Disavventura sessuale raccontata al bar: condannato per diffamazione

L’uomo ha condiviso con gli amici il singolare problema vissuto da una coppia. La protagonista femminile del racconto lo ha citato in giudizio. I giudici lo hanno ritenuto colpevole.

Punito per un racconto hot fatto agli amici al bar. Un uomo è stato condannato come diffamatore per avere riportato la disavventura sessuale capitata a una coppia Cassazione, sentenza n. 50058, sezione quinta penale, depositata il 24 novembre 2016 . Voce. Clima goliardico mentre si prende un caffè. Uno dei componenti il gruppo di amici riporta la voce relativa a un problema piccante vissuto da una coppia. In sostanza, l’uomo e la donna sarebbero rimasti attaccati durante il rapporto sessuale . Quelle parole giungono, attraverso vari passaggi, alle orecchie della protagonista della strana vicenda di letto. Immaginabile la sua reazione, che si concretizza nella citazione in giudizio della persona che si è divertita a sparlarne al bar. Immaginabili anche le conseguenze per l’amante dei racconti piccanti. Per lui scatta la condanna definitiva, sanciscono i magistrati della Cassazione, per diffamazione , avendo consapevolmente offeso l’onore e il decoro della donna, comunicando con diverse persone .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 ottobre – 24 novembre 2016, n. 50058 Presidente Sabeone – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del impugnata il Tribunale di Pistoia in composizione monocratica, in funzione di giudice di appello, in parziale riforma della sentenza emessa in data 17/12/2014 dal Giudice di pace di Pistoia, con cui il D.B.A. era stato condannato a pena di giustizia, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti della costituita parte civile, in relazione ai reati di cui all'art. 595 cod. pen. - perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, comunicando con più persone, offendeva l'onore ed il decoro di N.M.M. affermando che la stessa, durante un rapporto sessuale con il dott. Allori nella propria abitazione, sarebbe rimasta attaccata con lo stesso in Monsummano Terme, tra febbraio e marzo 2013 - riduceva la pena inflitta all'imputato, con conferma nel resto. 2. Con ricorso depositato il 23/12/2015 il D.B.A., a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Fausto Malucchi, ricorre per violazione di legge e vizio di motivazione, ex art. 606 lett. b ed e , cod. proc. pen., in relaziono all'art. 195 n. 7, cod. proc. pen., in quanto in riferimento al fatto commesso all'interno del bar P. non vi sarebbe la certezza dell'identificazione del ricorrente nella persona che ebbe a pronunziare le frasi lesive, in quanto l'unico teste escusso, M.S., era un teste de relato, avendo dichiarato - come dal verbale dell'esame di detto teste allegato integralmente al ricorso - di aver appreso dal barista il nome della persona che aveva pronunciato la frase e che lui non conosceva, così come non conosceva neanche il nome del barista e delle altre persone presenti nel bar detto motivo di appello, tuttavia, sarebbe stato del tutto pretermesso dalla sentenza risulterebbe, inoltre, violata la disposizione di cui all'art. 195, comma 7, cod. proc. pen. Considerato in diritto Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. Senza alcun dubbio - come si evince dal verbale dell'esame testimoniale del M.S. reso in data 01/10/214 innanzi al Giudice di pace di Pistoia, ed allegato al ricorso - il predetto teste aveva dichiarato di aver appreso dal barista del circolo P. il nome della persona, D.B.A., che aveva pronunciato la frase di cui al capo di imputazione, specificando che detta persona era da lui conosciuta in quanto cliente del medesimo circolo, aggiungendo che la vicenda era stata riferita in presenza di altre tre persone il teste aveva specificato, altresì, che egli non conosceva né il nome del soggetto che aveva riferito l'accaduto, avendolo appreso dal barista, né il nome di quest'ultimo, né il nome delle altre persone presenti. La doglianza difensiva posta a fondamento del ricorso, tuttavia, appare basata su di una lettura parziale della motivazione, atteso che, seppure il teste M. non conoscesse il nome del soggetto che aveva riferito della vicenda indicata al capo d'imputazione, il fatto storico della narrazione non è contestata, ed essa corrisponde alla medesima frase riferita dal teste T.A. che, in altro contesto, aveva ascoltato la stessa narrazione dal D.B.A Ed infatti la sentenza impugnata ha dato atto, con motivazione logicamente ineccepibile, che l'identità delle narrazioni - da parte del M. e del T., quest'ultimo certo dell'identità del suo interlocutore -ancorché verificatesi in luoghi diversi, dimostri come la persona ascoltata dal M. fosse proprio il D.B.A. peraltro la narrazione del fatto al T. non è stata contestata dalla difesa del ricorrente. Quanto alla lamentata violazione dell'art. 195, comma 7, cod. proc. pen., va osservato come la difesa non ha in alcun modo dimostrato di aver richiesto in dibattimento, ai sensi dell'art. 195, comma 1, cod. proc. pen., l'esame del teste di riferimento, condizione indispensabile ai fini di una eventuale declaratoria di inutilizzabilità delle dichiarazioni, come si evince dal comma 3 della norma citata. Costituisce infatti ius receptum il principio sancito da questa Corte regolatrice, secondo cui le dichiarazioni de relato sono utilizzabili ove nessuna delle parti si sia avvalsa del diritto di chiedere che sia chiamato a deporre il teste di riferimento, essendo l'ipotesi di inutilizzabilità circoscritta, per legge, solo al caso in cui il giudice abbia omesso la citazione dei testimoni diretti, nonostante l'espressa richiesta di parte Sez. 5, sentenza n. 50346 del 22/10/2014, Palau Giovannetti, Rv. 261316 Sez. 6, sentenza n. 28029 del 03/06/2009, Vinci ed altro, Rv. 244415 . Ne deriva, quindi, il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali, nessuna richiesta essendo stata formulata dalla parte civile costituita, in sede di conclusioni, in ordine alle spese per il grado di giudizio innanzi a questa Corte. In caso di diffusione del presente provvedimento andranno omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d. lgs. 198/03 in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d. lgs. 198/03 in quanto imposto dalla legge.