Il rapporto tra la “confisca-misura di sicurezza” e la “confisca per equivalente”

Depone per l’assoggettabilità a confisca di prezzo o profitto del reato estinto per prescrizione anche per l’ipotesi di cui all’art. 322- ter c.p. l’esistenza di un rapporto di stretta derivazione delle somme dal reato espresso dall’esistenza, nel pregresso, di una pronuncia di condanna cui si accompagni l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla sua qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto.

In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza depositata il 25 novembre, n. 50077. Il caso. La Corte di Cassazione annullava la decisione con cui la Corte d’appello aveva dichiarato estinti per prescrizione i reati di truffa aggravata e continuata commessi a danni dello Stato, in concorso con altri ed anche in forma tentata ed aveva confermato le disposizioni sui beni in sequestro stabilite dal giudice di prime cure. L’annullamento derivava dal fatto che la Corte territoriale non aveva motivato su quale fosse il presupposto giuridico del provvedimento per il quale era stata disposta la confisca del denaro in sequestro se quello di cui all’art. 240 c.p. o quello previsto dagli artt. 321, comma 2, c.p.p. e 640- quater c.p., in relazione all’art. 322- ter c.p In sede di rinvio, la Corte d’appello ha confermato la confisca del denaro ancora in sequestro, in adesione ai principi affermati da SSUU n. 31617/2015, nel frattempo intervenuta. La decisione della Corte d’appello e l’adesione al precedente delle SSUU. Il prevenuto ricorre di nuovo in Cassazione, deducendo l’errata applicazione e la violazione di legge, quanto all’art. 322- ter c.p., in combinato con l’art. 321 c.p., per avere la Corte territoriale chiesto alla Corte di merito di precisare il presupposto applicativo del provvedimento ablativo e se, nell’intervenuta prescrizione del reato, il primo dovesse intendersi quale confisca-misura di sicurezza” o quale confisca per equivalente”, evidenziandosi per tale ultima ipotesi la necessità che la confisca venga preceduta da una sentenza di condanna. Le SSUU n. 31617/2015 avevano invece prestato adesione al diverso indirizzo per cui si può applicare la confisca obbligatoria come misura di sicurezza anche in caso di estinzione del reato, in applicazione congiunta degli artt. 210 e 236 c.p., nella parte in cui dette norme prevedono un’eccezione generale al principio per cui l’estinzione del reato osta all’applicazione di tale misura. Anche per siffatta ipotesi può infatti esservi un ambito in cui residui la possibilità di disporre la confisca in relazione ad un reato prescritto purché vi sia pronuncia di condanna che riconosca l’esistenza del reato cui la confisca è collegata. La menzione negli atti del procedimento all’istituto della confisca per equivalente” e l’esecuzione stessa del sequestro, destinato ad incidere su terzi estranei, avrebbe deposto, di contro a quanto affermato dalla Corte d’appello, per la definizione della misura quale confisca per equivalente”. Confisca e prescrizione. La Corte di Cassazione, nell’operare l’annullamento con rinvio, ha chiesto alla Corte d’appello di indicare il presupposto della confisca confermata nel grado dopo l’adozione di sentenza di estinzione per prescrizione del reato, senza però indicare in quali termini il giudice del rinvio avrebbe dovuto qualificare la confisca. La sentenza impugnata, nel dare qualificazione alla confisca che aveva trovato conferma, per motivazione carente, nella decisione annullata, ha ritenuto la misura quale confisca diretta”, avendo la stessa ad oggetto somme di denaro, per i principi espressi dalle Sezioni Unite. Il motivo di ricorso, nella parte in cui censura violazione di legge la sentenza impugnata avere quest’ultima apprezzato l’assoggettabilità diretta a confisca delle somme di denaro provento di reato, è infondato. Depone nel senso sostenuto dalla Corte territoriale assoggettabilità a confisca di prezzo o profitto del reato estinto per prescrizione anche per l’ipotesi di cui all’art. 322- ter c.p. l’esistenza di un rapporto di stretta derivazione delle somme dal reato espresso dall’esistenza, nel pregresso, di una pronuncia di condanna cui si accompagni l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla sua qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto. Appaiono dunque fuori fuoco” le ulteriori critiche con cui si postula la violazione del giudicato cautelare da parte della Corte d’apello nel qualificare la confisca ai sensi dell’art. 240 c.p Il ricorso è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 7 ottobre – 25 novembre 2016, n. 50077 Presidente Conti – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. La Corte di cassazione con sentenza del 16 settembre 2014 annullava quella in data 8 aprile 2014 con cui la Corte di appello di Milano, con procedura de plano, aveva dichiarato estinti per prescrizione i reati di truffa aggravata e continuata commessi ai danni dello Stato, in concorso con altri ed anche in forma tentata artt. 56, 110, 81, cpv, 640-bis cod. pen. , da C.G. ed aveva confermato le disposizioni sui beni in sequestro stabilite dal giudice di primo grado. Osservava la Corte di legittimità, nel pronunciare in annullamento, che i giudici meneghini non avevano motivato su quale fosse il presupposto giuridico del provvedimento per il quale era stata disposta la confisca del denaro in sequestro se quello di cui all’art. 240 cod. pen. o quello previsto dagli artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 640 quater cod. pen., in relazione all’art. 322 ter cod. pen Chiamata a siffatta opera, la Corte milanese doveva tener conto dei più recenti arresti in materia per i quali, con specifico riguardo alla statuizione inerente alla confisca delle somme corrispondenti al profitto del reato disposta ai sensi dell’art. 322-ter cod. pen., la Corte di cassazione ribadiva quanto espresso da Cass. n. 18799 del 2013. La natura sanzionatorio-penale dell’istituto di cui all’art. 322-ter cit., pertanto, impediva che la confisca per equivalente” ivi prevista potesse trovare applicazione anche in relazione al prezzo o al profitto derivante da un reato estinto per prescrizione. In tal senso deponeva la necessità, evocata dall’indicato carattere, che la misura fosse preceduta da sentenza di condanna, restando esclusa, proseguiva la Corte di legittimità, l’applicazione del diverso regime, derogatorio ai principi della irrevocabilità ed inapplicabilità della sanzione penale in caso di estinzione del reato per prescrizione, proprio invece delle misure di sicurezza patrimoniale e di cui agli artt. 200, 210 e 236 cod. pen 2. La Corte di appello di Milano, con la sentenza in epigrafe indicata, giudicando in sede di rinvio, ha confermato ai danni di C.G. la confisca del denaro ancora in sequestro, in adesione ai principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza Lucci, nel frattempo intervenuta Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015 . Positivamente scrutinata, per richiamo alla sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Milano, l’esistenza di un precedente accertamento di condanna quanto alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato ed alla qualificazione del bene come prezzo o profitto, la Corte territoriale ha dato, su siffatti presupposti, applicazione all’indicata misura reale. 3. Avverso la sentenza emessa in sede di rinvio dalla Corte di appello di Milano, ricorre di nuovo per cassazione il prevenuto, a ministero di difensore di fiducia, introducendo un unico articolato motivo di annullamento. 3.1. Deduce il ricorrente l’errata applicazione e la violazione di legge, quanto all’art. 322-ter cod. pen., in combinato con l’art. 321 cod. pen., in cui sarebbe incorsa la Corte territoriale. Quest’ultima aveva infatti richiesto alla Corte di merito di precisare il presupposto applicativo del provvedimento ablativo e se, nell’intervenuta prescrizione del reato, il primo dovesse intendersi quale confisca-misura di sicurezza” o quale confisca per equivalente”, evidenziandosi, per quest’ultima ipotesi, la necessità che la confisca sia preceduta da una sentenza di condanna. La Cassazione a Sezioni Unite n. 31617 del 26/06/2015 sentenza Lucci , come richiamata dalla Corte di appello di Milano, aveva invece prestato adesione al diverso indirizzo per il quale può farsi applicazione della confisca obbligatoria, intesa come misura di sicurezza, anche in caso di estinzione del reato, in applicazione congiunta degli artt. 210 e 236 cod. pen., nella parte in cui, con riguardo alla confisca-misura di sicurezza”, dette norme prevedono un’eccezione al generale principio per il quale l’estinzione del reato osta all’applicazione della misura così qualificata. Anche per siffatta ipotesi infatti può esservi un ambito in cui residui la possibilità di disporre la confisca in relazione ad un reato prescritto, purché vi sia una pronuncia di condanna che riconosca l’esistenza del reato cui la confisca è collegata. La menzione negli atti adottati all’interno del procedimento all’istituto della confisca per equivalente” decreto di sequestro preventivo del 16 aprile 2008 adottato dal Gip del Tribunale di Milano richiesta di sequestro da parte della GdF l’esecuzione stessa del sequestro, destinato ad incidere su denaro di terzi, estranei alla vicenda penale tale la E.C. per l’importo di Euro 516.000,00 , avrebbe deposto, di contro a quanto ritenuto dalla Corte di appello, per la definizione della misura quale confisca per equivalente”. La diversa qualificazione operata dalla Corte milanese, ai sensi dell’art. 240 cod. pen., avrebbe inoltre violato il principio del giudicato cautelare, atteso che l’ordinanza di sequestro era stata oggetto di impugnazioni, tutte respinte, nella premessa che il sequestro fosse stato disposto ex art. 322-ter cod. pen. e che, come tale, non avrebbe richiesto la dimostrazione di un qualsiasi rapporto tra bene ablato e reato. Per ulteriori profili, deduce ancora la difesa del prevenuto che, in ogni caso, la riqualificazione del sequestro nel senso ritenuto dalla Corte di appello non avrebbe consentito il mantenimento del vincolo, poiché l’art. 240 cod. pen. riguarda il prezzo del reato e non, come nella specie, il profitto o il provento e che la confisca obbligatoria è prevista per il peculiare collegamento delle cose con il reato che della prima diviene presupposto imprescindibile. Con un ultimo profilo del motivo di ricorso, si denuncia la diversità della trattazione data alla vicenda dalla Corte di cassazione in sede di annullamento rispetto a quella fatta propria della cassazione a Sezioni Unite poi osservata dalla Corte di appello di Milano. Per siffatta diversa lettura sarebbe stata rilevante la prospettiva per la quale il sequestro per equivalente deve avere ad oggetto beni, denaro ed utilità facenti capo all’organo di governo di una società, che dei primi sia proprietario e possessore a titolo personale, e non a società, anche se vere beneficiarie del provento. Nella dedotta specificità della sentenza di annullamento della Corte cassazione che aveva rinviato non potendo nel merito provvedere al dissequestro ed alla restituzione agli aventi diritto, la difesa ha fatto valere la preclusione dell’adita Corte ad adottare un ulteriore provvedimento di confisca e la necessaria restituzione dei beni agli aventi diritto. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato per le ragioni di seguito indicate. 2. La Corte di cassazione, annullando con rinvio per carenza assoluta di motivazione, con la sentenza del 16 settembre 2014, nel fissare la regula iuris alla quale il giudice del rinvio doveva prestare adesione nella successiva fase del giudizio, ha chiesto alla Corte di appello di Milano di indicare il presupposto della confisca confermata nel grado dopo l’adozione di sentenza di estinzione per prescrizione del reato, al prevenuto C.G. contestato, di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche art. 640-bis cod. pen. . La Corte di legittimità non ha indicato in quali termini il giudice del rinvio avrebbe dovuto qualificare la confisca, lasciando aperta la relativa questione. Piuttosto, la Corte ha provveduto a definire l’opzione interpretativa rimessa al giudice del rinvio tra una ipotesi di confisca quale misura di sicurezza art. 240 cod. pen. ed una confisca per equivalente artt. 321, comma 2, cod. proc. pen. e 640 quater cod. pen., in relazione all’art. 322 ter cod. pen. , richiamando, ove il giudice di rinvio si fosse orientato nel senso di qualificare la confisca in esame quale confisca per equivalente, l’orientamento di legittimità sul punto espresso che voleva, nella natura sanzionatoria del provvedimento, preclusa l’applicazione in ipotesi di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, mancando in tal caso una preventiva sentenza di condanna Sez. 6, n. 18799 del 06/12/2012 dep. 2013 , Attianese, Rv. 255164 . 2.1. Rispetto all’indicata struttura della sentenza di annullamento, il vizio dedotto in ricorso appare eccentrico ed aspecifico nella parte in cui, tra gli articolati profili, si deduce alterità e diversità dei termini per i quali si sarebbe espressa la Corte di cassazione con la sentenza in annullamento rispetto a quelli osservati dalla Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite, Lucci, adottata, nella soluzione prescelta, dal giudice della fase di rinvio. Depone in tal senso, la preclusione, pure enunciata in ricorso, all’adozione di un ulteriore provvedimento di confisca e ciò nella segnalata, dal ricorrente, ‘specificità’ della sentenza d’annullamento con rinvio, con la quale questa Corte non aveva potuto, nel merito, provvedere al dissequestro ed alla restituzione agli aventi diritto. L’originale percorso argomentativo è quindi stato già tracciato con efficacia vincolante dalla Corte di cassazione in sede di annullamento e poiché il giudice del rinvio non si è attenuto al principio indicato, l’esito necessitato non può che essere un annullamento senza rinvio della confisca. L’indicato improprio contenuto del nuovo ricorso per cassazione si evidenzia anche per la tecnica osservata nella redazione dell’atto difensivo in cui sono posti a confronto, in via preliminare, i contenuti della sentenza resa dalla Corte di appello in sede di rinvio con quelli della sentenza di annullamento della Corte di cassazione, e ciò al fine di evidenziare, della prima, errori e violazioni di legge in cui sarebbe destinato a confluire anche il principio di diritto che si vorrebbe sostanzialmente rimasto inosservato. La deduzione è infondata. 2.2. Allorché la Corte di cassazione annulli, come nella specie, per vizio di motivazione, non viola l’obbligo di uniformarsi al principio di diritto il giudice di rinvio che pervenga nuovamente all’affermazione di responsabilità sulla scorta di un percorso argomentativo in parte diverso ed in parte arricchito rispetto a quello già censurato in sede di legittimità. Per detta ipotesi infatti eventuali valutazioni contenute nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice di rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine dell’individuazione del vizio o dei vizi segnalati e, non, quindi, come dati che si impongono per la decisione a lui demandata, di talché si devono ritenere inammissibili le censure sollevate in merito Sez. 4, n. 20044 del 17/03/2015, S., Rv. 263864 Id., n. 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251660 . 2.3. Fermo l’indicato rilievo di infondatezza, in ogni caso la sentenza impugnata, nel dare qualificazione alla confisca che aveva trovato conferma, per motivazione del tutto carente, nella decisione annullata, ha ritenuto, con pienezza di valutazione, la misura quale confisca diretta”, avendo la stessa ad oggetto somme di denaro, per i principi espressi sul punto dalla cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza Lucci. Pertanto, il motivo di ricorso nella parte in cui censura, di autonoma violazione di legge art. 606, comma 1, lett. b cod. proc. pen. - distinta, come tale, dalla diversa ipotesi della inosservanza della regula iuris fissata in sede di annullamento dalla Corte di cassazione art. 628, comma 2, ult. parte, cod. proc. pen., in relazione all’art. 627, comma 3, cod. proc. pen. - la sentenza impugnata per avere quest’ultima apprezzato, in adesione al pronunciamento delle Sezioni Unite n. 31617 del 26 giugno 2015, l’assoggettabilità diretta a confisca delle somme di denaro provento di reato, è infondato. La Corte di merito ha infatti ritenuto, in applicazione dei persuasivi principi della sentenza Lucci, che si abbia assoggettabilità a confisca del prezzo o profitto del reato dichiarato estinto per prescrizione anche per l’ipotesi di cui all’art. 322-ter cod. pen Depone in tal senso l’esistenza di un rapporto di stretta derivazione delle somme dal reato espresso dall’esistenza, nel pregresso, di una pronuncia di condanna a cui si accompagni, inalterato, nei vari gradi di merito, l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264434 . Rispetto all’indicata regola di diritto, appaiono quindi fuori fuoco” le ulteriori critiche portate in ricorso per le quali si postula la violazione del giudicato cautelare in cui sarebbe incorsa la Corte di appello nel qualificare ai sensi dell’art. 240 cod. pen. la confisca di specie. La riscrittura dell’istituto per contenuti che toccano sia la figura della confisca-misura di sicurezza” ex art. 240, comma secondo n. 1, cod. pen. che quella della confisca per equivalente” ex art. 322-ter cod. pen., da parte dei più volte citati persuasivi argomenti della pronuncia a Sezioni Unite Lucci, osta infatti alla fondata introduzione di un siffatto profilo di critica. 2.4. Alla corretta applicazione operata dalla Corte di appello in sede di rinvio dei principi di disciplina della materia quanto alla diretta riconducibilità al persona del prevenuto, attraverso il gruppo delle società facenti capo al medesimo o alla famiglia dello stesso, delle somme in sequestro e quindi in confisca, segue infine l’infondatezza dell’ulteriore profilo dell’articolato motivo di ricorso. 2.5. Del tutto involuto, generico ed irrilevante rimane poi l’argomento dedotto in sede di discussione dal difensore del ricorrente sulla violazione del decisum della Corte costituzionale n. 200 del 2016 in materia di ne bis in idem. 2.6. Ogni ulteriore profilo difensivo resta assorbito, quanto a rilievo, dalle considerazioni svolte. 3. Il ricorso va conclusivamente rigettato. 4. Al rigetto del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.