Il figlio del detenuto è affetto da ritardo mentale: permesso sì o no?

In tema di benefici penitenziari, qualora sussistano i presupposti per concedere un beneficio, spetta all’autorità giudiziaria adita qualificare giuridicamente l’istanza formulata dal detenuto.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 52820/16 depositata il 13 dicembre. Il caso. Il Tribunale di sorveglianza rigettava il reclamo proposto dal detenuto avverso l’ordinanza del magistrato di sorveglianza ed avente ad oggetto il diniego del permesso di necessità chiesto dal detenuto per fare visita al figlio minore affetto da disturbo autistico e ritardo mentale. La relazione del dipartimento di neuroscienze dell’ospedale dove era ricoverato il bambino attestava che la presenza di entrambi i genitori sarebbe stata determinante per mantenere la stabilità del grave quadro clinico del piccolo paziente che, peraltro, secondo la certificazione medica, aveva già subito una regressione a seguito dell’assenza del padre. Pur dando atto delle delicatissime condizioni di salute del bambino, il Tribunale valorizzava la stabilità del quadro clinico, ritenendola non sovrapponibile alle ipotesi normative per cui è previsto il permesso di necessità. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento dell’ordinanza. Dello stesso tenore è anche la requisitoria scritta del Procuratore Generale. Quali requisiti del permesso di necessità, id est umanitario”. I presupposti del permesso di necessità sono il carattere eccezionale della concessione, la particolare gravità dell’evento e l’attinenza alla vita famigliare. L’accertamento di tali requisiti deve essere compiuto tenendo conto dell’idoneità del fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto. Gli eventi devono essere fatti storici ben precisi ed individuati. È stato precisato che per fatto grave non si intende solo quello luttuoso o drammatico ma anche quello particolarmente significativo nella vita di una persona. Una digressione storica. Nel definire il caso – con annullamento con rinvio – la Suprema Corte richiama le esigenze emerse in sottofondo all’elaborazione della legge sull’ordinamento penitenziario del 1975 la necessità di disciplinare per legge i brevi permessi di uscita dall’istituto penitenziario per gravi esigenze familiari del detenuto e l’opportunità di attenuare l’isolamento carcerario mediante concessione di brevi uscite destinate a favorire il mantenimento delle relazioni familiari e sociali. Solo la prima esigenza venne originariamente riconosciuta nell’ordinamento penitenziario e ancorata al presupposto dell’imminente pericolo di vita del congiunto eccezionalmente il permesso può essere concesso anche per gravi ed accertati motivi. Tuttavia, a seguito di un uso disinvolto e distorto del beneficio, una legge successiva l. n. 450/77 ha innovato l’istituto consentendo la concessione di analoghi permessi solo eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità e, inoltre, riconoscendo al pubblico ministero la facoltà di proporre reclamo attraverso il provvedimento di concessione, con effetto sospensivo. Il permesso di necessità non è uno strumento di trattamento penitenziario. Così ristrutturato” il permesso di necessità si è affrancato dall’idea di strumento di trattamento per indossare le vesti di rimedio eccezionale, avente finalità di umanizzazione della pena e diretto ad evitare che l’afflizione della detenzione si sommasse inutilmente a quella derivante dall’impossibilità di essere il detenuto vicino ai propri congiunti o di adoperarsi in loro favore in corrispondenza a particolari avverse vicende della vita familiare. Una dilatazione applicativa dell’istituto proseguì fino alla legge Gozzini del 1986 che introdusse il permesso-premio permettendo di porre fine a prassi variegate, al contrario favorendo una chiara caratterizzazione del permesso di necessità quale strumento di umanizzazione della pena. Umanizzazione della pena e ruolo della famiglia. La Suprema Corte osserva che, ai fini dell’umanizzazione della pena e della funzione rieducativa cui deve tendere la pena secondo il disposto costituzionale, il contatto con i familiari e il ruolo della famiglia ha un’incidenza rilevante se non addirittura decisiva questo è il terreno di coltura per interpretare correttamente i requisiti previsti per la concessione del permesso. A titolo esemplificativo è stato ritenuto legittimo il permesso di necessità in favore dell’ergastolano desideroso di pregare sulla tomba del giovane nipote, perché fatto eccezionale, particolarmente grave e idoneo ad incidere profondamente sulla vicenda umana del detenuto e, quindi, sul grado di umanità delle detenzione e sul suo percorso di recupero. Una diversa soluzione, secondo Cass. pen. n. 49898/15 , avrebbe comportato che il detenuto si sarebbe visto privato di un momento di profonda umanità, importante per la sua rieducazione e risocializzazione. Evento eccezionale tale non è una patologia cronica e stabile. Quanto ai requisiti, la Corte precisa che il profilo dell’eccezionalità si confonde con quello della particolare gravità dell’evento essi concorrono a definire un fatto del tutto fuori dalla quotidianità sia per il rilievo fattuale, sia per la sua incidenza nella vita del detenuto e nella sua esperienza di isolamento carcerario. La fattispecie alla genesi del procedimento non presenta, secondo la Corte, le caratteristiche richieste si tratta di una patologia del figlio del detenuto preesistente, cronica e stabile né il permesso è chiesto in via eccezionale” in quanto la dichiarata necessità della presenza del padre sarebbe possibile solo grazie ad una serie reiterata di permessi. Il ventaglio delle opzioni il permesso premio Attualmente interpretato restrittivamente l’istituto del permesso di necessità trova un possibile sostituto” nel permesso premio, strumento di trattamento penitenziario finalizzato a consentire al detenuto di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. Il permesso premio è parte integrante del programma di trattamento, un incentivo alla collaborazione del detenuto con l’istituzione carceraria in funzione del premio e, al tempo stesso, rappresenta uno strumento di rieducazione perché consente un iniziale reinserimento del condannato in società. e le visite al minore infermo o al figlio, al coniuge o convivente affetto da handicap in situazione di gravità. Un ulteriore istituto è stato introdotto in questa direzione, attraverso l’inserimento dell’art. 21- ter nel corpo della legge sull’ordinamento penitenziario e così allargando ulteriormente il ventaglio delle opzioni a favore di esigenze ritenute degne di tutela dalla Costituzione e dal legislatore le visite del detenuto al minore infermo o al figlio affetto da handicap in situazione di gravità, senza richiedere eventi eccezionali”. Il procedimento per il rilascio dell’autorizzazione alle visite è analogo a quello dei permessi di necessità provvedimento del magistrato di sorveglianza reclamabile davanti al tribunale di sorveglianza. Spetta alla magistratura qualificare l’istanza del detenuto. Pertanto, la Corte di Cassazione conclude nel senso che il magistrato di sorveglianza e il tribunale di sorveglianza avrebbero dovuto verificare se era possibile rilasciare l’autorizzazione alle visite di cui sopra, atteso che l’autorità giudiziaria non è vincolata dalla qualificazione giuridica dell’istanza formulata dal detenuto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 ottobre – 13 dicembre 2016, n. 52820 Presidente Siotto – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Sorveglianza di Milano rigettava il reclamo proposto da Z.L., detenuto presso la Casa di Reclusione di Opera, avverso quella del Magistrato di Sorveglianza di diniego di un permesso per necessità chiesto dal detenuto ai sensi dell'art. 30 ord. pen. per far visita al figlio minore, affetto da ritardo mentale. Il Tribunale, pur dando atto che le condizioni di salute dei bambino erano delicatissime, rimarcava che si trattava di un quadro clinico stabile, ipotesi non riconducibile a quelle elencate dalla norma invocata inoltre, l'istituto dei permesso per necessità consentiva solo visite saltuari e fugaci e non permetteva certamente al padre di prendersi cura del minore, così come auspicato dalla Relazione del Dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale Maggiore di Milano l'obiettivo poteva essere raggiunto mediante il ricorso ad altri istituti. 2. Ricorre per cassazione il difensore di Z.L., deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 30, comma 2, legge 354 del 1975. Ricordando i presupposti per la concessione del permesso di necessità - il carattere eccezionale della concessione, la particolare gravità dell'evento e l'attinenza dello stesso alla vita familiare - il ricorrente sostiene che essi ricorrevano nel caso in esame il Tribunale aveva ricordato che la certificazione dell'Ospedale Maggiore aveva attestato che la presenza di entrambi i genitori sia determinante per mantenere la stabilità dei grave quadro clinico del minore che, infatti, aveva subito una regressione in conseguenza dell'assenza del padre né, contrariamente a quanto sostenuto nell'ordinanza, l'obiettivo di prendersi cura dei minore poteva essere raggiunto attraverso altri istituti penitenziari. Il ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. 3. Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Il provvedimento interpreta il requisito dell'eccezionalità nel senso di assoluta straordinarietà ed irripetibilità dell'evento familiare di particolare gravità al contrario, per eccezionale deve intendersi un evento non usuale, particolarmente grave giacché idoneo ad incidere profondamente nella vicenda umana del detenuto quindi anche la malattia del figlio. Anche la malattia psichica del figlio può essere ricompresa tra quelle contemplate dalla norma. Considerato in diritto L'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Milano per i motivi di seguito indicati. 1. L'impostazione del provvedimento in questa sede impugnato è senza dubbio corretta e fondata sulla esatta interpretazione dell'art. 30 comma 2 legge 354 del 1975. Questa Corte ha recentemente ribadito che, ai fini della concessione del permesso di necessità previsto dall'art. 30, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, devono sussistere i tre requisiti dell'eccezionalità della concessione, della particolare gravità dell'evento giustificativo e della correlazione dello stesso con la vita familiare, ed il relativo accertamento deve essere compiuto tenendo conto dell'idoneità dei fatto ad incidere nella vicenda umana del detenuto Sez. 1, n. 15953 del 27/11/2015 - dep. 18/04/2016, Vitale, Rv. 267210 in precedenza, Sez. 1, n. 46035 del 21/10/2014 - dep. 06/11/2014, P.M. in proc. Di Costanzo, Rv. 261274 . In quella pronuncia si ripercorrevano le vicende normative dell'istituto in questione, rilevanti per l'interpretazione della norma. All'epoca dell'elaborazione dell'ordinamento penitenziario erano state segnalate due esigenze di ordine differente in primo luogo, la necessità di dare disciplina legislativa a brevi permessi di uscita dall'istituto penitenziario per gravi esigenze familiari del detenuto in secondo luogo, l'opportunità di attenuare l'isolamento derivante dalla vita carceraria mediante la concessione di brevi uscite destinate a favorire il mantenimento delle relazioni familiari e sociali. La legge del 1975 non intese, però, corrispondere alla seconda delle due esigenze, dato che la previsione relativa a brevi permessi per mantenere vive le relazioni umane - pur se presente nel corso dei lavori parlamentari - non venne mantenuta nel testo poi approvato. La necessità di soddisfare gravi esigenze familiari trovò invece un chiaro e ben delimitato riconoscimento nel comma 1 dell'art. 30 ord. pen., con il presupposto dell'imminente pericolo di vita dei congiunto peraltro, con il comma 2 del medesimo articolo si consentì, sia pure eccezionalmente , la concessione di analoghi permessi per gravi ed accertati motivi . La flessibilità dell'espressione indusse la Magistratura ad utilizzare la previsione con un certa ampiezza, per dare risposta, sia pure parziale, ad una serie di necessità ritenute meritevoli di considerazione ma ciò diede luogo a critiche e preoccupazioni, anche sulla scia di episodi negativi avvenuti grazie a concessioni improprie del beneficio. Così, a tale situazione intese porre rimedio la legge n. 450 del 1977, che introdusse due innovazioni anzitutto, modificò il comma 2 dell'art. 30 ord. pen., consentendo la concessione degli analoghi permessi solo eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità . In secondo luogo, riconobbe al P.M. la facoltà di proporre reclamo avverso il provvedimento di concessione, con effetto sospensivo. Con queste innovazioni l'istituto del permesso di necessità fu definitivamente caratterizzato in modo tale da non consentirne l'utilizzo come strumento del trattamento e da definirlo, invece, quale mero rimedio eccezionale, diretto ad evitare, per finalità di umanizzazione della pena, che all'afflizione propria della detenzione si sommasse inutilmente quella derivante all'interessato dall'impossibilità di essere vicino ai congiunti, o di adoperarsi in favore dei medesimi, in occasione di particolari avverse vicende della vita familiare. Un suggello al nuovo assetto normativo venne poi dalla Corte Costituzionale, con la dichiarazione di infondatezza della questione di legittimità sollevata circa la limitazione della concedibilità agli eventi di natura familiare Corte Cost., n. 77 del 1984 . Una certa applicazione variegata proseguì, ma ciò sino all'introduzione nel 1986 legge n. 663 del 1986 del nuovo istituto del permesso-premio art. 30 ter ord. pen. con questa entrata in vigore si esaurì la tendenza ad una applicazione più ampia e la caratterizzazione dell'istituto del permesso di necessità restò indiscussa - in giurisprudenza e nella dottrina - quale strumento di umanizzazione della pena, idoneo a soddisfare soltanto il primo dei due principi enunziati dal comma 3 dell'art. 27 Cost. Così oggi il permesso previsto dall'art. 30 comma 2 ord. pen. può essere concesso - per espressa disposizione normativa - soltanto eccezionalmente e per eventi familiari di particolare gravità detta disciplina è particolarmente ristretta, poiché possono prendersi in considerazione soltanto eventi , e cioè fatti storici ben specifici ed individuati, i quali siano di natura familiare e che assumano il carattere della particolare gravità. È chiaro che il termine gravità sopra richiamato non si riferisce soltanto ad un evento luttuoso o drammatico, ma deve essere inteso come un qualsiasi avvenimento particolarmente significativo nella vita di una persona. Osserva il Collegio che la formulazione normativa in vigore dal 1977, pur nell'intento di limitarne l'applicazione in via eccezionale, conferma, per l'istituto in discussione, il carattere di rimedio attraverso cui si è inteso evitare, per l'obiettivo di umanizzazione della pena, finalità di rilievo costituzionale, che l'afflittività connaturata alla detenzione si implementi e si aggiunga a quella derivante dalla impossibilità di essere vicino ai familiari più stretti e di adoperarsi in loro favore in occasione di particolari, avverse, vicende. Di più, non può negarsi che, ai fini della umanizzazione della pena e della sua funzione rieducativa art. 27 Cost., co. 3 , il contatto con i familiari ed il ruolo della famiglia abbia una incidenza rilevantissima e spesso addirittura decisiva. In siffatto contesto devono essere interpretati allora, ritiene il Collegio, i requisiti richiesti dalla norma per la concessione dei permesso di necessità, requisiti che si individuano, tradizionalmente, in tre elementi il carattere eccezionale della concessione, la particolare gravità dell'evento giustificativo, la correlazione di questo con la vita familiare. Sul punto appare poi utile ulteriormente specificare, come contributo per l'interprete, che il profilo della eccezionalità si confonde con quello della particolare gravità dell'evento, nel senso che insieme essi concorrono a definire un fatto dei tutto al di fuori della quotidianità, sia per il suo intrinseco rilievo fattuale, sia per la sua incidenza nella vita dei detenuto e nella sua esperienza di isolamento carcerario. Risulta quindi evidente che la fattispecie portata alla decisione del Tribunale di Sorveglianza non ha queste caratteristiche non si deduce, infatti, un evento , con le caratteristiche sopra evidenziate, ma una patologia del figlio minore preesistente disturbo autistico e ritardo mentale , cronica e stabile la stabilità è contestata, ma senza evidenziare uno specifico evento traumatico, ma un'evoluzione progressiva né, in realtà, il permesso è richiesto in via eccezionale , segnalando il ricorrente che il bambino ha necessità della presenza del padre, che sarebbe resa possibile solo da una serie di permessi reiterati costantemente. 2. Si è già osservato che l'interpretazione restrittiva del permesso di necessità ha trovato riscontro non solo nell'insegnamento della Corte Costituzionale, ma anche nel l'affianca mento ad esso dell'istituto del permesso premio di cui all'art. 30 ter ord. pen., parte del trattamento penitenziario e finalizzato a consentire al detenuto di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro . Recentemente, l'inserimento di un altro istituto, quello delle visite al minore infermo o al figlio affetto da handicap in situazione di gravità art. 21 ter ord. pen., inserito dalla legge 62 del 2011 e ulteriormente precisato dalla legge 47 dei 2015 conferma tale interpretazione. La norma contempla, infatti, il campo della cura ed assistenza ai figli minori o affetti da gravi handicap da parte dei detenuti, non solo in caso di eventi eccezionali, ma anche in caso di gravi condizioni di salute o in conseguenza della stessa esistenza dell'handicap grave. A sua volta questa norma è soggetta ad interpretazione recentemente questa Corte ha ritenuto che la disciplina dei permessi di visita a prole di minore età in gravi condizioni di salute o affetta da handicap in situazione di gravità di cui all'art. 21 ter della legge n. 354 del 1975 non trova applicazione nel caso di figli maggiorenni colpiti da identiche infermità o handicap, atteso il tenore testuale della disposizione, Sez. 1, n. 32456 del 13/03/2015 - dep. 23/07/2015, Pesce, Rv. 264291 , mentre la disciplina dei rilascio del permesso è analoga, atteso che anche in questo caso il provvedimento dei Magistrato di Sorveglianza è soggetto a reclamo ai sensi dell'art. 30 bis ord. pen. Sez. 1, n. 10341 del 20/02/2015 - dep. 11/03/2015, Cortese, Rv. 26269601 . Si deve ritenere che l'ordinanza impugnata, nel passaggio finale in cui fa riferimento ad altri benefici penitenziari per la concessione dei quali il detenuto, ricorrendone i requisiti di legge, può sempre presentare istanza richiami proprio all'istituto di cui all'art. 21 ter cit Proprio per questo motivo si impone l'annullamento dell'ordinanza. Se, come si è visto, il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alle visite è analogo a quello dei permessi di necessità provvedimento del Magistrato di sorveglianza reclamabile al Tribunale di Sorveglianza e se la condizione dei figlio dei ricorrente appariva corrispondente a quella descritta dalla nuova norma, Magistrato di Sorveglianza prima e Tribunale di Sorveglianza avrebbero dovuto verificare direttamente - se del caso, mediante l'acquisizione della relativa documentazione - se era possibile rilasciare l'autorizzazione, non essendo affatto vincolati alla qualificazione giuridica dell'istanza data dal ricorrente. In sostanza, l'art. 21 ter ord. pen. allarga il ventaglio delle opzioni a disposizione della Magistratura di Sorveglianza per venire incontro alle esigenze che la Costituzione e il legislatore hanno indicato essere degne di tutela se il detenuto basa la domanda sulla base di una situazione di fatto come è avvenuto con chiarezza nel caso in esame , il giudice può e deve provvedere alla luce dei vari istituti disponibili. In sede di rinvio, pertanto, il Tribunale di Sorveglianza valuterà se sussistono le condizioni per il rilascio dal ricorrente all'autorizzazione alle visite contemplate dalla norma più volte menzionata. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano.