Insindacabile in Cassazione l’interpretazione di intercettazioni

L’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità.

In questo senso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50139 de 28 novembre 2016. Il caso. La Corte d’appello confermava la sentenza di condanna per i due imputati, riconosciuti colpevoli di due ipotesi di detenzione a fine di cessione di stupefacenti, ritenuti violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90. I due imputati ricorrono per cassazione. Consumo di gruppo? Con il primo motivo, si sottopone alla S.C. la questione sulla possibile applicazione nel caso di specie del principio espresso da SSUU n. 25401/13 , secondo cui Anche all’esito delle modifiche apportate dalla l. 21 febbraio 2006, n. 49 all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, 309, il cd. consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, sia nell’ipotesi di acquisto congiunto, che in quella di mandato all’acquisto collettivo ad uno dei consumatori, non è penalmente rilevante, ma integra l’illecito amministrativo sanzionato dell’art. 75 stesso d.P.R., a condizione che a l’acquirente sia uno degli assuntori b l’acquisto avvenga sin dall’inizio per conto degli altri componenti del gruppo c sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto . La Suprema Corte osserva però che ciò che vorrebbero i ricorrenti, con tale motivo di ricorso, è attribuire un significato alle intercettazioni diverso da quello ritenuto dai giudici di merito. L’attribuzione di un determinato contenuto alle intercettazioni è però insindacabile in sede di legittimità quando è sorretto da adeguata motivazione. Infatti, coma affermato da Cass. n. 22471/15, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità . Il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 12 maggio – 28 novembre 2016, n. 50139 Presidente Romis – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1.Il 15 giugno 2015 la Corte di appello di Roma ha integralmente confermato, per quanto in questa sede rileva, la sentenza del G.u.p. del Tribunale di Rieti dell'8 marzo 2012 con la quale C.V. e M.A. sono stati riconosciuti colpevoli di due ipotesi di detenzione a fine di cessione di stupefacenti, ritenuti violazione dell'art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, fatti contestati come commessi, in concorso tra i due ex art. 110 cod. pen., dal 31 marzo 2010 al 12 aprile 2010 e descritti ai capi N ed O dell'editto. 2. Le sentenze di merito si fondano sulla valutazione di una serie di intercettazioni telefoniche, al cui contenuto attribuiscono determinati significati, e degli esiti dei controlli e delle perquisizioni operate dalla polizia giudiziaria. 2.1. In particolare, si è ritenuto che C.V. e M.A. fossero persone dedite all'attività di procacciamento e di cessione di stupefacente del tipo eroina pp. 1, 4-6, 8 e 11-12 della motivazione della sentenza impugnata in base al contenuto concreto sia delle telefonate del 31 marzo 2010 e del 2, del 3, del 4 e dell'8 aprile 2010 rilevanti quanto al capo N , in cui tale S. R. contattava, prima, l'A. e, poi, V. affinché gli procurassero dello stupefacente, quindi V. contattava uno spacciatore di Perugia, usando il telefono della coimputata, e successivamente reclamava il pagamento del saldo da R., sia della telefonata del 12 aprile 2010 rilevante quanto al capo O , in cui i due contattano uno spacciatore di Perugia, lo raggiungono e al ritorno vengono fermati dalla polizia giudiziaria e trovati in possesso di una quantità di stupefacente stimata rilevante la donna inoltre nell'occasione viene rinvenuta nella disponibilità di due strumenti uno in auto ed uno in casa detti sminuzzatori, atti al frazionamento dello stupefacente, la cui destinazione peraltro non ha altrimenti giustificato. 2.2. Appare opportuno dare atto, in relazione al contenuto dei motivi di ricorso di cui si dirà al punto successivo che entrambe le sentenze affrontano, per escluderne la sussistenza, l'ipotesi della detenzione finalizzata ad un consumo di gruppo avanzata dalla difesa degli imputati sin dal processo di primo grado p. 11 della sentenza di secondo grado pp. 36-38 della sentenza del Tribunale che entrambe le sentenze escludono la concedibilità delle circostanze attenuanti generiche all'imputato C.V. p. 12 delle decisione di appello p. 38 di quella di primo grado e che la sentenza della Corte territoriale prende posizione, in senso negativo, sulla questione, che era stata sollevata nei motivi di appello, della possibile applicazione della circostanza attenuante di cui all'art. 62, n. 4, cod. pen., anche ai reati in materia di stupefacenti p. 12 della sentenza impugnata . 3. Ricorrono per cassazione entrambi gli imputati con distinti ricorsi, in larga parte contenutistica mente sovrapponibili, con i quali propongono tre motivi comuni ad entrambi ed uno nell'interesse esclusivo di C.V 3.1. Con il primo motivo si deduce violazione di legge, in particolare dell'art. 75 del d.P.R. n. 309 del 1990, alla luce dell'insegnamento reso da Sez. U, n. 25401 del 31/01/2013, Galluccio, Rv. 255258, per avere la sentenza di merito escluso l'applicabilità nel caso di specie del consumo di gruppo conseguente al mandato all'acquisto collettivo così alla p. 1 di entrambi i ricorsi . Si attribuisce nel ricorso al contenuto delle intercettazioni telefoniche un significato diverso da quello ritenuto dai giudici di merito e tale da poter prefigurare la situazione, che sarebbe scriminata, dei c.d. uso di gruppo, in particolare avendo i due agito come mandatari nell'interesse del mandante S. R., destinatario della cessione descritta al capo N della rubrica. 3.2. Con il secondo motivo comune si censura violazione di legge, in particolare dei principio compendiato nella regola dell' oltre ogni ragionevole dubbio art. 533, comma 1, cod. proc. pen. , in relazione all'art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, per avere i giudici di merito erroneamente ritenuto provata la destinazione alla cessione la sostanza stupefacente che, in realtà, secondo i ricorrenti, era detenuta dai due imputati solo per uso personale. 3.3. Con il terzo motivo si critica, sotto il duplice profilo della illogicità della motivazione e della violazione di legge, il diniego da parte della Corte di appello dei riconoscimento, che era stato chiesto nei motivi di appello, della circostanza attenuante del lucro di speciale tenuità di cui all'art. 62, n. 4, cod. pen. 3.4. Con esclusivo riferimento, infine, a C.V. si censura, per violazione dell'art. 62-bis cod. pen., la mancata concessone delle attenuanti generiche al ricorrente, che viene indicato come soggetto assolutamente incensurato. Considerato in diritto 1.I ricorsi sono infondati e vanno rigettati. Va premesso che gli illeciti contestati non sono prescritti infatti 31 marzo 2010 - 12 aprile 2010 più sette anni e sei mesi uguale 31 settembre 2017 - 12 ottobre 2017 . 1.1. La questione che si sottopone alla S.C. mediante il primo motivo di ricorso è incentrata sulla possibile applicazione nel caso di specie del principio affermato da Sez. U., n. 25401 del 31/01/2013, Galluccio, Rv. 255258, secondo cui, come noto, Anche all'esito delle modifiche apportate dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49 all'art. 73 d. P. R. 9 ottobre 1990, n. 309, il c. d. consumo di gruppo di sostanze stupefacenti, sia nell'ipotesi di acquisto congiunto, che in quella di mandato all'acquisto collettivo ad uno dei consumatori, non è penalmente rilevante, ma integra l'illecito amministrativo sanzionato dall'art. 75 stesso d.P.R., a condizione che a l'acquirente sia uno degli assuntori b l'acquisto avvenga sin dall'inizio per conto degli altri componenti del gruppo c sia certa sin dall'inizio l'identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all'acquisto In motivazione, la S.C. ha precisato che con il riferimento all'uso esclusivamente personale , inserito dall'art. 4-bis del D. L. n. 272 del 2005, cony. in legge n. 49 del 2006, il legislatore non ha introdotto una nuova norma penale incriminatrice, con una conseguente restrizione dei comportamenti rientranti nell'uso personale dei componenti del gruppo, ma ha di fatto ribadito che la non punibilità riguarda solo i casi in cui la sostanza non è destinata a terzi, ma all'utilizzo personale degli appartenenti al gruppo che la contengono . II punto è che si vorrebbe da parte dei ricorrenti attribuire alle intercettazioni un significato diverso da quello concordemente ritenuto dai giudici di merito di cui si è, in sintesi, dato atto al punto n. 2.1. del ritenuto in fatto e che, per ragioni di sintesi, non si ritiene qui necessario ripetere ove il significato fosse quello auspicato dalle difese, potrebbe - si assume - derivarne l'applicabilità del richiamato principio. Osserva, tuttavia, il Collegio che l'attribuzione di un determinato contenuto alle intercettazioni è, per giurisprudenza costante, insindacabile in sede di legittimità quando, come nel caso di specie, è sorretto da adeguata motivazione. Infatti, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 . 1.2.11 secondo motivo è, del pari, basato su una diversa lettura del contenuto delle intercettazioni, come si è visto mera quaestio facti. 1.3.Sull'applicabilità dell'art. 62, n. 4, cod. pen. ai reati in materia di droga, l'orientamento richiamato dai ricorrenti, in effetti espresso in una isolata pronunzia della S.C., nota al Collegio Sez. 6, n. 20937 del 18/01/2011, Bagoura, Rv. 250028 , è ampiamente superato, in maniera persuasivamente argomentata, dalla successiva giurisprudenza di legittimità v., ex plurimis, Sez. 6, n. 9722 del 29/01/2014, D., Rv. 259071 Sez. 4, n. 36408 26/06/2013, Lassad, Rv. 255958 Sez. 6, n. 23821 del 27/02/2013, Orlandi, Rv. 255663 , cui occorre dare continuità. 1.4. Quanto, infine, al motivo proposto nel solo interesse di C.V., premesso che le attenuanti generiche, per regola generale, non sono oggetto di graziosa concessione giudiziale ma devono essere desunte da elementi di fatto specifici, al fine di commisurare la sanzione al concreto disvalore del fatto, va preso atto che esse non sono state concesse all'imputato con una motivazione che tiene, comunque, conto della sua incensuratezza, ritenuta dai giudici di merito elemento non sufficiente a tal fine v. p. 12 sentenza di appello e p. 38 della sentenza del G.u.p. , come del resto previsto dall'art. 62-bis, comma 3, cod. pen. secondo cui In ogni caso, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma , introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. f-bis , dei d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, nella legge 24 luglio 2008, n. 125, applicabile al caso di specie, essendo i fatti contestati del 2010 cfr. Sez. 5, n. 13072 del 28/02/2014, Scotto Di Clemente, Rv. 260576 Sez. 1, n. 23014 del 19/05/2009, Nwankwo, Rv. 244121 Sez. 6, n. 10646 del 11/02/2009, Scognamillo, Rv. 242921 . 2. Discende la statuizione in dispositivo. Al rigetto dei ricorsi consegue, per legge art. 616 cod. proc. pen. , la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese dei giudizio di legittimità. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali