Il termine di prescrizione per il reato di omicidio colposo plurimo

Termine di prescrizione in caso di omicidio colposo plurimo è applicabile la disciplina del raddoppio dei termini di cui al sesto comma dell’art. 157 c.p.?

La risposta viene fornita dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 6 dicembre 2016, n. 51959. Il caso. Il Tribunale riteneva colpevole di omicidi colposo una madre per aver cagionato la morte delle figlie minori 3 e 4 anni essendosi allontanata dalla propria abitazione, lasciando le minori sole per 1 ora e 20 minuti circa, dopo aver acceso la stufa a legna che aveva sviluppato un incendio all’interno dell’abitazione provocando la morte delle minori per l’ingente quantità di fumi con monossido di carbonio respirati. L’imputata ricorre in Cassazione deducendo, tra gli altri, l’intervenuta prescrizione del reato in data 22 gennaio 2015. Morte di più persone. A seguito delle modifiche di cui al d.l. n. 92/2008, convertito con modificazioni nella l. n. 125/08, è stato inserito il nuovo comma 3 all’articolo 589 c.p., che regola specifiche ipotesi di omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Pertanto, non appare dubbio che il richiamo all’articolo 589, comma 3, c.p. contenuto nell’imputazione formulata nel 2006, si riferisca ora all’ipotesi di cui all’ultimo comma dell’articolo citato, che regola il caso di morte di più persone. Raddoppio dei termini di prescrizione? Ma la S.C. ritiene che il raddoppio dei termini di prescrizione di cui al sesto comma dell’articolo 157 c.p. per l’ipotesi di concorso formale di più omicidi colposi articolo 589, comma 4, c.p. non possa trovare applicazione nelle ipotesi in cui l’agente si sia reso responsabile dei delitti di cui al primo comma, articolo 589 c.p Infatti, si è sempre ritenuto cfr. Cass. n. 3127/99 che il termine di prescrizione della fattispecie di cui all’articolo 589, comma 2 prima versione e comma 3, c.p. a seguito delle modifiche del 1966, fosse quello previsto per i singoli reati e dunque non venisse in rilievo il limite di pena di cui all’ultimo comma dell’articolo 589 c.p Interpretazione costituzionalmente orientata. Allo stesso modo, il raddoppio dei termini prescrizionali di cui all’articolo 157 comma 6, c.p. si ritiene applicabile esclusivamente alle ipotesi di cui agli attuali commi 2 e 3, articolo 589 c.p Cass. n. 23944/2013 si era già pronunciata sul tema con una lettura costituzionalmente orientata della l. n. 251/05, cd. legge ex Cirielli, che ha introdotto varie deroghe alla disciplina della prescrizione, introducendo il raddoppio dei termini per l’ipotesi di cui all’attuale articolo 589, comma 4, c.p. per evitare che gli omicidi aggravati potessero prescriversi in un periodo più breve di quello per loro espressamente previsto, ove fossero contestati ex articolo 589, ult. comma, c.p Si è pertanto affermato, con un’interpretazione della norma costituzionalmente orientata in riferimento al principio di ragionevolezza, che il termine prescrizionale massimo relativo alle ipotesi di omicidio plurimo concorrente o meno con il reato di lesioni colpose, purché non aggravate ex articolo 589, commi 2 e 3, c.p., sia quello di 7 anni e 6 mesi, in applicazione della più favorevole disciplina di cui al novellato articolo 157, comma 1, c.p Valutando dunque i periodi di sospensione del termine di prescrizione, si rileva nel caso di specie che il decorso del termine massimo di prescrizione è avvenuto prima della pronuncia della sentenza impugnata, e la S.C. ne dispone dunque l’annullamento senza rinvio per estinzione del reato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 24 novembre – 6 dicembre 2016, numero 51959 Presidente Blaiotta – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Cagliari - Sezione Distaccata di Sassari, con la sentenza in epigrafe, ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio la sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Tempio Pausania nei confronti di M.M. , ritenuta colpevole del delitto di cui all’articolo 589, commi 1 e 3, cod. penumero per avere cagionato per colpa la morte delle figlie minori P.C.L. e P.D. in omissis . All’imputata si era contestato di essersi allontanata dall’abitazione dalle ore 17 00 alle ore 18 20, lasciandovi sole le figlie dell’età di quattro e tre anni, dopo aver acceso la stufa a legna le minori erano decedute per intossicazione acuta da monossido di carbonio in quanto la vicinanza della stufa con materiale altamente infiammabile aveva sviluppato un incendio all’interno dell’abitazione l’incendio aveva interessato per primo il divano posizionato accanto alla stufa, composto di poliuretano espanso,, che aveva generato una rilevante quantità di fumi con monossido di carbonio. 2. Il giudice di primo grado, la cui ricostruzione del fatto è stata confermata dal giudice di appello, aveva accertato che l’imputata era uscita dall’abitazione chiudendola a chiave dall’esterno e lasciando all’interno in soggiorno la stufa a legna accesa, posizionata accanto ad un divano. Uno stendibiancheria a raggiera con indumenti era posto sulla canna fumaria della stufa e nei pressi vi era una confezione di diavolina e di fiammiferi, ossia materiali infiammabili la cui vicinanza era stata determinante per l’innescarsi dell’incendio. Era stata la stessa imputata, quando era rientrata a casa verso le 18 20, ad accorgersi dell’accaduto. L’allontanamento era motivato dall’uscita da scuola della figlia di sette anni per compiere il tragitto di andata e ritorno dalla casa alla scuola erano necessari 6 minuti e 42 secondi, l’imputata si era trattenuta per 15/20 minuti davanti alla scuola con altre mamme. 3. M.M. ricorre per cassazione, con atto sottoscritto dal difensore, censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi a inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 533, comma 1, e 192 cod.proc.penumero per avere la Corte territoriale desunto che la stufa dalla quale si sarebbe sprigionato l’incendio fosse in stato di scarsa manutenzione nonostante tale elemento non fosse stato mai accertato e sebbene nell’atto di gravame fosse stato evidenziato che le guarnizioni dello sportello potessero essere state deformate, e non usurate come indicato nella sentenza, a causa del calore determinato dall’incendio b inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 42 e 43 cod. penumero perché l’evento verificatosi non costituiva concretizzazione di un rischio prevedibile, attesa l’assenza di problemi che lasciassero prevedere il malfunzionamento della stufa ed essendo del tutto indimostrata la scarsa manutenzione della stessa così come che la corretta manutenzione avrebbe impedito l’evento c inosservanza ed erronea applicazione degli articolo 45 cod. penumero e 530, comma 3, cod.proc.penumero perché nel caso concreto, escluse ed indimostrate tutte le ulteriori cause, l’evento si sarebbe dovuto ascrivere al caso fortuito concretato da un’improvvisa avaria della stufa a legna, che avrebbe comunque reso dubbia la prevedibilità dell’evento d erronea applicazione degli articolo 157,158 e 159 cod. penumero , 420 ter e 531 cod.proc.penumero per essere intervenuta la prescrizione del reato in data 22 gennaio 2015. La ricorrente deduce che il rinvio disposto dalla Corte di Appello all’udienza del 19 febbraio 2013 non ha determinato alcuna sospensione del termine di prescrizione in quanto, sebbene il difensore d’ufficio avesse dichiarato di aderire all’astensione dalle udienze proclamata da organismo di categoria, risultava omessa la notifica del decreto di citazione a giudizio sia dell’imputato che del difensore e inosservanza degli articolo 62 bis e 65 numero 3 cod. penumero ed omessa motivazione in merito alla mancata applicazione delle attenuanti generiche nella massima estensione. Considerato in diritto 1. La sentenza impugnata riporta brani della pronuncia di primo grado condividendone la struttura argomentativa ed il percorso logico. Deve, dunque, premettersi che, nella verifica della consistenza dei rilievi critici mossi dalla ricorrente, la sentenza della Corte territoriale non può essere valutata isolatamente, ma deve essere esaminata in stretta ed essenziale correlazione con la sentenza di primo grado, sviluppandosi entrambe secondo linee logiche e giuridiche pienamente concordanti, di tal che - sulla base di un consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte - deve ritenersi che la motivazione della prima si saldi con quella della seconda fino a formare un solo complessivo corpo argomentativo e un tutto unico e inscindibile Sez.2, numero 30838 del 19/03/2013, Autieri, Rv. 257056 Sez.4, numero 38824 del 17/09/2008, Raso, Rv. 241062 Sez. 1, numero 8868 del 26/06/2000, Sangiorgi, Rv. 216906 Sez. U, numero 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191229 . 2. La Corte territoriale ha spiegato perché ritenesse irrilevante, ai fini del giudizio di responsabilità penale, l’argomento dell’allontanamento dell’imputata dall’abitazione per un tempo inferiore a quello indicato dal tribunale ha, in sostanza, delimitato la descrizione della condotta penalmente rilevante all’allontanamento della madre dall’abitazione in cui le due figlie piccole erano rimaste sole. Con ampia descrizione delle condotte alternative pag.14 che sarebbero state esigibili dalla madre onde evitare di lasciare le bambine da sole, anche al fine di replicare all’asserita sussistenza della scriminante dello stato di necessità. Ma il giudice di appello ha correlato l’evento ad un ulteriore profilo di colpa, inerente alla scarsa manutenzione della stufa le guarnizioni dello sportello di chiusura erano risultate usurate ed avevano consentito alle prime scintille di fuoriuscire. Ove l’imputata avesse provveduto ad una corretta manutenzione dell’impianto, l’evento non si sarebbe verificato, dovendosi escludere un difetto strutturale della stufa ovvero un imprevedibile malfunzionamento della stessa. I giudici di appello hanno, quindi, ritenuto di scarso rilievo l’argomento per cui non vi fosse la prova che l’imputata avesse chiuso la porta a chiave dall’esterno, posto che il nucleo della condotta causalmente rilevante era da individuare nel suo allontanamento dall’abitazione mentre le bambine erano sole in casa, rimarcando tuttavia che la presenza della maniglia anche all’esterno della porta lasciasse intuire che le chiavi infilate all’esterno fossero servite per aprire una serratura chiusa a chiave. Né si è accolta la tesi dell’imprevedibilità dell’evento, sottolineandosi la vetustà dell’apparecchio in questione e, soprattutto, la possibilità per l’imputata di rappresentarsi tutti gli effetti derivati dal possibile propagarsi del fuoco in mancanza di controllo del pericolo correlato alla fiamma viva, seppure accesa all’interno del camino di una stufa. 3. Il quarto motivo di ricorso, inerente all’intervenuta prescrizione del reato, deve essere esaminato con priorità in quanto fondato ed assorbente rispetto agli altri motivi. Rilevato che il ricorso non risulta affetto da profili di inammissibilità, si è riportata in sintesi la motivazione della sentenza impugnata per rappresentare come, dal raffronto con i motivi di ricorso, non risulti evidente la sussistenza dei presupposti per una pronuncia assolutoria. Occorre infatti ricordare, in conformità all’insegnamento ripetutamente impartito dalla Corte di legittimità, come, in presenza di una causa estintiva del reato, il giudice sia legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’articolo 129, comma 22, cod.proc.penumero soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, cosi che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi , che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento Sez. U, numero 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244275 . Sul punto, l’orientamento della Corte di Cassazione è univoco. 4. Il reato contestato all’imputata va, dunque, dichiarato estinto per prescrizione. Tanto per le ragioni che si vengono ad esporre. 4.1. Deve, in primo luogo, osservarsi che, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto-legge 23 maggio 2008, numero 92, convertito con modificazioni nella legge 24 luglio 2008, numero 125 del 2008, nel testo dell’articolo 589 cod. penumero è stato inserito l’attuale comma 3, che regola specifiche ipotesi di omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale. Pertanto, non appare revocabile in dubbio che il richiamo all’articolo 589, comma 3, cod. penumero contenuto nell’imputazione formulata nel 2006 vada qui riferito all’ipotesi di cui all’attuale articolo 589, ultimo comma, cod. penumero , che regola il caso di morte di più persone. Ma il Collegio ritiene che il raddoppio dei termini di prescrizione, previsto dall’articolo 157, sesto comma, cod. penumero per le ipotesi di concorso formale di più omicidi colposi, di cui all’articolo 589, comma 4, cod. penumero non possa trovare applicazione nelle ipotesi in cui il soggetto agente si sia reso responsabile di fattispecie delittuose punite ai sensi dell’articolo 589, primo comma, cod. penumero . 4.2. Nel tempo è stato, infatti, acquisito come criterio interpretativo pacifico, in dottrina e in giurisprudenza, che il termine di prescrizione della fattispecie prevista dall’articolo 589, comma 2 prima versione e comma 3 cod. penumero dopo le modifiche del 1966, fosse quello previsto per i singoli reati omicidio colposo o lesioni colpose di cui l’imputato si era reso responsabile e che, a tal fine, non venisse in rilievo il limite di pena indicato nell’articolo 589, ultimo comma, cod. penumero Sez.4, numero 3127 del 27/01/1999, Cugliari, Rv. 213221 Sez.1, numero 175 del 07/11/1995, dep. 1996, Ferraioli, Rv. 203346 . 4.3. E si deve ritenere, d’altro canto, che il raddoppio dei termini prescrizionali previsto dal vigente articolo 157, sesto comma, cod. penumero sia applicabile esclusivamente alle ipotesi di omicidio colposo aggravato, ai sensi dell’articolo 589, commi 2 e 3, cod. penumero , dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale o sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. A tale conclusione la Corte di Cassazione è già pervenuta Sez. 4, numero 23944 del 17/04/2013, Corrado, Rv. 255462 in virtù di una lettura costituzionalmente orientata della normativa introdotta dalla legge 4 dicembre 2005, numero 251, così detta ex L. Cirielli, che ha profondamente modificato la disciplina della prescrizione ed al contempo ha posto alcune deroghe alla disciplina introdotta tra tali deroghe vi è quella secondo cui sono raddoppiati i termini di prescrizione, per gli omicidi colposi commessi con violazione delle norme sulla circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Sennonché il Legislatore, nel prevedere tale raddoppio dei termini di prescrizione relativi a quelle particolari fattispecie di omicidio colposo, ha anche menzionato l’ipotesi prevista dall’attuale articolo 589, comma 4, cod. penumero , e cioè la disposizione che prevedeva l’omicidio plurimo in concorso formale e che non è mai stata considerata una circostanza del delitto. Verosimilmente l’intento del Legislatore era quello di evitare che gli omicidi aggravati di cui si è detto potessero prescriversi in un periodo più breve di quello per loro espressamente previsto e cioè il doppio del termine della prescrizione ordinaria , ove fossero contestati ai sensi dell’articolo 589, ultimo comma, cod. penumero Che questa interpretazione sia corretta è confermato anche dal fatto che allorquando, nel 2008, vennero inaspriti i massimi edittali della pena prevista per gli omicidi aggravati ex comma 2 portati da cinque a sette anni di reclusione e venne introdotto quell’ulteriore comma, l’attuale terzo comma, che prevedeva la pena da tre a dieci anni, per gli omicidi commessi con violazione delle norme del codice della strada da soggetti in stato di ebbrezza alcolica o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, anche la disposizione di legge sull’omicidio colposo plurimo commesso con una sola azione od omissione venne modificata e la pena massima applicabile venne portata a quindici anni. 4.4. Si è pertanto affermato, con una interpretazione della norma costituzionalmente orientata in riferimento al principio di ragionevolezza, che il termine prescrizionale massimo relativo alle ipotesi di omicidio colposo plurimo concorrente o meno con il reato di lesioni colpose, purché non aggravate ai sensi dell’articolo 589, commi 2 e 3, cod. penumero , sia quello di anni sette e mesi sei, in applicazione della più favorevole disciplina di cui al novellato articolo 157, comma 1, cod. penumero . 5. Applicando tali principi al caso in esame, il termine di prescrizione del reato contestato a M.M. sarebbe decorso il 7 giugno 2014, ma occorre computare i periodi di sospensione del predetto termine ai sensi dell’articolo 159 cod. penumero . 5.1. In particolare 1 all’udienza del 10 novembre 2008 il processo è stato rinviato al 19 gennaio 2009 per motivi di salute dell’imputata con impedimento che cessava dopo tre giorni sospensione per 63 giorni, vale richiamare sul punto Sez. U, numero 4909 del 18/12/2014, dep. 2015, Torchia, in motivazione 2 all’udienza del 19 gennaio 2009 il processo è stato rinviato al 6 aprile 2009 per motivi di salute del difensore dell’imputata senza specificazione della durata dell’impedimento sospensione per 60 giorni 3 all’udienza del 15 giugno 2009 il processo è stato rinviato al 29 settembre 2009 per impedimento di 15 giorni del difensore sospensione per 75 giorni 4 all’udienza del 29 settembre 2009 il processo è stato rinviato al 9 novembre 2009 per impedimento del difensore per concomitante impegno professionale sospensione per 60 giorni 5 all’udienza in grado di appello del 18 febbraio 2014 il processo è stato rinviato al 4 novembre 2014 per adesione del difensore d’ufficio all’astensione dalle udienze proclamate da organismo di categoria sospensione per 8 mesi e 16 giorni, si richiamano, tra le tante, Sez.4, numero 10621 del 29/01/2013, M., Rv. 256067 Sez.1, numero 25714 del 17/06/2008, Arena, Rv. 240460 . 5.2. La ricorrente ha, correttamente, dedotto che di quest’ultimo rinvio non si possa tener conto in quanto, come si evince dal verbale della successiva udienza del 4 novembre 2009 in cui ne fu disposta la notificazione, l’imputata non aveva ricevuto il decreto di citazione in appello e non era stata, pertanto, dichiarata la sua contumacia. Si richiama, sul punto, il principio espresso nella giurisprudenza di legittimità secondo il quale la mancata comparizione dell’imputato all’udienza senza che il giudice verifichi i presupposti atti a legittimarne la dichiarazione di contumacia costituisce una anomalia tale da rendere impossibile stabilire se si tratti di mancata presenza dovuta a oggettiva impossibilità di comparire o di volontaria sottrazione al contraddittorio, con la conseguenza che tale incertezza non può che essere intesa in senso favorevole all’imputato non comparso e non dichiarato ritualmente contumace Sez. 6, numero 15862 del 21/03/2006, Terlizzi, Rv. 234549 . 5.3. Valutando, dunque, i periodi di valida sospensione del termine di prescrizione, si deve trarre la conclusione per cui il termine massimo di prescrizione era decorso alla data del 25 febbraio 2015, ossia in data antecedente la pronuncia della sentenza impugnata. 6. Va disposto, pertanto, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di M.M. , essendo il reato contestato estinto per prescrizione. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.