La specificazione in udienza di elementi di dettaglio dell’imputazione contestata non costituisce “modifica” dell’imputazione originaria

L’integrazione in udienza del capo di imputazione consistente nella mera specificazione di elementi di dettaglio non costituisce modifica dell’imputazione ex art. 516 c.p.p., con l’obbligo degli adempimenti di cui all’art. 520 c.p.p., allorquando la contestazione resti immutata nei suoi tratti essenziali, così da non incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato e sul conseguente esercizio del diritto di difesa.

Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 47244/16 depositata il 10 novembre. Capita talvolta che concetti chiari in astratto siano, in concreto, assai difficili da definire. Ciò avviene per esempio, in ambito processuale, con il concetto di modifica del capo di imputazione originario”. In effetti, il termine modifica” riferisce di un qualche mutamento rispetto a quanto presente in precedenza. Ma se ciò è e, dunque, si può ritenere che, ponendo a ragguaglio l’atto anteriore con quello posteriore, che lo sostituisce, vi sia una diversità e, dunque, che vi sia stata modifica, allora, nella procedura penale così come in qualsiasi ambito giuridico, non deriva necessariamente che si possa ritenere tale modifica” rilevante al fine dell’integrazione del concetto di modifica” espresso in una specifica fattispecie giuridica. Infatti, il diritto, così un tempo si insegnava ed ancor oggi si cerca di insegnare, va interpretato alla luce della sua ratio e, dunque, in considerazione dello scopo e delle ragioni per le quali a un determinato fatto deve conseguire una determinata conseguenza giuridica. E’, dunque, ingenuo oltre che scorretto accontentarsi, per verificare l’integrazione di una fattispecie, a dati formali di identità lessicale o di sinonimia. In altri termini, non si può dire che un concetto extragiuridico ha il medesimo contenuto di quello giuridico, id est espresso in una norma giuridica. Ciò è abbastanza chiaro, ma capita talvolta che nella vita quotidiana del vivere processuale ciò sia in qualche modo dimenticato e così, specie in sede di legittimità, si rende necessario esprimere massime di dettaglio, onde applicare in concreto il principio ermeneutico in questione. La sentenza in commento rappresenta tale situazione. Ma si venga al punto. Il caso. L’imputato aveva proposto ricorso chiedendo, tra l’altro, l’annullamento della sentenza di condanna in quanto sarebbe stata omessa la notifica all’imputato contumace ex art. 520 c.p.p., stante l’aggiunta operata in udienza da parte del pubblico ministero all’originaria contestazione, e comunque vi sarebbe stata in origine la nullità dell’imputazione per sua genericità. In pratica, il giudice del dibattimento, su eccezione della difesa in punto di genericità dell’imputazione contestata, aveva invitato il pm a specificare l’imputazione specificazione che era avvenuta ed a fronte della quale si era proceduto a sospendere il dibattimento per permettere la notifica del verbale tale notifica non era mai stata effettuata. Da qui la richiesta di dichiarazione di nullità della sentenza. La modifica” dell’imputazione. La Suprema corte, nell’affrontare il caso, pur non contestando in astratto che in dibattimento la genericità originaria” dell’imputazione dà luogo a nullità e non anche ad una procedura di integrazione simile a quella prevista per l’udienza preliminare, ha però evidenziato come nella specie bisognasse indagare innanzi tutto se le modifiche” apportate facessero riferimento a dati essenziali od accessori rispetto al fatto per cui si procedeva. Infatti, solo se vi fosse stata una modifica significativa della contestazione, tale da incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato allora poteva considerarsi la lagnanza difensiva. Diversamente, il tutto sarebbe stato irrilevante. Effettuando tale indagine, la Corte ha considerato che l’originaria imputazione già conteneva l’ampia descrizione della condotta detenzione in cattivo stato di conservazione di acqua minerale e la specificazione delle norme violate. L’aggiunta del pm [era] solo una specificazione delle stesso fatto già contestato, e quindi non [risultava] idonea, in nessun modo, a pregiudicare le facoltà difensive . Da qui il respingimento del ricorso e la formulazione della seguente massima l’integrazione in udienza del capo di imputazione, possibile anche se non derivante da sopravvenienze istruttorie, consistente in mera specificazione di elementi non essenziali, ma di dettaglio, non costituisce modifica dell’imputazione ai sensi dell’art. 516 c.p.p., con l’obbligo degli adempimenti ex art. 520 c.p.p., allorché non comporti alcuna significativa modifica della contestazione, la quale resta immutata nei suoi tratti essenziali, così da non incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato e sul conseguente esercizio del diritto di difesa . Osservazioni. La massima e la decisione adottate appaiono condivisibili, ancorché un po’ equivoco è il presupposto di partenza. E’ vero, infatti, che la chiarezza e staticità dell’imputazione attengono innanzi tutto al diritto di difesa, ma è oltremodo è chiaro che il tutto non può non interessare anche il giudizio del giudice, posto che questi – per esempio - non può correttamente esercitare i suoi doveri in tema di giudizio sull’ammissibilità delle prove richieste dalle parti innanzi a una accusa non precisa ed ambigua. La chiarezza, dunque, del fatto di accusa ha una valenza in certo qual modo oggettiva e pertanto, innanzi ad una accusa non chiara o generica o ambigua, si può e deve pretendere che il tutto sia puntualmente definito. Ma se così è, è altrettanto vero che non ogni modifica, come accennato all’inizio, può dirsi di uguale valore se, infatti, tutte le aggiunte non capziose possono essere correttamente pretese, per un corretto svolgimento del processo, non per questo si può ritenere che le stesse importino una menomazione del diritto di difesa, specie quando, come nel caso in questione, il tutto non deriva dall’istruttoria dibattimentale. Quando ciò può essere? Un punto di riferimento è dato dalla discovery le indagini preliminari, anche se nate su denunce generiche, alla fine si indirizzano quasi sempre su fatti specifici. Sicché è difficile sostenere che vi sia una menomazione del diritto di difesa, allorché il capo di imputazione sia formalmente” generico, quando invece la difesa sa bene cosa l’accusa mira a provare, avendo pieno accesso agli atti di indagine. Se ciò è, allora il vero problema sorge allorché la difesa solleciti il giudice ed il pm a meglio specificare la contestazione, al fine di poter circoscrivere l’istruttoria a dati specifici e ben determinati. In questo caso, il giudice può disinteressarsi del punto? Può il pm ritenere irrilevante la questione solo perché non vi è nullità? La risposta è negativa, poiché, come si sa, le norme processuali vanno rispettate anche quando non è prevista alcuna sanzione processuale o sostanziale. Ecco che allora il tutto assume, almeno sul piano sistematico, chiarezza e completezza. La difesa, come il giudice, può pretendere sempre che l’accusa generica sia resa specifica e precisa il giudice può sempre invitare il pm a specificare il punto ed il pm è tenuto ad adempiere o a correggersi. Ma se, per qualsiasi motivo tale procedimento si interrompe o non viene portato a compimento, si deve analizzare la natura” della contestazione difensiva e vagliarne la pregnanza, prima di bloccare l’efficacia del processo. Si tratta, dunque, di un giudizio a posteriori e non anche di un inaccettabile lassismo a priori. Il contraddittorio, tra le sue diverse forme, ha anche quella della discussione sull’enunciazione dell’accusa e non anche solo sulla sua invalidità. Bisogna quindi sapere ben distinguere i punti e gli aspetti, perché, nell’esaltare un dato ne venga deteriorato l’altro. Ecco che allora ed in conclusione, l’onere a carico della difesa, nel contestare la genericità dell’accusa, varia e deve variare in ragione del provvedimento richiesto. Se si chiede l’annullamento e, dunque, la regressione del processo, deve spiegarsi perché non ci si può difendere o ci si può difendere in maniera deficitaria, pur sapendo ciò su cui si è indagato nel corso delle indagini preliminari. Negli altri casi, si può semplicemente far riferimento, oggettivamente, all’ambiguità e genericità dell’accusa, così da pretendere il rispetto delle norme del rito penale ed un corretto svolgimento dell’istruttoria dibattimentale. In quest’ultimo caso, però, non si può però denunciare, sempre e comunque, lesioni del diritto di difesa o pretendere il compimento di oneri processuali privi di consistenza, poiché – chiaramente – del tutto impropri. Dopo tutto, anche per la difesa, vale l’antico adagio secondo cui bene iudicat qui bene distinguit .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 maggio – 10 novembre 2016, n. 47244 Presidente Ramacci – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Tempio Pausania con sentenza del 10 febbraio 2015, condannava C.C.B. per il reato di cui all’art. 6, in riferimento all’art. 5, comma 1, lettera B, della legge 238 del 1962, alla pena di Euro 400,00 con le generiche accertato il omissis . 2. C.C.B. ha proposto ricorso in Cassazione, tramite il difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen 2. 1. Nullità della sentenza per violazione degli art. 552, comma 1, lettera C, e 520, in relazione all’art. 178 lettera C, del cod. proc. pen All’udienza dell’8 gennaio 2013 la difesa eccepiva la nullità dell’imputazione e del decreto di citazione, per genericità dell’accusa il Giudice invitava il P.M. a specificare l’imputazione, e concedeva il termine richiesto dal P.M. per la specificazione dell’imputazione. Alla successiva udienza del 4 giugno 2013 l’imputazione veniva specificata, e la difesa chiedeva la sospensione del dibattimento ex art 520, comma 2 del cod. proc. pen. impropriamente verbalizzata come istanza di rinvio e il Giudice rinviava il processo al 7 gennaio 2014, ordinando la notifica all’imputato, del verbale. L’adempimento di cui all’art 520, comma 1, del cod. proc. pen. non ha mai avuto luogo. Nella fase dibattimentale il giudice non può come invece previsto nell’udienza preliminare chiedere al P.M. di specificare un’imputazione nulla, ma è obbligato a dichiarare la nullità e rimettere gli atti. Inoltre la modifica dell’imputazione doveva essere inserita nel verbale e notificata all’imputato contumace. 2.2. Nullità della sentenza per violazione di legge penale, e carenza di motivazione in relazione a giudizio di cattivo stato di conservazione. Contenuto emendato dell’addebito. Nell’imputazione è stata aggiunta la seguente frase Nello specifico 8 pacchi di acqua minerale marca Tamara Quercetta tutte custodite presso gabbiotto dietro il summenzionato supermercato, gabbiotto in rete metallica sprovvisto di pavimentazione e di pareti facilmente lavabili e disinfettabili e privi di dispositivi idonei ad evitare la presenza di roditori ed insetti . L’imputazione e la sentenza si riferiscono ad una normativa specifica per la conservazione ma non la indicano. Dalla descrizione del fatto potrebbe trattarsi dell’art. 28 del d.P.R. n. 327 del 1980 che detta i requisiti minimi per gli stabilimenti e laboratori di produzione e confezionamento degli alimenti. Quindi si è applicata una norma che non riguarda il caso di specie, ovvero non si producevano o confezionavano alimenti. Gli art. 30 e 31, della disposizione citata, invece, prevedono la conservazione degli alimenti in relazione alla loro natura e alle loro caratteristiche . La natura dei beni oggetto dell’imputazione acqua sigillata non rendeva possibile qualsiasi contaminazione. Il Decreto Ministeriale 20 gennaio 1927, reca le istruzioni per la conservazione delle acque minerali. E dispone ora il d.lgs. 8 ottobre 2011 n. 176. Le bottiglie oggetto dell’imputazione avevano pellicola oscurante ogni 6 bottiglie e altra pellicola oscurante per il gruppo da 12 confezioni. Quindi la bottiglia sigillata, e il doppio strato di pellicola oscurante, con la base, erano idonei per la conservazione e per evitare qualsiasi contaminazione. Errata è quindi la decisione che si riferisce non alle norme sulla conservazione ma implicitamente alle norme sulla produzione e confezionamento degli alimenti. 2.3. Illogicità e carenza della motivazione sul carattere temporaneo del deposito, travisamento delle prove. Il deposito provvisorio nel gabbiotto pressoché coincidente con l’accertamento emergeva dalla documentazione fiscale depositata, travisata in sentenza. La merce era stata da poco acquisita al supermercato, e l’acqua stava ancora sulle basi di legno di carico nell’area destinata allo scarico notturno dei prodotti ortofrutticoli. La merce è arrivata prima presso il deposito generale, e poi presso il punto vendita. Inoltre si è utilizzata una illazione del teste M.llo Ca. , per ritenere non provvisorio il deposito. Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato e deve rigettarsi con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. 3. 1. Sul primo motivo di ricorso, processuale, dell’omessa notifica all’imputato contumace, del verbale contenente la modifica dell’imputazione, si osserva che all’udienza del 4 giugno 2013 il P.M. aggiungeva all’imputazione originaria la seguente frase nello specifico 8 pacchi di acqua minerale marca Tamara Quercetta tutte custodite presso gabbiotto dietro il summenzionato supermercato, gabbiotto in rete metallica sprovvisto di pavimentazione e di pareti facilmente lavabili e disinfettabili e privi di dispositivi idonei ad evitare la presenza di roditori ed insetti . Il giudice aveva disposto la notifica all’imputato. L’imputazione originaria era del reato di cui all’art. 6 legge 284/1962 in riferimento all’art. 5 lettera B della medesima legge, per aver detenuto, in qualità di responsabile del supermercato Eurospin con sede in OMISSIS . bevande acqua minerale in cattivo stato di conservazione . La specificazione dell’imputazione era stata preceduta dall’eccezione di nullità dell’imputazione per genericità. La questione investe alcuni articoli del codice di rito art. 516, 517, 520 e 521 cod. proc. pen. e attiene al generale principio del contraddittorio, così come risultante anche da sentenze della CEDU CEDU, 11/12/2007, Seconda Sezione Caso DRASSICH contro Italia. Numero del Ricorso 25575/04 . Nell’udienza preliminare la messa a punto dell’imputazione è consentita e il giudice deve chiedere al P.M. di specificare l’imputazione, come ormai ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte a Sezioni unite È abnorme, e quindi ricorribile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice dell’udienza preliminare disponga la restituzione degli atti al pubblico ministero per genericità o indeterminatezza dell’imputazione, senza avergli previamente richiesto di precisarla. È invece rituale il provvedimento con cui il medesimo giudice, dopo aver sollecitato il pubblico ministero nel corso dell’udienza preliminare ad integrare l’atto imputativo senza che quest’ultimo abbia adempiuto al dovere di provvedervi, determini la regressione del procedimento onde consentire il nuovo esercizio dell’azione penale in modo aderente alle effettive risultanze d’indagine. La Corte ha altresì precisato che in questo caso la restituzione degli atti deve considerarsi legittima in virtù dell’applicazione analogica dell’art. 521, comma secondo, cod. proc. pen. . Sez. U, n. 5307 del 20/12/2007 - dep. 01/02/2008, P.M. in proc. Battistella, Rv. 238239 . Viceversa nel dibattimento provvedono gli art. 516 e 517 e per il fatto nuovo l’art. 518 cod. proc. pen. a disciplinare l’ipotesi di modifica dell’imputazione. Gli art. 516 e 517 cod. proc. pen. prevedono la modifica dell’imputazione se risultasse necessario in esito all’istruzione dibattimentale. L’art. 520 cod. proc. pen. poi disciplina la notifica della contestazione, come modificata all’imputato contumace assente, ai fini del pieno contraddittorio. Quindi le modifiche dell’imputazione che possono essere apportate in dibattimento non sono funzionali a dare determinatezza a ciò che è indeterminato cioè nullo ma trovano fondamento nelle sopravvenienze istruttorie. Il giudice del dibattimento infatti deve dichiarare la nullità di cui all’art. 429, comma 2, - o 552, comma 2 - del cod. proc. pen. per genericità o indeterminatezza del fatto descritto nel capo di imputazione, senza alcun obbligo di sollecitazione preventiva al Pubblico ministero di precisazione dell’imputazione. Per il ricorrente è stata violata la norma dell’art. 520 cod. proc. pen., e, ancora prima, non sussisteva il potere del giudice di richiedere al P.M. la specificazione dell’imputazione, ma solo di dichiarare la nullità dell’imputazione. Per verificare la violazione o no del contraddittorio, nel caso in analisi, bisogna analizzare se la modifica effettuata dal P.M. non è rilevante se di propria iniziativa o su invito del giudicante, invito non obbligatorio ma sempre esercitabile quale dovere del giudice di indicare alle parti elementi di discussione, vedi art. 101 cod. proc. civ. e Cassazione, Sez. 3, n. 42161 del 09/07/2013 - dep. 14/10/2013, P.M. in proc. Lindegg, Rv. 25697401 e Sez. 6, n. 27961 del 31/05/2016 - dep. 06/07/2016, D’Andrea, Rv. 26738801 in senso contrario Sez. 6, n. 23832 del 12/05/2016 - dep. 08/06/2016, P.M. in proc. De Meo e altri, Rv. 26703501 ha comportato, o no, una modifica significativa della contestazione, tale da incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato, che ha ricevuto la sola notifica dell’originario capo d’imputazione. L’originaria imputazione già conteneva l’ampia descrizione della condotta detenzione in cattivo stato di conservazione di acqua minerale e la specificazione delle norme violate. L’aggiunta del P.M. è solo una specificazione dello stesso fatto già contestato, e quindi non risulta idonea, in nessun modo, a pregiudicare le facoltà difensive. Sul punto vedi la giurisprudenza di questa Corte sulla modifica concernente la sola data del commesso reato La modifica in udienza del capo di imputazione, consistente nella diversa indicazione della data del commesso reato, non sempre comporta una alterazione avente incidenza sulla identità sostanziale e sulla identificazione dell’addebito, atteso che, a seconda dei casi, l’esatta collocazione temporale di un fatto delittuoso può assumere o meno rilevanza decisiva, condizionando le possibilità di difesa dell’imputato. Pertanto, detta rilevanza deve essere accertata alla luce delle finalità della norme di cui agli artt. 516-522 cod. proc. pen., preordinate ad assicurare il contraddittorio ed il pieno esercizio del diritto di difesa con la conseguenza che la modifica, avvenuta in udienza, della data del reato - nella specie commesso il giorno precedente a quello indicato in imputazione - non comportando alcuna significativa modifica della contestazione, immutata nei suoi tratti essenziali, non è idonea in nessun modo a pregiudicare le facoltà difensive . Sez. 5, n. 10196 del 31/01/2013 - dep. 04/03/2013, Mannino, Rv. 254658 vedi anche Sez. 5, n. 4175 del 07/10/2014 - dep. 28/01/2015, Califano, Rv. 262844 . Invece la notifica era necessaria, a pena di nullità se l’intervento sull’imputazione avesse riguardato una vera ed essenziale modifica della contestazione, su elementi strutturali. La rettifica in udienza del capo di imputazione operata dal P.M., consistente nella specificazione della norma incriminatrice violata, non chiaramente indicata, e del presupposto da cui scaturisce l’illiceità della condotta nella specie, l’assenza di un permesso a costruire , costituisce modifica della contestazione ai sensi dell’art. 516 cod.proc.pen., con conseguente necessità, a pena di nullità, della sospensione del dibattimento e della notifica all’imputato contumace dell’estratto del verbale ai sensi dell’art. 520 cod. proc. pen. Sez. 3, n. 961 del 25/11/2014 - dep. 13/01/2015, Braccia, Rv. 261955 . Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto L’integrazione in udienza del capo di imputazione, possibile anche se non derivante da sopravvenienze istruttorie, consistente in mera specificazione di elementi non essenziali, ma di dettaglio, non costituisce modifica dell’imputazione ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen., con l’obbligo degli adempimenti ex art. 520 cod. proc. pen., allorché non comporti alcuna significativa modifica della contestazione, la quale resta immutata nei suoi tratti essenziali, così da non incidere sulla possibilità di individuazione del fatto da parte dell’imputato e sul conseguente esercizio del diritto di difesa . 4. Anche gli altri due motivi risultano infondati. La sentenza impugnata con motivazione adeguata, non contraddittoria e non manifestamente illogica ha rilevato che le confezioni di acqua minerale erano conservate in una struttura non a norma, locale deposito in malta cementizia con tetto in plastica, soggetto alle intemperie atmosferiche e ad animali topi ed altri insetti nocivi inoltre la conservazione dell’acqua nel locale non era provvisoria, come risultante dalla documentazione fiscale esibita dal C. , responsabile dell’esercizio e dalle dichiarazioni testimoniali di Ca. NAS dei CC di Sassari . Il ricorso valutato nel suo complesso contenuto, chiede alla Corte di Cassazione una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. In tema di giudizio di Cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015 - dep. 27/11/2015, Musso, Rv. 265482 . In tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante , su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo per cui sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento. Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015 - dep. 31/03/2015, O., Rv. 262965 . In tema di impugnazioni, il vizio di motivazione non può essere utilmente dedotto in Cassazione solo perché il giudice abbia trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità. Sez. 1, n. 3385 del 09/03/1995 - dep. 28/03/1995, Pischedda ed altri, Rv. 200705 . La tesi prospettata dal ricorrente deposito solo provvisorio dell’acqua nel gabbiotto , inoltre, non trova elementi certi negli atti, e né gli stessi, del resto, sono indicati nell’atto di impugnazione, e quindi sono solo ipotesi teoriche, non valutabili in sede di legittimità vedi espressamente Cassazione, Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 - dep. 08/05/2014, C e altro, Rv. 260409 La regola dell’al di là di ogni ragionevole dubbio , secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all’imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali . 5. La condotta così come accertata nella sentenza impugnata configura la fattispecie di reato contestata. Ovvero anche i depositi della merce destinata all’alimentazione umana e quindi anche l’acqua minerale devono essere idonei ad evitare qualsiasi contaminazione pericolosa, quale quella con roditori o insetti pericolosi. La giurisprudenza di questa Corte infatti ha ritenuto configurabile il reato anche per la sola collocazione all’aperto delle confezioni di acque minerali, esposte all’aria, alla luce solare e agli agenti atmosferici Con le disposizioni di cui agli artt. 5 e 6 della legge 30 aprile 1962 n. 283 si è inteso garantire l’assoluta igienicità delle sostanze alimentari anche mediante il solo divieto di produrre e porre in commercio alimenti in cattivo stato di conservazione, così che, per integrare le ipotesi di reato dagli stessi delineate, non è necessario il perfezionarsi di un contratto di compravendita. Fattispecie nella quale il reato è stato ritenuto integrato per avere collocato confezioni di acqua minerale e di bibite all’aperto, esposte all’aria, alla luce solare ed agli agenti atmosferici . Sez. 3, n. 28355 del 04/07/2006 - dep. 08/08/2006, Sollutrone, Rv. 23494801 In materia alimentare, la conservazione di bottiglie di acqua minerale in contenitore PET all’aperto ed esposto al sole configura la contravvenzione prevista dall’art. 5, lett. b , della legge 30 aprile 1962 n. 283, che vieta l’impiego nella produzione, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, atteso che l’esposizione, anche parziale di prodotti destinati al consumo umano alle condizioni atmosferiche esterne, tra cui l’impatto con i raggi solari, può costituire potenziale pericolo per la salute dei consumatori, in quanto sono possibili fenomeni chimici di alterazione dei contenitori e di conseguenza del loro contenuto. Sez. 3, n. 15491 del 22/02/2002 - dep. 24/04/2002, Giacobbe G, Rv. 22156601 per le cassette di frutta e verdura detenute all’aperto vedi Sez. 3, n. 6108 del 17/01/2014 - dep. 10/02/2014, Maisto, Rv. 25886101 vedi anche Sez. 3, n. 33313 del 28/11/2012 - dep. 01/08/2013, Maretto, Rv. 25713001, per le modalità di conservazione di alimenti deperibili . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.