Rifiuto della consegna dell’imputato se una parte del reato è avvenuta in territorio italiano

Il motivo di rifiuto della consegna previsto dalla l. n. 69/2005 sussiste quando anche solo una parte della condotta si sia verificata in territorio italiano, purché tale circostanza risulti con certezza, non potendosi ritenere sufficiente la mera ipotesi che il reato sia stato commesso in tutto o in parte in Italia.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 44348/16, depositata il 20 ottobre. Il caso. La Corte d’appello di Roma disponeva la consegna dell’imputato all’autorità giudiziaria austriaca, per il tempo strettamente necessario alla celebrazione del processo, consegna richiesta con mandato di arresto europeo emesso dalla Procura della Repubblica di Vienna al fine di dare esecuzione al mandato d’arresto interno emesso dalla Procura della Repubblica di Vienna. La sentenza impugnata dà atto che l’imputato è indagato di truffe commesse sia a Vienna che in Italia, di aver tentato di raggirare persone che avevano sventato il piano fraudolento tempestivamente o perché allertati in anticipo, nonché di concorso in rapine commesse a Mestre, Ostia e Milano. Avverso la suddetta sentenza ricorre per cassazione il difensore della persona richiesta in consegna, assumendo che la Corte territoriale, in presenza di reati commessi in Italia, ha ritenuto non operante la condizione per opporre il rifiuto alla consegna. Motivo di rifiuto della consegna. La Suprema Corte ritiene che l’interpretazione fornita dalla Corte d’appello non possa essere condivisa, trattandosi di soluzione non prevista dalla fonte normativa di riferimento, costituita dalla legge 69/2005 che ha fatto applicazione, nella procedura passiva di consegna, di un limite tradizionale della cooperazione giudiziaria penale limite che non consta essere stato derogato da intese bilaterali o multilaterali vigenti con l’Austria, che possano aver regolato diversamente l’incidenza del motivo di rifiuto, e derivante dal principio di territorialità, ossia dalla preminenza accordata alla giurisdizione territoriale dello Stato richiesto. L’ambito di applicazione di tale principio è stato interpretato dalla Corte nel senso che il motivo di rifiuto della consegna previsto dalla l. 69/2005 sussiste quando anche solo una parte della condotta si sia verificata in territorio italiano, purché tale circostanza risulti con certezza, non potendosi ritenere sufficiente la mera ipotesi che il reato sia stato commesso in tutto o in parte in Italia, mentre non è necessario che gli elementi acquisiti consentano l’immediato e contestuale esercizio dell’azione penale in Italia per gli stessi fatti per i quali procede il giudice estero . Per queste motivazioni la Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di tentata truffa e a quello di rapina.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 ottobre – 20 ottobre 2016, n. 44348 Presidente Conti – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha disposto la consegna di Z.N. all’autorità giudiziaria austriaca, per il tempo strettamente necessario alla celebrazione del processo, consegna richiesta con mandato di arresto Europeo emesso dalla Procura della Repubblica di Vienna il 27 giugno 2016, al fine di dare esecuzione al mandato d’arresto interno emesso dalla Procura della Repubblica di Vienna il 30 maggio 2016. 2. La sentenza impugnata dà atto che Z.N. è indagato di truffe commesse in danno di G.G. e di J.A. , episodi che risalgono al omissis e omissis di avere tentato di raggirare persone che avevano sventato il piano fraudolento o avvedendosene tempestivamente o perché allertati in anticipo nove episodi di tentata truffa, verificatisi a , in prevalenza, ma anche a omissis fra il omissis e il omissis di avere concorso in una rapina commessa a omissis per avere sottratto con violenza a tale D.D. 160 monete d’oro, del valore complessivo di Euro 164.000,00 di avere partecipato dal XXXX ad un’associazione per delinquere posta in essere assieme ad altri soggetti tra cui Z.S. , W.J. , Z.T. , P.M. , tutti perseguiti in Austria in separati procedimenti . 4. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione il difensore della persona richiesta in consegna, denunciando vizio di violazione di legge, in relazione all’art. 18, lett. p , legge n. 69 del 22 aprile 2005 e connesso vizio di motivazione. Assume che erroneamente la Corte territoriale, in presenza di reati commessi in Italia per come si evince anche dal mandato di arresto Europeo, ha ritenuto non operante la condizione per opporre il rifiuto alla consegna. Rileva, in particolare che non è condivisibile l’assunto secondo cui la contestazione di maggior peso attiene al reato associativo incontestabilmente costituita in territorio austriaco, non essendo accertata l’operatività in territorio austriaco dell’associazione e non essendo, viceversa, rilevante il luogo in cui i sodali si sono consociati. E, nel caso, risulta pacifico che la consorteria ha operato quantomeno in parte nel territorio italiano dato che la totalità degli illeciti addebitati ai partecipi sono qui stati realizzati. Rileva, infine, che il reato più grave tra quelli contestati è il delitto di rapina, consumato IP Mestre il 5 agosto 2014, fatto in relazione al quale deve essere devoluta, ex art. 16 cod. proc. pen., la cognizione al competente giudice italiano di tutti gli altri illeciti contenuti nel mandato di arresto contestato allo Z. . Considerato in diritto 1. Il ricorso è in parte fondato e deve farsi luogo all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con riguardo ai reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio con conseguente trasmissione degli atti alla competente autorità giustizia italiana che va individuata nel Pubblico Ministero presso il Tribunale di Torino, luogo di domicilio di Z.N. . 2. Giova osservare come dallo stesso contenuto del mandato di arresto Europeo emerga il fatto che la persona richiesta in consegna, in un arco temporale compreso tra il 20 dicembre 2008 e 16 agosto 2015 ha commesso, anche in Italia, varie truffe ovvero tentate truffe nonché il delitto di rapina, secondo uno schema riconducile al sistema della cd. rip-deals, noto come operazione di cambio fraudolenta. Dal mandato di arresto si evince, in vero, che il ricorrente, usando nomi falsi che suonano, italiani o tedeschi, ed i suoi complici avevano allacciato, tramite sms o via e-mail o tramite internet, contatti con inserzionisti interessati alla vendita di immobili o altri beni, presentandosi come investitori privati e affermando di essere interessati all’acquisto di volta in volta degli immobili e dei beni offerti in vendita , all’assunzione di finanziamenti ed alla conclusione di affari avendo l’obiettivo di indurre le vittime ad affari di cambio di denaro in contanti, presumibilmente redditizi, ai quali era subordinata la conclusione dell’affare che la vittima voleva concludere, affari di cambio i quali dovevano essere fatti in anticipo o contestualmente, e mediante i quali venivano carpiti - o avrebbero dovuto essere carpiti - importi di denaro in contanti nel cambio di monete false o fittizie. Tali condotte, portate avanti con comportamenti ripetuti, che rimandano ad una condotta professionale ed addestrata da presunto investitore e uomo d’affari, erano riconducibili ad un gruppo di persone che, con divisione dei compiti, si proponevano per le operazioni innanzi descritte contattando le vittime ed incontrandole in vista della conclusione dell’affare. Dal mandato di arresto si evince, in particolare, che alcuni degli incontri avevano luogo a Milano, Torino o altre città italiane e, precisamente, a luoghi italiani rimandano i reati di tentata truffa in concorso in danno di R.K. R.W. C.S. K.L.N.K. e il reato di concorso in rapina in danno di D.D. , che si inserisce appieno, per il suo antefatto, nel sistema innanzi descritto. 2. Al riguardo, con la sentenza impugnata, la Corte di appello romana, qualificati i fatti di reato oggetto del mandato di arresto come delitti di truffa, tentata truffa, rapina e associazione a delinquere, ha disatteso la censura difensiva secondo la quale doveva essere rifiutata l’esecuzione del mandato di arresto per carenza di giurisdizione dell’autorità giudiziaria austriaca derivante dal circostanza che i reati contestati si ipotizzano commessi in tutto o in parte nel territorio italiano, sul rilievo che se è ben vero che una parte degli illeciti risulta consumata in Italia, è altrettanto vero che la contestazione di maggior peso all’interno del mandato di arresto attiene al reato di associazione a delinquere che risulta incontestabilmente costituita in territorio austriaco, e che attrae i reati fine ad essa intrinsecamente connessi eliminando qualsiasi dubbio in ordine alla legittimazione dell’autorità giudiziaria richiedente a trattare il procedimento nel quale si inserisce il mandato di arresto in esecuzione. 4.Ritiene il Collegio che l’interpretazione fornita dalla Corte di appello non possa essere condivisa trattandosi di soluzione non prevista dalla fonte normativa di riferimento, costituita dall’art. 18, lett. p della legge n. 69 del 2005 che ha fatto applicazione, nella procedura passiva di consegna, di un limite tradizionale della cooperazione giudiziaria penale, previsto sia dalla Decisione quadro 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 ex art. 4, par. 7 , che dalla Convenzione Europea di estradizione del 13 dicembre 1957 ex art. 7 , limite che non consta essere stato derogato da intese bilaterali o multilaterali vigenti con l’Austria che possano avere regolato diversamente l’incidenza del motivo di rifiuto, e derivante dal principio di territorialità art. 6 cod. pen. , ossia dalla preminenza accordata alla giurisdizione territoriale dello Stato richiesto. L’ambito di applicazione di tale principio, nella materia qui considerata, è stato da questa Suprema Corte per lo più interpretato da ultimo, v. Sez. 6, n. del 12/11/2013, dep. 14/11/2013, Rv. 257469 Sez. 6, n. del 24/04/2013, dep. 10/05/2013, Rv. 257025 nel senso che il motivo di rifiuto della consegna previsto dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. p , sussiste quando anche solo una parte della condotta si sia verificata in territorio italiano, purché tale circostanza risulti con certezza, non potendosi ritenere sufficiente la mera ipotesi che il reato sia stato commesso in tutto o in parte in Italia, mentre non è necessario che gli elementi acquisiti consentano l’immediato e contestuale esercizio dell’azione penale in Italia per gli stessi fatti per i quali procede il giudice estero. 5.Orbene, tale limite, alla stregua delle indicazioni rivenienti dallo stesso del mandato di arresto laddove contengono il riferimento non già a generici contatti tra il ricorrente o i suoi complici e le vittime ma proprio ai luoghi nei quali il ricorrente ed i correi avevano tentato di indurre le vittime alle operazioni truffaldine - e, cioè, con riguardo alle vittime innanzi indicate - ovvero, con riguardo al reato di concorso rapina, commesso in Mestre, indicato specificamente come luogo nel quale un reo ignoto di appropriava, strappandola violentemente, della borsa contenente le monete d’oro oggetto della presunta operazione di cambio, si sia in presenza di una causa di rifiuto ai sensi del richiamato disposto di cui alla lett. p dell’art. 18 legge 69 cit. poiché non si è in presenza di una mera ipotesi che il reato sia stato commesso, in tutto o in parte in Italia, bensì di una certezza, in ragione della fonte qualificata della notizia di reato, del luogo di commissione del reato o di una parte della condotta della condotta obiettivamente apprezzabile, valutazione che può essere operata, oltre che dalla Corte di appello, dalla stessa Corte di Cassazione considerato che, in base all’art. 22, comma 1, l. 69/2005, il ricorso nella materia che ci occupa può essere proposto anche per il merito . 6. Privo di pregio è, invece, il rilievo della difesa sulla consumazione in Italia del reato di associazione a delinquere ovvero sulla forza attrattiva, ai fini che ci occupano, delle norme processuali in materia di connessione. In tema di mandato di arresto Europeo processuale , come nel caso in esame, la Corte di legittimità ha sottolineato che il sindacato consentito alla stessa non può spingersi fino al punto da entrare nel merito del giudizio di attribuzione delle responsabilità al soggetto per i fatti a lui ascritti, a fronte di una compiuta rappresentazione degli elementi a carico, esaustivamente svolta nel mandato di arresto Europeo giacché l’autorità giudiziaria italiana deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna Sez. U., n. 4614 del 30/1/2007, Ramoci, Rv. 235348 . Nel caso di specie il mandato di arresto a carico dello Z. non contiene alcun elemento, al di là della commissione di alcuni reati in Italia in caso di concorso di persone nel reato, che varrebbero ad attestare la esistenza di un accordo criminoso convenuto in Italia e diretto all’attuazione di un più vasto programma criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie indeterminata di delitti, con la permanenza di un vincolo associativo tra i partecipanti, accordo che, sulla scorta delle notizie evincibili dal mandato di arresto, si è, viceversa, realizzato in Austria, luogo in cui si procede a carico dei correi. Né può incidere, sulla giurisdizione, in mancanza di espresse previsioni sul punto nelle fonti normative che regolano la materia, la eventuale ipotesi di connessione di procedimenti. 7. Non potendo, allo stato, determinarsi il tempo e il luogo di commissione dei reati la competenza dell’autorità giudiziaria italiana va individuata, a norma dell’art. 9, comma 2, cod. proc. pen. nell’autorità giudiziaria di Torino, luogo in cui Z.N. domicilia. 8. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai reati di tentata truffa in danno di R.K. R.W. C.S. K.L.N.K. e a quello di rapina in danno di D.D. e dispone trasmettersi gli atti relativi al Pubblico Ministero presso il Tribunale di Torino. Rigetta nel resto il ricorso. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.