Corruzione internazionale, cooperazione giudiziaria e sequestro: quando qualcosa va storto

Nel caso in oggetto, il pm disponeva il sequestro urgente della somma di $ 112.606.741,80 giacente su un c/c presso una banca elvetica in quanto ritenuta corpo di reato di corruzione internazionale, la cooperazione giudiziaria tra gli Stati riusciva a raggiungere l’obiettivo, ma successivamente tutto sfuma.

Della vicenda si è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 52918/16, depositata il 14dicembre. Assistenza giudiziaria in materia penale. Come è noto in tempi recenti si è andata sviluppando, accanto alla specifica branca del diritto internazionale avente ad oggetto la disciplina della collaborazione giudiziaria per la ricerca della verità ed il corretto svolgimento dell’attività giurisdizionale, comunemente denominata assistenza giudiziaria in materia penale, la peculiare normativa volta alla esecuzione di misure reali, di natura preventiva oppure sanzionatoria, volta a colpire il provento e gli strumenti del reato, siano esse provvisorie o definitive. Ma mentre la assistenza giudiziaria presuppone - in ogni caso - la temporaneità o, comunque, la stretta connessione funzionale dell'atto richiesto alle esigenze del processo la cooperazione a fini di confisca mira ad assicurare la definitiva esecuzione della misura reale ed è stata, pertanto, sottoposta a regole più stringenti, in ragione della obiettiva maggiore invasività dell'atto richiesto, anche laddove siano richieste misure provvisorie per preservare la successiva realizzazione della misura ablatoria definitiva. La disciplina di quest'ultima forma di cooperazione è contenuta, in sede europea, nella Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato di Strasburgo dell’8 novembre 1990. Tale disciplina, solo in ambito dell'Unione Europea, in tempi recenti è stata abbandonata per far spazio a più moderni strumenti, ispirati al principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie. La distinzione presente nella regolamentazione internazionale tra queste due forme di cooperazione si rinviene specularmente nel codice di rito italiano che delinea un doppio binario e, quindi, una disciplina diversificata per le rogatorie, volte cioè all'attività di acquisizione probatoria, e per la cooperazione a fini di confisca, incastellata nell'ambito della materia della esecuzione di sentenze, all'interno della quale ha regolato anche le indagini ed il sequestro a scopo di confisca. La vicenda. Nel caso di specie, la richiesta inoltrata dal pubblico ministero alle autorità giudiziarie svizzere aveva ad oggetto il sequestro urgente a fini di confisca della suddetta ingente somma in quanto ritenuta corpo di reato di corruzione internazionale a carico di diversi indagati. Gli Ermellini rammentano che già da tempo le Sezioni Unite hanno precisato che accanto alle tre forme tipiche di sequestro, probatorio, preventivo e conservativo, la figura autonoma del sequestro del corpo di reato come quartus genus non viene contemplata. Mentre risulta necessario che ogni provvedimento diretto alla apprensione della res ed alla conseguente imposizione del vincolo temporaneo di indisponibilità su di essa rientri, per le specifiche finalità di volta in volta perseguite, in uno dei tre menzionati modelli legali. In questo solco il Supremo Consesso ha anche rammentato che, se è vero che l'esecuzione del provvedimento coercitivo è riferibile alla sola autorità giudiziaria dello Stato nel quale questo è eseguito, davanti alla quale l'interessato può attivare il regime delle impugnazioni previsto da quello ordinamento, altrettanto è vero che deve essere riconosciuta all'interessato la possibilità di ottenere anche dalla giurisdizione dello Stato richiedente un controllo sulla sussistenza dei presupposti cui è condizionata la ammissibilità dell'assistenza giudiziaria internazionale e talora anche la plausibilità della misura richiesta . Tanto in quanto a quest'ultima giurisdizione di norma compete tale valutazione. Sequestro preventivo all’estero. Applicando tutti i suddetti principi al sequestro in esame, viene rilevato che il pm italiano in presenza di una situazione di urgenza era da ritenersi legittimato a richiedere l'esecuzione di un sequestro preventivo all'estero, riconoscendo il codice di rito all'ufficio del pubblico ministero non siffatto potere di fermo reale ex art. 321, comma 3- bis , c.p.p., che nella specie si è tradotto nella decisione implicitamente contenuta nella richiesta rivolta alle autorità svizzere, avendo nella stessa il pm rappresentato sia le ragioni di urgenza per procedere al sequestro delle somme, sia i presupposti legittimanti il vincolo reale sui beni soggetti a confisca obbligatoria ex art. 322- ter c.p. fumus commissi delicti e confiscabilità dei beni . Va da sé che, una volta attivata la richiesta di assistenza, sia esclusa la applicabilità del meccanismo di controllo previsto dall'art. 321, comma 3 bis, c.p.p Infatti, non avrebbe alcun senso una convalida da parte del Gip italiano di un sequestro eseguito dall'autorità di uno Stato estero sulla base della propria normativa. Pur tuttavia, se anche il meccanismo in di immediato controllo sul potere di fermo reale del pm previsto non è applicabile alla situazione di cui in parola, ciò non significa che l'interessato non possa comunque ottenere, come affermato dalle succitate Sezioni Unite, un controllo giurisdizionale sui presupposti o anche sul mantenimento del sequestro eseguito all'estero. Controllo che l'interessato, nel caso de quo, aveva sollecitato attraverso il rimedio della revoca ex art. 321 c.p.p. Il pm, pertanto, aveva errato nel rigettare sic et simpliciter la richiesta di revoca mentre avrebbe dovuto trasmetterla al giudice. Del pari il gip, al quale si era pure rivolto l'interessato, aveva errato nel ritenere, da un lato, preclusa una propria competenza surrogatoria, non avendo questi coltivato rimedi giurisdizionali in Svizzera ed il riesame nazionale, e dall'altro inapplicabile il meccanismo di controllo ex art. 321, comma 3, c.p.p., soltanto perché l'istanza era stata rivolta in prima battuta al p.m In conclusione, la Suprema Corte rammenta che non sussiste alcuna preclusione processuale alla presentazione di una istanza di revoca derivante dalla mancata attivazione dei mezzi di impugnazione offerti dallo Stato richiesto, trattandosi di forme di controllo del tutto autonome, oltre ad avere un diverso perimetro.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 ottobre – 14 dicembre 2016, n. 52918 Presidente Conti – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. D.N.G. ricorre per cassazione avverso la ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di Milano, quale giudice dell’appello ex art. 322-bis cod. proc. pen., confermava il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale che aveva dichiarato inammissibile la sua istanza in relazione al sequestro disposto dalla Procura di Milano con rogatoria all’estero. 1.1. Nell’ambito delle indagini svolte dalla Procura di Milano nei confronti di D.N.G. e altri per il delitto di corruzione di funzionari stranieri, era stata inoltrata alle autorità elvetiche una rogatoria con richiesta di urgente sequestro a scopo di confisca di una somma di danaro - ritenuta quale provento del suddetto reato - depositata sul conto bancario di Basilea intestato alla Energy Venture Partners o comunque trasferita anche in modo frazionato presso altre banche svizzere. La rogatoria era stata accolta con conseguente emissione di un provvedimento di blocco-sequestro del conto bancario intestato alla F.O.F. Fox Oli Found Lda il cui avente diritto economico era D.N.G. , sul quale era stati effettuati trasferimenti di importanti somme di danaro dal conto della Energy Venture. La difesa del D.N. aveva presentato al P.M. milanese la richiesta di revoca del sequestro sia per la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. sia per ragioni di merito , in ordine alla quale la Procura decretava il non luogo a provvedere, ritenendo di non poter intervenire su un sequestro disposto all’estero. L’interessato aveva quindi adito il Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, chiedendo di riconoscere la propria competenza giurisdizionale e di adottare i provvedimenti ad hoc previsti dalla legislazione italiana, ovvero, in caso contrario, di trasmettere ex art. 568, comma 5, cod. proc. pen. l’atto difensivo alla Corte di cassazione, in ragione dell’abnormità del provvedimento di non luogo a provvedere del P.M. Il Giudice per le indagini preliminari aveva, a sua volta, dichiarato l’istanza inammissibile, in quanto era da ritenersi preclusa una sua competenza surrogatoria , non avendo l’interessato coltivato rimedi giurisdizionali in Svizzera e il riesame in Italia, e comunque inapplicabile il meccanismo di controllo previsto dall’art. 321, comma 3, cod. proc. pen., perché l’istanza era stata rivolta in prima battuta al P.M. 1.2. Con atto di appello ex art. 322-bis cod. proc. pen., la difesa, nell’impugnare la decisione del Giudice per le indagini preliminari, aveva chiesto la revoca del sequestro preventivo e, in via subordinata, la qualificazione dell’impugnazione come ricorso per cassazione, a fronte dell’abnormità del provvedimento di non liquet del P.M. Il Tribunale confermava il provvedimento impugnato, rilevando che il provvedimento eseguito in Svizzera non fosse equiparabile ad un sequestro, consistendo piuttosto nel blocco del conto corrente, che aveva nel diritto svizzero soltanto la finalità precautelare di fotografarne la situazione contabile, consentendo una certa operatività, come dimostrava tra l’altro la natura sospensiva del rimedio previsto avverso tale provvedimento, e che la rogatoria non avesse ad oggetto neppure implicitamente il sequestro in ogni caso non impugnabile in sede di riesame né divenuto inefficace perché non convalidato , essendosi limitata la Procura a sollecitare le autorità elvetiche ad emettere un autonomo provvedimento. 2. Il ricorrente con il ricorso chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione e segnatamente deduce che - il diritto svizzero prevede il sequestro c.d. confiscatorio, corrispondente al sequestro preventivo previsto dal codice di rito - durante la procedura di assistenza giudiziaria vengono adottati provvedimenti provvisori in vista della chiusura, che comunque hanno le caratteristiche di atti di sequestro - le possibilità di impugnazione in Svizzera di tali atti sono molto limitate e non si estendono al merito della misura - le modalità di esecuzione del sequestro non ne alterano la natura - la Convenzione pertinente era la Convenzione di Strasburgo del 1990, che prevede che la domanda di misura cautelare sia preceduta da un adeguato vaglio a livello nazionale come d’altra parte previsto anche in sede U.E. dai pertinenti strumenti in tema di sequestro - riconosciuta la possibilità di impugnare con riesame il provvedimento nazionale, posto alla base della rogatoria internazionale, si doveva estendere l’analogo controllo anche alla richiesta di revoca ex art. 321, comma 3, cod. proc. pen Deduce infine anche la violazione dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen Con nota depositata il 7 ottobre 2016 il difensore del ricorrente ha presentato una memoria di replica alle conclusioni del P.G., insistendo per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito illustrate. 2. La questione sollevata dal ricorso attiene essenzialmente al regime di impugnazione del sequestro preventivo eseguito all’estero all’esito di un rapporto di cooperazione giudiziaria internazionale. Nel caso in esame, la richiesta inoltrata dal P.M. milanese alle autorità giudiziarie svizzere aveva ad oggetto il sequestro urgente a fini di confisca della somma di Dollari 112.606.741,80 giacente su un conto corrente presso una banca di Basilea o comunque presso l’eventuale altra banca elvetica dove fosse stata nel frattempo trasferita, anche parzialmente , in quanto ritenuta corpo del reato di corruzione internazionale delineato a carico di Eni spa e di altri indagati, tra i quali D.N.G. . Come hanno già da tempo indicato le Sezioni Unite Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226713 , il vigente codice di rito non prevede, accanto alle tre forme tipiche di sequestro - probatorio, preventivo e conservativo -, la figura autonoma del sequestro del corpo di reato come quartum genus, suscettibile di automatica e obbligatoria applicazione in virtù della sola qualità della cosa, essendo invece necessario che ogni provvedimento diretto all’apprensione della res ed alla conseguente imposizione del vincolo temporaneo di indisponibilità su di essa rientri, per le specifiche finalità di volta in volta perseguite, in uno dei tre menzionati modelli legali. Nella specie, il P.M. ha nella richiesta di sequestro chiaramente indicato le esigenze preventive pericolo di irrimediabile dispersione delle somme da sottoporre a futura confisca obbligatoria che venivano a giustificare il vincolo di indisponibilità da apporre sui beni, costituenti corpo di reato. 2.1. È opportuno verificare preliminarmente quale sia nel caso in esame la disciplina che regola l’esecuzione all’estero di un siffatto sequestro. Come è noto, si è andata sviluppando, in tempi più recenti, accanto alla specifica branca del diritto internazionale avente ad oggetto la disciplina della collaborazione giudiziaria per la ricerca della verità ed il corretto svolgimento dell’attività giurisdizionale, comunemente denominata assistenza giudiziaria in materia penale, la peculiare normativa volta alla esecuzione di misure reali di natura preventiva o sanzionatoria , volte a colpire il provento o gli strumenti del reato, siano esse provvisorie o definitive. Mentre l’assistenza giudiziaria presuppone in ogni caso la temporaneità o comunque la stretta connessione funzionale dell’atto richiesto alle esigenze del processo volendo restare nell’ambito Europeo, rilevante nel caso in esame, dal combinato disposto degli artt. 3 e 6 della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 1959 si evince infatti che, oltre all’esecuzione di atti istruttori, la assistenza ha ad oggetto la trasmissione di elementi di prova - nei testi originali pieces à conviction articles to be produced in evidence da restituire quanto prima , salvo espressa rinuncia dello Stato richiesto , la cooperazione a fini di confisca mira invece ad assicurare la definitiva esecuzione della misura reale ed è stata pertanto sottoposta a più stringenti regole, in ragione della obiettiva maggiore invasività dell’atto richiesto, anche là dove siano richieste misure provvisorie per preservare la successiva realizzazione della misura ablatoria definitiva. In sede Europea, la disciplina di quest’ultima forma di cooperazione è contenuta dalla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, Strasburgo, dell’8 novembre 1990 disciplina che solo in ambito U.E. in tempi recenti è stata abbandonata per fare spazio a più moderni strumenti, ispirati al principio del mutuo riconoscimento delle decisione giudiziarie . La distinzione presente nella regolamentazione internazionale tra queste due forme di cooperazione si rinviene specularmente nel codice di rito italiano che delinea un doppio binario e quindi una disciplina diversificata anche in punto di competenze per le rogatorie volte cioè all’attività di acquisizione probatoria e per la cooperazione a fini di confisca, incasellata nell’ambito della materia della esecuzione di sentenze, all’interno della quale ha regolato anche le indagini e il sequestro a scopo di confisca. 2.2. Per la Svizzera, peraltro, attesa la peculiarità dei rapporti di collaborazione e la tipologia delle richieste in particolar modo rivolte dall’Italia a tale Stato, vertenti nella maggior parte dei casi in accertamenti bancari finalizzati sia a scopo probatorio sia in vista della successiva confisca delle somme rinvenute, la materia è stata regolata per le misure di sequestro in modo unitario, di fatto anticipando un’analoga iniziativa che l’Unione Europea ha adottato con la decisione quadro 2003/577/GAI del 22 luglio 2003, per il sequestro o blocco di beni da acquisire coattivamente all’estero, che regola congiuntamente le misure provvisorie emesse a scopo di confisca o per finalità probatorie. Il vigente Accordo tra la Svizzera e l’Italia che completa la Convenzione Europea di assistenza giudiziaria in materia penale, concluso il 10 settembre 1998, prevede infatti che la rogatoria possa avere ad oggetto la misura del sequestro, oltre che dei mezzi di prova, anche degli strumenti utilizzati per commettere il reato, il prodotto o il risultato del reato art. X e significativamente stabilisce altresì che allo Stato richiedente possano essere consegnati, oltre ai mezzi di prova, ai fascicoli o ai documenti indicati dall’articolo 3 della Convenzione Europea, anche al fine della loro confisca, i proventi di reato come pure il prodotto della loro alienazione, suscettibili di sequestro secondo il diritto dello Stato richiesto art. VIII . In tal modo, le Parti contraenti hanno attratto nell’ambito delle regole della mutua assistenza, come risultanti dalla disciplina pattizia applicabile tra le stesse, anche le misure provvisorie finalizzate alla confisca dei proventi di reato. Sul piano interno, la natura ibrida delle richieste di cooperazione giudiziaria - come quella in esame diretta tanto ad acquisire a scopo probatorio la documentazione bancaria relativa ad un conto corrente tanto al sequestro a fini di confisca della somma sullo stesso giacente - e la assenza di disposizioni di adattamento fa ritenere che, in considerazione dello strumento di cooperazione utilizzato di assistenza giudiziaria , debbano applicarsi le regole tipiche della mutua assistenza tra autorità giudiziarie, con l’effetto che, relativamente alla fase attiva, siano le autorità giudiziarie nazionali e per l’Italia quindi non il Ministro della giustizia, come previsto invece per le indagini e il sequestro a scopo di confisca dall’art. 745, comma 2-bis cod. proc. pen. ad essere competenti alla loro formulazione. Quanto poi alla autorità giudiziaria italiana, competente a presentare una siffatta richiesta, deve ritenersi legittimato nella fase delle indagini preliminari anche il pubblico ministero. 2.3. Una volta così ricostruito il quadro normativo applicabile al caso in esame, si tratta di stabilire quali siano i rimedi offerti dall’ordinamento italiano avverso la misura oggetto della richiesta di assistenza. Le Sezioni Unite, pronunciandosi in tema di rogatoria diretta all’esecuzione all’estero di un sequestro probatorio, hanno tracciato le linee esegetiche per dare corretta soluzione al problema, abbandonando un tradizionale filone giurisprudenziale che, sulla base della vis actractiva del principio locus regit actum, lasciava del tutto privo l’interessato di rimedi giurisdizionali nello Stato richiedente Sez. U, n. 21420 del 16/04/2003, Monnier, Rv. 224184 . In definitiva, il Supremo Consesso ha rilevato che se è vero che l’esecuzione del provvedimento coercitivo è riferibile alla sola autorità giudiziaria dello Stato nel quale questo è eseguito, davanti alla quale l’interessato può attivare il regime di impugnazione previsto da quell’ordinamento, è anche vero che deve essere riconosciuta all’interessato la possibilità di ottenere anche dalla giurisdizione dello Stato richiedente un controllo sulla sussistenza dei presupposti cui è condizionata l’ammissibilità dell’assistenza giudiziaria internazionale, talora anche la plausibilità della misura richiesta , in quanto solo a quest’ultima giurisdizione di norma compete tale valutazione. Le stesse Sezioni Unite, che si erano pronunciate in relazione al riesame azionato dall’interessato, hanno individuato il provvedimento impugnabile nel decreto implicito di sequestro nella specie, probatorio contenuto nella richiesta di assistenza giudiziaria, nella quale il P.M. si era pronunciato sui presupposti del sequestro da eseguire all’estero nella specie, la rilevanza probatoria della cosa da sequestrare . 2.4. Applicando i suddetti principi al sequestro in esame, va rilevato che il P.M. milanese in presenza di una situazione di urgenza era da ritenersi legittimato a richiedere l’esecuzione di un sequestro preventivo all’estero, riconoscendo il codice di rito all’ufficio del pubblico ministero un siffatto potere di fermo reale art. 321, comma 3-bis cod. proc. pen. , che nella specie si è tradotto nella decisione implicitamente contenuta nella richiesta rivolta alle autorità svizzere, avendo nella stessa il P.M. rappresentato sia le ragioni di urgenza per procedere al sequestro delle somme, sia i presupposti legittimanti il vincolo reale sui beni, soggetti a confisca obbligatoria ex art. 322-ter cod. pen. fumus commissi delicti e confiscabilità dei beni . Peraltro, una volta attivata la richiesta di assistenza, va escluso che sia applicabile il meccanismo di controllo previsto dall’art. 321, comma 3-bis, cod. proc. pen Non avrebbe, infatti, alcuna ragion d’essere una convalida da parte del giudice per le indagini preliminari di un sequestro eseguito dall’Autorità dello Stato estero sulla base della propria normativa cfr. in tal senso, Sez. 2, n. 20864 del 18/04/2013, Vizio, non mas. . La sequenza procedimentale prevista dal codice di rito presuppone infatti l’esecuzione nello Stato del sequestro d’urgenza, prevedendo una concatenata e serrata tempistica irrealizzabile nel procedimento volto al sequestro da eseguirsi all’estero, nel quale tra l’altro nessuna comunicazione è fatta al P.M. procedente in Italia fintanto che è pendente come nella specie la decisione sulla esecuzione della richiesta. Conseguentemente, va disattesa la prospettiva difensiva di una sopravvenuta inefficacia del sequestro per la mancata convalida. Tuttavia, se il meccanismo di immediato controllo sul potere di fermo reale del P.M. previsto dalla citata non è applicabile alla situazione di cui ci stiamo occupando, ciò non significa che l’interessato non possa comunque ottenere, come affermato dalle citate Sezioni Unite Monnier, un controllo giurisdizionale sui presupposti o anche sul mantenimento del sequestro eseguito all’estero. Controllo che correttamente l’interessato aveva sollecitato attraverso il rimedio della revoca di cui al terzo comma dell’art. 321 cod. proc. pen. in tal senso, Sez. 5, n. 23112 del 12/02/2004, Del Buono, Rv. 229183 . Il P.M., al quale la richiesta di revoca era stata presentata, non poteva pertanto rigettarla sic et simpliciter, bensì, come previsto dalla norma ora citata, avrebbe dovuto invece trasmetterla al giudice tra tante, Sez. 3, n. 3449 del 20/11/2012, dep. 2013, Torroni, Rv. 254710 . A sua volta, il Giudice per le indagini preliminari al quale si era rivolto l’interessato erroneamente ha ritenuto da un lato preclusa una sua competenza surrogatoria , non avendo questi coltivato rimedi giurisdizionali in Svizzera e il riesame nazionale, e dall’altro inapplicabile il meccanismo di controllo previsto dall’art. 321, comma 3, cod. proc. pen. sol perché l’istanza era stata rivolta in prima battuta al P.M Invero, non sussiste alcuna preclusione processuale alla presentazione di una istanza di revoca derivante dalla mancata attivazione dei mezzi di impugnazione offerti dallo Stato richiesto, trattandosi di forme di controllo del tutto autonome, oltre ad avere un diverso perimetro come ebbero già ad affermare le Sezioni Unite Monnier . Né una analoga preclusione può discendere, in via di principio, dalla mancata proposizione del riesame, avendo da tempo la giurisprudenza di legittimità affermato che la diversità della natura giuridica e la configurazione autonoma e distinta dei due strumenti sotto i profili strutturale e funzionale della revoca e del riesame portano ad escludere - in assenza di previsioni normative espresse - fenomeni di preclusione idonei a rendere inammissibile l’una in base al percorso scelto per l’altra Sez. U, n. 29952 del 24/05/2004, Romagnoli, Rv. 228117 . La stessa, ora citata, giurisprudenza ha anche conseguentemente chiarito che la revoca della misura cautelare reale può essere proposta per motivi non necessariamente attinenti a fatti sopravvenuti rispetto al momento dell’adozione del provvedimento, figurando quindi - per quanto rileva nel caso in esame quale strumento di controllo che ha la funzione non solo di adeguare progressivamente la situazione cautelare ai fatti storici che si verifichino oggettivamente dopo l’emissione del provvedimento genetico, ma anche di apprezzare diversamente gli stessi elementi utilizzati per l’adozione della misura genetica. Quanto infine alla incompetenza ritenuta dal Giudice per le indagini preliminari a pronunciarsi sull’istanza proposta dal D.N. , per avere quest’ultimo investito in prima battuta il P.M., va rammentato che già questa Corte ha condivisibilmente stabilito che il provvedimento con cui il pubblico ministero rigetta de plano, anziché trasmetterla al G.i.p., la richiesta di revoca del sequestro preventivo presentata dall’interessato, deve essere considerata equipollente ad un parere negativo Sez. 3, n. 14249 del 19/03/2008, Tilaro, Rv. 239836 . 2.5. A questo punto appare opportuno aggiungere, per completezza, alcune osservazioni in ordine al sistema di controllo delineato in caso di sequestro preventivo da eseguirsi all’estero. In caso di richiesta urgente formulata dal P.M. nel corso delle indagini preliminari se, come si è detto, è da ritenere sufficiente il provvedimento implicito di sequestro preventivo contenuto nella richiesta stessa, appare comunque necessario un provvedimento del giudice italiano laddove il bene sequestrato, fuoriuscendo dalla giurisdizione dello Stato richiesto, sia eventualmente consegnato alle autorità giudiziarie italiane, all’esito del rapporto di cooperazione provvedimento che potrà essere di sequestro o anche di confisca, se nel frattempo statuita , in quanto sul bene stesso va impresso, anche dal punto di vista esecutivo, un vincolo di indisponibilità secondo l’ordinamento italiano. Nel caso in cui non vi siano ragioni di urgenza, la richiesta di sequestro inoltrata dal P.M. nel corso delle indagini preliminari deve invece essere basata su un provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari cfr., Sez. 3, n. 49437 del 29/09/2009, Sunde Kolmisoppi, Rv. 245936 sull’impugnazione del rigetto del Giudice per le indagini preliminari di emettere un provvedimento di sequestro preventivo di beni situati all’estero, Sez. 2, n. 1573 del 22/11/2005, dep. 2006, Zummo, Rv. 232990 . 2.6. Non resta quindi che esaminare l’ordinanza impugnata. Il Tribunale ha confermato il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari con la quale era dichiarata inammissibile l’istanza di revoca, pur discostandosi parzialmente dalle relative motivazioni ha ritenuto da un lato che il provvedimento eseguito in Svizzera non fosse un sequestro, e dall’altro, in via subordinata e conclusiva, che comunque non fosse impugnabile il provvedimento implicito di sequestro contenuto nella richiesta di assistenza giudiziaria, in ragione della sua provvisorietà. Le conclusioni del Tribunale non posso essere condivise. Relativamente alla qualificazione dell’atto eseguito in Svizzera, va rilevato che il Tribunale, nel ritenere che il provvedimento dalle autorità svizzero non fosse un sequestro, ne ha chiaramente travisato il contenuto. Il provvedimento eseguito in Svizzera, denominato blocco del conto/sequestro , rientra, come si evince dall’esame del documento allegato agli atti, tra le misure coercitive previste dall’art. 64 dalla legge federale sull’assistenza giudiziaria AIMP ed è disciplinato dall’art. 263 e ss.gg del codice di procedura penale svizzero, che ha ad oggetto per l’appunto il sequestro. Esso contiene il divieto di effettuare sul conto bloccato addebiti e prelievi, mentre sono dettate regole particolari per la gestione degli investimenti, secondo le direttive contenute nell’Ordinanza del Consiglio federale 312.057 sul collocamento di valori patrimoniali sequestrati del 3 dicembre 2010, finalizzate a conservarne medio tempore il valore. Si tratta pertanto di una misura coercitiva destinata a imporre sulle somme di danaro un vincolo di indisponibilità, del tutto sovrapponibile al provvedimento di sequestro richiesto dal P.M. con la rogatoria. Quanto all’effetto sospensivo del rimedio previsto dall’ordinamento svizzero, tale effetto non aveva certo incidenza sul sequestro. L’art. 80 AIMP prevede invero soltanto che, in pendenza del ricorso, sia sospesa la decisione che autorizza la trasmissione allo Stato richiedente di informazioni inerenti alla sfera segreta personale o la consegna di oggetti o di beni . Non si comprende invece il secondo argomento utilizzato dall’ordinanza impugnata, posto che il Tribunale era stato investito dell’appello sul provvedimento del Giudice per le indagini preliminari e non certo del riesame del provvedimento del P.M. 3. Sulla base di quanto premesso, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con conseguente rinvio al Tribunale di Milano - sezione delle impugnazioni cautelari - che procederà ad un nuovo esame del provvedimento del Giudice per le indagini preliminari, attenendosi ai principi di diritto sopra affermati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Milano, sezione delle impugnazioni cautelari.