Il ristretto agli arresti domiciliari non è tenuto all’elezione di domicilio

Il detenuto o ristretto agli arresti domiciliari non è tenuto ad eleggere o dichiarare il domicilio presso cui devono essere notificati gli avvisi, in quanto non vi è esigenza di immediata reperibilità o di facilitazione dello svolgimento delle indagini.

Così la S.C. con la sentenza n. 48049/16 del 14 novembre. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza dichiarava inammissibili le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare per non avere il condannato rispettato l’obbligo di provvedere alla dichiarazione o elezione di domicilio, di cui all’art. 677, comma 2- bis , c.p.p Ricorre dunque in Cassazione l’interessato denunciando violazione di legge, sul rilievo che, trovandosi agli arresti domiciliari non aveva alcun obbligo di procedere all’elezione di domicilio, prescritta solo per chi non sia detenuto. Arresti domiciliari. Emerge dagli atti che il ricorrente si trovava ristretto agli arresti domiciliari presso una comunità terapeutica. La disposizione di cui all’art. 677, comma 2- bis , c.p.p. si applica solo al condannato non detenuto, conformemente alla sua funzione di rendere più spedito il procedimento davanti alla magistratura di sorveglianza, onerando l’interessato di fornire un domicilio certo ove notificare gli avvisi e così assicurando un’esigenza di immediata reperibilità e, nello stesso momento, facilitando lo svolgimento delle indagini dei servizi sociali, esigenza che però non ricorre qualora il soggetto sia detenuto. La norma citata non trova dunque applicazione nel caso di condannato ristretto poiché l’elezione di domicilio è incompatibile con lo stato di privazione della libertà personale da ultimo, Cass. n. 24/2014 . E non vi è ragione di distinguere la condizione del ristretto in carcere da quello detenuto agli arresti domiciliari.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 giugno – 14 novembre 2016, n. 48049 Presidente Di Tomassi – Relatore Saraceno Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 3 luglio 2015 il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Trieste dichiarava inammissibili le istanze di affidamento in prova al servizio sociale e di detenzione domiciliare, formulate dal difensore di D’A.A.A., per non avere il condannato rispettato l'obbligo di provvedere alla dichiarazione o elezione di domicilio, prescritto dall'art. 677 cod. proc. pen., comma 2 bis. 2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l'interessato, il quale denuncia violazione di legge, sul rilievo che, trovandosi agli arresti domiciliari, non aveva alcun obbligo di procedere alla elezione di domicilio, prescritta solo per chi non sia detenuto. 3. Il Procuratore generale presso questa Corte, con articolata requisitoria scritta, ha concluso per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e deve essere accolto. 1. Emerge dagli atti, segnatamente dal corpo dell'istanza stessa, sottoscritta dal difensore, che alla data della sua presentazione 15.01.2015 il D’A. si trovava ristretto agli arresti domiciliari, nell'ambito del procedimento n. 1239/2012 R.G.N.R. Procura della Repubblica Tribunale di Udine, presso la comunità terapeutica La Nostra Casa , sita in Udine alla via Pozzuolo n. 329. La disposizione di cui ali' art. 677 cod. proc. pen., comma 2 bis, si applica testualmente al solo condannato non detenuto che non sia irreperibile o latitante , conformemente alla sua funzione che è quella di rendere più spedito il procedimento davanti alla magistratura di sorveglianza, onerando l'interessato di fornire un domicilio certo ove notificare gli avvisi e così assicurando un'esigenza di immediata reperibilità e, nello stesso momento, facilitando lo svolgimento delle indagini dei servizi sociali, esigenza che per definizione non ricorre allorché il soggetto sia detenuto, sia pure per altro titolo. La norma, dunque, non trova applicazione nel caso di condannato che si trovi ristretto, senza che rilevi il titolo della detenzione poiché l'elezione di domicilio è incompatibile con lo stato di privazione della libertà personale Sez. 1 n. 43462 del 01/10/2004, Tavassi, Rv. 230344 Sez. 1 n. 24 del 19/11/2014, Di Salvo, Rv. 261704 . E, sotto tale profilo, non vi è ragione di differenziare la condizione dei soggetto che sia detenuto in carcere da quella del detenuto agli arresti domiciliari, non apparendo dirimente l'argomento secondo il quale solo la carcerazione inframuraria è innatamente verificabile attraverso un accertamento presso il Centro Elettronico della Direzione degli Istituti di prevenzione e pena , ma non anche le situazioni ad essa assimilabili in tal senso, Sez. 1 n. 46556 dell' 08/11/2005, Esposito Rv. 232970 . Nel caso in esame, peraltro, il titolo custodiale e il luogo di restrizione domiciliare presso il quale procedere alle notifiche sono stati tempestivamente portati a conoscenza del competente ufficio giudiziario, restando dei tutto irrilevante che l'imputato agli arresti domiciliari come annota il Procuratore generale possa essere in ogni momento prosciolto e conseguentemente scarcerato evenienza che ricorre anche nel caso di imputato sottoposto alla custodia cautelare carceraria ciò che rileva, infatti, è che la restrizione della libertà personale sussista alla data di presentazione dell'istanza, non essendo imputabile all'interessato il diverso stato giuridico esistente al momento in cui l'istanza venga esaminata. 2. Il decreto impugnato deve pertanto essere annullato con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Trieste perché, nelle forme di rito, provveda sull'istanza di misure alternative al carcere proposta dal ricorrente. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Trieste.