Vandalo seriale in azione e condannato a 7 mesi di reclusione

Definitiva la sanzione per un uomo beccato a danneggiare un bene mobile. Riconosciuta l’aggravante della esposizione alla pubblica fede. Negativo anche il fatto che l’uomo si sia reso protagonista di successivi due episodi di danneggiamento.

Vandalo in azione. Condotta non gravissima, ma valutata comunque come danneggiamento, e punita con ben 7 mesi di reclusione Corte di Cassazione, sentenza n. 1, depositata il 2 gennaio 2017 . Punibilità. Ultima carta giocata dal difensore è il ricorso in Cassazione. Obiettivo è vedere ridimensionata la pena decisa nei confronti del suo cliente, ritenuto responsabile di danneggiamento aggravato . Per il legale, innanzitutto, è illogico parlare di esposizione alla pubblica fede , poiché il bene mobile danneggiato era sotto il controllo costante del proprietario. Allo stesso tempo, poi, va riconosciuta, sempre secondo il difensore, la non punibilità , vista la particolare tenuità del fatto . Neanche nelle aule del ‘Palazzaccio’, però, prendono vigore le ragioni proposte in difesa del presunto danneggiatore. Per i magistrati della Cassazione, difatti, è stato accertato, tra primo e secondo grado, che la sorveglianza sul bene era discontinua . Ciò rende legittimo il riconoscimento della esposizione alla pubblica fede . Dall’altro lato, poi, viene esclusa l’ipotesi della non punibilità per tenuità del fatto . Decisiva, secondo i giudici, la constatazione della abitualità del comportamento delittuoso , alla luce di due danneggiamenti realizzati dalla persona sotto accusa.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 novembre – 2 gennaio 2017, n. 1 Presidente Fumu – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Milano confermava la condanna dell'imputato alla pena di mesi sette di reclusione per il reato di danneggiamento aggravato. 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell'imputato che deduceva 2.1. violazione di legge e vizio di motivazione non sussisterebbe l'aggravante dell'esposizione del bene alla pubblica fede in quanto lo stesso era sotto il controllo costante della persona offesa 2.2. vizio di legge e di motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche, denegate nonostante l'imputato avesse ammesso gli addebiti 2.3. vizio di legge e di motivazione in relazione alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale, 2.4. vizio di legge e di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto tenuto conto che non si poteva desumere l'abitualità del comportamento delittuoso dalla commissione di due danneggiamenti ritenuti unificati dal vincolo della continuazione. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. In materia di riconoscimento dell'aggravante dell'esposizione del bene alla pubblica fede il collegio condivide la giurisprudenza secondo cui l'aggravante di cui al n. 7 dell'art. 625 cod. pen. è configurabile anche in caso di sorveglianza saltuaria posto che la ragione dell'aggravamento consiste nella volontà di apprestare una più energica tutela a quelle cose mobili che sono lasciate dal possessore, in modo permanente o temporaneo, senza custodia continua Cass. sez. 2 n. 12880 del 5/03/2015 rv 262779 Cass. sez. 2 n. 561 del 9/12/2008 Rv 2422716 . Anche la sottoposizione del bene a sistemi di videosorveglianza è stata ritenuta inidonea ad elidere la sussistenza dell'aggravante Cass. 2, n. 2724 del 26/11/2015 dep. 2016 Rv. 265808 . Nel caso di specie i giudici di merito con valutazioni conformi nei due gradi di giudizio ritenevano che fosse stata posta in essere dall'imputato una sorveglianza discontinua. 2. Il secondo motivo di ricorso che deduce l'illegittimità del diniego delle circostanze attenuanti generiche è manifestamente infondato. In materia il collegio ribadisce la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 Rv. 248244 Cass. Sez. 1^ sent. n. 3772 del 11.01.1994 dep. 31.3.1994, rv 196880 . La concessione delle attenuanti generiche richiede infatti l'apprezzamento di elementi positivi che orientino la discrezionalità affidata al giudice nella definizione del trattamento sanzionatorio verso la attribuzione di una sanzione meno afflittiva. Nel caso di specie in coerenza con tali indicazioni ermeneutiche non riconosceva l'esistenza di elementi positivi idonei a giustificarla concessione dell'invocato beneficio sanzionatorio tali non essendo la confessione che non portava alcun contributo all'accertamento giudiziale, autosufficiente e la tardiva ed informale offerta risarcitoria. 3. Anche il terzo motivo di ricorso, che censura la legittimità del diniego del beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale è manifestamente infondato. La concessione del beneficio invocato è infatti rimessa all'apprezzamento discrezionale del giudice sulla base di una valutazione delle circostanze di cui all'art. 133 cod. pen., senza che sia necessaria una specifica e dettagliata esposizione delle ragioni della decisione Cass. sez. 3 n. 7608 del 17/11/2009, dep. 2010 Rv. 246183 . Il diniego è coerente con tali indicazioni ermeneutiche e non si presta ad alcuna censura in questa sede. 4. Il motivo di ricorso che deduce l'illegittimo diniego del riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall'art. 131 bis cod. pen. per carenza del requisito dell'abitualità è infondato. In materia il collegio condivide l'autorevole interpretazione fornita dalle sezioni unite secondo cui il comportamento è abituale quando l'autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti, oltre quello preso in esame Cass. sez. un. n. 13681 dei 25/02/2016 Rv. 266591 . Tanto premesso occorre esaminare se il riconoscimento del vincolo della continuazione possa eliminare la condizione ostativa della abitualità della azione deviante. L'art. 131 bis cod. pen. nel descrivere il contenuto dell'abitualità ostativa alla concessione del beneficio richiede uno specifico accertamento giudiziale solo nel caso in cui l'imputato sia stato dichiarato delinquente abituale professionale o per tendenza. Diversamente negli altri due casi previsti dalla norma, ovvero quando vi sia la consumazione di più reati della stessa indole anche se ciascun fatto in sé considerato sia di particolare tenuità , e quando sia contestato un reato che abbia ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate, il riconoscimento della condizione ostativa non richiede una pregressa dichiarazione giudiziale. Osta alla concessione del beneficio la mera reiterazione , ovvero una circostanza squisitamente oggettiva riconoscibile non solo nell'ipotesi di recidiva, ma anche nei casi in cui si proceda a per più reati della stessa indole, anche se gli stessi se isolatamente considerati siano di particolare tenuità, b per un reato a struttura abituale. Perché sia riconoscibile l'attributo dell'occasionalità i comportamenti contestati non solo non devono replicare condotte già oggetto di accertamento giudiziale, ma non devono neanche avere una struttura intrinsecamente abituale o inserirsi in una progressione criminosa consolidabile con il riconoscimento della continuazione Cass. sez. 3 n. 29897 del 28/05/2015, Rv 264034 . Il riconoscimento della continuazione incide sul trattamento sanzionatorio nella misura in cui segnala la minore intensità del dolo espresso nel corso della progressione criminosa, ma non consente di ritenere il fatto, anche nella dimensione consolidata dal riconoscimento dell'unicità del disegno criminoso, come una devianza occasionale , ovvero non reiterata. In sintesi il riconoscimento della continuazione valorizzando l'identità del disegno criminoso incide sulla valutazione del complessivo disvalore della progressione criminosa, ma non elide la circostanza che osta al riconoscimento del beneficio, ovvero la oggettiva reiterazione di condotte penalmente rilevanti. Coerente con tale interpretazione è l'indirizzo giurisprudenziale che non ha ritenuto riconoscibile l'abitualità in caso di concorso formale, essendo in tal caso la condotta unica seppur violativa di plurime disposizioni di legge Cass. sez. 3 n. 47039 del 8/10/2015, rv 265449 . 2. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il giorno 15 novembre 2016.