Merce contraffatta acquistata online dall’estero: la ricettazione è procedibile nel territorio italiano

L’acquisto, anche online, di materiale contraffatto, pur se proveniente da paesi extracomunitari, costituisce reato di ricettazione, procedibile in Italia in virtù del cd. principio di ubiquità”.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 48017/16, depositata il 14 Novembre. Il caso. L’acquisto sul sito Ebay di 15 paia di scarpe contraffatte, provenienti dalla Malesia, portano alla condanna di un soggetto per ricettazione. Il caso viene portato all’attenzione della Corte di Cassazione, la quale precisa quali siano i puntuali elementi di fatto , i modi e tempi della consumazione e, infine, la procedibilità del delitto di ricettazione. I puntuali elementi fattuali . La Suprema Corte ritiene che la consapevolezza della contraffazione dei beni acquistati, che contribuisce al dolo e che, al tempo stesso, esclude la configurabilità del reato di cui all’art. 712 c.p. , può essere desunta da elementi fattuali, tra i quali, ad esempio, la visibile e pacifica contraffazione dei beni, oppure l’irrisorietà del prezzo di acquisto. La consumazione del delitto. La ricettazione si consuma, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, al momento dell’accordo fra cedente ed acquirente sulla cosa proveniente da delitto e sul prezzo . Non rileva, invece, il momento della consegna della merce, che tuttalpiù rappresenta un adempimento contrattuale” derivante dal precedente accordo. La procedibilità della ricettazione. L’inserzione di vendita della merce sul sito Ebay si qualifica come offerta al pubblico ex art. 1336 c.c , in quanto diretta ad un pubblico indifferenziato . Stante la natura dell’affare, il venditore cittadino della Malesia , dopo aver ricevuto il prezzo, non era tenuto a fare null’altro che spedire la merce in Italia, il che rende applicabile al caso l’art. 1327 c.c., a norma del quale tale tipo di contratto ”è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l’esecuzione”, vale a dire nel momento in cui il venditore consegnò la merce al vettore, ossia in Malesia . A questo punto, però, la Corte di Cassazione specifica che tale conclusione non è applicabile, in quanto, secondo la teoria della cd. ubiquità, un reato deve ritenersi procedibile in Italia nel caso in cui la sua condotta, anche omissiva, sia stata commessa anche in minima parte nello Stato la minima parte a cui ci si riferisce consiste nell’ordinativo della merce, il che basterebbe a traslare il locus commissi delicti dalla Malesia al territorio italiano.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 ottobre – 14 novembre 2016, n. 48017 Presidente Davigo – Relatore Rago Ritenuto in fatto 1. A.D.L.- a mezzo dei proprio difensore - ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza in epigrafe deducendo 1.1. Violazione dell'art. 648 cod. pen. in quanto l'accusa non avrebbe provato il dolo del delitto di ricettazione. Infatti, la svolta istruttoria conclamava la buona fede del ricorrente o, al più, una sua leggerezza nell'acquisto dei beni, il che avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a sussumere la fattispecie in quella prevista dall'art. 712 cod. pen. 1.2. Violazione dell'art. 9 cod. pen. per essere l'azione penale improcedibile mancando sia la richiesta del Ministro della Giustizia sia una querela idonea della persona offesa 1.3. Violazione dell'art. 56 cod. pen. per avere la Corte ritenuto, erroneamente, che il reato fosse stato consumato, laddove, invece, era ipotizzabile, al più, un tentativo 1.4. Violazione dell'art. 131 bis cod. pen. per non avere la Corte ritenuto il fatto di particolare tenuità nonostante ne ricorressero tutti i presupposti giuridici e fattuali. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito indicate. 2. Il fatto di cui al presente processo riguarda l'introduzione, da parte dei ricorrente, nello Stato Italiano di 15 paia di scarpe Nike contraffatte, provenienti dalla Malesia per tale fatto accertato in Malpensa il 21/12/2004 , l'imputato è stato condannato per il delitto di ricettazione nonché per quello di cui all'art. 474 cod. pen. reato questo, però, dichiarato prescritto . In questa sede, la difesa ha riproposto pedissequamente le medesime censure dedotte con i motivi di appello cfr pag. 2 ss della sentenza impugnata correttamente disattesi dalla Corte territoriale con argomenti puntuali in punto di fatto e di diritto. Infatti - quanto alla censura sub 1.1. si tratta della prospettazione di una tesi alternativa in punto di fatto con la quale il ricorrente ha cercato di confutare la motivazione conforme di entrambi i giudici di merito che, alla stregua di puntuali elementi fattuali pacifica contraffazione dei beni valore irrisorio di acquisto inattendibilità della tesi difensiva cfr pag. 3-4 sentenza impugnata hanno ritenuto che l'imputato fosse consapevole della contraffazione dei beni acquistati e, quindi, la non configurabilità del reato di cui all'art. 712 cod. pen. Non essendo ravvisabile alcuna illogicità nella suddetta motivazione, la censura, meramente reiterativa ed alternativa, va, quindi, ritenuta inammissibile - quanto alla censura sub 1.3. violazione dell'art. 56 cod. pen. , va ribadito il consolidato principio giurisprudenziale, al quale la Corte territoriale si è correttamente adeguata, secondo il quale Il delitto di ricettazione si consuma, nella ipotesi di acquisto, al momento dell'accordo fra cedente ed acquirente sulla cosa proveniente da delitto e sul prezzo, considerato che la traditio della res - nella quale può ravvisarsi null'altro che un momento che pertiene all'adempimento dei contratto, già perfezionato ed efficace - non può ritenersi imposta dalla norma penale, come elemento strutturale della fattispecie, al punto da contrassegnarne la consumazione come si desume dall'interpretazione letterale dell'art. 648 cod. pen. che distingue l'ipotesi dell'acquisto da quella della ricezione ex plurimis, Cass. 17821/2009 Rv. 243954 Cass. 46899/2011 Rv. 251454 Cass. 14424/2012 Rv. 253302 Cass. 31023/2013 Rv. 256843 Cass. 40382/2015 Rv. 264559. 3. Quanto alla censura sub 1.2. violazione dell'art. 9 cod. pen. , va osservato quanto segue. In punto di fatto, è pacifico che l'imputato acquistò la merce contraffatta via internet, da un venditore della Malesia la merce, infatti, fu controllata e sottoposta a sequestro presso la Dogana di Malpensa il 21/12/2004. All'epoca, era applicabile, la legge dello Stato Italiano in quanto a non risulta che fra le parti fosse stata pattuita l'applicabilità di una legge diversa da quella dello Stato Italiano, luogo di residenza dell'imputato b il contratto stipulato rientrava con evidenza nelle ipotesi previste dall'art. 5/2 Convenzione di Roma del 19/06/1980 allora vigente , alla quale rinviava l'art. 57 L. 218/1995 c le norme interne applicabili alla fattispecie, erano, quindi, gli artt. 1336 - 1326 - 1327 cod. civ. L'inserzione pubblicata sul sito Ebay dal venditore malese, va qualificata come un'offerta al pubblico ex art. 1336 cod.civ. in quanto era diretta ad un pubblico indifferenziato noti o ignoti che fossero gli offerenti e conteneva gli estremi essenziali del contratto ai quali il consumatore, ove avesse voluto aderire, non poteva fare altro che accettare in questo schema contrattuale, proponente, va considerato il venditore estero cittadino della Malesia , mentre l'imputato va ritenuto il contraente accettante. L'art. 1336 cod. civ. dispone, poi, che l'offerta al pubblico vale come proposta, salvo che risulti diversamente dalle circostanze o dagli usi il rinvio, quindi, è all'art. 1326 cod.civ. a norma del quale il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta [ndr nella specie, il venditore] ha conoscenza dell'accettazione dell'altra parte [ndr nella specie, l'imputato acquirente] . Nella fattispecie in esame, è, però, pacifico, che la prestazione, da parte del venditore, doveva eseguirsi senza una preventiva risposta stante la natura dell'affare cfr ricorso pag. 16 infatti, non appena l'imputato pagò il prezzo stabilito nella proposta di vendita, il venditore, senza altre formalità, provvide a spedire la merce in Italia. Si rende, quindi, applicabile non l'art. 1326 a norma del quale il contratto si conclude nel luogo dove il proponente ha conoscenza dell'accettazione nella specie, peraltro ignoto , ma l'art. 1327 cod. civ. a norma del quale qualora [ ] la prestazione debba eseguirsi senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio l'esecuzione , vale a dire nel momento in cui il venditore consegnò la merce al vettore ossia in Malesia. Se, quindi, il contratto, secondo la normativa civilistica, fu concluso in Malesia, ivi dovrebbe essere considerato anche il locus commissi delicti del reato di ricettazione secondo la consolidata giurisprudenza cit. supra § 2 in relazione alla censura sub 1.3. Tuttavia, nel caso di specie, la suddetta conclusione non è applicabile. Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, deve ritenersi commesso nel territorio dello Stato, anche se in parte avvenuto all'estero, il reato la cui condotta, anche omissiva, sia stata commessa anche in minima parte nello Stato, seppure priva dei requisiti di idoneità e di inequivocità richiesti per il tentativo teoria della cd. ubiquità . Alla stregua del suddetto criterio, la giurisprudenza considera, quindi, rilevanti tutti i comportamenti che, attuando una modificazione del mondo esteriore, possono contribuire alla perpetrazione del reato. Si tratta, pertanto, di un concetto molto più ampio di quello di tentativo, non richiedendo necessariamente la sussistenza di atti idonei e univoci. In relazione infatti alle diverse esigenze e ai diversi parametri cui è informato il disposto dell'art. 6 c.p., è sufficiente che sia avvenuta in Italia una parte anche subvalente dell'azione o dell'omissione, pur se priva dei requisiti di idoneità e di univocità richiesti per il tentativo ex plurimis Cass. 6151/2014 Rv. 258634 Cass. 31023/2013 rv. 256843 Cass. 44837/2012 rv. 254968 Cass. 17026/2009 Rv. 243476 Cass.17026/2008 rv. 243476 Cass. 30819/2004, rv. 229734. Di conseguenza, essendo pacifico che l'imputato inviò l'ordine di acquisto dal territorio italiano, il reato di ricettazione deve ritenersi commesso nel territorio dello Stato proprio perché una parte dell'azione ordinativo della merce , da intendersi nel senso amplissimo di cui si è detto, fu commessa in Italia. La censura, quindi, va disattesa alla stregua del seguente principio di diritto in caso di ricettazione di merce contraffatta, il cui contratto si sia concluso - secondo le norme civilistiche - in un paese estero, il reato, tuttavia, deve ritenersi commesso, ai sensi dell'art. 6/2 cod. pen., nel territorio dello Stato, se ivi è stata commessa una parte dell'azione nella specie, l'ordinativo della merce . Di conseguenza, ai fini della procedibilità, non è necessaria, ai sensi dell'art. 9 cod. pen., né la richiesta del Ministro della Giustizia, né l'istanza o la querela della persona offesa . 4. Quanto alla pretesa violazione dell'art. 131 bis cod. pen., va osservato che la Corte territoriale pag. 5 sentenza impugnata , ha disatteso la richiesta di ritenere il fatto di particolare tenuità con motivazione congrua ed adeguata e, quindi, incensurabile in questa sede di legittimità. 5. Infine, va ritenuta infondata anche la richiesta di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, in quanto, ad oggi, in considerazione delle sospensioni in atti cfr pag. 3 sentenza impugnata , il termine decennale non è ancora trascorso. 6. In conclusione, l'impugnazione dev'essere rigettata con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.