L’indisponibilità materiale del braccialetto elettronico non incide sulla valutazione del giudice

Il giudice, infatti, deve valutare la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità delle misure di sicurezza in relazione alle esigenze cautelari del caso concreto.

Così la S.C. con sentenza 47892/16, depositata l’11 novembre. Il caso. La detenuta, rea di concorso in rapina aggravata e condannata a 2 anni, 2 mesi e 20 giorni di reclusione, chiede la sostituzione della detenzione in carcere con gli arresti domiciliari. Questi ultimi le erano stati negati, a detta della ricorrente, a causa dell’indisponibilità dei dispositivi di controllo elettronico a distanza c.d. braccialetti elettronici” , rendendo necessaria l’applicazione della misura di massimo rigore. In realtà, il Tribunale aveva sottolineato il carattere di eccezionale rilevanza e la dimostrata incapacità della donna ad osservare precetti di autocustodia come provato da una sua precedente evasione . Misura cautelare non autonoma. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 20769/2016, avevano precedentemente ritenuto gli arresti domiciliari controllati” tramite apparecchiature elettroniche una misura cautelare non autonoma, né di livello intermedio” tra la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari semplici”. I criteri di scelta delle misure cautelari. Quello che va valutato dal giudice, ai fini dell’applicazione di una misura coercitiva, è la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità della stessa in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto . Nel caso di specie, gli arresti domiciliari semplici” non erano sufficienti a scongiurare le sussistenti esigenze di prevenzione sociale , motivo per il quale il ricorso è dichiarato inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 settembre – 11 novembre 2016, n. 47892 Presidente Davigo – Relatore Verga Motivi della decisione Con ordinanza in data 16 maggio 2016 il Tribunale del riesame di Bologna confermava l'ordinanza del Tribunale di Rimini che aveva respinto la richiesta di sostituzione della misura cautelare in carcere con gli arresti domiciliari avanzata da B.D. alla quale era stata applicata la pena di anni 2, mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed euro 200,00 di multa per concorso in rapina aggravata. Il Tribunale del riesame dava atto dell'accertata indisponibilità di braccialetti elettronici e del fatto che gli arresti domiciliari senza il presidio del controllo elettronico a distanza non erano adeguati a garantire la salvaguardia delle esigenze di cautela sociale, stante il carattere di eccezionale rilevanza e la dimostrata incapacità della donna ad osservare precetti di autocustodia come provato da una sua precedente evasione Ricorre per cassazione l'imputata deducendo 1. violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo all'applicazione della misura di massimo rigore a causa della indisponibilità dello strumento elettronico 2. violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo all'affermazione della sussistenza di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza 3. violazione di legge vizio della motivazione in ordine alla sussistenza della attualità e concretezza del pericolo di reiterazione Il ricorso è inammissibile. Con riguardo al primo motivo deve rilevarsi che le Sezioni Unite di questa Corte sentenza n. 20769 del 2016 cui è stato demandato il quesito se il giudice investito di una richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con c. d. 'braccialetto elettronico', o di sostituzione della custodia in carcere con la predetta misura, in caso di indisponibilità di tale dispositivo elettronico, debba applicare la misura più grave della custodia in carcere ovvero quella meno grave degli arresti domiciliari hanno preliminarmente ritenuto che gli arresti domiciliari con le procedure di controllo di cui all'art. 275- bis, comma 1, cod. proc. pen., non configurano una misura autonoma, che si collocherebbe ad un livello intermedio tra la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari semplici . Esclusa la natura di misura cautelare autonoma degli arresti domiciliari controllati hanno affermato che ai fini della soluzione del quesito, assume rilievo stabilire in quale momento della procedura si collochi la verifica da parte del giudice in ordine alla concreta disponibilità dell'apparecchiatura e hanno ritenuto che la lettura complessiva dell'art. 275-bis cod. proc. pen. consente di affermare che tale verifica debba avvenire necessariamente ex ante, in quanto funzionale alla scelta della misura cautelare da applicare. Secondo le Sezioni Unite solo il dissenso dell'interessato all'adozione dei mezzi elettronici o altri strumenti tecnici si pone quale condizione ostativa della possibilità di applicazione degli arresti domiciliari di cui all'art. 275-bis, mentre la norma non contempla la carenza del dispositivo quale causa automatica di applicazione della custodia cautelare in carcere o, in senso opposto, della sostituzione della stessa con quella degli arresti domiciliari semplici. In sintesi secondo le Sezioni Unite il giudice deve motivare in positivo sulla non necessità dell'adozione di procedure di controllo mediante mezzi elettronici salvo che le ritenga non necessarie , mentre deve applicare la custodia carceraria solo laddove il soggetto interessato neghi il consenso all'adozione di tali mezzi di controllo art. 275-bis cod. proc. pen. . Una volta ritenuta l'idoneità degli arresti domiciliari controllati, nella ipotesi di constatazione della carenza del dispositivo, il giudice ha l'onere di giustificare l'individuazione della specifica misura applicabile, alla luce della circostanza di fatto della indisponibilità del dispositivo. E' stato così affermato il seguente principio di diritto Il giudice, investito di una richiesta di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari con il c. d. 'braccialetto elettronico' o di sostituzione della custodia in carcere con la predetta misura, escluso ogni automatismo nei criteri di scelta delle misure, qualora abbia accertato l'indisponibilità del suddetto dispositivo elettronico, deve valutare, ai fini dell'applicazione o della sostituzione della misura coercitiva, la specifica idoneità, adeguatezza e proporzionalità di ciascuna di esse in relazione alle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto . Nel caso in esame i giudici di merito si sono attenuti ai principi indicati sottolineando come a fronte delle accertate esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e al fatto che la indagata ha già dimostrato nel recente passato di essere priva di capacità autocustodiali gli arresti domiciliari semplici non erano adeguati a scongiurare le sussistenti esigenze di prevenzione sociale. Le ulteriori doglianze non risultano avanzata in sede appello, avendo l'appellante formulato esclusivamente doglianze attinenti la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari. Il parametro dei poteri di cognizione dei giudice di legittimità è delineato dall'art. 609 c.p.p., comma 1, il quale ribadisce in forma esplicita un principio già enucleato dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso proposti. Detti motivi - contrassegnati dall'inderogabile indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni atto d'impugnazione art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c , e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c - sono funzionali alla delimitazione dell'oggetto della decisione impugnata ed all'indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per cassazione. La disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell'art. 606 c.p.p., comma 3 nella parte in cui prevede la non deducibilità in cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello. Il combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello, e costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, dei provvedimento impugnato, in relazione ad un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello in questo caso, infatti è facilmente diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale. Il ricorso è pertanto inammissibile e la ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1500,00 da versare alla Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1500,00 alla Cassa delle Ammende. Si provveda a norma dell'art. 94 disp. Att. C.p.p.