Concordato preventivo e atti distrattivi del patrimonio

Il carattere fraudolento del piano di concordato va accertato in concreto e deve consistere in una chiara ed indiscutibile manipolazione della realtà aziendale, tale da falsare il giudizio dei creditori e orientarli in materia presumibilmente diversa rispetto a quella che sarebbe conseguita alla corretta rappresentazione della situazione aziendale.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50675/16 depositata il 29 novembre. Il caso. Una s.p.a. presentava domanda di concordato preventivo, il quale prevedeva la cessione ad una s.r.l., appositamente costituita, dell’azienda. La proposta di concordato veniva approvata dai creditori e omologata dal Tribunale fallimentare. A giudizio del Pubblico Ministero, condiviso dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale di Pistoia, fu distratta o dissipata, in tal modo, una parte rilevante di attivo nell’ambito di un più ampio disegno distrattivo. Avverso tale provvedimento la s.r.l. proponeva ricorso per Cassazione. L’imprenditore può fare ai creditori qualsiasi proposta idonea a risolvere la crisi. La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso, ha ritenuto univoca l’ interpretazione dell’art. 160 l. fall., stabilendo che l’imprenditore può fare ai creditori qualsiasi proposta idonea a risolvere la crisi e l’approvazione della proposta è rimessa alla volontà dei creditori. Ai sensi dell’art. 186- bis il debitore può presentare un piano che preveda la prosecuzione dell’attività di impresa, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione , sulla base di criteri e valori determinati dal proponente e asseverati da un professionista abilitato. Resta in capo al Tribunale fallimentare il compito di assicurare il rispetto dei principi che regolano la materia concordataria. Sempre secondo la Suprema Corte, in caso di cessione d’azienda, la diversa valutazione di un cespite, da chiunque effettuata, non può ritenersi idonea ad attribuire carattere fraudolento alla valutazione operata dal debitore concordatario e ritenuta congrua dai creditori nell’ambito di una procedura sottoposta al controllo di legalità del Tribunale fallimentare. Fonte www.ilfallimentarista.it

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 ottobre 29 novembre 2016, n. 50675 Presidente Fumo Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Pistoia, decidendo in sede di appello avverso il provvedimenti emessi, in materia di misure cautelari reali, dal Giudice per le indagini preliminari, ha rigettato l’appello proposto da Macolive Trading srl avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di dissequestro - avanzata dalla società suddetta - della somma di Euro 1.999.564,82, già oggetto di sequestro preventivo disposto in data 10 ottobre 2015. Dalla ricostruzione operata dal Tribunale si evince che la Macalive spa presentò, nel 2012, domanda di concordato preventivo, omologato dal Tribunale di Pistoia in data 16/11/2013. La domanda di concordato prevedeva la cessione alla Macolive Trading srl, appositamente costituita, dell’azienda di proprietà della società concordataria, per il prezzo di Euro 1.890.000. Nonostante il parere contrario del commissario giudiziale che aveva valutato l’azienda Euro 3.889.564,82 , la proposta di concordato fu approvata dai creditori e, per l’effetto di ciò, omologata dal Tribunale fallimentare. A giudizio del Pubblico Ministero, condiviso dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale di Pistoia, fu distratta o dissipata, in tal modo, una parte rilevante di attivo la differenza tra il valore di stima dell’azienda, operata dal commissario giudiziale, e il prezzo effettivo della cessione , nell’ambito di un più ampio disegno distrattivo - portato avanti dagli amministratori della società concordataria - che aveva visto la Macolive spa azzerare - nella proposta di concordato - due importanti posizioni creditorie una, di Euro 7.303.684,10, vantata verso la Macolive di diritto turco un’altra, di Euro 3.530.000, vantata verso la Macolive di diritto greco. In più, era stata completamente svalutata la partecipazione - del valore nominale di Euro 6.093.600 - detenuta nella corrispondente società turca. Il tutto per inconsistenza e inesigibilità derivante dalle avverse condizioni di dissesto economico-finanziario di entrambe le società estere così nella domanda di concordato preventivo . 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione la Macolive Trading srl con tre motivi. Col primo lamenta la violazione degli artt. 273 e 321 cod. proc. pen., derivante dal fatto che è stato confermato il sequestro preventivo - che colpisce, oltretutto, beni di un terzo - laddove sono stati esclusi, dal Tribunale del Riesame di Firenze - investito dell’impugnativa avverso il provvedimento applicativo di misura custodiale a carico degli amministratori della Macolive spa - i gravi indizi di colpevolezza, per la inidoneità delle condotte contestate all’indagato ad integrare il reato ipotizzato , posto che la cessione dell’azienda al prezzo sopra specificato era avvenuta nell’ambito della procedura di concordato preventivo. Col secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 216, 223 e 236 della legge fall. per la ragione che una ipotesi del tutto normale e tipizzata dal legislatore all’art. 186-bis legga fall. concordato con continuità aziendale è stata sussunta nella fattispecie delle condotte distrattive. Col terzo motivo lamenta che il Tribunale di Pistoia abbia confermato il decreto di sequestro preventivo con motivazione apparente, limitandosi a richiamare il contesto in cui sarebbe avvenuta la cessione e senza tener conto del fatto che si è trattato di una cessione avvenuta nell’ambito di una procedura concordataria. Considerato in diritto I tre motivi di ricorso investono la medesima questione di diritto e vanno, pertanto, esaminati congiuntamente. Il ricorso è fondato. 1. La nuova disciplina del concordato preventivo, introdotta dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, conv., con mod., dalla l. 14 maggio 2005, n. 80, prevede espressamente che l’imprenditore in stato di crisi possa proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie art. 160 legge fall. . Tale norma è unanimemente interpretata nel senso che l’imprenditore può anzi poteva, all’epoca di presentazione della domanda di concordato da parte della Macolive spa, essendo, ad oggi, la situazione parzialmente mutata per effetto del d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 132 fare ai creditori qualsiasi proposta idonea a risolvere la crisi e che l’approvazione della proposta è rimessa alla volontà dei creditori, restando in capo al Tribunale fallimentare il compito di assicurare il rispetto dei principi che regolano la materia concordataria, tra cui, principalmente, quello che ai creditori venga fatta una proposta chiara, sulla base di una veridica rappresentazione della situazione aziendale, e venga proposto un piano fattibile. In particolare, all’imprenditore è data facoltà, per effetto dell’art. 33, comma 1, lett. h , del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, come modificato dalla L. di conversione 7 agosto 2012, n. 134 - che ha introdotto nel corpo della legge fallimentare l’art. 186/bis - di presentare un piano che preveda la prosecuzione dell’attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell’azienda in esercizio ovvero il conferimento dell’azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione , sulla base di criteri e valori determinati dal proponente e asseverati da un professionista abilitato. 2. Ciò chiarito in diritto, la questione posta dal Pubblico Ministero ricorrente è se, attraverso un plano di tal fatta, l’imprenditore possa compiere atti dissipativi o distrattivi del proprio patrimonio, rilevanti ai sensi dell’art. 216, richiamato dall’art. 236, legge fall., nonostante l’approvazione del piano da parte dei creditori e l’omologa del Tribunale. Al quesito occorre dare, in linea di principio, risposta affermativa, nel senso che l’approvazione dei creditori e l’omologa del Tribunale non escludono, in astratto, che la procedura concordataria venga utilizzata in frode al ceto creditorio, per la realizzazione di un interesse illecito del soggetto proponente. L’art. 236 cit., nel prevedere l’applicazione degli artt. 223 e 224 legge fall. nel caso di concordato preventivo , si riferisce non solo ai fatti commessi ante procedura, ma - com’è desumibile dallo stesso tenore letterale della norma - anche ai fatti commessi attraverso la procedura , indebitamente piegata a fini illeciti. Perché ciò si verifichi occorre, però, che il piano sia congegnato in maniera frodatoria, per la realizzazione di interessi diversi da quelli sottesi alla normativa concordataria, pensata e voluta dal legislatore per favorire il risanamento delle imprese o la loro liquidazione sempre, però, nel rispetto dei principi che sovrintendono all’esercizio dell’attività imprenditoriale e alla definizione concordata delle crisi. Ciò comporta che l’imprenditore, il quale si rivolga al ceto creditorio per coinvolgerli nella gestione della propria crisi, anche attraverso la rinuncia, totale o parziale, ai loro crediti, debba farlo in maniera trasparente e attraverso la rappresentazione della reale situazione aziendale, per consentire ai creditori l’espressione di un voto consapevole e al Tribunale l’adempimento della sua funzione di verifica. Tanto, è dimostrato - se ci fosse mai stato qualche dubbio - dalla previsione della revoca dell’ammissione al concordato - ove venga posto in essere uno degli atti previsti dall’art. 173 legge fall. - e dalla recente introduzione, nell’ordinamento penale, dell’art. 236-bis legge fall., che punisce, in maniera severa, il professionista che, nelle relazioni o attestazioni di cui agli artt. 67, comma 3, lett. d , 161, comma 3, 182/bis, 182/quinquies, 182/septies e 186/bis vale a dire, in tutti i casi in cui è richiesta la sua opera attestatrice , esponga informazioni false od ometta di riferire informazioni rilevanti in funzione del corretto svolgimento delle procedure di risoluzione della crisi d’impresa in questo senso si è già pronunciata questa Corte con sentenza del 12/4/2016, n. 18997, in un caso che riguardava lo stesso soggetto ricorrente . 3. Il carattere frodatorio del piano va accertato in concreto e deve consistere in una chiara e indiscutibile manipolazione della realtà aziendale, tale da falsare il giudizio dei creditori e orientarli in maniera presumibilmente diversa rispetto a quella che sarebbe conseguita alla corretta rappresentazione della situazione aziendale. La frode non può consistere, quindi, in una diversa lettura dei dati esposti nel piano da parte dei soggetti cui è demandata la funzione di verifica, ma presuppone una rappresentazione non veritiera della realtà aziendale, attuata attraverso la volontaria pretermissione - nel piano - di cespiti rilevanti beni strumentali, crediti, ecc. , attraverso l’indicazione di attività o l’esposizione di passività inesistenti, ovvero in presenza di qualunque altro comportamento obbiettivamente idoneo ad ingannare i creditori e che legittimerebbe la revoca del concordato, ex art. 173 legge fall L’indicazione legislativa contenuta nella norma suddetta costituisce, infatti, valido riferimento per giungere non solo alla risoluzione del concordato preventivo, ma anche per punire, sub specie di distrazione o dissipazione, condotte che tradiscono, in modo indiscutibile e non congetturale, lo spirito e la funzione degli istituti di risoluzione della crisi d’impresa , pensati dal legislatore per favorire la salvaguardia di valori aziendali inevitabilmente compromessi dal fallimento e non certo per consentire all’imprenditore di avvantaggiarsi, a danno dei creditori, delle crisi cui ha dato luogo sempreché, ovviamente, le condotte censurate determinino una distrazione o dissipazione di attività aziendali. La questione vera, in realtà, che comporta notevoli ricadute sul piano pratico, consiste nello stabilire se la giurisdizione penale possa attivarsi prima che sia disposta, da parte degli organi fallimentari, la revoca del concordato, ex art. 173 cit. A tale quesito non può darsi che risposta affermativa, data la tendenziale autosufficienza della giurisdizione penale, che le consente di risolvere ogni questione da cui dipenda la decisione art. 2 cod. proc. pen. . E poiché nello specifico del concordato preventivo l’art. 236 legge fall. fa salva espressamente l’applicabilità degli artt. 223 e 224, ne consegue che ogni condotta rivolta a commettere i reati previsti dalle nome suddette, in qualunque momento posta in essere prima dell’ammissione alla procedura concordataria, durante lo svolgimento della procedura o dopo la revoca del provvedimento di ammissione , diviene perseguibile dal giudice penale. 4. Alla luce di tali principi deve censurarsi la motivazione posta a base della decisione impugnata, la quale ha attribuito valore distrattivo alla cessione preceduta da contratto di affitto - dell’azienda alla Macolive Trading spa ad un valore commerciale sottostimato di circa 2.000.0000 di Euro cessione avvenuta - si dice - nell’ambito di una procedura di concordato preventivo volta a svuotare la Macolive spa in favore di altre entità societarie riferibili allo stesso soggetto giuridico, indagato nel procedimento principale C.M. . Ciò, a prescindere dal fatto - si legge nel provvedimento impugnato - che la cessione sia stata accettata dal comitato dei creditori e autorizzata dal Giudice delegato , non avendo molta importanza quanto deciso nella procedura suddetta . Ora, a parte tali erronei rilievi, giacché nel concordato preventivo la proposta concordataria viene approvata - mediante votazione - dai creditori, e non dal comitato dei creditori, e al Giudice delegato sono attribuiti poteri esecutivi della proposta concordataria, resta il fatto che nessun dato incontrovertibile di frode è stato segnalato, essendosi il Tribunale e, prima ancora, il Giudice per le Indagini Preliminari affidati, per le loro valutazioni, alla stima dell’azienda operata dal commissario giudiziale, ed avendo da ciò dedotto che il bene sia stato ceduto ad un prezzo decisamente inferiore al valore reale. Ma è palese che non può essere la diversa valutazione di un cespite - da chiunque effettuata - ad attribuire carattere fraudolento alla valutazione operata dal debitore concordatario e ritenuta congrua - o almeno confacente ai loro interessi - dai creditori, nell’ambito di una procedura sottoposta al controllo di legalità del Tribunale fallimentare, sia per l’enorme varietà di valutazione che può subire un’azienda ci sono almeno quattro diversi metodi di valutazione di un’azienda, e tutti portano a conclusioni molto diverse tra loro , sia perché la valutazione di un cespite non esaurisce il giudizio che - intorno alla convenienza della proposta concordataria - sono chiamati ad esprimere i creditori. Questi, infatti, possono, nella loro autonomia, accontentarsi di un valore predeterminato dal debitore, ancorché contenuto, allorché la proposta contenga profili di convenienza destinati a sfumare nel fallimento, e possono dare preferenza alla continuità aziendale, prospettata dal debitore, piuttosto che a quella di realizzare, subito, tutto o parte del proprio credito. Né la situazione cambia se l’operazione cui ha partecipato Macolive Trading spa venga letta nel più ampio contesto dissipativo ipotizzato dal Tribunale, giacché - a parte il fatto che nessun argomento è stato speso per dar corpo all’ipotesi che le società estere collegate alla Macolive spa non si trovassero in quella situazione di inconsistenza e inesigibilità derivante dalle avverse condizioni di dissesto economico-finanziario con cui è stata giustificato, dal debitore, l’azzeramento delle posizioni creditorie verso le società suddette - resterebbe pur sempre da dimostrare, per suffragare l’ipotesi distrattiva contestata al capo C1 , che l’attribuzione, all’azienda, del valore ritenuto incongruo sia da attribuire a manovre decettive dell’imprenditore, che abbia montato una realtà diversa da quella effettiva, celando valori aziendali, enfatizzando le passività o compiendo altri atti di frode per esempio, subornando i creditori con promesse illegittime . In mancanza di una siffatta, rigorosa dimostrazione, la contestazione, recepita dal giudicante, del carattere distrattivo dell’operazione proposta dal debitore, condivisa dai creditori e avallata dal Tribunale fallimentare, si rivela, per quanto detto, indebitamente lesiva delle prerogative dei creditori e delle attribuzioni del Tribunale fallimentare, sicché va censurata per violazione degli artt. 182 e 186/sexies legge fall. Consegue a quanto sopra l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Pistoia, che si atterrà, nella valutazione dell’operazione contestata, agli esposti principi di diritto. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Pistoia, Sezione del Riesame.