Colpito da aneurisma dell’aorta: problema fisico serio, ma il detenuto resta in carcere

Nessun dubbio sulla grave patologia che affligge l’uomo. Essa ha anche spinto i giudici a riconoscergli temporaneamente la detenzione domiciliare. Ciò nonostante, ora viene respinta la sua richiesta di ottenere il differimento della pena.

Situazione fisica precaria l’uomo, in carcere per scontare una condanna a oltre 9 anni di reclusione, deve fronteggiare seri problemi cardiaci, come certificato dai medici. Ciò nonostante, è respinta la sua richiesta di vedere posticipata l’esecuzione della pena. Cassazione, sentenza n. 48721, depositata il 17 novembre 2016 Salute. Il punto di svolta è rappresentato dalla decisione del Tribunale di sorveglianza. Viene stabilito, in sintesi, che le condizioni di salute del detenuto , affetto da problemi cardiaci, non sono incompatibili con il regime carcerario , essendo piuttosto gestibili in ambiente penitenziario, con il ricorso, ove necessario, a strutture ospedaliere esterne . Ciò anche alla luce, viene spiegato, della pericolosità dell’uomo, che è stato condannato a 9 anni, 4 mesi e 19 giorni di reclusione per i reati di rapina, ricettazione, spaccio, tentata rapina, emissione di fatture false, omessa dichiarazione di imposta, occultamento di scritture contabili . Pericolo. Secondo il detenuto, però, la decisione è assolutamente sorprendente. Innanzitutto perché non sembra tenersi conto dei suoi seri problemi fisici, ossia un significativo aneurisma dell’aorta ascendente con moderata insufficienza valvolare aortica e lieve ipertrofia ventricolare . E poi perché vengono ignorate precedenti scelte dei magistrati in passato, difatti, le patologie da cui è affetto, necessitanti continuità terapeutica e assidui controlli clinici, hanno giustificato per ben due volte la concessione a termine della misura della detenzione domiciliare . Come si spiega, si domanda l’uomo, questo cambiamento di rotta? Come si spiega, quindi, la risposta negativa alla sua richiesta di ottenere il differimento della pena, anche nelle forme della detenzione sanitaria ? A rispondere sono i magistrati della Cassazione, confermando la visione tracciata dal Tribunale di sorveglianza e ribadendo che l’uomo dovrà rimanere in carcere. Una volta effettuata la ricognizione delle patologie lamentate, e una volta lette le indicazioni fornite dai cardiologi , è stata affermata solo una controindicazione relativa al regime ordinario . Ciò significa che il trattamento intra moenia , spiegano i giudici, non costituisce ostacolo alla corretta gestione delle condizioni di salute del condannato, alla somministrazione delle cure e alla prosecuzione della terapia prescritta . E questa valutazione non può essere messa in discussione dal generico richiamo alla gravità del quadro patologico . Questo elemento è insufficiente, concludono i magistrati, senza la dimostrazione di un immediato pericolo di vita , di una effettiva incompatibilità con l’ambiente carcerario e di uno scadimento fisico sotto la soglia minima di dignità umana .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 giugno – 17 novembre 2016, n. 48721 Presidente Bonito – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di sorveglianza di Catania, con ordinanza pronunciata il 14 ottobre 2015, ha rigettato l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena anche nelle forme della detenzione domiciliare, avanzata ai sensi degli artt. 146, comma 1, n. 3 e 147, comma 1, n. 2 cod. pen. e dell'articolo 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., da M.A., in espiazione della pena di anni nove mesi quattro e gg. 19 di reclusione per i reati di rapina, ricettazione, spaccio, tentata rapina, emissione di fatture false, omessa dichiarazione di imposta, occultamento di scritture contabili, compresi nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica di Palermo il 28 ottobre 2013. 1.1 In premessa ha dato atto che con precedenti ordinanze del 4/09/2013 e del 3/9/2014 lo stesso Tribunale aveva concesso al condannato la detenzione domiciliare a termine, ai sensi dell'articolo 47 ter, co. 1 ter, ord. pen, ogni volta per la durata di un anno e con ultima scadenza fissata al 3/09/2015 e che il Magistrato di sorveglianza, con provvedimento dell'1/09/2015, aveva disposto l'applicazione provvisoria della misura ai sensi dell'articolo 47 ter, co. 1 quater, ord. pen. 1.2 A ragione della decisione, il Tribunale ha rilevato, da un iato, che le condizioni di salute dei condannato non fossero incompatibili con il regime carcerario e fossero gestibili in ambiente penitenziario con il ricorso, ove necessario, a strutture ospedaliere esterne ai sensi dell'articolo 11 ord. pen. dall'altro, richiamando le informazioni di polizia sulla pericolosità del M. e il suo recente arresto per evasione, ha rimarcato la necessità dei contenimento della pericolosità dell'istante in regime intramurario. 2. Ricorre per cassazione M.A., con atto recante personale sottoscrizione, denunziando violazione di legge e vizio di motivazione dell'ordinanza impugnata in relazione alle ragioni poste a base del diniego della domanda di differimento dell'esecuzione della pena, anche nelle forme della detenzione sanitaria, di cui ricorrevano tutti i presupposti applicativi. Rammenta che le patologie da cui è affetto, necessitanti continuità terapeutica e assidui controlli clinici, hanno giustificato per ben due volte la concessione a termine della misura della detenzione domiciliare e che la gravità dei quadro clinico è stata oggetto di condivisione, da ultimo, anche da parte del Magistrato di sorveglianza che ha disposto in via provvisoria la prosecuzione della misura. Richiama l'ultima relazione sanitaria del 18 agosto 2015 del servizio di medicina legale dell'azienda sanitaria provinciale di Catania, con cui è stata ribadita l'incompatibilità delle sue condizioni di salute con la detenzione in carcere ne deduce il travisamento da parte dei Tribunale lì dove ha ritenuto di ritrarne controindicazioni relative e non assolute al regime detentivo ordinario rimarca la contraddittorietà e l'illogicità della decisione che pure menziona la necessità, segnalata dai sanitari, di costanti controlli clinici deduce la natura apodittica delle indicazioni degli organi di polizia circa la permanenza di uno stato di pericolosità, ancorato esclusivamente alla presunta evasione, non ancora definitivamente accertata e rispetto alla quale il ricorrente proverà la sua innocenza contesta che il Tribunale abbia immotivatamente sottostimato il suo pregresso comportamento, irreprensibile e rispettoso delle prescrizioni. 3. II Procuratore generale, in persona dei dott. Gabriele Mazzotta, ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso non merita accoglimento. 1. Deve ritenersi acquisito il principio, condiviso, secondo il quale il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva, pur non richiedendo un'incompatibilità assoluta tra la patologia da cui è affetto il condannato e il suo stato di detenzione carceraria, postula che l'infermità o la malattia sia tale da comportare un serio pericolo di vita o da non poter essere adeguatamente trattata in ambito carcerario, o comunque sia tale che l'espiazione della pena, per le sofferenze aggiuntive, eccessive ed ingiustificate che ne derivano, avvenga in aperto dispregio del diritto alla salute e dei senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento dei detenuti. E pertanto, anche in presenza di una patologia grave, il giudice non è tenuto a concedere il rinvio dell'esecuzione della pena o la misura alternativa della detenzione domiciliare, dovendo verificare se la situazione morbosa sia fronteggiabile in ambiente carcerario, senza che ciò contrasti con il senso di umanità e soprattutto che impedisca il normale regime trattamentale tra le altre Sez. 1 n. 5732 del 08/01/2013, Rossodivita, Rv. 254509 . 1.1 Di tali principi ha fatto corretta applicazione il Tribunale che, con motivazione immune da errori giuridici e vizi logici e senza incorrere in alcun travisamento del dato documentale, ha dato adeguatamente conto della decisione assunta, rilevando che la relazione sanitaria, dopo aver effettuato una mera ricognizione delle patologie da cui è affetto il M. significativo aneurisma dell'aorta ascendente con moderata insufficienza valvolare aortica e lieve ipertrofia ventricolare ha concluso, testualmente, per una controindicazione relativa al regime ordinario . Il giudice impugnato ha, in ogni caso, rimarcato che le indicazioni fornite dai cardiologi curanti consistono esclusivamente nella raccomandazione di seguire una dieta iposodica e moderatamente ipocalorica , nel consiglio di smettere di fumare o di moderare il consumo di sigarette, di prendere le compresse medicinali, evitando stress, emozioni e tutto ciò che possa incrementare la pressione arteriosa . Del tutto coerentemente ha, pertanto, rilevato che il trattamento intra moenia non costituisce ostacolo alla corretta gestione delle condizioni di salute del condannato, alla somministrazione delle cure del caso e alla prosecuzione della terapia prescritta. Nel ragionevole e congruo iter argomentativo svolto il Tribunale neppure ha prescisso dal richiamare le recenti informazioni di polizia con riguardo alla residuale pericolosità del ricorrente e ha valorizzato l'arresto per evasione, intervenuto il 2.5.2015, dopo che il M. aveva tentato, nonostante le sue defedate condizioni di salute, di sottrarsi al controllo dandosi a spericolata e rocambolesca fuga a bordo di un ciclomotore ed impegnando le forze dell'ordine in un laborioso inseguimento. 1.2 A fronte di tali argomentazioni, il ricorso, da un lato, appare nella sostanza generico, perché si limita a dedurre assertivamente la gravità dei quadro patologico, senza invocare né un immediato pericolo di vita, né un'effettiva incompatibilità con l'ambiente carcerario e neppure uno scadimento fisico sotto la soglia minima di dignità umana dall'altro, nella contestazione delle valutazioni espresse in ordine agli evidenziati profili di pericolosità sociale, è largamente volto a una non consentita rilettura in fatto della vicenda. 2. Al rigetto dell'impugnazione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.