misura degli arresti domiciliari nei confronti di M.G., non ravvisando i gravi indizi di colpevolezza a carico del predetto in ordine ai delitti di associazione per delinquere di cui ai capi A e B artt. 416 c.p., 3 L. n. 146/2006 , associazioni dedite alla commissione di più reati di abusivismo finanziario e di truffa in danno di numerosi clienti ed investitori commessi, il primo, a Pontedera e altrove dal 2005 al 2012 e l'altro in Italia e all'estero Cina e Spagna dal 2012 ad oggi. 1.2. Rilevava il Tribunale, tra l'altro, che apparivano fondate le deduzioni difensive relative al mancato rinvenimento dei decreti autorizzativi delle intercettazioni richiamate nell'informativa della Polizia Giudiziaria in data 11.1.2016, ma l'inutilizzabilità conseguente alle comunicazioni intercettate non esimeva, tuttavia, dall'effettuare la necessaria prova di resistenza in relazione alle altre risultanze acquisite nell'ordinanza impugnata risultavano indicati alcuni delitti fine diversamente che nell'ordinanza del riesame che aveva già annullato l'ordinanza emessa nei confronti dei M., per i medesimi reati, per mancata/incompleta esposizione della motivazione , ma tali indicazioni altro non erano che quelle di cui alla richiesta del P.M. di sequestro preventivo, richiamata anche nell'ordinanza del G.I.P., già prese in esame nel pronunciarne l'annullamento, quanto ai delitti di abusivismo finanziario, poiché già era stata valutata dal Tribunale l'inadeguatezza di tali contestazioni sia avuto riguardo agli importi che venivano in rilievo, sia avuto riguardo ai collegamenti che non si coglievano nella commissione di più reati da parte di almeno tre soggetti a fondare a livello sia pure indiziario la ricorrenza dei delitti associativi ipotizzati 2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso il P.M. della Procura di Pisa, deducendo che il motivo principale di censura proposto verte sulla valutazione del Tribunale, secondo cui non si potrebbe configurare un reato associativo, sul piano gravemente indiziario, laddove risulti carente una corrispondenza d'illeciti profitti tra la somma dei singoli reati fine contestati rispetto all'importo complessivo del reato associativo al riguardo, a tutti gli indagati è stato contestato di essere stati capi-promotori di un'associazione a delinquere finalizzata al compimento di un'illecita attività d'intermediazione finanziaria 166 D.L.vo 24 febbraio 1998, n. 58 , la cui configurazione si realizza nel momento in cui un soggetto -insieme ad una struttura organizzata di uomini e di mezzi si propone sul mercato finanziario per svolgere un'attività d'investimento, senza avere alcuna abilitazione rilasciata dai rispettivi organismi che lo possa legittimare ad esercitare tale attività tale dato probatorio, richiamato nel provvedimento del G.i.p. e risultante in atti, rappresenta il presupposto fondamentale per poter sostenere che laddove sia stato trovato un contratto di affitto titoli finanziari si configura un reato fine di cui all'art. 166 D.L.vo 24 febbraio 1998, n. 58, anche se non formalmente contestato in sede cautelare ciò che conta è la sussistenza dei gravi indizi in ordine al reato associativo contestato, unico titolo legittimante la misura custodiale emessa, da desumersi dagli elementi riportati nel provvedimento censurato, indipendentemente dal fatto che tali elementi siano o meno stati formalmente contestati come reati fine il vizio motivazionale dei Tribunale di Firenze appare chiaro laddove -pur dando atto della presenza di un elenco stilato dalla Guardia di finanza riportante in sintesi tutti i contratti, le fatture, i soggetti intervenuti, gli importi e ogni altra documentazione a corredo delle operazioni illecite poste in essere dall'associazione ha concluso affermando che non risulta specificamente in base a quali elementi le operazioni in questione sarebbero da considerarsi illecite, rendendo evidente il vizio del mancato riconoscimento in radice che tutti quei contratti, fatture e documenti -redatti e compilati da soggetti non abilitati a svolgere quell'attività rappresentano di per sè delle operazione illecite che configurano, ognuna, un reato fine di cui all'art. 166 D. L. vo 24 febbraio 1998, n. 58 e, in quanto operazioni svolte con un'organizzazione costituita da società dislocate in più paesi, con i mezzi e ruoli evidenziati dal G.i.p. nei suoi provvedimenti annullati, portano a cementare le solide fondamenta dei reati associativi contestati nella fattispecie vi sono prove documentali certe che gli indagati svolgevano un'attività illecita d'intermediazione finanziaria, costituendo molteplici società in tutto il mondo, predisponendo contratti di affitto titoli finanziari, accedendo alle piattaforme di analisi finanziaria Bloomberg o Euroclear e Clearstream , per falsificare le visure, in modo da far risultare i titoli dati in affitto apparentemente in possesso delle proprie società, invece che ai gruppi e bancari reali possessori del titolo i considerevoli importi, riportati nei reati associativi contestati agli indagati, rappresentano la somma degli illeciti profitti da essi ricevuti, così come ricavabili dalla documentazione agli atti e riepilogata per comodità nell'elenco dalla Guardia di Finanza, in cui risulta come causale il pagamento per lo svolgimento di un'illecita attività d'intermediazione finanziaria il GIP di Pisa ha dato abbondantemente atto degli elementi per ritenere configurabili i singoli reati associativi contestati, nonché le sussistenza della condotte di capi promotori ascrivibili a M.G., a T.W. e ad A.M 3. In data 19.5.2016 il M. ha depositato memoria, a mezzo dei suo difensore di fiducia, concludendo per l'inammissibilità dei ricorso, allegando il provvedimento dei Tribunale dei riesame del 21.12.2015 con il quale era stata annullata la precedente ordinanza dei G.i.p. dei Tribunale di Pisa nei confronti del M Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile siccome generico e, comunque, manifestamente infondato. 1. Il ricorso dei P.M. mira dichiaratamente a censurare principalmente la valutazione dei Tribunale dei riesame circa l'impossibilità di configurare un reato associativo nel momento in cui risulta carente una corrispondenza d'illeciti profitti tra la somma dei singoli reati fine contestati rispetto all'importo complessivo del reato associativo. Tale doglianza che si accompagna alla generica deduzione circa la mancata esatta considerazione da parte dei Tribunale dei reati fine di cui all'art. 166 D. L. vo 24 febbraio 1998, dei quali vi sarebbe evidente prova in atti non si confronta con quanto specificamente evidenziato nel provvedimento dei riesame impugnato circa la mancanza di elementi indiziari gravi nei confronti dei M. in ordine al reato associativo per il quale era stata applicata dal Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale di Pisa, la misura degli arresti domiciliari. 1.1.In particolare, ritiene il Collegio che i punti sui quali il P.M. avrebbe dovuto, invece, incentrare le sue censure, in relazione al percorso argomentativo dei Tribunale ossia con riguardo 1 al mancato rinvenimento dei decreti autorizzativi delle intercettazioni richiamate nell'informativa della Polizia Giudiziaria in data 11.1.2016, con conseguente inutilizzabilità delle comunicazioni intercettate 2 all'indicazione nell'ordinanza impugnata dei delitti fine diversamente che nell'ordinanza dei riesame che aveva già annullato l'ordinanza emessa nei confronti del M. , indicazione questa ritenuta dal Tribunale del riesame inidonea ad integrare un grave quadro indiziario, altro non essendo essa che quella di cui alla richiesta dei P.M. di sequestro preventivo, richiamata anche nell'ordinanza dei G.i.p. dei 13.8.2015, già presa in esame, quanto ai delitti di abusivismo finanziario, e già considerata, sempre dal Tribunale dei riesame, con l'ordinanza dei 21.12.2015 insufficiente a desumere i gravi indizi dei plurimi delitti associativi ipotizzati 3 al lungo elenco, stilato dalla Guardia di Finanza, riportante in sintesi tutti i contratti, le fatture, i soggetti intervenuti, gli importi e ogni altra documentazione a corredo delle operazioni illecite poste in essere dall'asserita associazione, ma tale dato che potrebbe essere significativo in relazione al delitto di cui all'art. 166 D.Lgs. n. 58/1998 o a quello di truffa risultava ancor più che ambiguo, silente e privo di effettivo significato per le ragioni indicate quanto alla sussistenza di un delitto associativo e alla partecipazione a esso dell'uno o dell'altro indagato 4 alle conversazioni intercettate intercorse tra alcuni degli indagati, che, oltre ad incorrere nel limite indicato della loro utilizzabilità, attengono piuttosto ai delitti fine ipotizzati e non consentono di fondare indizi gravi dei delitti associativi, rilevando ulteriormente che tali delitti fine riguarderebbero tempi molto risalenti anni 2009-2011 , talché non potrebbero che riguardare solo il primo delitto associativo, e che gli elementi richiamati emersi quanto ai responsabili di tali delitti-fine concernerebbero solo le posizioni di due dei presunti associati, il M. e T.W 2.A fronte di tale percorso logico il P.M. nell'articolare il ricorso in esame ha censurato solo un segmento, peraltro non decisivo, delle argomentazioni del provvedimento impugnato omettendo, invece, di confrontarsi con il nucleo essenziale del ragionamento circa l'insussistenza della gravità indiziaria in ordine ai due reati associativi ipotizzati dall'accusa. Invero, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 . 2.1. E' vero che questa Corte ha più volte evidenziato che in tema di associazione per delinquere è consentito al giudice, pur nell'autonomia del reato mezzo, rispetto ai reati fine, dedurre la prova dell'esistenza dei sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive, posto che attraverso essi si manifesta in concreto l'operatività dell'associazione medesima Sez. 2, n. 19435 dei 31/03/2016 , tuttavia, nel caso di specie, occorre considerare che il Tribunale del riesame aveva già segnalato nel precedente provvedimento di annullamento dei 21.12.2015 che i reati fine in questione si presentano in numero limitato in relazione alle associazioni per delinquere ipotizzate ed all'entità considerevole degli importi complessivi degli illeciti profitti che si assumono realizzati da ciascun sodalizio e, comunque, da essi non appare ricavabile la partecipazione di almeno tre associati a ciascuna associazione, benchè taluni degli associati non rispondano di alcun delitto fine. Tale provvedimento, come ben evidenziato dal M. nelle memorie depositate in data 19.5.2016, non ha costituito oggetto di impugnazione da parte del P.M., sicchè occorreva che con il ricorso quei medesimi elementi già ritenuti insufficienti ai fini della configurabilità dei reati associativi, non fossero riproposti senza l'apporto di altri ovvero in assenza di una lettura non ripetitiva dei vizi già segnalati dal Tribunale del riesame con l'ordinanza del 21.1.2015. 2.2. L'appartenenza di un soggetto ad un sodalizio criminale può essere ritenuta, anche in base alla partecipazione ad un solo reato fine, sempre che il ruolo svolto e le modalità dell'azione siano tali da evidenziare la sussistenza del vincolo e ciò può verificarsi solo quando detto ruolo non avrebbe potuto essere affidato a soggetti estranei, oppure quando l'autore del singolo reato impieghi mezzi e sistemi propri del sodalizio in modo da evidenziare la sua possibilità di utilizzarli autonomamente e cioè come membro e non già come persona a cui il gruppo li ha posti occasionalmente a disposizione Sez. 5, n. 6446 del 22/12/2014 . 2.3.Non appare censurabile in definitiva la valutazione operata dal Tribunale secondo cui dagli elementi posti a fondamento della richiesta di adozione della misura cautelare nei confronti del M. non emergono in sostanza gravi indizi in merito alla configurabilità dei delitti di associazione per delinquere di cui alle contestazioni provvisorie per i quali è indubbiamente necessaria la predisposizione di un'organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte di singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole e di essere disponibili ad operare nel tempo per l'attuazione del programma criminoso comune Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013 . Al di là del generico riferimento al fatto che né l'indagato, né le società asseritamente a lui facenti capo sono abilitati a svolgere attività di intermediazione finanziaria e della apodittica affermazione che dalla attività abusiva dallo stesso posta in essere è dato evincere la condotta associativa, alcun ulteriore significativo elemento risulta enunciato in ricorso ad illustrazione della ricorrenza dei sodalizi contestati Quanto specificamente al ruolo di capo promotore asseritamente rivestito dall'indagato nei sodalizi, il P.M., peraltro, si limita a richiamare gli elementi considerati dal G.i.p. senza tuttavia esattamente indicarli. 3. Il Tribunale ha altresì considerato anche l'elenco stilato da G.di F. riportante in sintesi i contratti e le fatture ed ogni altra documentazione rappresentativa delle operazioni illecite poste in essere dall'indagato ed anche sul punto senza illogicità ha rilevato come tali elementi potrebbero essere significativi in relazione ai reati di cui all'art. 166 D.Lgs. n. 58/1998 o a quello di truffa, ma non per la sussistenza di un delitto associativo e della partecipazione a esso dell'uno o dell'altro indagato. 3.1. In proposito, deve rilevarsi come l'ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne' alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell'indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice cui è stata chiesta l'applicazione della misura cautelare, nonché del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò, circoscritto all'esclusivo esame dell'atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, ossia l'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l'assenza di illogicità evidenti, in relazione alla congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento Cass. Sez. 6, sent. n. 2146 del 25.05.1995, Tontoli ed altro, Rv. 201840 . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso del P.M.