Quando impedire l’esercizio di un diritto politico è reato?

Ai fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 294 c.p,. che punisce ogni attentato all’esercizio dei diritti politici del cittadino, non può prescindersi da una precisa interpretazione della espressione diritti politici”, la quale va intesa necessariamente in senso stretto, correlandola al diritto di elettorato attivo e passivo. Diversamente, verrebbe meno un elemento costitutivo del reato in questione.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 51722/16 depositata il 5 dicembre. Il caso. Il Tribunale di Roma, con propria ordinanza accoglieva, solo parzialmente, l’istanza di riesame di alcuni soggetti indagati, tra gli altri, per il reato di cui all’art. 294 c.p., mantenendo per loro la misura dell’obbligo di presentazione alla p.g., ritenendo sussistente l’esigenza cautelare di reiterazione del reato. Dalla ricostruzione dei fatti, gli stessi avrebbero impedito, con la loro condotta violenta, a soggetti di orientamento politico opposto, di procedere alla propria attività di raccolta firme, finalizzata all’individuazione del candidato preferito per la poltrona di sindaco della propria città ribaltando i banchetti e appropriandosi delle liste . La norma. L’art. 294 c.p., rubricato Attentati contro i diritti politici del cittadino”, punisce, in effetti, Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà . Nel caso di specie, tuttavia, la Corte nega possa ritenersi configurata tale ipotesi incriminatrice, dato che, in punto di integrazione della condotta, non basta essere in presenza di una attività meramente disturbatoria” e violenta occorre, altresì, che la stessa impedisca ad alcuno di esercitare un proprio diritto politico”. Diritto politico e attività informale. Ed allora, come la Corte ha avuto modo di precisare nel corpo della sentenza, nel caso specifico, le attività violente attribuite sulla base dell’imputazione agli indagati hanno avuto ad oggetto una consultazione di partito, del tutto informale, non prevista dalle norme statutarie”. Ebbene, tale condotta, proprio per questo motivo, non può essere inserita nel contesto individuato dalla norma in oggetto. Infatti, il comportamento degli indagati, seppur violento, non è consistito nell’impedire ad alcuno l’esercizio dei propri diritti politici. Quando si parla di diritti politici”, infatti, ci si deve riferire a quelli di elettorato attivo e passivo gli stessi, al contrario, non possono essere integrati dalla mera opposizione all’espressione della volontà politica . Non ogni attacco a sfondo politico, quindi, può costituire l’impedimento indicato dalla norma quale elemento essenziale per la configurabilità del delitto di che trattasi. Art. 294 c.p. è norma speciale rispetto alla violenza privata. Secondo la Corte, l’interpretazione di tale espressione non può estendersi oltre i limiti testè indicati. Trattandosi di norme penali, non può operare alcun tipo di interpretazione analogica. Pertanto, la condotta così come concretizzata si inserisce in un quadro giuridico completamente diverso, ossia quello della violenza privata previsto dall’art. 610 c.p Il comportamento tenuto dagli imputati, quale disturbo all’espressione della manifestazione del proprio pensiero, preliminare alla scelta di un proprio futuro diritto politico, costituisce una fattispecie speciale rispetto a quella di violenza privata. In questo caso, pertanto, manca quell’elemento specializzante che differenzia, senza dubbi, per la Corte, le due fattispecie incriminatrici. Le condizioni per l’applicazione di una misura cautelare. In ragione, poi, della tipologia di attività posta in essere dagli indagati, la Corte ha effettuato, altresì, un giudizio sulla logicità della motivazione in punto della ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare di cui all’art. 274 lett. c c.p.p Afferma, infatti, che è erroneo ritenere che il pericolo di reiterazione derivi dall’appartenenza ideologica degli indagati ad un gruppo solito fare opposizione violenta alle componenti sociali contrarie. Infatti, vi deve essere un rapporto specifico tra la condizione personale degli indagati e la necessità di tutelare una specifica esigenza cautelare. Tale circostanza, pertanto, non può esaurirsi nella generica indicazione di dati presuntivi che lascino desumere la possibilità della riproposizione di situazioni analoghe proprio a causa della partecipazione ad un gruppo o ad un’ideologia politica.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 novembre – 5 dicembre 2016, n. 51722 Presidente Ippolito – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 18/07/2016, in parziale accoglimento del riesame proposto nell’interesse di C.M. , O.G. , P.G. , R.G. e S.G. avverso il provvedimento di applicazione dell’obbligo di presentazione alla p.g. emesso dal Gip del Tribunale di Roma il 15/06/2016, in relazione alle imputazioni di cui agli artt. 294, 337-339, 582-585, 635 cod. pen. ha limitato l’obbligo di presentazione ad una volta al giorno, compresi quelli festivi, ed ha rigettato nel resto l’impugnazione proposta. La vicenda riguarda l’intervento del gruppo costituito dai ricorrenti, presenti una zona di Roma per manifestare i propri orientamenti rispetto alla gestione del territorio e collocabili in area politica opposta a quella intenta alla raccolta di preferenze per la prossima presentazione della candidatura a Sindaco di quella città dello schieramento di destra, sfociato poi in un attacco dei primi verso i secondi, che ha condotto alle richiamate imputazioni. 2. Ha proposto ricorso la difesa di tutti i ricorrenti. 2.1. Con un primo motivo si rileva, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b ed e cod. proc pen., violazione di legge con riferimento alla riconducibilità della condotta alle fattispecie incriminatrici e vizio di motivazione quanto alla gravità indiziaria. Si deduce in particolare la non compiuta considerazione di quanto sostenuto nel corso dell’interrogatorio dagli interessati, che non avevano negato lo scontro con i manifestati del gruppo omissis , ma la sua preordinazione, contrariamente a quanto valorizzato nel provvedimento impugnato, che, senza analizzare quanto dedotto sul punto, era giunto alle conclusioni opposte che si contestano. Si esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 294 cod. pen. richiamando in fatto l’attività in corso di svolgimento presso i banchetti allestiti dal gruppo omissis , riguardante un sondaggio che nulla aveva a che vedere con il diritto di voto, e si contesta l’omessa valutazione di tale motivo di riesame da parte del Tribunale adito. In proposito si esclude in fatto la presenza di una condotta materiale di impedimento dell’attività svolta dal gruppo antagonista, poiché dagli atti non emerge alcuna concreta attività riconducibile al contestato danneggiamento delle strutture utilizzate per il sondaggio, né risulta acquisita alcuna risultanza con riguardo ad un’appropriazione materiale delle schede utilizzate per tale attività da parte degli interessati, mentre la contestata attività di appropriazione delle liste dei cittadini che avevano in quel contesto fornito i loro recapiti, oltre a non incidere sulla libertà di manifestazione del voto, non risulta con certezza riconducibile agli interessati, posto che le perquisizioni disposte a loro carico non ne avevano rivelato la presenza. Allo stesso tempo si contesta l’individuazione di atti riconducibili alla resistenza a pubblico ufficiale, oltre che la sicura attribuzione di questa attività illecita agli interessati. Analoga genericità coinvolge la contestazione riguardante il danneggiamento e le lesioni, in relazione alla cui sussistenza non risulta fornito nessun elemento di conferma, malgrado la contestazione svolta al riguardo nell’atto di riesame. 2.2. Con ulteriore motivo si segnala, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. c ed e cod. proc. pen., violazione di legge processuale in relazione alla valutazione del pericolo di reiterazione a mente dell’art. 274 comma 1 lett. c cod proc. pen. in quanto ravvisato in maniera generica, prescindendo dall’analisi dalle personalità dei partecipi raggiunti dalla misura oltre che dagli specifici elementi oggettivi quali la campagna elettorale in corso-considerati dal P.m. in sede di richiesta e dal Gip in sede di applicazione della misura elementi che inesorabilmente hanno perso il requisito dell’attualità e ricercati in maniera autonoma con riferimento all’intrinseca natura dell’attività di gruppo svolta dai ricorrenti, senza considerare la personalità di ognuno e l’assenza di precedenti a loro carico, o la minima valenza di quelli risultanti a carico del solo R Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati. 2. Il provvedimento impugnato si caratterizza per la genericità delle argomentazioni offerte sui rilievi della difesa, sotto plurimi profili. In particolare, a fronte delle specifiche censure formulate nell’istanza di riesame in ordine alla natura estemporanea e non programmata del diverbio creatosi con il gruppo antagonista e dell’incedere degli odierni ricorrenti al viso scoperto, tanto da non aver destato una tempestiva azione difensiva da parte degli altri, tesi sostenuta richiamando le dichiarazioni acquisite in loco, anche presso i componenti del gruppo composto dagli esponenti della destra, nell’ordinanza si fa generico richiamo alla presenza di risultanze filmate che rimandano le immagini di persone travisate per inferire la riconducibilità degli odierni ricorrenti a quel gruppo, anche in forza del mancato riscontro circa la presenza di due assembramenti della medesima natura, con diverse modalità operative, osservazione che non contrasta le specifiche allegazioni della controparte. Inoltre, al di là dei rilievi in fatto sulla natura preordinata o meno del contrasto e della carenza della valutazione indiziaria in argomento, si deve convenire sulla mancanza di motivazione in ordine ai rilievi riguardanti l’assenza di elementi di fatto e di diritto, idonei ad integrare il reato di cui all’art. 294 cod. pen., a fronte delle analitiche osservazioni svolte sul punto nell’istanza formulata. Quanto al primo profilo risulta contestata la verificazione di un contrasto con le forze opposte che ha prodotto il ribaltamento del banchetto utilizzato per lo svolgimento del’attività e la pretesa sparizione degli elenchi delle persone che avevano partecipato al sondaggio, elementi che possono aver prodotto impedimento materiale in quel limitato arco temporale dell’espressione delle preferenze delle persone eventualmente intente ad esprimere la loro decisione in argomento, ma in maniera indiretta, in quanto tale evento non può ritenersi direttamente correlato alla volontà dagli agenti. Si deve poi osservare in diritto che, come esposto in narrativa, le attività violente attribuite sulla base dell’imputazione agli interessati, hanno avuto ad oggetto una consultazione di partito, del tutto informale, non prevista dalle norme statutarie, cosicché anche ove la condotta attribuita ai ricorrenti si fosse estrinsecata come opposizione al suo sviluppo sarebbe improduttiva di un impedimento dell’esercizio dei diritti politici, che si correlano al diritto di elettorato attivo e passivo e non possono intessere integrati dalla mera opposizione all’espressione della volontà politica, come invece ritenuto nell’ordinanza impugnata. Invero, alla luce del tenore letterale della disposizione, non può operarsi una interpretazione estensiva del richiamo in essa contenuto ai diritti politici, così da poterli identificare con qualsiasi manifestazione del proprio pensiero che possa riguardare scelte politiche, per il divieto di interpretazione analogica presente nel codice penale cosicché, in linea con i precedenti in materia della Corte di legittimità Sez. 1, n. 17333 del 21/04/2005, P.M. in proc. Cammisuli, Rv. 231103 la norma deve intendersi come avente ad oggetto l’esercizio dei diritti politici in senso stretto, come sopra delimitato, a cui chiaramente non è riconducibile quella verificatasi nel caso concreto. Conseguentemente la condotta contestata, che si è concretizzata nell’azione di disturbo all’espressione della manifestazione del pensiero, funzionalmente preliminare alla scelta sul futuro esercizio del diritto politico, va qualificata come violenza privata rispetto alla quale la disposizione di cui all’art. 294 cod. pen. costituisce un reato speciale Sez. 1, n. 11055 del 14/10/1993, Renna, Rv. 197545 , la cui integrazione richiede l’individuazione dell’elemento specializzante che risulta mancante. 3. Analogo vizio argomentativo riguarda le ulteriori contestazioni, con riferimento alla presenza di elementi di contrasto in ordine alla gravità indiziaria per le ulteriori imputazioni, ed il possibile inquadramento in diverse fattispecie della condotta descritta quale resistenza, sulla base delle specifiche risultanze evocate nel ricorso. La complessiva carenza di deduzioni sulle obiezioni difensive determina un vizio di legittimità del provvedimento impugnato principio pacifico da ultimo Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, Carbonari, Rv. 264938 . 4. Deve escludersi, inoltre, la corretta individuazione della sussistenza delle esigenze cautelari per tutti gli indagati, delimitata con riferimento al solo pericolo di reiterazione di cui all’art. 274 comma 1 lett. c cod. proc. pen. poiché la valutazione contenuta nel provvedimento impugnato risulta disancorata dai dati di concretezza ed attualità della previsione prognostica, richiesti quale presupposto legittimante il provvedimento limitativo della libertà. Sul punto il Tribunale ha circostanziato l’elevato pericolo di reiterazione ricavandolo dalla natura organizzata dell’attacco e dalla sua causale ideologica, volendone inferire una radicata convinzione strategica rapportabile testualmente più al gruppo del quale gli odierni indagati risultano far parte, che alle loro persone di opposizione violenta alle componenti sociali contrarie, connessa ad una precisa ed irremovibile scelta delle modalità di azione, sottesa alla sfiducia nelle istituzioni che si sviluppa attraverso la scelta di metodi non democratici, ed ha desunto dalla partecipazione al gruppo la presenza di tale convinzione negli indagati e quindi la possibilità di riproposizione di situazioni analoghe e prossime, per la molteplicità di eventi nei quali si possono estrinsecare le opinioni politiche opposte. Tale deduzione risulta priva di correlazione specifica con la condizione personale degli odierni ricorrenti, alle cui scelte personali deve comunque rapportarsi la richiesta valutazione prognostica per acquisire concretezza ed attualità, e tale generica analisi non risulta frutto di una incompleta valutazione, sanabile attraverso una diversa espressione delle giustificazioni e quindi suscettibile, sotto tale profilo, di ulteriori arricchimenti, ma di una impostazione di tale approfondimento svolta con riguardo al complesso dell’azione realizzata dal gruppo degli antagonisti, omettendo, anche sotto tale essenziale aspetto, quell’analisi specifica richiesta dalla difesa istante. La mancata valutazione del profilo personale, in uno con la considerazione della presenza di indagati incensurati, ed esenti da precedenti denunce, con l’eccezione di R. a cui carico risulta un procedimento per fattispecie analoga in cui ha riportato l’assoluzione -, impone di ritenere l’accertamento svolto sui dati legittimanti il provvedimento emesso come fondata su dati presuntivi di natura generica, privi dei requisiti richiesti dalla disposizione richiamata ed evidenziano correlativamente la carenza degli estremi richiesti dalla legge per l’emissione della misura, che deve pertanto essere annullata senza rinvio. P.Q.M. Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dichiara cessata la misura cautelare. Manda la cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 c.p.p