Marito in carcere, moglie divisa tra negozio e figlia: niente ritorno a casa per l’uomo

Confermata la custodia cautelare in carcere. Respinta la richiesta di una misura meno grave, che consenta all’uomo di essere presente a casa. Le difficoltà vissute dalla moglie non sono diverse da quelle che affrontano le famiglie in cui lavorano entrambi i genitori.

Situazione familiare precaria lui è costretto in carcere e la moglie si trova in difficoltà, dovendo gestire il negozio e badare alla figlia, di neanche 3 anni. Ciò nonostante, è respinta la richiesta dell’uomo di ottenere una misura meno dura, come, ad esempio, gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico Cassazione, sentenza n. 50412/2016, Sezione Quinta Penale, depositata il 28 novembre 2016 . Assistenza. Posizione comune per il Gip e per il Tribunale del riesame confermata la custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di un uomo. Respinta l’obiezione centrata sulle difficoltà personali e psicologiche della moglie, che deve dividersi tra il negozio e la figlia . Ora le ulteriori contestazioni mosse dal legale non sortiscono effetto. Anche i magistrati della Cassazione, difatti, confermano il carcere per l’uomo. Ciò perché egli non ha documentato l’assoluta impossibilità della moglie di fornire assistenza alla figlia . Certo, la situazione non è affatto semplice, dovendosi dividere la donna tra il negozio di cui è titolare e la cura della bambina , ma essa, spiegano i giudici, è paragonabile alla vita di tante famiglie in cui lavorano entrambi i genitori . Nessuna emergenza, quindi, che imponga la presenza dell’uomo a casa. Anche perché non è stata dimostrata l’impossibilità della donna di avvalersi di aiuti esterni familiari i nonni o di strutture pubbliche per accudire la figlioletta .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 luglio – 28 novembre 2016, n. 50412 Presidente Vessichelli – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 14 gennaio 2016 il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha confermato l'ordinanza del G.I.P. dello stesso Tribunale del 1 agosto 2015 con la quale è stato rigettato l'appello proposto da S.E. per ottenere la revoca o sostituzione della misura custodiale in carcere con altra misura cautelare. L'istanza del ricorrente si fondava sul rilievo della ricorrenza della fattispecie di cui all'art. 275 comma 4° c.p.p. in ragione della impossibilità assoluta della moglie del ricorrente, per la sua difficile condizione personale e psicologica, di occuparsi della figlia infratreenne. 2. Con atto sottoscritto dal proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione l'imputato affidandolo al seguente articolato motivo. E' stata dedotta la violazione di legge e manifesta illogicità in relazione agli artt. 125 comma 3° 275 comma 3° e 40, 275 bis c.p.p Assume il ricorrente di aver documentato che i redditi dell'esercizio commerciale di cui è titolare la propria moglie non consentono l'assunzione di personale che sgravi la stessa consorte né consentono di far ricorso ad una bambinaia di aver altresì documentato l'impossibilità dei nonni di provvedere alla cura della bambina che, in ogni caso, le strutture pubbliche di sostegno e altre figure parentali non possono sostituirsi ai genitori nella loro funzione di assistenza affettiva alla prole. Infine, deduce di aver dato la propria disponibilità all'esecuzione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Considerato in diritto Il ricorso non è fondato e va dunque rigettato. Il ricorrente non ha documentato l'impossibilità assoluta della moglie di fornire assistenza alla figlia minore di anni 3, unica condizione sussistendo la quale non può essere mantenuta la custodia cautelare in carcere del padre a norma dell'art. 275 comma 4° c.p.p Il Tribunale del Riesame di Catanzaro, con argomentazioni esaustive e coerenti, ha evidenziato il difetto delle invocate condizioni di cui all'art. 275 comma 4° c.p.p. sul rilievo che lo stato psico-fisico, lavorativo e le condizioni economiche della moglie non sono tali da impedire alla stessa di potersi occupare della figlia infratreennne dell'indagato - non ricorrendo, peraltro, una situazione dissimile da quella ordinariamente esistente nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano - né è stata dimostrata l'impossibilità della stessa di avvalersi di aiuti esterni familiari nonni o di strutture pubbliche per accudire la figlioletta. Inoltre, la censura del ricorrente secondo cui il Tribunale del Riesame avrebbe deciso senza prendere in considerazione tutta la documentazione allegata all'istanza originaria è generica non è neppure stato indicato il contenuto dei documenti mancanti che avrebbero avuto un'influenza decisiva ai fini dell'accoglimento della domanda del ricorrente. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1° ter c.p.p. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 comma 1° ter disp. att.