Abusi in seminario, fatti datati: esclusa la custodia in carcere

Respinta anche in Cassazione la richiesta di applicare nei confronti dell’uomo la misura cautelare della custodia in carcere. Egli, in qualità di responsabile del seminario, è accusato di abusi sui giovani seminaristi. Secondo i giudici, però, non vi è pericolo di recidiva.

Accuse pesantissime nei confronti di un religioso. A lui, responsabile di un seminario, vengono contestati numerosi abusi sui giovani presenti nella struttura. Significativi i racconti fatti dai ragazzi e dai loro genitori, e inequivocabile la confessione da lui resa. Ciò nonostante, viene esclusa l’ipotesi della custodia cautelare in carcere Cassazione, sentenza n. 51697/2016, Sezione Terza Penale, depositata il 5 dicembre . Custodia. Prima il Gip e poi il Tribunale del riesame hanno respinto la richiesta di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti del responsabile del seminario . Chiari gli addebiti nei confronti del religioso, accusato di abusi sui seminaristi. Numerosi i gravi indizi di colpevolezza . Però, secondo i giudici, non vi è rischio di inquinamento probatorio né pericolo di fuga . Soprattutto, non vi è pericolo di recidiva , tenuto conto che le condotte contestate risalgono al periodo che va dal 2006 al 2010 il religioso si è allontanato dall’Italia sin dal 2008 , nel 2013 è stato ridotto allo stato laicale e, infine, gli è stato impedito di frequentare seminari ed entrare in contatto con i giovani allievi seminaristi . E questi elementi vengono condivisi anche dai magistrati della Cassazione, i quali respingono le obiezioni mosse dal Pubblico Ministero. Per i giudici del ‘Palazzaccio’ è corretto il ragionamento con cui è stata esclusa la concretezza e l’attualità del pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose, attesa la risalenza nel tempo delle condotte, l’allontanamento dall’Italia, la confessione resa e la riduzione allo stato laicale . Su un altro fronte, quello dell’ inquinamento probatorio , viene infine sancito che il religioso è estraneo alle azioni compiute dal suo ordine e volte ad indurre alla ritrattazione le vittime degli abusi. Esclusa, quindi, in conclusione la custodia cautelare in carcere .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 settembre – 5 dicembre 2016, n. 51697 Presidente Fiale – Relatore Gai Considerato in diritto 4. Il ricorso dei Pubblico Ministero è manifestamente infondato, in quanto propone censure di merito ed è diretto a richiedere una rivalutazione delle circostanze, di fatto, poste a base del provvedimento impugnato, non consentita in questa sede. S. Va preliminarmente ricordato che costituisce principio consolidato e più volte affermato dalla Corte di cassazione, quello per cui, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Giudice di merito Sez. 6, n. 11194 dell'8/3/2012, Lupo, Rv. 252178 Sez. 5, n. 46124 dell'8/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997 . 6. Nel caso in esame, nessuna delle due evenienze violazione di legge e vizio di motivazione, rilevante ex art. 606 comma 1 lett. e cod.proc.pen. come sopra evidenziato , si è verificata a fronte di una motivazione del Tribunale che ha diffusamente, adeguatamente e logicamente argomentato, in aderenza al dato probatorio, l'assenza dei presupposti di cui all'art. 274 cod.proc.pen. L'ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di esigenze cautelari, escludendo, in primo luogo, la concretezza e l'attualità del pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose, attesa la risalenza nel tempo delle condotte anni 2006 2010 , l'allontanamento dall'Italia dal 2008, la confessione resa nel 2012 e, per finire, la riduzione allo stato laicale del 2013, circostanze che il Tribunale ha valutato congiuntamente per escludere la concretezza ed attualità. Motivazione immune da rilievi di illogicità e corretta sul piano del diritto Sez. 4, n. 5700 del 02/02/2016, Mandrillo, Rv. 265949 Sez. 3, n. 15925 dei 18/12/2015 Macri, Rv. 266829 Sez. 5, n. 43083 del 24/09/2015, Maio, Rv. 264902 . A fronte di siffatta motivazione il P.M., non senza evocare censura di fatto, con ampi richiamai agli atti di P.G. e riportando nel corpo del ricorso stralci di parte di atti processuali, richiede una diversa valutazione i dette circostanze non consentita in questa sede a fronte di un apparato ri e che non presenta profili di illogicità. Conclusivamente ritiene, il Collegio, che il provvedimento impugnato si sia attenuto ai principi giurisprudenziali, espressi all'indomani dell'entrata in vigore della modifica apportata dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, all'art. 274 lett. c cod. proc. pen. secondo cui, attraverso l'espressa previsione dei requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato, in aggiunta a quello della concretezza, è ora normativamente richiesto che l'attualità del pericolo sia specificamente valutata dal giudice, avendo riguardo alla sopravvivenza del pericolo di recidiva al momento della adozione della misura, in relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda cautelare e che lo abbia escluso, il pericolo di recidiva, con motivazione che non present& amp profili di illogicità/contraddittorietà sindacabili in questa sede. Quando al pericolo di inquinamento probatorio, escluso dal Tribunale di Milano in considerazione del fatto che gli approcci tesi a ottenere la ritrattazione non provenivano dall'indagato, il P.M. si limita, in modo del tutto apodittico, ad affermare che il Resendiz non poteva ritenersi estraneo alle condotte, poste in essere dagli appartenenti alla Congregazione dei Legionari, volte ad indurre alla ritrattazione delle dichiarazioni rese dai testimoni. Il motivo è, all'evidenza, del tutto generico e, dunque, inammissibile. Parimenti, generica, apodittica è l'affermazione secondo cui l'allontanamento dall'Italia dell'indagato, dopo aver commesso gli abusi perché indotto dai suoi superiori, sarebbe elemento fondante il pericolo di fuga. Il ricorso dei Pubblico Ministero va, pertanto, dichiarato inammissibile in condivisione con le conclusione formulate in udienza dal Procuratore generale. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso dei Pubblico Ministero.