Quando il gup può restituire gli atti al pm: chiarezza dei capi d’imputazione e abnormità dell’atto

In tema di richiesta di rinvio a giudizio e modifica dell’imputazione, la Corte di Cassazione prima ribadisce un precedente orientamento in materia e poi si esprime sulla nozione di abnormità dell’atto.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 50065/16 depositata il 24 novembre. Il caso. In un procedimento di primo grado, il giudice dell’udienza preliminare restituiva gli atti al pubblico ministero, invitandolo a meglio determinare il capo d’imputazione sottopostogli. Il pm decideva di ricorrere in Cassazione per violazione di legge in relazione all’art. 423 c.p.p., in quanto la modifica del capo d’imputazione, consistendo in una semplice esplicitazione” delle condotte aventi ad oggetto i reati-scopo , non rientrava assolutamente nella definizione di fatti nuovi . Richiesta di precisazione dell’imputazione. La Suprema Corte richiama un principio fissato dalle Sezioni Unite, secondo il quale è abnorme [] il provvedimento con cui il gup disponga la restituzione degli atti al pm per genericità o indeterminatezza dell’imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla cosa che invece, nel caso in questione, era effettivamente avvenuta. La richiesta di precisazioni ad opera del gup, infatti, lungi da essere atto abnorme costituisce concretizzazione specifica e fisiologica [] del vero e proprio dovere del Giudice di interlocuzione, volta a sollecitare la modifica o precisazione della contestazione, quando ne ritenga sussistenti le condizioni . Per questi motivi la Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Nozione di atto abnorme strutturale. Al fine di spiegare meglio quanto appena detto, la Suprema Corte richiama un ulteriore orientamento delle Sezioni Unite con il quale si specifica che è affetto da abnormità il provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del contenuto risulti avulso dall’intero ordinamento processuale . e funzionale. E’ abnorme, inoltre, l’atto che, pur essendo manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite, sì da determinare una stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo ovvero una inammissibile regressione dello stesso ad una fase ormai esaurita.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 ottobre – 24 novembre 2016, n. 50065 Presidente Sabeone – Relatore Catena Ritenuto in fatto 1.Con l'ordinanza impugnata il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Crotone in data 30/10/2015, nell'ambito del procedimento nei confronti di B.A. + 10, ha ritenuto che l'integrazione del capo di imputazione sub I di cui alla richiesta di rinvio a giudizio del 15/12/2014 fosse da qualificarsi ai sensi dell'art. 423, comma 2, cod. proc. pen., e, preso atto del mancato consenso dei difensori, ha disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero in particolare il Giudice ha ritenuto che il delitto associativo sub I contenesse già, originariamente, la specificazione delle condotte contestate agli associati, sia pure attraverso un rinvio per relationem ai precedenti capi di imputazione da A ad H , e che all'udienza del 16/10/2015 il pubblico ministero fosse stato invitato a meglio determinare il capo I con riferimento specifico ai ruoli rispettivamente attribuiti ai presunti associati, laddove con la versione modificata del suddetto capo di imputazione il pubblico ministero non si sarebbe attenuto a quanto disposto nell'ordinanza. 2.Con ricorso depositato il 09/11/2015 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Crotone ricorre per violazione di legge, ex art. 606 lett. b , cod. proc. pen., in relazione all'art. 423 cod. proc. pen., atteso che la modifica del capo d'imputazione era pacificamente riconducibile al comma i dell'articolo citato, essendosi semplicemente esplicitate, con indicazione di alcuni particolari, le condotte descritte nei capi di imputazione aventi ad oggetto i reati-scopo, laddove il Giudice non avrebbe in alcun modo motivato per quali ragioni fossero da ritenere ravvisabili, invece, fatti nuovi inoltre il Giudice, pur non avendo dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, avrebbe determinato, con l'impugnata ordinanza, una indebita regressione del procedimento, in contrasto con i principi della Cassazione a Sezioni Unite, n. 5307 del 20/12/2007, determinando, inoltre, una indebita stasi del procedimento, avendo impedito al pubblico ministero di procedere all'adeguamento della condotta di cui al capo I con gli atti processuali e le fonti di prova già esistenti e contestate 3. In data 05/07/2016 il Procuratore Generale, in persona del dott. M.F., ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, in quanto nel caso in esame il provvedimento impugnato è da qualificarsi abnorme sia perché l'integrazione del capo di imputazione sub I rispondeva a specifica sollecitazione da parte dello stesso Giudice in data 30/10/2015 a che il pubblico ministero specificasse il ruolo da attribuire ai singoli associati, sia in quanto si è verificata una indebita regressione del procedimento, come chiarito da Sezioni Unite, Fasano. 4. In data 27/09/2016 è stata depositata memoria ex art. 611 cod. proc. pen., dall'Avv.to L.M., difensore di fiducia di G.A., in cui si è rappresentato come il provvedimento adottato dal Giudice per l'udienza preliminare sia del tutto legittimo e non costituisca, in ogni caso, un provvedimento abnorme, come dimostrato dal fatto che il pubblico ministero, in data 06/11/2015, quindi ben prima di formulare il ricorso per cassazione, aveva depositato un nuovo avviso ex art. 415 bis, cod. proc. pen., in cui aveva proceduto ad una nuova formulazione della fattispecie associativa. Considerato in diritto Il ricorso del pubblico ministero è infondato e va, pertanto, rigettato. A prescindere dalla circostanza - documentata dalla difesa del G.A. con la memoria menzionata in premessa - che prima del ricorso per cassazione il pubblico ministero procedente aveva depositato un nuovo avviso ex art. 415 bis, cod. proc. pen., nell'ambito del medesimo procedimento, con cui aveva proceduto ad una nuova formulazione del capo di imputazione per la fattispecie associativa, il che dimostra che non si fosse verificata alcuna stasi processuale, ciò che va evidenziata è la circostanza che, nel caso in esame, il giudice procedente aveva effettuato una espressa richiesta al pubblico ministero, avente ad oggetto l'integrazione del capo di imputazione. In proposito, quindi va osservato come, nel caso in esame, risulti applicabile il principio fissato da Sez. U, sentenza n. 5307 del 20/12/2007, dep. 01/02/2008, P.M. in proc. Battistella, RV. 238239 - secondo cui è abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice dell'udienza preliminare di sponga la restituzione degli atti al pubblico ministero per genericità o indetermi natezza dell'imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla, es sendo, invece, rituale il provvedimento con cui il medesimo giudice, dopo aver sollecitato il pubblico ministero nel corso dell'udienza preliminare ad integrare l'atto imputativo senza che quest'ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, determini la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell'azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d'indagine - peraltro ribadito da successive pronunce tra le altre, Sez. 5, sentenza n. 22990, del 02/03/2015, PM in proc. Paoloni, Rv. 263818, secondo cui non è abnorme, e non è conseguentemente ricorribile per cassazione, l'ordinanza con cui il Giudice dell'udienza preliminare, rinviando l'udienza, invita il pubblico ministero a modifi care la imputazione . Va infatti ricordato come la giurisprudenza di questa Corte Sez. U, sentenza n. 4319 del 28/11/2013, dep. 30/01/2014, Rv. 257786 Sez. U, n. 26 del 24/11/1999, Magnani, Rv. 215094 Sez. U, n. 17 del 10/12/1997, Di Battista, Rv. 209603 ha definito la nozione di atto abnorme, connotandola in negativo, nel senso che non può definirsi tale l'atto che costituisce mera violazione di norme processuali, ed in positivo, affermando che è affetto da abnormità il provvedimento che, per la singolarità e la stranezza del contenuto risulti avulso dall'intero ordina mento processuale cosiddetta abnormità strutturale , oppure quello che, pur es sendo manifestazione di un legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite, sì da determinare una stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo ovvero una inammissibile regres sione dello stesso ad una fase ormai esaurita cosiddetta abnormità funzionale . Il provvedimento impugnato, in realtà, costituisce estrinsecazione del potere del giudice dell'udienza preliminare volto ad assicurare la corrispondenza dell'imputa zione alle risultanze dagli atti, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte pro prio con la sentenza delle Sezioni Unite, Battistella, in precedenza citata, che ha affermato che la richiesta formale di precisazione o modifica della contestazione, rivolta dal GIP al pubblico ministero, lungi dall'essere atto abnorme costituisce concretizzazione specifica e fisiologica del riconosciuto potere di applicazione ana logica dell'art. 521 cod. proc. pen., ovvero di applicazione estensiva dell'art. 423 cod. proc. pen. e, prima ancora, del vero e proprio dovere del Giudice di interlo cuzione volta a sollecitare la modifica o precisazione della contestazione, quando ne ritenga sussistenti le condizioni, come già delineato dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 88 del 7-13 marzo 1994 e con ordinanza n. 131 del 1995, in cui è stato chiarito come non è precluso al giudice dell'udienza preliminare sollecitare il pubblico ministero a procedere alle necessarie integrazioni e precisazioni dell'im putazione inadeguata, anche mediante un provvedimento di trasmissione degli atti che intervenga dopo la chiusura della discussione. Ne deriva come le prassi dei giudici per indurre il pubblico ministero ad adeguare l'imputazione contestata in modo generico, oppure puntualmente determinata, ma non corrispondente agli atti investigativi, senza dichiarare la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, concretantesi nell'invito al titolare dell'azione penale ad eser citare nell'udienza preliminare i poteri attribuitigli dall'art. 423 cod. proc. pen. per precisare gli estremi del fatto contestato, ovvero la trasmissione degli atti al pub blico ministero, all'esito dell'udienza preliminare, perché eserciti nuovamente l'azione penale, in applicazione analogica dell'art. 521, comma 2, cod. proc. pen., appaiano pienamente legittime. Anche nel caso in esame, quindi, il Giudice dell'udienza preliminare ha esercitato i poteri riconosciutigli dal sistema processuale quale interpretato dalla Corte delle leggi e da questa Corte di legittimità, mentre l'eventuale vizio nell'esercizio di tali poteri costituirebbe irregolarità insuscettibile di autonoma impugnazione. Ne discende, pertanto, il rigetto del ricorso del pubblico ministero. P.Q.M. Rigetta il ricorso del pubblico ministero.