Se c’è archiviazione per prescrizione, non può disporsi la confisca

In tema di reati edilizi, e specificamente in materia di confisca per ripristino o demolizione dello stato dei luoghi anteriore alla realizzazione del fabbricato abusivo, anche a fronte di una decisione definitiva, ma in mancanza di qualunque motivazione che consenta di capire se il provvedimento ablatorio sia stato disposto illegittimamente oppure no – ossia in conformità ai canoni, già espressi dal diritto vivente sul tema della confiscabilità dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, anche quando non si pervenga alla condanna o alla irrogazione della pena – l’ordinanza di confisca deve essere annullata.

Lo ha stabilito la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45428, depositata il 27 ottobre 2016. La disciplina dell’ordine di demolizione nei reati edilizi Preliminarmente, occorre ricordare che l’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa di natura ablatoria e giurisdizionale, la cui esecuzione compete all’autorità giudiziaria, non essendo ipotizzabile, né logicamente spiegabile, che l’esecuzione di un provvedimento, adottato dal giudice penale, venga affidato alla pubblica amministrazione. Peraltro, l’ordine di demolizione, pur avendo natura amministrativa, è atto giurisdizionale che deve essere disposto dal giudice con la sentenza di condanna. Ne consegue che, in caso di mancata statuizione in tal senso, il dispositivo della sentenza potrà essere integrato solo dal giudice di appello. Infatti la procedura di cui all’art. 130 c.p.p. relativa alla correzione di errori materiali nel provvedimento emanato può essere applicata solo per porre rimedio ad errori od omissioni rilevabili dal contesto del provvedimento, e di natura tale da non modificare il contenuto essenziale dello stesso, mentre l’omissione in questione integra un vitium iudicando rettificabile solo in sede di impugnazione a seguito di rituale investitura del giudice di essa. Inoltre, l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo della originaria costruzione. L'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380/2001 è sanzione caratterizzata dalla natura giurisdizionale dell'organo istituzionale al quale il relativo esercizio è attribuito, ma sostanzialmente amministrativa di tipo ablatorio, che il giudice deve disporre anche nella sentenza applicativa di pena concordata tra le parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p A tale sentenza, sono ricollegabili tutti gli effetti di una sentenza di condanna, ad eccezione di quelli espressamente indicati dall'art. 445, comma 1, c.p.p., fra i quali non è compresa la sanzione in oggetto non trattandosi di pena accessoria né di misura di sicurezza . e la revoca o la sospensione del ripristino dello stato dei luoghi. Come è noto, la natura di sanzione amministrativa accessoria, propria dell’ordine di demolizione, comporta che, laddove intervenga la sanatoria del manufatto e quindi l’amministrazione abbia ritenuto di regolarizzare l’opera, il predetto ordine può essere revocato, anche eventualmente in sede esecutiva laddove sia divenuta definitiva la sentenza di condanna. Rimane naturalmente immutato il potere del giudice dell’esecuzione di controllare la legittimità dell’atto concessorio, sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio. Nel caso in cui sia stata presentata soltanto una domanda di condono o sanatoria, il giudice può disporre la sospensione dell’esecuzione laddove ritenga prevedibile che, in un breve lasso di tempo, l’autorità amministrativa adotti un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l’ordine di esecuzione. Ove tuttavia il giudice non riconosca, prima ancora della condanna di risarcimento per equivalente, la condanna dell’imputato alla restituzione in pristino dello stato dei luoghi nell’interesse della parte civile costituita, mediante l’ordine di demolizione della costruzione abusiva, viene ad essere negato un ordine avente natura diversa e diverse possibili conseguenze rispetto a quello di demolizione. Il rapporto con la giurisprudenza della Corte EDU. La decisione in commento richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 49/2015, secondo cui la confisca urbanistica è una sanzione amministrativa che, per lungo tempo, la giurisprudenza nazionale ha ritenuto di poter disporre sulla base del solo fatto obbiettivo costituito dal carattere abusivo dell'opera e, dunque, senza che fosse necessario muovere un addebito di responsabilità nei confronti di chi subiva la misura. La situazione è mutata in seguito alla sentenza della Corte di Strasburgo del 20 gennaio 2009 Sud Fondi s.r.l. e altri c. Italia , con la quale si è deciso che la confisca urbanistica costituisce sanzione penale ai sensi dell'art. 7 della Cedu e può, pertanto, venire disposta solo nei confronti di colui la cui responsabilità sia stata accertata in ragione di un legame intellettuale coscienza e volontà con i fatti. Per la Consulta, allo stato, e salvo ulteriori sviluppi della giurisprudenza europea, deve escludersi che la sentenza della Corte EDU del 29 ottobre 2013 Varvara c. Italia sia univocamente interpretabile, nel senso che la confisca urbanistica possa essere disposta solo unitamente ad una sentenza di condanna da parte del giudice per il reato di lottizzazione abusiva.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 maggio – 27 ottobre 2016, n. 45428 Presidente Grillo – Relatore Mocci Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 17 febbraio 2014, il GIP presso il Tribunale di Bari disponeva l’archiviazione di un procedimento penale a carico di S.P. , essendo il relativo reato di abuso edilizio estinto per prescrizione, disponendo la contestuale demolizione e confisca dei beni in sequestro. Con successiva ordinanza del 26 novembre 2014, ordinava il dissequestro, ai fini della riduzione in pristino. 2. Ricorre per cassazione S.P. , lamentando, per un verso, l’esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge ad organi amministrativi art. 606 lett. a c.p.p. e, per altro verso, la pretermissione del principio della presunzione d’innocenza. Nel suo parere, reso per iscritto, il Procuratore Generale ha sollecitato la declaratoria di rigetto del ricorso. Considerato in diritto Il primo motivo è fondato. Giova rilevare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 49 del 2015, riuniti i giudizi, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia - Testo A , sollevata, in riferimento agli artt. 2, 9, 32, 41 e 42 Cost. e art. 117 Cost., comma 1, dalla Corte di cassazione, terza sezione penale e del pari inammissibile la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2, sollevata, in riferimento all’art. 117 Cost., comma 1, dal Tribunale ordinario di Teramo, in composizione monocratica. La Corte Costituzionale, nella sentenza in commento, ha in particolare osservato che nell’ordinamento giuridico italiano la sentenza che accerta la prescrizione di un reato non denuncia alcuna incompatibilità logica o giuridica con un pieno accertamento di responsabilità. Quest’ultimo, anzi, è doveroso qualora si tratti di disporre una confisca urbanistica . Sul punto, il giudice delle leggi ha precisato che Decidere se l’accertamento vi sia stato, oppure no, è questione di fatto, dalla cui risoluzione dipende la conformità della confisca rispetto alla CEDU oltre che al diritto nazionale . Ed è appunto questo compito, che istituzionalmente le spetta in ultima istanza, che la Corte di Strasburgo ha assolto nel caso di specie, concludendo per la violazione del diritto, dato che era mancato un congruo accertamento di responsabilità. Né va tralasciato che il giudice Europeo deve essere messo nella condizione di valutare con cognizione la natura della sentenza dichiarativa della prescrizione, affinché sia posto in luce il contenuto di accertamento che essa può assumere ed ha eventualmente assunto nel caso a giudizio ove il legislatore lo richieda quale condizione per applicare contestualmente una sanzione amministrativa. Si tratta quindi non della forma della pronuncia, ma della sostanza dell’accertamento. La stessa Corte di Strasburgo, pronunciandosi in altra occasione sulla compatibilità con la presunzione di non colpevolezza di una condanna alle spese adottata nonostante la prescrizione del reato, ha infatti escluso di poter decidere la controversia sulla base della sola natura in rito della sentenza adottata dal giudice nazionale, senza invece valutare come quest’ultimo avesse motivato in concreto sentenza 25 marzo 1983, Minelli contro Svizzera . Pertanto, anche a fronte di una decisione definitiva, ma in mancanza di qualunque motivazione che consenta di capire se il provvedimento ablatorio sia stato disposto legittimamente oppure no - ossia in conformità ai canoni, già espressi dal diritto vivente sul tema della confiscabilità dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, anche quando non si pervenga alla condanna o alla irrogazione della pena - l’ordinanza dovrebbe essere annullata. Nella specie, a maggior ragione, in presenza di un’archiviazione per prescrizione, il GIP non avrebbe potuto disporre né la confisca, non essendo un compito a lui spettante, né tantomeno la demolizione, stante la coeva declaratoria di prescrizione. Il secondo motivo resta assorbito. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata senza rinvio ed elimina la confisca e l’ordine di demolizione dell’area in sequestro.