Crisi e crediti verso lo Stato: non punibile l’imprenditore per il mancato pagamento delle ritenute IRPEF

Per il giudice non c’era dolo nella condotta tenuta dal titolare di una storica azienda metalmeccanica. Il legale, Giovanni Moschetti Questo imprenditore è un eroe. Ha salvato il lavoro di cinquanta dipendenti”.

Più che un imprenditore è un eroe . A parlare così è Giovanni Moschetti, avvocato, e quella che sembra una forzatura è invece la fotografia della realtà certificata dal Tribunale di Pordenone dove un suo cliente imprenditore – difeso assieme a Francesco Moschetti – è stato assolto dall’accusa di omesso versamento nell’anno di imposta 2011” di ritenute alla fonte sugli emolumenti erogati ai dipendenti”. Il suo eroismo si è manifestato nella scelta di salvare una antica e storica impresa metalmeccanica, ancora oggi presente sul mercato nazionale, e i suoi dipendenti, nonostante la grave crisi economica e i mancati pagamenti da parte della pubblica amministrazione Tribunale di Pordenone, sentenza n. 1282/2016, Sezione Penale, depositata il 16 dicembre 2016 . Crisi. È stato dimostrato in modo chiaro che l’imprenditore – d’ora in poi lo chiameremo Jacopo, utilizzando un nome di fantasia – non ha potuto davvero provvedere al pagamento , spiega Moschetti, ma egli ha semplicemente deciso di tenere coraggiosamente in piedi l’azienda , oggi ancora operativa, scegliendo la strada della rateizzazione del debito. Questa visione è stata accolta in toto, come detto, dal giudice di Pordenone, alla luce, sia chiaro, non di un mero racconto, bensì di numeri inequivocabili. Il quadro economico tracciato da Jacopo in aula è stato convincente con la crisi congiunturale del 2011 l’azienda ha visto contrarre drasticamente la produzione, passando da 7milioni e 200mila euro nel 2007 a 4milioni e 600mila euro nel 2011, e a rendere ancora più delicata la situazione ha provveduto il rilevante credito nei confronti della pubblica amministrazione, credito rimasto però sulla carta. E questa difficile situazione è stata valutata con attenzione. Innanzitutto l’industria metalmeccanica si è trovata in una fase di stagnazione, con una flessione del 27,9 per cento della produzione nel periodo dal 2007 al 2015 , e l’azienda di Jacopo ha registrato un calo del valore della produzione passando, ha annotato il giudice, da 6milioni di euro per l’anno 2011 a 4milioni e 600mila euro per l’anno 2012 . A completare il quadro, poi, anche la constatazione che alla data della scadenza erariale l’impresa vantava crediti commerciali per un milione e 50mila euro, di cui 400mila euro verso la pubblica amministrazione , e, per giunta, di quei 400mila euro il 60 per cento, cioè 240mila euro, era già scaduto . E proprio a fronte dei ritardati incassi dei crediti , il sistema bancario all’epoca richiese il rientro immediato dai fidi ottenuti, revocando le linee di credito . Azienda. Per il giudice la situazione tracciata è parsa così grave da rendere giustificabile la scelta di Jacopo di posticipare il versamento delle ritenute, anche tenendo conto che comunque l’azienda ha mantenuto i livelli occupazionali , salvando il posto di lavoro di 50 persone, e ha versato integralmente i contributi INPS e INAIL . Logico, quindi, escludere il dolo nella condotta dell’imprenditore, condotta obbligata a causa di una situazione contingente non affrontabile in altra maniera. Su quest’ultimo punto la decisione del Tribunale di Pordenone è chiaro alla scadenza prevista per il pagamento delle ritenute l’azienda si è trovata ad affrontare una crisi generale del mercato di riferimento che, non dipendente né governabile dall’imprenditore, ha provocato una condizione di illiquidità dell’impresa e, di conseguenza, ha determinato l’impossibilità di adempiere all’obbligo di versamento . Consequenziale, quindi, affermare che l’omesso versamento addebitato a Jacopo non può considerarsi punibile , ha sancito il giudice. E questa valutazione, va aggiunto, è dovuta anche alla constatazione che Jacopo per ripianare l’esposizione debitoria dell’impresa ha pure erogato un finanziamento infruttifero alla società con denari personali e familiari . Medaglia. Per me è un eroe , ripete Giovanni Moschetti. E questa sua affermazione la spiega nei dettagli, mostrando di avere preso a cuore davvero, non solo professionalmente ma anche umanamente, la vicenda di Jacopo Abbiamo dimostrato che lui era impossibilitato a pagare, e che quell’impossibilità è stata causata dallo Stato. Nonostante ciò, e nonostante la crisi, Jacopo si è sostituito allo Stato, e lui personalmente ha tutelato il lavoro, i dipendenti, le loro famiglie, anche depauperando il proprio patrimonio personale . Per rendere ancora più chiaro il quadro, poi, Moschetti snocciola numeri chiari a settembre 2012, epoca dell’omesso versamento, debito IRPEF per 260mila euro e crediti nei confronti della pubblica amministrazione per 460mila euro , di cui 240mila euro come crediti già scaduti da almeno 8 mesi , e poi la decisione delle banche di revocare in 6 mesi 4 milioni di euro di fidi . Per Moschetti non ci sono dubbi bastano questi dati a dimostrare l’impossibilità di pagare per l’imprenditore. Detto in maniera più chiara, l’azienda era sul lastrico , eppure Jacopo ha voluto salvare i suoi dipendenti, ha deciso di combattere, nonostante la crisi, per tenere in piedi l’impresa . Ecco perché lo ritengo un eroe , chiosa il legale. Nessuna sorpresa, quindi, per la sentenza arrivata in Tribunale. Assolutamente no. Abbiamo fornito tutti gli elementi utili per dimostrare che Jacopo era nell’impossibilità di pagare. Ero cosciente che il giudice lo avrebbe assolto. Mi ha stupito, invece, da un lato che anche il pubblico ministero abbia chiesto l’assoluzione, e che poi il giudice non abbia fatto camera di consiglio, decidendo alla luce dei documenti prodotti, della posizione assunta dal pubblico ministero e delle parole di Jacopo . E poi è illogico parlare di sorpresa” perché, sottolinea Moschetti, è stata applicata la giustizia , poiché l’imprenditore ha dimostrato che era nell’impossibilità di pagare e che ha fatto di tutto comunque per pagare il suo debito , peraltro già rateizzato . Non a caso, egli ha cominciato a pagare debito con tanto di sanzioni. Dei 360mila euro previsti ne aveva già pagati 60mila prima dell’inizio del dibattimento, e continuerà a pagarli, ovviamente , e anche questo elemento è stato utile per dimostrare che non c’era dolo nel comportamento di Jacopo . Da imprenditore, lui ha deciso di mantenere in piedi azienda, pagando comunque il debito IRPEF appena possibile , conclude Moschetti, e gli andrebbe data una medaglia . Ora la vittoria di Jacopo, e soprattutto la decisione del Tribunale di Pordenone, potrebbe fungere da esempio da riproporre in tutt’Italia in situazioni simili. O forse potrebbe spingere a una riflessione sulla normativa in vigore. Su questo fronte è Moschetti a lanciare il sasso nello stagno Credo che il legislatore debba cambiare il reato, perché la soglia di 150mila euro per la non punibilità è troppo bassa. Quella cifra testimonia che manca il contatto con la realtà e non ci si rende conto di come funziona davvero un’azienda .

Tribunale di Pordenone, sez. Penale, sentenza 30 novembre – 16 dicembre 2016, n. 1282 Giudice Piccin In fatto e in diritto Con decreto del 3 febbraio 2016 il Pubblico Ministero disponeva che in atti generalizzato, per rispondere del reato a lui ascritto in rubrica Fosse tratto a giudizio per l'udienza dibattimentale del 4 luglio 2016. Nel corso di tale udienza, svoltasi nelle forme di rito, erano amresse le prove anche documentali richieste dalle parti all'udienza del 26 ottobre 2016 si svolgeva l'attività istruttoria, protrattasi anche per l'udienza del 30 novembre 2016, consistita nell'assunzione della testimonianza di , indicato dal Pubblico Ministero dott. , dott.ssa , dott. , introdotti dal reo, il quale rendeva spontanee dichiarazioni. All'esito le parti esaurita la discussione rassegnavano congiuntamente le conclusioni in epigrafe trascritte e il giudice pronunziava sentenza dando lettura di separato dispositivo. Ha riferito funzionario dell'Agenzia .delle Entrate di che la , della quale all'epoca del fatto l'imputato era legale rappresentante pro tempore, non ha versato nel termine del 20 settembre 2012 le ritenute alla fonte relative ad emolumenti erogati ai dipendenti o ai lavoratori autonomi nel corso dell'anno d'imposta 2011 e ciò per 263.874,00 Euro cfr. udienza 26 ottobre 2016, p. 11 . Al riguardo va ricordato che delitto di omesso versamento di ritenute certificate presenta una componente omissiva, rappresentata dal mancato versamento nel termine delle ritenute effettuate, ed una precedente componente commissiva, consistente a sua volta in due distinte condotte, costituite dal versamento degli emolumenti con l'effettuazione delle ritenute e dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni prima dello spirare del termine previsto per la presentazione della dichiarazione quale sostituto d'imposta Sez. 3, n. 40526 del 0810412014 - dep. 01/10/2014, Gagliardi, Rv. 260091 Ne consegue che la prova dell'elemento costitutivo, rappresentato dal rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effettivamente operate, non può essere costituita dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro. In motivazione la Corte ha evidenziato che il modello 770 e la eertifcazione rilasciata ai sostituti sono documenti disciplinati da fonti normative distinte, rispondono a finalità non coincidenti, e non devono essere consegnati o presentati contestualmente Sez. 3, n. 40526 del 08/04/2014 - dep. 0111012014, Gagliardi, Rv. 260090 . Nel caso in decisione. il Pubblico Ministero ha prodotto il solo modello 770 cfr, doc. n. 2 dimesso all'udienza del 26 ottobre 2016 e non ha conferito luantomeno i CUD dei dipendenti vero è che la presentazione del modello 770 può costituire indizio sul - f€ciente o prova dell'avvenuto versamento delle retribuzioni e de11it C11'Cttuazione delle ritenute, ma esso non può costituire elemento dimostrativo del tempestivo rilascio ai sostituiti delle certificazioni attestanti le ritenute effèttivamcnte operate. in quanto tale modello non contiene alcuna dichiarazione in tal senso Sez. 3, n. 6203 del 2911012014 - dep. 11. 10212015,, Rispoli, Rv. 262365 . E' altresì noto che la prova delle certificazioni attestanti le ritenute operate dal datore di lavoro quale sostituto d'imposta sulle retribuzioni effettivamente corrisposte ai sostituiti, può essere fornita dal Pubblico Ministero anche mediante prove documentali, testimoniati o indiziarie. Fattispecie nella quale è stata ritenuta sufficiente la allegazione dei mod 770 provenienti dallo stesso datore di lavoro Sez. 3, n. 19454 del 27/03/2014 - dep. 12/05/2014, Onofrio Rv. 260376 . Nel caso in decisione l'onere probatorio può considerarsi assolto poiché l'omesso versamento delle ritenute certificate è stato confermato. sia per importo sia per anno d'imposta, dal dott. , consulente tecnico dell'imputato, e dal dott. commercialista di cfr, integrazione all'elaborato esposto da all'udienza del 26 ottobre 2016, nonché deposizione , p. 38 dalla dott.ssa , impiegata amministrativa di , nella parte in cui ha riferito la richiesta di di rateizzazione dello specifico debito erariale riportato nella relativa cartella esattoriale cfr. udienza 26 ottobre 2016, p. 30 dalle stesse varie richieste di dilazione e relativi accoglimenti da parte di EQUITALIA prodotti dall'imputato cfr. udienze 26 ottobre e 30 novembre 2016 infine, dalle spontanee dichiarazioni di quest'ultimo pacificamente confessorie. Accertata pertanto l'omissione di cui in rubrica, si ha che nel reato di omesso versamento di ritenuta certificate l'imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito di imposta, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione - che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l'azienda, sia l'aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso ì misure idonee da valutàrsi in concreto cfr. Cass. pen., Sez. 3, n. 20266 del 08/04/2014 - dep. 15/05/2014. P.G. in proc. Zanchi. Rv. 259190 la colpevolezza del sostituto di imposta non è cidè esclusa dalla crisi di liquidità intervenuta al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all'esercizio precedente, a meno che l'imputato non dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse non possano essere fronteggiate con misure anche sfavorevoli al suo patrimonio personale cfr. Cass. pen., Sez 3, n. 5467 del 05/12/2013 - dep. 0410212014. Mercutello, Rv. 258055 . E’' fatto risaputo che nel periodo in contestazione l'industria metalmeccanica - settore di appartenenza di - si trovava in una fase di stagnazione per una ricognizione più accurata dell'andamento del settore, è sufficiente la consultazione dei dati ISTAT e EUROSTAT, che evidenziano una flessione del 27,9% della produzione nel periodo dal 2007 al 2015 attribuito valore 100 alla produzione del 2007 dati FEDERMECCANICA disponibili in sito aperto . Nello specifico, registrava un calo del valore della produzione da 6.022.272,00 Euro per l'anno 2011 a 4.647.105,00 €uro per l'anno 2012 cfr. elaborato p. 5 un decremento del 22,8%. E' inoltre emerso che al 20 settembre 2012 - data della scadenza erariale in esame vantava crediti commerciali per 1.049.244,53 Euro di cui 401.059,89 verso la Pubblica Amministrazione. pari al 38% del totale in modo diretto o indiretto. quale subappaltatrice della impiegata nella costruzione del sistema MOSE cfr. udienza 26 ottobre 2016, deposizione p 222-23 il 60% di quest'ultimi, pari a 242.037,80 Euro era scaduto, si aggiunga poi che ì1 termine di incasso nei biennio 2011-2012 dei crediti verso la PA ragggiungeva la media di 197 giorni - 233 giorni di media per l'anno 2011, periodo d'imposta in rubrica 161 giorni per l'anno 2012 cfr. elaborato pp. 7-8 . Ha riferito la dott.ssa che a fronte dei ritardati incassi dei crediti, specie verso la PA, il sistema bancario dal settembre 2011 richiese a il rientro immediato dai fidi ottenuti, revocando le linee di credito cfr. missive POPOLARE VICENZA 12 luglio 2011, VENETO BANCA 26 settembre 2011, FRIUADRIA 14 dicembre 2011, CARIVE del 16 febbraio 2012, precedute da HYPO ALPEADRIA del I° giugno 2010, dimesse dalla teste all'udienza del 26 ottobre 2016 e sua deposizione, pp. 33-34 . Per fronteggiare la crisi d'impresa, i tre soci di fra i quali effettuarono con denaro proprio un versamento in conto futuro aumento di capitale - dunque infruttifero - di 100.000,00 Euro ciascuno in data 27 febbraio 2012 cfr. all. B all'elaborato e sue pp. 10-11 udienza 26 ottobre 2016, deposizioni , p. 32 estratto c.c.b. di per il mese di febbraio 2012, dimesso all'udienza dei 30 novembre 2016 tali somme furono immediatamente destinate, tra il giorno stesso del loro versamento nelle casse della società ed il successivo I° marzo 2012, ad estinguere i debiti verso banche e fornitori, per così riguadagnare l'operatività finanziaria e la continuità aziendale cfr. contabili dimesse all'udienza del 30 novembre 2016 . inoltre fece ottenere a finanziamenti infruttiferi da propri conoscenti, soggetti terzi non istituzionali - il sistema bancario avendo chiuso le linee di credito -, segnatamente per 106.272.00 Euro il 4 dicembre 2012 da somma destinata nella stessa data al pagamento di un fornitore per pari importo per 30.000.00 Euro il 14 dicembre 2012 da tale somma versata a saldo di mutuo bancario scaduto cfr. contabili dimesse all udienza del 30 novembre 2016 udienza 26 ottobre 2016, deposizione , pp. 26-27 . Nel biennio 2011-2012, periodo di massima crisi, bilanciò l'esposizione bancaria sommante a 5,87 mil. Curo, ottenendo anticipi su fatture e su contratti di fornitura per circa 2,7 lnil. Euro cfr. elaborato , p. 10, e sua deposizione all'udienza del 26 ottobre 2016, pp. 23-24 deposizione pp. 33 ciò con l'evidente obbiettivo di salvaguardare il patrimonio aziendale e la potenziale capacità di produrre reddito e ricchezza. A fronte di una crisi di tali proporzioni, fu in grado con i mezzi anzidetti di rientrare dai debiti contratti con gli istituti di credito per circa 4,00 mil. Euro cfr. p. 33-34 mantenne i livelli occupazionali oltre quaranta dipendenti cfr. p. 34 versò integralmente i contributi INPS e INAIL cfr. p. 38 . Tali evidenze possono ora essere rilette alla luce dei principi espressi dal Supremo Collegio e sopra già richiamati cfr. Cass. pen., sez. 3, n. 11647 del 16 ottobre 2014 - dep. 20 marzo 2015 sez. 3, n. 5467 del 5 dicembre 2013 - dep. 04 febbraio 2014, Mercutello, Rv. 258055 arg. ex Cass. pen., sez 3. n. 49214 del 6 novembre 2014 - dep. 26 novembre 2014, Marini sez. 3, n. 20266 del dì 8 aprile 2014 - dep. 15 maggio 2014. P.G. in proc. Zanchi, Rv. 259190 sez. 3. n. 3124 del 27 novembre 2013 - dep. 23 gennaio 2014. Murari arg. altresì in materia di IVA ex Cass. pen sez. 3, n. 37301 del 8 aprile 2014. dep. 9 settembre 2014, Di Ronza sez. 3, ti. 1.0313 del 6 febbraio 2014, dep. 6 marzo 2014. Servida per essi, la carenza dell'elemento soggettivo assume rilevanza - ai fini di una necessaria pronuncia assolutoria per difetto di colpevolezza - laddove l'imputato dimostri l'indiscutibile impossibilità da parte del datore di lavoro-sostituto d'imposta di far debitamente fronte ad una crisi di liquidità intervenuta. incolpevolmente, al momento della scadenza del termine lungo per l'adempimento dell'obbligo tributario ed in conseguenza della quale l’imprenditore-impiegato ha adottato i rimedi che gli erano concretamente possibili arg. ex Cuss. pen., sez. 3, n. 5905 del 9 ottobre 2013. dep. 7 febbraio 2014, Maffei . Conseguentemente. è ragionevole affermare l'assenza di dolo in capo a ricorrendo nella fattispecie l'esimente della cd. forza maggiore, prevista dell'art. 45 c.p. Tale istituto viene identificato con un evento, derivante dalla natura o dal fatto dell'uomo che non può essere preveduto o che. anche se preveduto, non può essere impedito traslando il principio al fatto di reato di cui occupa, è emerso che al momento della scadenza del termine fissato dalla norma per il compimento dell'azione doverosa, sopraggiunse una situazione consistita nella crisi generale del mercato di riferimento, non dipendente né governabile dall'imprenditore che ha provocato una condizione di illiquidità dell'impresa e, di conseguenza, ha determinato la sua impossibilità di adempiere all'obbligo di versamento. In tali ipotesi l'omesso versamento non può considerarsi punibile ex dell'art. 45 c.p. in tali casi, infatti, il reato astrattamente configurabile sarebbe commesso in una situazione di forza maggiore, trovandosi allora il contribuente nell'impossibilità di uniformarsi alla legge per cause indipendenti dalla sua volontà cfr. Cass. pen., sez. 3, n. 1725 del dì 11 novembre 2014, dep. il 15 gennaio 2015, Togni, in materia di IVA . Con la precisazione che il debitore erariale che voglia giovarsi in concreto di tale esimente, nei termini di cui si è detto, dovrà dare prova che non gli sia stato altrimenti possibile reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni atte a consentirgli di recuperare la necessaria liquidità anche pregiudizievoli del proprio patrimonio personale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e a lui non imputabili. In altri termini la carenza di liquidità sopravvenuta esclude in capo al sostituto la volontà di non adempiere in quanto per essa il precedente inadempimento all'obbligo di accantonamento rappresenta la violazione di una condotta idonea a fondare un rimprovero per colpa ad essa non può conseguire l'affermazione di penale responsabilità, neanche qualora derivi dalla gestione colposamente disaccorta delle risorse economiche della società per l'ovvia considerazione che in tal caso si verrebbe a sanzionare una condotta commissiva e di natura colposa, antecedente alla situazione tipica di carattere omissivo e doloso al contrario di quanto accade nel caos in cui l'agente precostituisce volontariamente la situazione di impossibilità ad adempiere, ad esempio mediate un sistematico drenaggio della liquidità . Laddove il contribuente si sia trovato di fronte ad un'improvvisa e non prevedibile crisi di liquidità alla quale non ha potuto porre rimedio - cercando, senza esito, di ricorrere a finanziamenti o di compiere altre operazioni dirette ad ottenere liquidità proprio al fine di pagare il debito tributario -, manca il necessario dolo non avendo egli voluto l'evento dato dal mancato pagamento al momento della scadenza del termine previsto dalla norma penale. In proposito - e ciò rappresenta circostanza dirimente ad escludere qualsivoglia rimproverabilità del reato ascritto quanto meno dal punto di vista psicologico -, basti ricordare che per ripianare l'esposizione debitoria dell'impresa, pur non essendone obbligato dalle disposizioni civilistiche - che in caso di s.r.l. prescrivono un'autonomia patrimoniale perfetta tra società e soci -, ha ritratto liquidità anche erogando finanziamento infruttifero a con denari personali e familiari. P.Q.M. Visto l’art. 530 c.p.p. assolve dal reato ascrittogli in rubrica perché il fatto non costituisce reato.