Falsa dichiarazione, assegni familiari illegittimi: cade l’accusa di truffa aggravata

Rimessa in discussione la condanna decisa in appello. Nessun dubbio sulla colpevolezza dell’uomo. La sua condotta però può essere catalogata come indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

Bluff proficuo per oltre dieci anni un uomo è riuscito, grazie ad una autocertificazione falsa, a percepire illegittimamente gli assegni familiari. Una volta venuta fuori la magagna, però, è inevitabile la sanzione penale. Da riesaminare tuttavia la vicenda non regge l’ipotesi della truffa aggravata, più logico parlare di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato Cassazione, sentenza n. 47883, sez. II Penale, depositata l'11 novembre 2016 . Erogazioni. Nessun dubbio sul raggiro messo in atto. I giudici hanno accertato che l’uomo, attraverso la predisposizione di una dichiarazione in cui attestava falsamente di avere il coniuge a carico in quanto privo di reddito è riuscito a percepire indebitamente gli assegni familiari per diversi anni, precisamente dal 1997 al 2009, epoca della denuncia . Alla luce di tale quadro probatorio è stata decisa in appello la condanna a quattro mesi di reclusione e 400 euro di multa per il reato di truffa aggravata . Per la Cassazione, però, la vicenda va riletta con maggiore attenzione. Sia chiaro, non vi sono incertezze sulla colpevolezza. Tuttavia, il piano messo in atto va identificato, secondo i magistrati, come mera indebita percezione di erogazioni , ovviamente a danno dello Stato. Ciò comporta una piccola ma significativa vittoria per l’uomo, che può puntare nel nuovo giudizio di appello a una riduzione della pena.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 25 ottobre – 11 novembre 2016, n. 47883 Presidente Davigo – Estensore Sgadari Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Roma, in esito a giudizio abbreviato, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Roma del 18/10/2012, dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di falso di cui al capo A perché estinto per prescrizione e, quanto al capo B , confermava la responsabilità dell'imputato per il reato di truffa aggravata, rideterminando la pena in mesi quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa. 2. La Corte riteneva provato che il ricorrente, attraverso la predisposizione di una dichiarazione nella quale attestava falsamente di avere il coniuge a carico in quanto privo di reddito - dichiarazione poi prodotta al Consolato Italiano in Basilea dove lavorava come impiegato - avesse percepito indebitamente gli assegni familiari in un periodo intercorrente tra il 1997 ed il settembre del 2009, epoca della denuncia. 3. Ricorre per cassazione O.C., a mezzo dei suo difensore e con unico atto, deducendo 1 violazione di legge e vizio della motivazione la condotta avrebbe dovuto essere qualificata non come truffa aggravata ma ai sensi dell'art. 316-ter cod.pen., poiché, non solo la percezione degli assegni familiari rientrerebbe nel novero delle erogazioni indicate da tale norma, ma la falsa dichiarazione del ricorrente era stata l'unica condotta da costui commessa 2 violazione di legge in ordine alla mancata declaratoria di intervenuta prescrizione dei reato di cui all'art. 316-ter cod.pen., siccome diversamente qualificato il fatto contestato. Considerato in diritto Il primo motivo di ricorso è fondato. 1. Può ritenersi oramai consolidato l'orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo cui in tema di indebita percezione di erogazioni pubbliche, la produzione all'ente erogatore di una falsa autocertificazione finalizzata a conseguire indebitamente contributi previdenziali, integra il reato di cui all'art. 316-ter cod.pen., anziché quello di truffa aggravata, qualora l'ente assistenziale non venga indotto in errore, in quanto chiamato solo a prendere atto dell'esistenza dei requisiti autocertificati e non a compiere una autonoma attività di accertamento Sez. U, n. 7537 del 2011, Pizzuto Sez.2, n. 49642 del 17/10/2014, Ragusa, Rv. 261000 Sez. 2, n. 254354 del 19/10/2012, Santannera, Rv. 254354 . In una delle sentenze citate, il caso concreto all'esame della Corte di cassazione riguardava proprio la percezione di assegni familiari e dà ragione a quanto sostenuto in ricorso. Né - come dimostra il fatto che tale percezione indebita si era protratta per anni e venne scoperta del tutto casualmente, secondo quanto emerge dalle sentenze di merito - era prevista a carico dell'ente erogatore una autonoma attività di accertamento, che, infatti, non era mai stata svolta. D'altra parte, il ricorrente era reo di avere commesso solo tale attività fraudolenta e non altre cfr. Sez. 2. N. 23163 del 12/04/2016, Oro, Rv. 266979 . 2. Il reato, tuttavia, non si è prescritto, così come vorrebbe il ricorrente attraverso la censura di cui al secondo motivo. Infatti, la Corte di Appello ha correttamente inquadrato la condotta facendola rientrare tra i casi in cui essa avviene a consumazione prolungata, categoria giuridica messa a fuoco anche con riferimento al reato di truffa. Nella specie, la diversa qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 316-ter cod.pen., non interferisce con tale inquadramento, in quanto esso è attinente alla esatta descrizione dell'elemento costitutivo dell'artificio e raggiro e non della sua potenzialità ad estendersi nel tempo, proprio in forza di un unico atto fraudolento, attraverso l'indebita e continuata percezione del contributo - Sez. 2, n. 47247 del 6/10/2015, Del Gaudio, Rv. 265364 Sez. 5, n. 32050 del 11/06/2014, Corba, Rv. 260494 - fino alla denuncia, avvenuta nel caso in esame a settembre del 2009 prescrizione 1 marzo del 2017 . 3. L'infondatezza del secondo motivo di ricorso comporta che la sentenza deve essere annullata con rinvio in ordine alla determinazione della pena, implicando essa un esame di merito - avuto riguardo anche all'incidenza delle circostanze attenuanti - non effettuabile in questa sede. P.Q.M. Qualificato il fatto ai sensi dell'art. 316-ter cod. pen., annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per la determinazione della pena.