La Cassazione sui reati omissivi: la posizione di garante coincide con quella di soggetto gestore del rischio

La Suprema Corte ritorna su una questione centrale per regolare le molte ipotesi criminose caratterizzate da colpa omissiva, spesso riguardanti incidenti sui luoghi di lavoro.

Lo fa con la sentenza n. 48793/2016 riprendendo un principio di diritto già noto, espresso dal Massimo Consesso interpretativo, e declinandolo nel caso concreto, sottratto, in realtà, alla materia più di frequente oggetto di simili procedimenti. Sotto altro aspetto, poi, la pronuncia chiarisce la nozione di travisamento, spiegando i limiti della rilevanza, nel giudizio di legittimità, di eventuali ambiguità nell’apprezzamento delle prove formatesi nei gradi di merito. Il caso. L’inchiesta riguardava la morte di un giovane, avvenuta all’interno di un complesso turistico toscano, nel corso di una serata estiva. Il ragazzo, con altri amici, si era recato in un locale, composto da un ristorante e da una discoteca. Il mattino prima, era stata inaugurata lì vicino una piscina ed alcuni avventori, forse per golardia, avevano deciso di utilizzarla, tra un ballo e l’altro, per un bagno collettivo la vittima però, priva di abbigliamento adatto ed incapace di nuotare, finiva per affogare, anche a causa del buio provocato da uno dei gestori che, per sollecitare i clienti ad abbandonare l’impianto sportivo, aveva spento il faro di illuminazione mentre alcuni di loro si trovavano ancora in acqua. Erano tratti a giudizio, con l’accusa di omicidio colposo, i due titolari, cui s’imputava di non aver garantito la sicurezza degli avventori e il disc jockey, che, secondo le dichiarazioni di alcuni dei presenti, avrebbe invitato i protagonisti a sfruttare la piscina di poco distante. Il Tribunale di Pistoia, tuttavia, con sentenza integralmente confermata dalla Corte d’appello fiorentina, assolveva tutti gli imputati, ritenendo che non potesse configurarsi in capo a nessuno di loro un’effettiva posizione di garanzia da un lato, la piscina, di proprietà della Provincia di Pistoia, era ubicata in una zona distinta del complesso ed affidata alla gestione di una cooperativa dall’altro, non tutti confermavano d’aver udito le esortazioni a fare il bagno – alcuni sostenevano che si fosse trattato di una decisione estemporanea – e risultava pacificamente dalle deposizioni dei ragazzi che i gestori avessero perentoriamente intimato loro di uscire dall’acqua, minacciando di chiamare la forza pubblica per dissuaderli circostanze tra loro, all’evidenza, incompatibili . Ricorrono per Cassazione le parti civili, mediante unico atto presentato dal difensore, con cui si deduce un singolo motivo, invocante violazione di legge, travisamento della prova e vizio di motivazione. Secondo i deducenti, infatti, la Corte territoriale avrebbe erroneamente escluso il contributo degli imputati, omissivo, contraddistinto da colpa generica, ma perlomeno concausale al verificarsi dell’evento, per aver tollerato il comportamento dei clienti, non segnalando alle Autorità o all’Ente proprietario della piscina ciò che stava accadendo, affinché fossero assunti i necessari provvedimenti non sussisterebbe, inoltre, alcun contrasto dichiarativo tra le versioni rese dai presenti, poiché alcuni non hanno negato che vi sia stato l’invito a fare il bagno, ma, più semplicemente, non l’avrebbero udito, forse per la loro posizione. La IV Sezione – su parere difforme del Procuratore generale, che aveva chiesto l’annullamento per i due gestori, con trasmissione degli atti al giudice civile competente in appello – rigetta l’impugnazione, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. L’iter motivo si presenta schematico ed esaustivo, procedendo con chiarezza all’esame dei punti nodali per la valutazione delle doglianze difensive. Per entrambi i profili, trattandosi di problematiche esegetiche già abbondantemente esaminate dagli Ermellini, l’Estensore fa precedere al sillogismo decisorio un sintetico riepilogo dei precedenti rilevanti, a partire da una recente decisione delle Sezioni Unite. La posizione di garanzia. Proprio riguardo la c.d. clausola di equivalenza, invero, si è pronunciato il Supremo Collegio, al massimo livello, per chiarire come vi sia assoluta coincidenza fra il soggetto deputato a ed in condizioni di governare il rischio del prodursi di un certo evento dannoso, e colui il quale è tenuto a impedire la concretizzazione del rischio medesimo e il verificarsi dell’evento citando Cass., SS. UU. Pen., n. 38343/14 , Espenhahn et al. . In tal modo, con pregevole finalità garantistica – e, non di meno, capacità di attualizzazione dell’istituto – si è definitivamente espunta dal campo la c.d. teoria dell’imputazione oggettiva dell’evento, del tutto inadeguata ad una società dal rischio diffuso come quella moderna e dai dubbi profili di costituzionalità. Nel caso di specie, non può quindi validamente affermarsi un’estensione dell’obbligo di attivarsi degli imputati in relazione ad una struttura che, seppur contigua, risultava distinta ed autonoma da quella che gestivano – o, con riguardo al DJ, in cui lavorava – e, pertanto, non rientrava nella loro sfera di controllo. Il travisamento delle prove. Analogamente infondato è il dedotto vizio, giustificato da censure alla parte motiva, di travisamento delle prove, la cui rilevanza resta subordinata, per consolidata giurisprudenza, alla capacità dell’errore accertato di disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio . Così non è in questo processo, nel quale, invece, l’incerta dimostrazione della circostanza a carico in argomento la sollecitazione a fare il bagno derivava da molteplici fattori il rumore la confusione il riferito annuncio di apertura della piscina in ore diurne , ma restava logicamente incompatibile con il successivo intervento dei gestori – mai messo in dubbio da nessuno – teso ad interrompere il bagno collettivo. Osservazioni. La decisione in analisi organizza linearmente i diversi passaggi del ragionamento giudiziale, avendo cura di precisare anche alcuni riferimenti dogmatici, utili a comprendere le coordinate ermeneutiche delle tematiche coinvolte. In questo senso, costituirà un ottimo spunto per chi abbia necessità di approfondire il tema della responsabilità omissiva, a partire dallo stadio più recente della riflessione degli interpreti.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 ottobre – 17 novembre 2016, n. 48793 Presidente Blaiotta – Relatore Pavich Ritenuto in fatto 1. A seguito di appello proposto dalle parti civili, la Corte d'appello di Firenze, in data 22 giugno 2015, confermava la sentenza con la quale, in data 13 dicembre 2012, il Tribunale di Pistoia aveva assolto R.P., S.M. e I.F. dal reato loro ascritto ex art. 589 cod.pen., in relazione ad evento mortale occorso ad A.B. la notte fra il 21 e il 22 giugno 2008, all'interno di un complesso turistico sito in San Marcello Pistoiese. Il M. e il F. rispondono del reato quali gestori della porzione di locale adibita a bar-ristorante e sala da ballo, mentre il P. ne risponde quale disc jockey della discoteca ivi ubicata l'episodio si é, per l'esattezza, verificato all'interno della piscina del complesso turistico, ove il B. é deceduto per annegamento. 1.1. Venendo alla ricostruzione posta a base dell'accusa, il mattino del 21 giugno 2008 era stata inaugurata la piscina del locale secondo le dichiarazioni di alcuni clienti, il DJ P., nel corso della successiva serata, avrebbe esortato gli avventori a spostarsi in piscina per fare il bagno collettivo a loro volta, sempre secondo quanto riferito da altri soggetti presenti, il M. e il F., addetti al banco bar, avrebbero ricordato ai ragazzi che chi aveva il costume poteva anche fare il bagno. Nel corso della serata, circa 30-40 giovani si sarebbero recati in piscina, e fra questi il B., il quale peraltro non sapeva nuotare e non aveva con sé il costume, e nonostante ciò si tuffava sul lato meno illuminato e più profondo della piscina. A quel punto, sempre secondo quanto riferito da alcuni presenti, il M. e il F. avrebbero invitato coloro che si erano tuffati a uscire dalla piscina, e in particolare il M. spegneva il faro di illuminazione quando ancora il B. era in acqua. 1.2. Nella disamina degli atti, ed a fronte dell'appello presentato dalle parti civili, la Corte di merito ha in primo luogo escluso che, in capo al M. e al F., vi potesse essere una posizione di garanzia in relazione alla sicurezza dei frequentatori della piscina, atteso che quest'ultima, oltre ad essere ubicata in una zona del complesso distinta da quella adibita a bar e discoteca tanto da essere separata da un recinto munito di cancelletto, che quella sera era chiuso , era di proprietà della Provincia di Pistoia ed affidata alla gestione di una cooperativa, e dunque non al F. e al M., i quali pertanto non avevano alcun obbligo giuridico di impedire l'evento. Sotto altro profilo, nella sentenza della Corte territoriale si evidenzia che vi fosse, secondo diverse testimonianze, una prassi diffusa fra i giovani della zona, ossia quella di fare il bagno in piscina in ore notturne la piscina viene chiusa al pubblico alle ore 18,30 , tant'é che molti ragazzi, la sera dell'incidente, si erano portati il costume da bagno a tale prassi il M. e il F. non avrebbero prestato acquiescenza ed anzi avrebbero manifestato l'intento di far intervenire la forza pubblica per dissuadere gli avventori dall'introdursi in piscina di notte. Ed ancora, la Corte fiorentina sottolinea la contraddittorietà delle prove in riferimento alle presunte esortazioni a fare il bagno in piscina, che sarebbero provenute dal P., dal M. e dal F. mentre alcuni testimoni confermano di avere udito tali esortazioni, altri affermano che la decisione dei ragazzi di fare il bagno notturno fu estemporanea, e comunque non conseguente ad inviti in tal senso da parte degli imputati. 2. Avverso la prefata sentenza d'appello ricorrono le parti civili P.G., madre del giovane deceduto, e M.B., fratello convivente dello stesso, con unico atto sottoscritto dal loro difensore. Le doglianze sono articolate in un unico motivo, con il quale si denunciano violazione di legge in relazione all'art. 40, comma 2, cod.pen., nonché travisamento della prova e vizio di motivazione. 2.1. In sostanza gli esponenti deducono che gli imputati hanno avuto una responsabilità quanto meno concausale nel verificarsi dell'evento, a titolo di colpa generica, per avere almeno tollerato, se non addirittura sollecitato, la prassi notoria di fare il bagno in piscina in orario di chiusura né risulta che gli stessi, pur a conoscenza di detta prassi, ne abbiano dato segnalazione all'Autorità o all'Ente proprietario della piscina affinché prendessero gli opportuni provvedimenti, e neppure alla società cooperativa COGIS, che aveva la gestione dell'impianto in tal senso viene richiamata dai ricorrenti la deposizione di D.D’I., legale rappresentante della cooperativa . Oltre a quanto precede, proseguono i ricorrenti, vi é la certezza che il P., alla presenza del F. e del M., esortò quella sera i clienti a fare il bagno al riguardo vengono richiamate nel ricorso le deposizioni di alcuni testimoni che confermano di avere direttamente udito, o di avere appreso da terzi, che il DJ invitava i ragazzi ad andare in piscina il fatto che, invece, altri testimoni non abbiano udito tali esortazioni non consentiva alla Corte di affermare che vi fossero, sul punto, testimonianze contraddittorie , atteso che non vi é contrasto dichiarativo fra chi ha riferito di avere sentito il DJ invitare i presenti a fare il bagno e chi ha semplicemente riferito di non avere udito tale invito. Sul punto, concludono gli esponenti, la sentenza impugnata é dunque viziata da travisamento delle prove. Considerato in diritto 1. Le doglianze sono infondate. 1.1. In primo luogo, deve precisarsi che a nessuno degli imputati può attribuirsi, sulla base della giurisprudenza di legittimità, una posizione di garanzia nei confronti di coloro i quali accedevano alla zona ove era ubicata la piscina, sì che deve escludersi, in capo agli stessi, la sussistenza dell'obbligo giuridico di impedire l'evento mortale occorso al B E' opportuno premettere che, a seguito dell'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite sul punto Sez. U, Sentenza n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn e altri , si é evidenziata l'esigenza di sottrarre la problematica dell'attribuzione della posizione di garanzia alla teoria dell'imputazione oggettiva dell'evento di derivazione condizionalistica, e si é affermato il principio che la posizione di garante coincide, in linea generale, con quella di soggetto gestore dei rischio. Vi é, cioé, coincidenza fra il soggetto deputato a ed in condizioni di governare il rischio del prodursi di un certo evento dannoso, e colui il quale é tenuto a impedire la concretizzazione dei rischio medesimo e il verificarsi dell'evento. 1.2. E' ben vero che molteplice può essere la fonte di derivazione dell'obbligo giuridico di impedire l'evento la Corte ha recentemente ribadito che, nell'accertamento degli obblighi impeditivi gravanti sul soggetto che versa in posizione di garanzia, l'interprete deve tenere presente la fonte dai cui scaturisce l'obbligo giuridico protettivo, che può essere la legge, il contratto, la precedente attività svolta, o altra fonte obbligante ma ha contemporaneamente avuta cura di precisare che, in tale ambito ricostruttivo, al fine di individuare lo specifico contenuto dell'obbligo come scaturente dalla determinata fonte di cui si tratta occorre valutare sia le finalità protettive fondanti la stessa posizione di garanzia, sia la natura dei beni dei quali é titolare il soggetto garantito, che costituiscono l'obiettivo della tutela rafforzata, alla cui effettività mira la clausola di equivalenza di cui all'art. 40, comma 2, cod.pen. Sez. 4, Sentenza n. 9855 del 27/01/2015, Chiappa, Rv. 262440 . 1.3. Coerentemente con tale impostazione, la recente giurisprudenza riconosce la sussistenza della posizione di garanzia sulla scorta dell'effettivo governo del rischio e delle finalità protettive che lo sorreggono ad esempio, si afferma che il responsabile di una società sportiva, che ha la disponibilità di impianti ed attrezzature per l'esercizio delle attività e discipline sportive, é titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell'art. 40, comma secondo, cod. pen., ed é tenuto, anche per il disposto di cui all'art. 2051 cod. civ., a garantire l'incolumità fisica degli utenti e ad adottare quelle cautele idonee ad impedire il superamento dei limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva, con la conseguente affermazione del nesso di causalità tra l'omessa adozione di dette cautele e l'evento lesivo occorso ad un utente dell'impianto sportivo Sez. 4, Sentenza n. 22037 del 21/04/2015, Muraca, Rv. 263823 . Si é inoltre affermato, in relazione a diversa posizione ma in aderenza alla stessa linea di principio, che l'organizzatore di un luna park é titolare di una posizione di garanzia per i rischi che possono derivare dalla fruizione delle relative attrazioni, laddove abbia assunto di fatto la qualità di gestore dell'intera struttura, attraverso la presentazione della richiesta di licenza per conto di tutti i proprietari delle strutture installate nel parco e garantito, mediante relazione tecnica allegata alla domanda, la conformità di ciascuna di esse alle prescritte regole di sicurezza Sez. 4, Sentenza n. 7949 del 08/10/2013, dep. 2014, V., Rv. 259273 . Merita di essere ricordata, sebbene più risalente ma perfettamente aderente all'indirizzo considerato, la pronunzia con cui la Corte regolatrice ha affermato che il gestore di una piscina é titolare di una posizione di garanzia, ai sensi dell'articolo 40, comma secondo, cod. pen., in forza della quale é tenuto a garantire l'incolumità fisica degli utenti mediante l'idonea organizzazione dell'attività, vigilando sui rispetto delle regole interne e di quelle emanate dalla Federazione italiana nuoto, le quali hanno valore di norme di comune prudenza, al fine di impedire che vengano superati i limiti del rischio connaturato alla normale pratica sportiva Sez. 4, Sentenza n. 4462 del 14/12/2005, dep. 2006, Calandra e altro, Rv. 233244 . 1.4. Nei casi considerati, volutamente riferiti alla gestione di impianti ricreativi o sportivi come quello del caso che ne occupa , la posizione di garanzia -nascente da specifico obbligo normativo o contrattuale, o anche dall'assunzione in via di fatto implica sempre che la posizione di garante coincide con quella del soggetto che gestisce in concreto i rischi connessi all'attività da lui assunta. 1.5. Venendo al caso di specie, gli imputati M. e F. avevano la gestione di una porzione ben precisa e delimitata del complesso turistico, ossia quella adibita a bar-ristorante e discoteca e il P. operava alle loro dipendenze. La piscina -separata, rispetto a detta porzione del complesso, da una pur bassa recinzione munita di un cancelletto, che risultava chiuso al momento dell'incidente, tanto da dover essere forzato dai soccorritori risulta, invece, pacificamente di proprietà della provincia e gestita da altri soggetti gli imputati non ne avevano assunto la gestione neppure in via di fatto. Deve, insomma, escludersi che la posizione di garanzia, attribuita dai ricorrenti agli imputati M. e F., potesse estendersi a una struttura che, sebbene ubicata in adiacenza a quella da loro gestita, era distinta e autonoma rispetto a quest'ultima e dunque non rientrava nella loro sfera di controllo doveroso e di governo dei rischi ad essa pertinenti. Non rileva, pertanto, la circostanza -che può darsi per acquisita che gli imputati suddetti fossero a conoscenza della prassi, diffusasi fra i giovani del posto, di introdursi nella piscina in orario notturno, ossia quando la struttura era chiusa. Ciò, sulla base di quanto si é detto finora, non implicava da parte loro un obbligo di attivarsi, e neppure di segnalare tale uso all'autorità o ai soggetti responsabili. 1.6. Quanto al vizio di motivazione e al travisamento delle prove oggetto di ulteriore doglianza, é doveroso premettere che il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purché specificamente indicati dal ricorrente, é ravvisabile ed efficace solo se l'errore accertato sia idoneo a disarticolare l'intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale /probatorio, fermi restando il limite del devolutum in caso di cosiddetta doppia conforme e l'intangibilità della valutazione nel merito del risultato probatorio Sez. 6, Sentenza n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774 . Perciò, nel caso di doppia conforme , può parlarsi di travisamento delle prove nell'ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice Sez. 4, Sentenza n. 4060 del 12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi e altro, Rv. 258438 Sez. 4, Sentenza n. 5615 del 13/11/2013, dep. 2014, Nicoli, Rv. 258432 , ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti Sez. 4, Sentenza n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837 . 1.7. Non ricorre alcuna delle dette condizioni nel caso di specie, non potendo ad esse assimilarsi il caso in cui la contraddittorietà della prova venga fatta discendere, come nella specie, dal fatto che alcuni testimoni avrebbero udito il P. esortare gli avventori a fare il bagno in piscina, e altri non avrebbero udito siffatta esortazione all'evidenza, e per come del resto viene evidenziato nello stesso percorso argomentativo illustrato dalla Corte di merito, l'incertezza in ordine a tale circostanza di fatto -collocata all'interno di una serata in discoteca, caratterizzata da rumore e confusione nasceva da molteplici elementi, ossia dal fatto che alcuni ragazzi si erano portati il costume da bagno il che, come argomentato dalla Corte territoriale, potrebbe spiegare una loro decisione autonoma di recarsi in piscina e che altri possano averli seguiti ritenendo che ciò fosse stato autorizzato dai gestori della discoteca, o dalla possibile confusione fra l'annuncio dell'apertura della piscina nelle ore diurne di cui hanno riferito gli imputati e un ipotetico invito a fare il bagno quella stessa notte. Oltretutto, rileva la Corte fiorentina, un simile invito appare scarsamente compatibile con il successivo, immediato e pacifico intervento del M. e del F. per fare uscire i ragazzi dalla piscina. Ed inoltre, quand'anche fosse stato comprovato che effettivamente tale invito fosse stato pronunciato, sarebbe stata comunque ineludibile la valutazione di ulteriori elementi necessari per affermare la sussistenza di una responsabilità colposa degli imputati. 2. Al rigetto dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.